VI
Introduzione
Questo scritto si prospetta un’analisi comparatistica del sistema di repressione e prevenzione del
fenomeno della violenza domestica, negli ordinamenti di Spagna e Italia, focalizzandosi
principalmente sul problema della violenza sulla donna, per l’attenzione preponderante che, a
questo aspetto, è stata data nell’ordinamento spagnolo.
La famiglia viene spesso considerata come un sicuro ambiente di crescita e protezione
dell’individuo. Essa costituisce infatti la prima istanza di socializzazione dell’individuo ed il primo
luogo di mediazione con la società. In realtà all’interno della famiglia si verificano da sempre
episodi di violenza e abuso.
Il domicilio: il luogo dove si sviluppa la vita del nucleo familiare dovrebbe essere l’ambiente dove
l’individuo si sente più al sicuro. Nella propria casa la persona abbassa le proprie difese, mette da
parte la prudenza che la accompagna mentre cammina per strada in mezzo ad estranei, e si rilassa.
Per questo l’individuo è più inerme che mai di fronte alle aggressioni in questo ambito, soprattutto
quando provengono da persone che non gli sono estranee, ma sono le stesse con cui condivide la
vita comune.
La violenza domestica si approfitta della vulnerabilità dei soggetti deboli del nucleo familiare
(bambini, donne e anziani), quando si trovano più indifesi, perché confidano sul fatto che nel
proprio focolaio domestico non potrebbe succedergli nulla di male. È una violenza che si basa
sulla disuguaglianza di potere e di forza, cosa che ne sottolinea il carattere riprovevole.
Questa riprovazione aumenta quando si realizza che si tratta di un fenomeno globale che sviluppa
le sue radici ad ogni scalino della società e che solo ultimamente sta acquistando la facciata
pubblica di reato.
Fino a non molti anni fa, la violenza domestica era considerata un fenomeno normale, quasi
genuino della convivenza familiare, senza tener conto delle conseguenze dannose che può avere
sulla crescita psicofisica dei minori. Un’infanzia serena è un fattore importantissimo per il futuro
equilibrio psicologico dell’individuo; senza contare che l’essere oggetto diretto o spettatore di
violenze familiari, in un minore, dà vita alla possibilità che si produca un fenomeno di
perpetuazione della violenza. I modelli che egli ha acquisito nell’infanzia, li porta con sé quando è
adulto, ripetendo sui propri figli le condotte violente che gli sono state presentate come giuste e
sane, nell’infanzia.
Non molto tempo fa, le percosse venivano ritenute un metodo efficace e legittimo per educare i
figli, e per ricordare alla moglie il suo ruolo di soggetto inferiore nella coppia.
Sotto l’aspetto criminologico la famiglia assume pertanto una duplice ed antitetica valenza. Da un
lato essa costituisce un ambiente di protezione dal crimine, essendo un luogo di apprendimento
dei valori sociali e quindi di rifugio e protezione dell’individuo. Da un altro, invece, anche la
famiglia rappresenta un luogo di espressione e manifestazione della violenza.
Se esiste un ambiente dove i delitti violenti non dovrebbero verificarsi, esso è proprio quello della
famiglia. La famiglia costituisce nella nostra cultura il più elementare e pregnante nucleo della
socializzazione; il gruppo nel cui ambito si realizzano i primi modelli delle relazioni interpersonali
che lasciano un’impronta sui comportamenti destinati a durare per l’intero corso della vita;
VII
l’ambiente dove vengono posti i primi cardini dei rapporti gerarchici e dove anche sorgono e si
coltivano intensi legami affettivi.
Per questo è necessario un’intensa battaglia a questo fenomeno, con ogni mezzo possibile, dato
anche il fatto che le vittime di questa violenza difficilmente hanno la capacità di difendersi da sole.
Per quanto riguarda l’analisi dell’approccio spagnolo al tema, l’esame si concentrerà
prevalentemente sulla regolazione della “violencia de genero”, in base al tentativo di soluzione
introdotto con la “Ley Orgánica de medidads de protección integral contra la violencia de
genero”, n. 1/2004 del 28 dicembre 2004.
L’organizzazione delle Nazioni Unite, nella IV Conferenza mondiale sulle donne, svoltasi a Pechino,
nel 1995 ha affermato che : “La violenza contro le donne è un ostacolo al raggiungimento degli
obiettivi dell’uguaglianza, dello sviluppo e della pace. La violenza contro le donne viola, indebolisce
o annulla il godimento da parte delle donne dei diritti umani e libertà fondamentali. Il costante
fallimento dell’azione di protezione e promozione di tali diritti e libertà nel caso della violenza
contro le donne, è materia di grave preoccupazione in tutti gli Stati e deve essere affrontato. In
tutte le società, in misura maggiore o minore, le donne e le bambine sono soggette a violenza
fisica, sessuale e psicologica secondo schemi che superano le barriere di reddito, classe sociale e
cultura. La condizione sociale inferiore delle donne e le loro condizioni economiche di dipendenza
possono essere sia una causa sia una conseguenza della violenza contro le donne.”
1
La violenza che si produce nell’ambito familiare colpisce anche minori e anziani, però in misura
maggiore le donne. Perciò il concetto della “violencia de genero” richiama la violenza degli uomini
sulle donne, quale frutto delle relazioni di potere, dominio, e possessione che gli uomini hanno
storicamente esercitato su queste, nell’ambito della coppia.
L’origine di questo tipo di violenza si trova nella storia e nella cultura europea e mondiale. La
storica struttura familiare a base patriarcale, fondata sulla supposta superiorità dell’uomo sulla
donna ha consolidato un riparto disuguale dei ruoli sociali e nell’accesso alle attività produttive.
I modelli culturali maschilisti di discriminazione verso la donna, sono profondamente insediati
nella società; questo spiega la permissività che si è riscontrata verso il fenomeno della violenza
domestica sulla donna per moltissimo tempo.
Non solo la violenza di genere, ma la violenza in famiglia nel suo intero ambito, è principalmente
opera del sesso maschile. Sono gli uomini in maniera preponderante i soggetti attivi della violenza
in una qualsiasi delle tre categorie di violenza intrafamiliare:
- violenza nella coppia
- violenza su minori
- violenza contro gli ascendenti.
Quello che si intende esaminare è un problema di carattere universale. La Unicef fissa nel 20% la
percentuale della popolazione femminile mondiale che soffre di qualche tipo di violenza,
includendo anche l’omicidio, i maltrattamenti fisici e psicologici.
La Conferenza mondiale sulle donne di Pechino ha definito infatti la violenza sulle donne il crimine
più dissimulato e al contempo più diffuso al mondo.
In Spagna nel 2004 (anno di entrata in vigore della “Ley Organica 1/2004 de Medidas de
Proteccion integral contro la violencia de genero”) 69 donne sono state assassinate per mano dei
1
“La violenza contro le donne. IV Conferenza mondiale dell’Onu sulle donne. Pechino. 1995”
VIII
loro mariti, compagni o ex fidanzati; 13 minori sono morti in conseguenza di violenza
intrafamiliari, dei quali 9 presumibilmente per mano dei rispettivi padri, o dei compagni delle
madri. Infine si è registrata la morte di 5 uomini, tre dei quali per mano di altri membri maschili
dell’ambito familiare.
2
In ogni caso si tratta di una sconvolgente maggioranza di donne, che sono morte: brutalmente
pugnalate, lapidate, colpite con arma da fuoco, bruciate vive, spinte giù dal balcone, pestate etc.
La violenza criminale maschile costituisce, dopo il terrorismo islamico, la seconda causa di
mortalità violenta dolosa femminile, in Spagna.
Il Consejo General del Poder Judicial in relazione alla applicazione della “Ley 27/2003” che regola l’
“Orden de protección de las Victimas de la Violencia doméstica”, nei primi 14 mesi dopo l’entrata
in vigore della stessa, ha rivelato che sui 26.997 ordini di protezione concessi giudizialmente, il
95,7% inerivano a vittime di sesso femminile.
Questi dati dimostrano che la violenza sulle donne è un problema reale che colpisce la società
spagnola. È un autentico problema sociale.
Per questo motivo negli ultimi anni in Spagna sono stati sviluppati grandi progressi nella lotta
contro questo tipo di violenza:
- la Ley organica 11/2003 del 29 settembre, “de Medidas Concretas en materia de Seguridada
ciudadana, Violencia domestica e Integración social de extranjeros”;
- la Ley 27/2003 del 31 luglio che regola “la Orden de protección de las victimas de violencia
domestica”.
Questi testi legislativi avevano però un raggio puramente settoriale, che si limitava a trattare
aspetti parziali del problema, principalmente gli aspetti penali.
Questo provocava una insoddisfazione generalizzata, davanti all’evidenza che il problema
sopravviveva incolume nella sua dimensione e gravità.
Per tanto, soprattutto da parte delle organizzazioni femminili, si reclamava con insistenza una
legge organica che costituisse una risposta globale a questo tipo di violenza, che si occupasse delle
multiple sfaccettature del tema, e che servisse da strumento efficace nella lotta alla violenza di
genere, fornendo un concetto unitario di “violencia de genero”, adoperabile non solo dai tribunali,
ma da tutti gli operatori che intervengono nel processo socio-giuridico (medici legali, psicologi,
etc.)
Un passo in più nella battaglia contro la “violencia de genero” si è compiuto con la Ley 1/2004 del
28 dicembre, “de Medidas de protección integral contra la Violéncia de genero”. La stessa
esposizione dei motivi della legge afferma che la violenza di genere non è un problema che
riguarda solo l’ambito privato, ma al contrario si manifesta come il simbolo più brutale della
disuguaglianza esistente nella società spagnola. Si tratta di una violenza che si dirige contro le
donne per lo stesso fatto di esserlo, per essere considerate carenti dei diritti minimi di libertà,
rispetto e capacità di decisione
3
.
2
Cfr Observatorio contra la Violencia doméstica y de género del Consejo general del poder judicial, Informe del
Servicio de Ispección sobre muertes violentas en el ambito de la violencia domestica en el ano 2004.
3
“ La violencia de género no es un problema que afecte al ámbito privado. Al contrario, se manifiesta como el símbolo
más brutal de la desigualdad existente en nuestra sociedad. Se trata de una violencia que se dirige sobre las mujeres
por el hecho mismo de serlo, por ser consideradas, por sus agresores, carentes de los derechos mínimos de libertad,
respeto y capacidad de decisión.” Exposicion de motivos, Ley Organica 1/20004.
IX
La legge contiene una serie di disposizioni che intendono prevenire e sradicare questa violenza e
proteggere le vittime della stessa.
Da questo obiettivo dipende la trasversalità con cui è stata costruita la Ley Organica, la quale
raccoglie in un solo testo legislativo le materie relative alla prevenzione, alla repressione del reato
e all’attenzione e cura fornita alle vittime di questo crimine. È il formale riconoscimento del fatto
che la “violencia de genero” è un fenomeno che richiede soluzioni interdisciplinari in ambiti molto
diversi; come risulta dai dati sociologici, i quali indicano che si tratta di un problema strutturale
che infetta la società nel suo complesso, e che lesiona interessi globali.
Deve essere combattuto come un problema sociale di grandezza immane e non come qualcosa
che riguarda la intimità della coppia. È chiaro quindi che la risposta penale è necessaria ma, a sua
volta, deve essere completata con politiche di prevenzione , di aiuto alle vittime, e inoltre di
risocializzazione delle stesse.
“Artículo 1. Objeto de la Ley. 2. Por esta Ley se establecen medidas de protección integral cuya
finalidad es prevenir, sancionar y erradicar esta violencia y prestar asistencia a sus víctimas”
Al fine di prevenire, sanzionare e sradicare la violenza contro le donne e prestare assistenza alle
vittime, la Ley 1/2004 ha predisposto misure che si collocano su diversi fronti:
1. Fronte educativo e di socializzazione: questo aspetto ha un’importanza basica sebbene i
suoi effetti si possano notare solo su lunga scala. La legge regola alcuni strumenti con i
quali si pretende di promuovere l’uguaglianza tra gli uomini e le donne, con mezzi di
intervento nell’educazione orientati a combattere il perpetuarsi dei modelli e degli
stereotipi di disuguaglianza e discriminazione verso le donne.
2. Fronte di protezione delle vittime: che si attua sancendo i diritti all’informazione, i diritti di
assistenza sociale integrale, i diritti sul lavoro, e alcuni diritti economici (come gli aiuti
sociali e la priorità nell’accesso alla casa coniugale) che intendono migliorare la condizione
delle vittime.
3. Fronte di tutela istituzionale: in virtù del quale sono stati creati alcuni organi
amministrativi: e cioè la Delegazione speciale del governo, e l’Osservatorio statale della
violenza sulle donne. È stata accentuata la risposta punitiva di fronte a quelle condotte che
implicano violenza domestica sulle donne; ha avuto luogo la creazione di una
specializzazione nell’ordine penale che ha dato vita ai “Juzgados de Violencia sobre la
Mujer”; e infine sono state create unità specifiche all’interno della Procura, specializzate in
materia di violenza sulle donne.
Infine il 22 giugno 2010, la “Ley organica 5/2010”, sulla scia dell’evoluzione nella lotta contro
questo genere di violenza, ha modificato alcuni articoli della parte speciale del Codigo penal,
allargando la banda di reati che sono compresi nel concetto di “violencia de genero”; in
particolare:
- Introducendo un’aggravante specifica nel reato di Lesioni personali all’art. 148, in quello di
minacce all’art. 171, e in quello di coercizione all’art. 172: quando la vittima del delitto sia il
coniuge o una persona a cui l’aggressore è stato legato in una analoga relazione sentimentale,
anche senza convivenza
- Riscrivendo l’articolo 153, sul reato di maltrattamenti e l’articolo 173 sui maltrattamenti abituali
che si prospettano quando la vittima è il coniuge, o una persona con cui l’autore ha avuto
X
un’analoga relazione, sebbene senza convivenza; oppure un soggetto che rientri nella categoria
dei discendenti, ascendenti o fratelli per ragioni di sangue o adozione, suoi o del coniuge; o infine
un minore o un incapace con cui convive, e che sia soggetto alla sua potestà, tutela, curatela, etc.
In Italia negli ultimi anni si è assistito a una virata di direzione da parte della legislazione che, con la
L. 154/2001 prima, e la L. 38/2009, ha dimostrato di favorire la realizzazione del benessere
dell’individuo, piuttosto che il mantenimento dell’unità familiare. Sono state infatti introdotte
misure che permettono alla vittima di recuperare la propria individualità prendendo le distanze
(soprattutto in senso fisico) dal soggetto che, con la violenza domestica, l’ha gettata in un vortice
di violenza insuperabile con le sue sole forze.
Questo dipende da una variazione dei modelli culturali e dell’immagine della famiglia tradizionale.
L’introduzione dell’istituto del divorzio nel 1970 (con la legge n. 898/70) ha costituito l’emblema di
un cambiamento della mentalità sociale e della cultura italiana. Se da quel momento gli episodi di
rottura dei legami familiari si sono incrementati notevolmente, non è certo segno che la legge sul
divorzio abbia generato una crisi dei valori familiari tradizionali. Questi valori evidentemente
erano già stati oggetto di una profonda mutazione per cui al principio dell’indissolubilità del
matrimonio era stato sostituito quello della massima realizzazione dell’individuo nell’ambito
familiare. E’ chiaro, quindi, che, quando questa realizzazione venga frustata dalle disfunzionali
concatenazioni che operano all’interno del nucleo familiare, sia naturale favorire una disgiunzione
dei legami (affettivi e legali) esistenti tra i vari membri del nucleo.
La famiglia di oggi è molto distante dallo stereotipo tradizionale che vedeva marito e moglie vivere
uniti insieme ai figli nati dal loro matrimonio; la vita reale vede atteggiarsi una varietà incredibile
di situazioni differenti: coppie di fatto, coppie che convivono con i figli nati da precedenti
matrimoni, figli adottivi, senza contare le ipotesi di coppie con bambini che convivono con
ascendenti, fratelli e familiari collaterali
E’ in questo contesto che si sviluppa la nuova consapevolezza del problema della violenza
familiare. Dal momento in cui, non è più un tabù parlare di divorzio e separazione, è diventato
evidente come gli episodi di violenza perpetrati a danno di uno dei membri deboli del nucleo
familiare, debbano condurre a una soluzione, in grado di garantire il corretto sviluppo della
personalità della vittima.
E’ stato, quindi, necessario predisporre un sistema istituzionale basato sulla consapevolezza della
reale portata nociva di questi fenomeni, che reagisse adeguatamente al loro verificarsi,
nell’intento di tutelare la vittima di abusi familiari prima di ogni altra cosa.
Si nota in Italia, rispetto alla Spagna, una maggiore attenzione ai delicati casi di violenze subite dai
minori, per evitare il preoccupante fenomeno della propagazione degli stereotipi violenti sulle
nuove generazioni. E’ stata formulata un’apposita tipologia di violenza sui minori: la violenza
assistita, che si integra quando un bambino sia oggetto di violenza indiretta attraverso l’esperienza
di una violenza direttamente subita da un membro, importante per lui, del nucleo familiare.
Sono state inoltre predisposti appositi protocolli di terapia e diagnosi per aiutare la famiglia ad
esercitare, di nuovo, il suo ruolo di istanza educativa e formativa, nell’intento di favorire la
soluzione migliore per il minore: vivere all’interno del proprio nucleo familiare originario,
purificato, però, dai patterns disfunzionali di crisi familiare che avevano condotto alla violenza.
XI
1
Spagna
2
Capitolo I
La violenza di genere e la violenza domestica.
Disciplina e reati compresi.
1 La violenza domestica
La “Ley Organica 1/2004” si occupa di illustrare quali sono i mezzi di protezione disponibili di
fronte alla violenza dell’uomo contro la donna, quando si verifica nel seno delle relazioni di
coppia.
La violenza domestica costituisce per l’uomo uno strumento per mantenere la dominazione sulla
donna (o sugli altri soggetti deboli del nucleo familiare); non si tratta di un controllo astratto o
teorico ma di un vero e proprio dominio pratico e profittatore che si concretizza nel
comportamento quotidiano, perpetuato giorno per giorno.
La società patriarcale parte dalla premessa di attribuire alcune determinate caratteristiche al
genere maschile: forza, dominio e sicurezza, e altre differenti a quello femminile: debolezza,
sottomissione e insicurezza; da ciò è dipesa una rigida distribuzione dei ruoli sociali tra uomini e
donne, per cui ai primi spetta l’ambito pubblico, e alle seconde l’ambito privato della casa. Questa
suddivisione suppone una radicata convinzione della superiorità del ruolo sociale maschile rispetto
a quello femminile, dalla quale deriva una relazione che vede l’uomo al potere, e la donna in
posizione subordinata.
La violenza contro la donna appare come uno strumento sistematicamente utilizzato per
perpetuare questa relazione storica disuguale. Queste relazioni di potere si sono instaurate, in
pratica, in tutte le società attuali, in una forma tale che la violenza contro la donna è diventata un
fenomeno globale che si verifica, con maggiore o minore intensità, in qualsiasi luogo.
Il medico forense Don Miguel Lorente Acosta afferma che: “la violenza domestica è frutto di una
società androcentrica, comandata e controllata dall’uomo, il quale stabilisce il proprio modello di
comportamento”.
Si tratta di una violenza che non è individuale nella sua origine, ma è una violenza strutturale che
parte da una serie di norme socioculturali che, sebbene non ordinino di aggredire la donna,
giustificano, minimizzano, proteggono o riducono l’importanza di questo tipo di condotte, e per
tanto collaborano in un certo modo a mantenere questo ordine androcentrico come struttura
3
sociale. La società con le sue norme và così sfumando l’aggressione e modificandola fino a
normalizzarla e accettarla, perfino rendendola redditizia per l’aggressore.”
1
Se non è un’aggressione individuale nelle sue origini, tantomeno lo è nelle conseguenze:
l’aggressione domestica interessa anche la salute pubblica, in quanto è una delle cause per cui
moltissime donne si suicidano ogni anno.
Particolarmente grave è poi la ripercussione che questa violenza ha sulla ripetizione delle stesse
condotte violente nei bambini.
Nella primitiva società patriarcale l’uomo possedeva letteralmente i figli; a loro trasmetteva i suoi
beni, ma principalmente il suo rango, il suo lignaggio, e la sua dotazione genetica; per questo
voleva essere sicuro che i figli che sua moglie partorisse, fossero realmente suoi figli biologici. Per
assicurarsi la fedeltà della moglie, la soluzione era imporre severe limitazioni sociali e sessuali alla
donna, concepita come un bene patrimoniale dell’uomo.
Queste condotte si sono consolidate nel patrimonio genetico della specie, in maniera tale che
risultano difficilmente modificabili.
Storicamente si è prodotta e giustificata la violenza sulla donna, in misura tanto maggiore quanto
rilevante era la preminenza dei valori patriarcali. Si pensava che la violenza sulla donna fosse un
legittimo strumento di correzione, e di educazione della stessa e un modo per mantenere il
controllo dell’uomo sul gruppo familiare, nel quale non era tollerato nessun sviamento dall’ordine
rigido prestabilito.
Erano condotte pienamente accettate, quasi attese. Il problema si è posto nel momento in cui è
sorto un contrasto tra la permanenza di questi valori arcaici, e il progresso personale, sociale e
politico del genere femminile.
2 Il concetto di “violencia de genero” nell’ambito della “Ley Organica 1/2004”
La “violencia de genero” non è circoscritta alla sfera familiare e alle relazioni di coppia, ma è
presente in tutti gli ambiti: si realizza nella disuguaglianza in ambito lavorativo, nelle aggressioni
sessuali per strada, nelle discriminazioni, etc.
Nonostante ciò, in Spagna la manifestazione più preoccupante della violenza sulla donna si
produce in ambito domestico, e precisamente in seno alle relazioni di coppia.
Il termine “violencia de genero” è molto controverso, e solitamente si utilizza come sinonimo di
violenza domestica.
Si considera generalmente violencia de genero: qualsiasi aggressione fisica, psicologica o
economica diretta contro le donne per il solo fatto di esserlo. In questo tipo di violenza si
manifesta l’abuso di potere che si è sempre esercitato sulla donna nel corso della storia.
La violenza di genere si basa sull’attuazione di comportamenti che integrano violenza fisica,
maltrattamento psicologico e isolamento sociale della donna, per conservare il controllo e la
dominazione su di essa.
Il termine violenza di genere si costruisce a partire da una definizione creata dalle Nazioni Unite,
in occasione della Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le
1
“Mi marido me pega lo normal. Agresion a la mujer: realidades y mitos.”, Dr. D. Miguel Lorente Acosta, 2003, Ares y Mares
Bolsillo, Barcellona.
4
donne. L’assemblea delle Nazioni Unite definì la violenza di genere come “ogni atto di violenza
dovuto al genere della vittima, che ha come risultato possibile o reale: un danno fisico, sessuale o
psicologico, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia che accada
nella vita pubblica che in quella privata.”
2
La quarta Conferenza Mondiale sulla Donna ha approvato la Dichiarazione di Pechino e la
Piattaforma di Azione, che dedica un’ intera sezione alla violenza contro la donna; definisce il
concetto di violenza di genere in termini molto simili a quelli anteriormente utilizzati dalle Nazioni
Unite. In questo concetto son compresi: la violenza fisica, sessuale e psicologica in famiglia, le
percosse e l’abuso sessuale sulle bambine nell’ambito del focolaio domestico, la violenza
relazionata con la dote, lo stupro da parte del marito, la mutilazione genitale, la violenza
relazionata con lo sfruttamento; la violenza fisica, sessuale e psicologica a livello della comunità,
incluse le violenze, gli abusi sessuali, l’istigamento e la intimidazione sessuale nell’ambito del
lavoro, delle istituzioni di educazione, e in altri ambiti.
La Ley Organica 1/2004 pone il concetto legale di “violencia de genero”, nel suo articolo 1: “la
violenza che, come manifestazione della discriminazione, della situazione di disuguaglianza e delle
relazioni di potere degli uomini sopra le donne , si esercita su queste da parte di coloro che siano o
siano stati loro coniugi, o di coloro che siano o siano stati legati a queste in ragione di simili
relazioni di affettività, anche senza convivenza.”
3
La violenza a cui si riferisce la legge in questione comprende qualsiasi atto di violenza fisica e
psicologica, incluse le aggressioni alla libertà sessuale, le minacce, le coercizioni, o la privazione
arbitraria della libertà.
La violenza di genere è commessa dall’uomo contro la donna; non ricadono quindi in questo
concetto le manifestazioni di violenza verificatesi in seno alle coppie omosessuali. La vittima non è
qualsiasi donna, ma quella con cui l’aggressore mantiene o ha avuto una relazione matrimoniale, o
un’analoga relazione di affetto, anche se non sia sussistita una convivenza.
In questo punto, la legislazione spagnola si allontana dalle definizioni internazionali, che
condannano la violenza strutturale sulla donna, per il solo fatto di esserlo, senza la necessità di
una componente affettiva.
Nella società spagnola non esiste infatti un problema generalizzato di violenza sulla donna, ma
quello di condotte violente che si manifestano fondamentalmente all’interno delle relazioni
affettive tra i due sessi.
La violenza domestica è un fenomeno tanto esteso quanto preoccupante. Si è affermato con
frequenza che le persone hanno più probabilità di essere assassinate, attaccate fisicamente,
picchiate o aggredite sessualmente nel proprio domicilio, per mano dei propri familiari.
Il Consiglio d'Europa definisce la violenza domestica come: ”ogni azione od omissione commessa
nel seno della famiglia da uno dei suoi membri, che danneggia la vita o l'integrità fisica o
psicologica, o la libertà di un altro componente del clan familiare, e causa un serio danno allo
sviluppo della personalità”. Questa definizione è comunemente accettata nell'ambito
internazionale.
2
Art. 1 della Dichiarazione sulla eliminazione della violenza contro la donna, adottata per risoluzione della Assemblea
generale delle Nazioni Unite 48/104, del 20 dicembre 1993.
3
“La violencia que, como manifestación de la discriminación, la situación de desigualdad y las relaciones de poder de
los hombres sobre las mujeres, se ejerce sobre éstas por parte de quienes sean o hayan sido sus cónyuges o de
quienes estén o hayan estado ligados a ellas por relaciones similares de afectividad, aun sin convivencia.”
5
Da questa definizione si può trarre la conclusione che la violenza domestica costituisce un
concetto distinto è molto più ampio della violenza di genere:
1. E’ più amplio il catalogo delle vittime: oltre alle vittime proprie della violenza di genere,
comprende un altro buon numero di soggetti passivi: ascendenti, discendenti, minori con i
quali l’abusante convive anche senza rapporti di parentela, fratelli, e in generale qualsiasi
persona che si trova integrata nel nucleo di convivenza familiare.
2. Nella violenza domestica il cerchio degli aggressori è più esteso, dato il caso che possono
essere uomini o donne. Nella violenza di genere, la nota caratteristica è che si tratta di un
atto di aggressione basato sulla superiorità di un sesso sull'altro, è una violenza che si
fonda su ragioni sessuali; al contrario nella violenza domestica la nota caratteristica è che si
produce ad opera di un membro della famiglia contro un altro appartenente al suo stesso
nucleo domestico.
3. La relazione tra il soggetto passivo il soggetto attivo inoltre abbraccia un maggior ventaglio
di ipotesi: non è necessaria l'esistenza presente o passata di una relazione matrimoniale o
analoga, visto che esiste violenza domestica quando l’offesa si esercita contro chi risieda
all’interno del domicilio familiare, indipendentemente dalla sua relazione di affezione o di
parentela con l'aggressore.
La distinzione tra violenza di genere e violenza domestica ha come antecedente la “Ley 27/2003”
del 31 luglio, che regolano l'ordine di protezione delle vittime di violenza domestica, e che
espressamente si riferisce alla violenza di genere come a una specialità dentro il concetto più
ampio di violenza domestica.
Preso atto della differenza dei due concetti di violenza di genere, e violenza domestica, senza
dubbio nella regolazione della “Ley de Medidas de Protección Integral contra la Violencia de
Genero” i due concetti convergono in uno spazio comune.
Infatti d’accordo con il comma 1 dell’articolo 1 della legge si limita il concetto di violencia de
genero agli atti realizzati in un contesto determinato, e si esige una relazione di affettività fra la
vittima e l’aggressore. Inoltre la legge si riferisce anche alla violenza esercitata sui minori e sugli
incapaci che abbiano una determinata relazione con l’aggressore, o con la vittima: siano
discendenti, o minori che sono sotto la sua responsabilità, tutela, custodia, etc. Anche se ciò non
corrisponde esattamente con il concetto di violenza di genere.
Ne deriva che: gli atti di violenza esercitati da un uomo contro una donna che è, o è stata sua
moglie, o con cui abbia mantenuto una relazione affettiva assimilabile al matrimonio; oppure
contro i minori o incapaci che convivono con gli stessi, costituiscono un presupposto di violenza
domestica che a sua volta può essere un atto di violenza di genere.
Effettivamente, se ci atteniamo alla statistica criminale, la maggior parte dei delitti di violenza
domestica costituiscono a loro volta casi di violenza di genere; e senza dubbio i principali obiettivi
della legge sono la protezione della donna e la concezione della violenza come un atto di
discriminazione esercitata dall'uomo.
In conseguenza, la definizione legale di violenza di genere allude a ogni atto di violenza esercitata
da un uomo legato affettivamente a una donna, contro la stessa, e suppone una manifestazione di
discriminazione, disuguaglianza, e relazioni di potere e dominazione dell'uomo sopra la donna; si
includono inoltre alcuni atti di violenza diretti contro i discendenti dell'autore dell'attodi violenza o
della donna vittima dello stesso atto; o contro minori e incapaci, sempre che convivano con
l'autore o siano soggetti alla patria potestà, tutela, curatela, o custodia di fatto della moglie o
convivente. E’ imprescindibile, però, che in queste ipotesi l'aggressione si diriga anche contro la
6
donna, poiché se la violenza si riferisse soltanto ai discendenti o minori non si considererebbe un
atto di “violencia de genero” ma solo di violenza domestica.
2.1 Elemento di intenzionalità nel concetto della violenza di genere.
L'articolo 1 della Ley Organica 1/2004 afferma che la violenza di genere è una manifestazione
della discriminazione, della situazione di disuguaglianza e delle relazioni di potere degli uomini
sopra le donne. Ricopre una speciale rilevanza l'elemento intenzionale dell'autore: una
componente soggettiva che può determinare se davanti a un atto violento esercitato da un uomo
contro una donna che sia o sia stata sua coniuge o compagna, ci troviamo di fronte o meno a un
fatto che costituisce violenza di genere.
Non qualunque aggressione di uno contro l'altra è espressione di discriminazione, disuguaglianza o
sfoggio di potere. Non è però facile determinare quando la violenza serva come strumento per
mantenere la discriminazione e la disuguaglianza. Per questo motivo l’introduzione di questo
elemento intenzionale è stata fortemente criticata: non viene considerato accettabile un concetto
di violenza sulla donna, dal quale dipenda tutta l'applicazione della legge, che sia basato
sull’intenzionalità dell'aggressore.
È innegabile che dalla constatazione di questa componente intenzionale dipende buona parte
dell'applicazione della Ley Organica 1/2004: tanto la possibilità di godere delle prestazioni di
servizi e dei diritti che la legge concede alle donne vittime di violenza, quanto i mezzi di tutela
istituzionale e giurisdizionale.
Inoltre è indiscutibile che l’introduzione di una specifica motivazione/elemento intenzionale, come
quello di mantenere la discriminazione e disuguaglianza della donna, complica straordinariamente
l'applicazione della legge stessa. Il raggiungimento della prova che accerti la concorrenza di questo
elemento di intenzionalità introduce enormi difficoltà, alla luce del fatto che gli elementi soggettivi
di un delitto possono unicamente essere provati nel processo mediante prova indiziaria, per la
quale è necessaria nella maggior parte dei casi una indagine completa.
2.2 Concetto di violenza di genere (nel senso di violenza perpetrata nell’ambito domestico)
La violenza di genere possiede caratteristiche proprie che la individualizzano di fronte alle altre
manifestazioni di violenza:
È immotivata, per quanto riguarda l'evento concreto che ha scatenato l'aggressione.
Qualsiasi atto minimo può produrla.
Le cause di qualsiasi condotta si basano su due componenti fondamentali: quella
strumentale, cioè gli obiettivi e le motivazioni dell'atto che si realizza, e quella emozionale:
la carica affettiva, positiva o negativa, che si pone nell'eseguire la suddetta condotta, che
potrà essere entusiasmo, rabbia, odio ecc.
Analizzando le cause dell'aggressione alla donna in ambito domestico, ci si accorge che
sono sempre totalmente ingiustificate: per esempio, non aver trovato la cena pronta,
oppure il fatto che la donna non fosse in casa quando l'uomo è tornato a casa o le ha
telefonato, ecc.
È una violenza eccessiva. Non si utilizza nel grado che sarebbe sufficiente per
un'imposizione concreta, ma esorbita: serve per educare, intimorire e mantenere il
controllo sulla vittima.
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L'aggressione in esame si caratterizza per multipli colpi violenti di ogni tipo: pugni, calci,
morsi, ecc.; l'aggressore ricorre in alcune occasioni all'uso di oggetti lesivi, come armi
bianche o armi da fuoco.
Sono anche apparsi casi con una frequenza ridotta nei quali gli aggressori han fatto uso del
fuoco quale elemento lesivo diretto.
L'obiettivo di questa condotta è educare e indurre alla paura, rendendo più effettive le
minacce. In altre occasioni, come quando si fa uso del fuoco, si tenta di produrre ferite che
lascino considerevoli cicatrici per causare una maggiore sofferenza fisica, psichica e sociale
alla vittima.
È una violenza di continuità, un processo progressivo con attacchi ogni volta più gravi e
frequenti, che si protrae fino ad instaurare una normalizzazione o accettazione dello stato
di violenza.
Si tratta di una violenza estesa: non si limita solo alla donna, ma si estende a qualsiasi
persona nel suo ambiente prossimo che l'aggressore possa pensare che stia aiutando o
appoggiando la vittima.
Speciale attenzione deve essere prestata ai figli, i quali soffrono abitualmente aggressioni
psicologiche, e in alcune occasioni, anche fisiche, introdotte come mezzo per far soffrire la
madre.
Il medico forense Dr. Lorente introduce una distinzione aggiuntiva tra la violenza operata nella
coppia dall'uomo e quella invece praticata dalla donna: la violenza dell'uomo è una violenza che si
appoggia sulla sua capacità di intimidazione, che rende credibile la minaccia, e che si esercita in
forma sistematica, continuativamente nel tempo per perpetuare il suo controllo sulla donna.
Al contrario la donna non costituisce una minaccia credibile e la sua violenza si produce
puntualmente collegata a un meccanismo di difesa in risposta a una violenza subita, nel tentativo
di superare o far terminare una certa situazione.
3 Le caratteristiche della Violenza domestica
Nel processo di conoscenza dei dati della violenza sulla donna risalta l'importanza di quella che
viene denominata “cifra nera”. Sono quei fatti che non appaiono nelle inchieste e nei documenti
ufficiali, in quanto molti delitti o atti di violenza non sono denunciati dalla vittima.
Il difensore del popolo suppone, in base ai dati forniti dalle organizzazioni nazionali del settore, che
le denunce presentate oscillino intorno al 20% dei casi concreti che si producono. Secondo la stima
di diverse associazioni impegnate nella lotta contro la violenza di genere si calcola che solo il
5/10% dei maltrattamenti sono denunciati come tali.
L'”Instituto de la Mujer” indica che il tempo medio che una donna impiega per denunciare la sua
situazione di aggressione è di circa cinque anni. Per di più molto donne neppure riconoscono di
essere state oggetto di maltrattamenti, quando glielo si chiede direttamente, nonostante si
stabilisca grazie alle risposte a altre domande indirette che sono tecnicamente vittime di violenza
domestica.
I motivi di questo paradossale comportamento possono essere molto vari: la dipendenza della
donna dal marito, la paura di distruggere la famiglia, il timore della burocrazia giudiziaria, la
tolleranza nei confronti della violenza o una sorta di vergogna per l'esperienza subita.
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3.1 Profilo psicologico dell'aggressore
La causa vera dei maltrattamenti risiede nella personalità dell'aggressore e non nel carattere o nel
comportamento della donna.
Se c'è qualcosa che definisce l'aggressore è la sua normalità: fino al punto che il suo profilo
potrebbe essere riassunto mediante tre elementi: uomo, di sesso maschile, coniuge.
Questa normalità si basa su due circostanze fondamentali: è socialmente accettato che l'uomo
possa utilizzare la violenza sulla donna per istruirla e per stabilire quale sia il suo ruolo nella
coppia; l'aggressione si produce nell'ambito privato, rimanendo così un problema della coppia,
nella quale nessun altro si può intromettere.
Il profilo del maltrattatore è un profilo piano, non ci sono caratteristiche univoche che possano
identificarlo, si nota comunque un fatto costante: si tratta di un uomo; e alcune circostanze:
l'aggressore è qualcuno che mantiene o ha avuto una relazione affettiva, di coppia con la vittima.
Solo gli uomini che hanno fissato o accettato modelli di dominio del genere maschile nel seno della
coppia arrivano a compiere atti di aggressione sulla donna.
Sebbene non ci sia un tipo specifico e stabile che incarna il soggetto attivo dei maltrattamenti
domestici, esistono però una serie di caratteristiche comuni che si presentano con frequenza negli
aggressori responsabili di violenza domestica.
1. Un dato che appare significativamente negli aggressori, e che è comune con la vittima, è
l’essere stati testimoni o vittime di violenza durante il periodo dall'infanzia all'adolescenza.
Gli autori di abusi domestici procedono generalmente da un contesto familiare dove sono
frequenti le aggressioni e l'uso della violenza, circostanza che ha permesso che
percepissero questa situazione come normale, e che nell'età adulta tendessero a ripetere
lo stesso modello di comportamento che hanno osservato da piccoli.
Questo non significa però che ci sia una predisposizione o un determinismo dei minori
maltrattati verso questi comportamenti.
2. Adottano una duplice condotta e manifestano una chiara dicotomia tra il comportamento
tenuto nell’ambito delle relazioni sociali e quello ben distinto nel seno della famiglia.
L’aggressore tipo è una persona riconosciuta pubblicamente come normale, spesso buona.
La società vede quello che vuole vedere: per questo la maggior parte degli aggressori
appaiono dotati di abilità speciali al momento di relazionarsi con altre persone fuori dal
nido familiare. Il comportarsi pubblicamente come persone affabili, capaci di ottenere il
rispetto e la fiducia dei conoscenti non è mai gratuito: gli aggressori sanno che questa sarà
la miglior difesa nel caso che i vergognosi avvenimenti privati emergano in pubblico.
Inoltre questo meccanismo è fondamentale affinché questo tipo di aggressioni perduri nel
tempo.
3. Sono normalmente molto possessivi.
Secondo il dottor Miguel Lorente l'aggressore risponde al desiderio di controllo assoluto
sulla compagna. Per ottenerlo il maltrattatore distrugge a poco a poco tutte le fonti di
appoggio esterno della donna: lavoro, amicizie e famiglia originaria. Una volta che questa è
isolata, controlla la vittima e si pone come suo unico legame con il mondo esterno. Questo
permette all'aggressore di mantenere la sua superiorità di fronte alla donna.
4. Molti sono dotati di un basso livello di autostima, hanno il timore di perdere il dominio
sulla situazione familiare; timore che pretendono di vincere adottando comportamenti
aggressivi. In molte occasioni con il maltrattamento cercano di compensare le loro
debolezze nelle relazioni che si sviluppano fuori dalla famiglia: la violenza familiare diventa