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INTRODUZIONE
A. La vicenda delle Seidenfeld: un microuniverso ricco di spunti
Così si esprime la studiosa Ida Fazio nell‘atto di ricostruire una
sintesi della tendenza storiografica chiamata microstoria.
Attraverso l‘eccezionale normale (il celebre ossimoro polisemico coniato
da Edoardo Grendi) emergono le incoerenze della realtà e dei sistemi
normativi, al cui interno vengono costruiti i percorsi strategici degli attori
storici, di cui viene quindi messa in risalto la creatività, la capacità di
manipolare, di contrattare, e non la mera responsività alle condizioni del
contesto. Eccezionale normale, dunque, perché una testimonianza, un
documento, un avvenimento unici contengono in sé elementi tanto
normali da non essere stati scorti in precedenza (come la lettera
smarrita di Edgar Allan Poe).
1
Pur con tutti i suoi limiti, il punto di vista microstorico ha avuto il
merito di non restare incatenato alle grandi categorie storiografiche
(storia sociale, culturale, economica..) ma ha scelto come punto di
partenza per la ricerca le relazioni tra individui e famiglie all'interno di
singole comunità, sottolineando l‘importanza delle reti personali nello
sviluppo del contesto storico generale. Come afferma Gallerano nel suo
dizionario di storiografia ―La riduzione di scala delle ricerche viene
considerata la chiave per proporre una gerarchia delle rilevanze diversa
e opposta a quella tradizionale‖
2
.
Giungendo agli sviluppi della storiografia attuale, le tendenze e gli
apporti metodologici della microstoria si rivelano utili anche per lo studio
1
I. Fazio, Microstoria
http://www.culturalstudies.it/dizionario/lemmi/microstoria_b.html. (sito consultato il
5/10/2011).
2
N. Gallerano, Dizionario di storiografia, Milano, Bruno Mondadori, 1985, p.
256.
4
delle biografie private e dei memoriali, utili almeno quanto i percorsi
storiografici tradizionali per ricostruire in tutta la loro complessità
momenti cruciali della storia umana, come le Guerre Mondiali o le fasi
migratorie della prima metà del Novecento:
Memoria pubblica, condivisa, formalizzata, memoria privata,
autobiografica, memorie diverse, memorie divise, memorie e oblio, voci,
silenzi, rimozioni, miti: questi piani interferiscono e si intrecciano,
tuttavia proprio l'esame delle fonti ci consente di mettere qualche punto
fermo, di districare qualche filo conduttore. Conoscere i meccanismi, i
codici, i linguaggi della memoria privata e pubblica, individuale e
collettiva, può dare orientamenti e strumenti di consapevolezza, in una
navigazione a tratti tempestosa, ma che rimane necessario
intraprendere. Il versante dell'uso pubblico della storia e della memoria
si lega con quello della autobiografia e della soggettività individuale;
proprio su questo crinale alquanto impervio possiamo disporre di
elaborazioni, di strumenti, di esperienze delle quali tener conto
3
.
In questa prospettiva corrispondenze private, diari, memoriali,
biografie più o meno consapevoli, diventano fonti primarie d‘ indagine
storica, passando a rappresentare una parte, seppur infinitesimale, di
esperienze e vissuti collettivi.
Resasi conto che l‘intensa lotta contro il fascismo condotta assieme a
Barbara e Serena era destinata a non lasciare alcuna traccia, Gabriella
aveva deciso di redigere le sue memorie familiari, intitolate,
significativamente, Le Tre Sorelle. Attraverso uno stile semplice e piano,
filtrato da sottile ironia, la Seidenfeld ripercorreva, partendo dagli anni
dell‘infanzia, le fasi cruciali che avevano segnato sia il suo itinerario sia
quello di Barbara e Serena.
4
3
G. Bertacchi Le fonti di memoria della guerra e la didattica della storia, Roma,
3 dicembre
1999, Giornata di studio su “Il coraggio della memoria‖.
4
S. Galli, Le tre sorelle Seidenfeld. Donne nell’emigrazione politica antifascista,
Firenze, Giunti, 2009, pp.20-21.
5
Proprio partendo da questo inedito
5
, scritto probabilmente dopo la
morte di Serena Seidenfeld, avvenuta nel 1961, è iniziato il percorso di
costruzione di questo elaborato, in cui si è tentato di mettere in luce i
vissuti di tre personaggi ―minori‖, ponendo particolare attenzione sui
percorsi geografici ed umani da loro intrapresi fino al secondo conflitto
mondiale. Le loro vicende ben si prestano a divenire una microstoria,
raccontata in queste pagine sulla base dell‘analisi documentaria, nonché
grazie agli apporti di altre discipline, quali la geografia, la demografia, la
sociologia e la letteratura. La lettura del dattiloscritto di Gabriella
Seidenfeld, le ricerche d‘archivio, l‘intervista con il signor Tranquilli,
nipote di Ignazio Silone, ma soprattutto la completezza del lavoro di
Sara Galli, Le Tre Sorelle Seidenfeld. Donne nell’emigrazione politica
antifascista (che è divenuta una delle fonti principali per questo
elaborato) hanno facilitato l‘individuazione delle tappe principali nei
percorsi di queste donne, nonché i collegamenti con i grandi eventi
storici e sociali che hanno influenzato maggiormente le loro esistenze.
Sin dal principio, il percorso delle tre sorelle Seidenfeld appare
strettamente connesso ai grandi movimenti migratori che caratterizzano
non solo il periodo in cui esse hanno vissuto, ma anche le loro stesse
radici: ―Ebrei di origine ungherese, i Seidenfeld, al pari di numerosi
nuclei familiari ashkenaziti, avevano alle spalle una storia punteggiata
da diverse migrazioni.‖
6
Stephen Roth in proposito scrive che:
Gli ebrei ungheresi si opponevano al sionismo, perché speravano in
qualche modo di raggiungere la parità con gli altri cittadini, non solo
parità legale ma anche sociale, e di essere integrati nel paese come
5
la cui consultazione mi é stata gentilmente permessa dal prof Dario Biocca che
ringrazio.
6
S. Galli, Le tre sorelle Seidenfeld., cit., p.29
6
israeliti ungheresi. La parola "israelita" (in ungherese: Izraelita)
denotava solo un'appartenenza religiosa priva dei connotati etnici o
nazionali, di solito insiti nella parola ebreo. Gli ebrei ungheresi
pervennero a notevoli successi nell'economia, nella cultura e meno
frequentemente anche nella politica. Ma anche l'ebreo più in vista non
era pienamente accettato dalla maggioranza degli ungheresi come uno
di loro.
7
Il legame imprescindibile con gli eventi politici più significativi
dell‘epoca appare come un altro tratto distintivo della biografia delle tre
sorelle. Infatti, in molti casi, le scelte e le azioni di Gabriella, Barbara e
Serena dimostrano che militanza politica e vita personale si
sovrappongono indissolubilmente, così come accadeva alla maggior
parte di coloro che intraprendevano quella strada.
Vengono presto di là gli attacchi, le aspre critiche, all‘impronta settaria
del partito italiano, al suo culto «dei pochi ma buoni» (nel primo anno
una revisione degli iscritti ne espelle quasi un migliaio) ma è indubbio
che i caratteri fondamentali dell‘organizzazione hanno quella ispirazione
e costituiscono un elemento di novità e anche di forza.
Quei caratteri si chiamano centralizzazione assoluta, disciplina e
inquadramento di tipo militare, per cui i militanti si considerano soldati,
e soldati volontari, di un esercito rivoluzionario internazionale.
8
Se si considera anche che Barbara e Gabriella furono
rispettivamente le compagne di due ex dirigenti del partito comunista,
quali Pietro Tresso e il noto scrittore Ignazio Silone, la sovrapposizione
fra vita personale e politica appare ancor più lampante, anche alla luce
di tutto ciò che nelle vite dei quattro comportò l‘espulsione dal partito,
quella famosa Uscita di sicurezza di cui Silone racconta in maniera così
avvincente:
7
S. Roth, Memories of Hungary, pp. 125–141 in Micheal Riff, The Face of
Survival: Jewish Life in Eastern Europe Past and Present. V. Mitchell, London, 1992
8
P. Spriano, Da Bordiga a Gramsci, vol.I della Storia del Partito comunista
italiano, Torino, Einaudi, 1967, p. 167-168.
7
La verità é questa: l‘uscita dal partito comunista fu per me una data
assai triste, un grave lutto, il lutto della mia gioventù... Non ci si libera
così facilmente di un‘esperienza così intensa come quella
dell‘organizzazione comunista.
9
Anche in ragione della loro appartenenza politica, le Seidenfeld
ebbero la possibilità di istruirsi, di poter viaggiare in tutta Europa, di
vivere in prima persona passaggi storici epocali, anticipando almeno di
tre decenni il profilo medio della condizione femminile europea, che
d‘altra parte ancora negli anni Sessanta stentava a staccarsi dallo
stereotipo de ―l‘angelo del focolare‖. Nei loro vissuti si possono leggere
alcune delle tappe fondamentali di un processo d‘emancipazione
compiuto, in Italia con particolare fatica, dalle donne occidentali durante
tutto il Novecento. Gli anni Trenta e in particolare la Resistenza, in cui
Gabriella svolse una parte attiva, contenevano le prime tracce
significative di questo processo:
Negli anni del fascismo e dell‘occupazione nazista vi furono donne che
lasciarono i focolari, le gonne, i rosari, i doveri materni e si unirono alla
lotta partigiana. Quella lotta armata combattuta tra i boschi e le
montagne, ma anche quella lotta fatta di gesti meno eclatanti, ma
altrettanto importanti, ai quali le donne, nascoste proprio dietro la loro
condizione femminile, potevano dedicarsi sommessamente. [...]Inoltre,
la Resistenza fu anche il metaforico crogiuolo che vide nascere tesi di
emancipazione femminile che avrebbero costituito il presupposto per
l‘inserimento della donna nella società e l‘ampliamento dei suoi diritti
civili, politici e sociali.
10
Non mancano dunque i percorsi storiografici a cui fare riferimento
per ricostruire l‘esistenza delle tre sorelle. Proprio la scelta del punto di
9
I. Silone,Uscita di Sicurezza, Milano, Longanesi, 1965, pp. 113-114.
10
T. Bagnato, Il ruolo delle donne nella Resistenza. Lotta partigiana e inclusione
nei partiti, da Instoria, rivista on line di storia e formazione, N. 18, Novembre 2006.
8
vista attraverso cui presentare questa microstoria si è rivelata una delle
imprese più ardue.
Dopo riflessioni e ripensamenti vari, la soluzione adottata consiste
nel tenere presenti come coordinate spaziali alcune città in cui le tre
donne hanno vissuto. Una decisione del genere ha già implicato una
selezione poiché tutte e tre abitarono in totale in una ventina di centri
abitati, anche in differenti periodi, spesso cambiando domicilio all‘interno
degli stessi: da Genova a Madrid, da Berlino a Milano, da Trieste a
Barcellona, da Roma a Lugano.
Si crearono quelli che furono detti i rivoluzionari professionali [...] essi
dovevano assumere nomi e generalità fittizie e mutevoli a seconda delle
circostanze; assumere mascherature diverse, rinunciare a consuetudini
proprie, rompere coi legami familiari, con gli amici; dedicarsi in modo
totale al partito, là dove occorresse.
11
Trattandosi di esistenze caratterizzate dal cambiare o falsificare di
continuo nome, residenza e impiego, è naturale che su di loro si possano
trovare tracce confuse dall‘Est all‘Ovest dell‘ Europa.
Riorganizzato al fine di fronteggiare l‘efficace repressione poliziesca, il
lavoro clandestino imponeva ai funzionari comunisti tempi di azione
prolungati, alternati a momenti di angosciosa attesa. La necessità di
seguire scrupolosamente le norme cospirative, unita alla consapevolezza
di poter essere sorvegliati o circondati da persone infide,condannava
spesso questi uomini e queste donne a un doloroso senso di solitudine
interiore.
12
Sia per gli storici più eminenti che per gli ispettori di polizia più
accorti non è risultato affatto facile distinguere fra una sorella e l‘altra,
11
C. Ravera, Il Centro interno: problemi e organizzazione in AA.VV., comunisti
a Torino, 1919-1972, Roma, Editori Riuniti, 1974 p.112.
12
S. Galli, Le tre sorelle Seidenfeld, cit., pp.108-109.
9
abituate com‘erano a nascondere e rimuovere segni del loro passaggio.
Per esempio in una nota alla sua monumentale opera, Storia del partito
Comunista Italiano -altra fonte primaria per questo studio- Paolo
Spriano cita anche Serena Seidenfeld, non specificando chiaramente se
si tratti proprio della stessa, o della sorella Gabriella, che usava lo stesso
nome come pseudonimo. In altri documenti, tra cui lo scritto di
Gabriella, sembra che a svolgere quel compito fu proprio lei stessa
insieme a Silone.
Sereno [Silone] ed io ci eravamo sistemati [...] per fare il lavoro di
Stampa e Propaganda. Ci occupavamo però anche del lavoro politico e
organizzativo. Malgrado il via vai e la vita insolita che conducevamo si
era potuto lavorare per un periodo relativamente lungo.
13
Ma la confusione resta, poiché più fonti testimoniano la presenza
delle tre in quella determinata circostanza:
L‘ufficio di segreteria viene stabilito a Sturla in una villetta isolata che
aveva diverse uscite e due cancelli e fu battezzata l «‘Albergo dei
poveri», poiché vi si poteva ospitare i compagni di passaggio. Con
Camilla Ravera lavorano Giuseppe Amoretti, Anna Bessone e la sorella
Elena Ravera. In un edificio vicino battezzato «la casa dell‘Ortolano»
prende sede l‘Ufficio stampa e propaganda a cui lavorano Alfonso
Leonetti, Pia Carena, Felice Platone con la moglie, Serena Seidenfeld e
Ignazio Silone. [...]L‘ufficio organizzativo viene sistemato a Recco e vi
sono addetti Tresso e la moglie Barbara.
14
13
G.Seidenfeld Maier, Le tre sorelle, [Roma, s.d.], (dattiloscritto di 64 pagine),
pp.14-15.
14
P. Spriano, Gli anni della clandestinità, vol. II della Storia del Partito
comunista italiano. Torino, Einaudi, 1967, p. 69, nota n. 2.
10
Fiume Parigi Zurigo Mosca
Perché si è scelto di fare riferimento in particolare a queste città?
Prima di tutto, al di là della vicende che vedono protagoniste le
Seidenfeld, si può ben comprendere l‘importanza di questi centri per la
storia europea e mondiale, soprattutto nel contesto storico del primo
trentennio del Novecento: Fiume, ancora più grazie all‘impresa di
D‘Annunzio, divenne il simbolo dell‘ identità italiana mancata, pur
rappresentando da secoli quello che oggi si potrebbe definire un caso di
melting pot cittadino.
La popolazione di Fiume era in grande maggioranza di madrelingua
italiana: c‘era una minoranza croata, ma si parlava il tedesco perché era
nell‘area mitteleuropea. Il tedesco era importante per motivi
commerciali, prima ancora che culturali; e l‘ungherese perché
l‘amministrazione statale era di lingua ungherese, quella comunale, era
invece, di lingua italiana.
15
Diverso è il caso di Parigi, una delle più grandi metropoli del
mondo, per secoli collocata al centro del sistema economico, politico e
culturale dominante, che dalla metà degli anni Trenta sembrò smarrire
la sua identità fino al punto di ritrovarsi città occupata e di fatto nelle
mani dei Tedeschi.
La―strana disfatta‖, fu analizzata in questi termini dal grande
storico medievalista e patriota Marc Bloch
16
:
On n‘en avait pas assez dit pour nous faire peur; pas assez et pas dans
les termes qu‘il eût fallu pour que le sentiment commun acceptât
15
L. Valiani, Sessant’anni di avventure e battaglie. Riflessioni e ricordi raccolti
da Massimo Pini, Milano, Rizzoli,1983,p.15.
16
Come capo della Resistenza francese, si spese invano per la liberazione dei
trockijsti, ostaggi di fatto nelle mani dei gruppi comunisti che costituivano la gran parte
dei maquis.
11
l‘inévitable, et sur les conditions nouvelles ou renouvelées de la guerre,
consentît à remodeler le moral du civil.
17
Zurigo, in quanto centro svizzero di primaria importanza, in quegli
anni critici apparentemente avvolta in un grigio neutralismo, si rivelò
invece una città in grande fermento, dove fu permesso continuare a
esprimere le proprie opinioni e vivere in pace. Per questi motivi è stato
ritenuto da alcuni studiosi uno dei centri più importanti del
fuoriuscitismo, da cui si gettarono le basi per una nuova Europa libera
dalle dittature.
Ed è in terra svizzera che il dibattito, breve nel tempo e mortificato dalla
vigilanza censoria delle autorità svizzere e dagl‘interventi della polizia ,
si sviluppa attorno a temi di suggestiva modernità.
Sono i temi dell‘autonomia del movimento socialista delle potenze in
lotta contro la Germania nazista; del rifiuto d‘imprigionarlo nella rete
delle manovre diplomatiche e nella logica delle sfere d‘influenza; della
formazione di un «terzo fronte» che si batta in assoluta indipendenza
per dar vita sulle rovine della guerra all‘Europa unita, all‘Europa dei
popoli.
18
Infine Mosca: in altri periodi storici più estranea al contesto
europeo, nel Novecento tornò al centro delle attenzioni anche nel
Vecchio Continente. Infatti dopo la Rivoluzione d‘ Ottobre si temeva
soprattutto l‘avanzata del comunismo in un‘Europa in crisi e
perennemente scossa dalle rivolte di operai e contadini, affascinati dal
mito sovietico.
17
M. Bloch, L'Étrange Défaite. Témoignage écrit en 1940, Paris, Franc Tireurs
Editions, 1948, pag.83.
18
G. Arfè, La politica del gruppo dirigente socialista nell’esilio in AA.VV.
L’emigrazione socialista nella lotta contro il fascismo(1926-1939), Firenze, Sansoni
Editore Nuova .S.pa.,1982, p.32.