Introduzione Diversi sono i motivi che mi hanno spinto a redigere un confronto tra Bayle e
Montesquieu. Senza dubbio, il fattore che ha influito maggiormente è stata la “carica
rivoluzionaria” che ho trovato nelle loro opere.
Questa carica, a mio avviso, diventa ancora più dirompente se si inquadrano con
attenzione i momenti storici nei quali i due filosofi si trovano a scrivere i propri
pensieri.
Per quanto concerne Bayle (1647-1706)
1
, le sue opere risentono delle grandi dispute
teologiche che erano seguite alla Riforma luterana e alla Controriforma cattolica, ma
soprattutto delle terrificanti guerre di religione che avevano sconvolto la Francia 2
, e
in seguito l'Europa,
3
tra la fine del '500 e la prima metà del '600.
1
Figlio di un pastore calvinista, deve abbandonare la Francia nel 1670 perché, convertitosi al Cristianesimo due anni
prima, era tornato sui suoi passi e, in quanto recidivo, non gli era permesso soggiornare in Francia.
Si rifugia a Ginevra dove frequenta l'accademia calvinista guadagnandosi da vivere come precettore. Nel 1674 ritorna
sotto falso nome in Francia soggiornando come precettore presso ricche famiglie protestanti prima a Rouen poi a Parigi.
Trasferitosi a Sedan riesce a vincere una cattedra in filosofia presso l'accademia protestante. In seguito alla soppressione
dell'accademia nel 1681, che si inserisce all'interno della politica anti ugonotta di Luigi XIV, si rifugia a Rotterdam dove
insegnerà filosofia presso l'Ecole Illustre.
2
Due sono, a mio parere, gli episodi che più di ogni altro rendono palese il clima che si respirava in Francia.
Per cercare di sanare i contrasti fra il partito cattolico, guidato dalla famiglia Guisa, e quello protestante, guidata dal
casato di Navarra, venne organizzato un matrimonio nel 1572.
Protagonisti dello sposalizio erano Margherita di Valois (1553-1615), figlia di Caterina de Medici (1519-1589), e il
protestante Enrico di Navarra (il futuro re Enrico IV).
A Parigi giunsero molti ugonotti per il matrimonio che si celebrò il 18 agosto. Nella notte tra il 23 e il 24 migliaia di
nobili ugonotti vennero trucidati per mano di Enrico di Guisa e del suo seguito. Questo evento è tristemente passato alla
storia come il massacro della notte di San Bartolomeo.
Il secondo episodio fu una vera e propria guerra: la guerra dei tre Enrichi.
Le ostilità iniziarono nel 1585 quando lo stesso Enrico di Navarra (1553-1610) venne proclamato erede al trono di
Francia. Oltre ad Enrico di Navarra gli altri contendenti furono il re Enrico III (1551-1589) e il cattolico Enrico di Guisa
(1550-1588).
A seguito della sconfitta dell' Invincibile Armada spagnola nel 1588, Enrico III pensò di far uccidere Enrico di Guisa.
Questo in quanto era “sponsorizzato” dalla cattolica Spagna ormai caduta in disgrazia. La risposta cattolica non si fece
attendere e un monaco fanatico uccise Enrico III (1589).
A questo punto Enrico di Navarra rimase l'unico erede. Nel 1593 fu costretto ad abiurare la fede calvinista e l'anno
successivo venne ufficialmente incoronato re di Francia. Per tentare di riappacificare la Francia venne promulgato nel
1598 l'editto di Nantes.
3
Si fa qui riferimento alla guerra dei Trent'Anni che dal 1618 al 1648 mise a ferro e a fuoco numerosi stati europei ma
in modo particolare la Germania.
Nel 1648 si giunse alla pace di Westfalia che confermò, dal punto di vista religioso, la regola del cuius regio eius
religio (la religione dello stato è quella del sovrano ma vi era libertà di emigrare) che era stata stabilita ad Augusta nel
1555, estendendola anche alla fede calvinista.
4
Nell'ampia sezione a lui dedicata, ho preso in esame brani delle sue tre opere
principali: i Pensieri sulla cometa 4
, il Commentaire Philosophique 5
ed il Dizionario
storico – critico 6
.
Qual è il nesso che accomuna questi tre scritti? Ritengo che siano tutti strettamente
legati ad alcuni temi che, al lettore contemporaneo, potrebbero sembrare banali ma
che nella Francia di fine '600 non lo erano affatto. Il rifiuto del dogmatismo,
l'avversione per le dispute teologiche ma soprattutto le considerazioni sugli atei e
sulla tolleranza e il rispetto della coscienza individuale erano temi di strettissima
attualità.
Se gli scritti di Bayle non sempre furono ben accolti in ambito protestante, senza
parlare delle feroci reazioni cattoliche, ebbero una grande rilevanza specialmente con
il nascere dell'Illuminismo.
Certo la sua visione della tolleranza andava incontro a numerosi equivoci e
contraddizioni, che cercherò di mettere in evidenza, ma è innegabile il portato
rivoluzionario delle sue parole. Ed è incredibile vedere come a distanza di secoli, nel
4
Nel 1682 esce la prima edizione . L'opera esce anonima e sarà accresciuta con l'uscita della seconda edizione l'anno
successivo. Nella terza (1689) e nella quarta (1704) edizione non verranno apportate significative modifiche.
In quest'opera, Bayle si nasconde dietro una fittizia corrispondenza fra un cattolico romano dichiarato e un altro
appartenente alla Chiesa di Roma ma la paternità dell'opera venne scoperta quasi subito.
Se in prima battuta i Pensieri intendevano dimostrare da un punto di vista scientifico l'ininfluenza del passaggio delle
comete sugli eventi dell'umanità, in seguito l'autore si propone di smantellare l'idea assai radicata al suo tempo che
l'idolatria fosse un peccato meno grave rispetto all'ateismo.
5
Nel 1686 uscì il Commentare philosophique sur ces paroles de Jèsus Christ contraine les d’entrer . Ancora una volta
Bayle si nasconde agli occhi del lettore.
Il fatto è che questa volta viene scelto uno pseudonimo non certo casuale: Jean Fox de Bruges. Non è casuale in quanto
lo pseudonimo è l’unione di nomi di eretici protestanti del passato che avevano avuto a cuore il tema della tolleranza. Si
trattava del quacchero George Fox (1624-1691) e dell’anabattista Jean de Bruges che era poi lo pseudonimo di David
Joris.
Il trattato si divide in tre parti: la prima contiene nuove confutazioni sul senso letterale dell’espressione evangelica
“costringili ad entrare”. Nella seconda parte vi sono otto obbiezioni alle motivazioni che si era soliti addurre in favore
dell’intolleranza, e nella terza e ultima parte vi era la confutazione dell’apologia di S.Agostino di chi usava la forza per
ottenere conversioni.
6
Il Dictionaire (la cui uscita è datata 1702) è un'opera che non ha confronti rispetto alla precedente produzione
letteraria europea. Prendendo le mosse da Cartesio 1596-1650), Bayle cercava di smascherare le credenze basate sul
pregiudizio .
In origine, negli oltre duemila articoli che compongono l'opera, non doveva trovare posto la trattazione di errori
dottrinali e religiosi. Questa assenza era motivata dal fatto che è impossibile stabilire una verità certa in queste materie
visto che ciò che è ritenuto falso da un individuo è vero per un altro.
In realtà questa iniziale posizione viene presto abbandonata. E' così che il filosofo, senza temere di entrare in
contraddizione, se da un lato difendeva il valore del fideismo confrontato ad una possibile teoria di conforto derivante
dal razionalismo religioso, allo stesso tempo sottoponeva la religione ad uno scetticismo che ne minava le fondamenta.
A cadere sotto i colpi della sua critica non erano tanto le diverse credenze religiose ma lo stesso concetto di ortodossia.
5
corso del Concilio Vaticano II
7
, la stessa Chiesa cattolica abbia ripreso alcuni punti
che erano stati polemicamente messi in luce dalla critica bayliana.
Bayle, non solo fece la terribile esperienza personale delle conseguenze della
persecuzione 8
ma assistette e fu vittima della revoca dell'Editto di Nantes 9
per mano
di Luigi XIV (1638-1715).
Bayle non diede vita ad un vero e proprio personale sistema filosofico ma questo non
è certo da imputare ad un suo particolare limite. Se ne devono cercare le cause nella
continua tensione polemica che portava il filosofo a doversi mantenere sempre
aggiornato sugli scritti che uscivano sui temi di suo interesse. Questa sua incessante
attenzione per l'attualità e la sua verve polemica, lo portarono in certe occasioni a
trovarsi in contraddizione o quantomeno a sentire la mancanza di un sistema rigido da
cui attingere le proprie considerazioni.
Penso che, a lungo andare, un rigido sistema di idee sarebbe stato d'impaccio per il
fiero nemico del pensiero dogmatico e del principio di autorità.
7
Faccio riferimento alla dichiarazione Dignitatis humanae . Se all'inizio viene ribadita la fede nella Chiesa cattolica, in
seguito viene promossa la libertà di religione con parole mai usate in precedenza: “Questo Concilio Vaticano dichiara
che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa.
Il contenuto di tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione (...) di qualsiasi potestà
umana, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro certi
limiti, di agire in conformità ad essa” (2,a).
Altro punto che richiama fortemente il pensiero bayliano è l'assoluto rispetto per la privata coscienza individuale che
non deve subire alcun genere di interferenze. Si legge: “Gli imperativi della legge divina, l'uomo li coglie e li riconosce
attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente (...) Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua
coscienza” (3,b).
8
Il fratello maggiore Jacob viene imprigionato a Bordeaux e, nel novembre 1685, andò incontro alla morte preferendola
alla abiura della fede protestante.
9
L'Editto di Nantes venne promulgato da Enrico IV nel 1598. Veniva stabilita la libertà di coscienza in tutta la Francia,
venivano riconosciute alcune piazzeforti ugonotte e si sanciva il diritto all'accesso alle cariche pubbliche e al giudizio di
un tribunale composto per metà da cattolici e per metà da ugonotti.
L'editto di Nantes venne revocato da Luigi XIV nel 1685 mediante l'Editto di Fontainebleau (anche se molte parti del
precedente Editto erano già decadute). L'ondata persecutoria che si scatenò, portò ad una massiccia migrazione di
ugonotti verso i paesi riformati quali la Germania e l'Olanda. Bayle scelse di emigrare in quest'ultima.
6
A circa cinquant'anni di distanza dalla stesura del Dizionario , uscirà l'opera più
importante di Montesquieu (1689-1755)
10
: Lo spirito delle leggi 11
.
In quest'opera, Montesquieu porterà a compimento quanto già aveva precedentemente
scritto 12
ma darà un taglio nuovo alla sua ricerca. Egli infatti specifica che vuole
dedicarsi ad una analisi scientifica delle diverse forme di governo esistenti. La carica
rivoluzionaria, a cui facevo riferimento in precedenza, direi si trovi proprio nella
parola “scientifica”.
Montesquieu si è documentato accuratamente raccogliendo per anni le proprie
considerazioni, decidendo infine di pubblicare un lavoro realizzato con metodo.
Da questa documentazione emergono i grandi temi che vengono affrontati nel corso
dell'opera e che ho deciso di trattare: le diverse forme di governo che gli uomini
decidono di darsi, la schiavitù, la gradualità delle pene, la teoria della divisione dei
poteri e la separazione tra leggi civili e leggi religiose.
Ancora una volta ci troviamo davanti a quelle che (forse) sono conquiste scontate per
l'uomo contemporaneo ma che non lo erano affatto nella Francia da poco uscita
dall'assolutismo del Re Sole.
Non sarà certo un caso che tale opera sarà tra le più lette dagli Illuministi e alla base
delle conquiste rivoluzionarie sia in America che nella Francia stessa.
10
Orfano di madre, fin dalla tenera età, compie gli studi prima presso il collegio oratoriano di Juilly (vicino a Parigi)
quindi studia legge a Bordeaux.
In questa città nel 1714 diviene consigliere della corte di giustizia cioè membro del parlamento. Nel 1716, alla morte
dello zio paterno, eredita la baronia di Montesquieu nonché la carica di presidente di sezione del parlamento.
Ben più attratto dagli studi, partecipa alle attività dell'Accademia di Bordeaux e nel 1721 pubblica le Lettres Persanes
(Lettere Persiane). Trasferitosi a Parigi viene eletto nell' Acadèmie Francaise e vende anche la carica di presidente della
sezione del parlamento. Tra il 1728 e il 1731, quando già era un letterato affermato, effettua un lungo viaggio che lo
porta a soggiornare in diversi paesi europei, fra cui Inghilterra, Olanda, Germania e Italia.
Nel 1734 pubblica le Considerations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur dècadence (Considerazioni
sulle cause della grandezza e della decadenza dei Romani). Infine nel 1748 conclude la sua opera più importante cioè
l' Espirit des lois (Lo spirito delle leggi), al quale lavorava da una ventina d'anni. Dopo tre soli anni dalla sua
pubblicazione, l'opera verrà posta nell'Indice dei libri proibiti. Nel 1755, divenuto ormai cieco, Montesquieu muore a
Parigi in seguito ad una breve malattia.
11
Nel 1748 dopo quasi vent'anni di lavoro Montesquieu diede alle stampe la sua opera principale: l' Espirit des lois (Lo
Spirito delle leggi). In quest'opera giunge a sistemazione definitiva tutto l'impianto concettuale del pensatore francese in
merito alla concezione dello stato e al problema religioso.
L'opera è divisa in libri e capitoli in cui vengono analizzati tutta una serie di fenomeni politici e sociali. Altro problema
fondamentale che verrà trattato è quello inerente alla libertà politica. Egli si concentrerà sulla costituzione inglese, dove
la separazione dei poteri viene indicata come la base per la conservazione di libere istituzioni. Lo stile di quest'opera
risulta essere molto semplice grazie a periodi brevi e concisi.
12
Intendo fare riferimento (solo per citare un paio di casi) all’analisi dell’utilità sociale della religione condotta nelle
Considerazioni e al tema della tolleranza e del rapporto Cristianesimo Islam nelle Lettere Persiane .
7
Certo anche in questo caso ci troveremo di fronte ad errori e pregiudizi (specialmente
nel caso della onnipresente dicotomia tra Europa ed Asia) ma innegabilmente questo
testo segna un autentico spartiacque per la giurisprudenza e la storia politica.
Dopo questa breve introduzione, atta ad illustrare i motivi che mi hanno spinto a
compiere questa ricerca, è giunto il momento di approfondire gli argomenti che sono
stati brevemente accennati.
Il primo Bayle: I Pensieri sulla cometa Nel 1682 esce la prima edizione di quella che sarà la prima opera a stampa di Pierre
Bayle e cioè i Pensieri sulla cometa.
I Pensieri sulla cometa è un’opera che ha l’intento di rivolgersi ad un vasto pubblico
che non necessariamente doveva essere esperto di scienza o padroneggiare le lingue
antiche. Tutto questo perché si parla di argomenti di attualità; infatti aveva suscitato
grande scalpore il passaggio di una cometa nel 1680.
Bayle ha dedicato gran parte dei suoi studi allo svolgimento di considerazioni sul
fenomeno religioso e il rapporto tra fede e ragione. L’indagine in campo religioso è
anche l’occasione per formularne una critica, separando ciò che è vero da ciò che è
imposto autoritariamente. La ragione permette inoltre di distinguere nettamente fra
fede, mistero e superstizione.
Da un lato, Bayle mantiene aperta la possibilità di un’esperienza religiosa autentica,
d’altro canto non rinuncia all’approfondimento dei diritti della ragione in modo da
consentirle di depurare la fede da tutti i retaggi storici, politici e teologici che
risultano inaccettabili ad un esame imparziale condotto secondo i canoni del
ragionamento filosofico.
Bayle, con chiaro intento polemico, si domanda a quali condizioni sia possibile
credere in una religione che non degeneri in cieca superstizione.
Nei Pensieri , la critica di Bayle investe il fenomeno religioso nella sua totalità con
l’intento di chiarirne il significato in rapporto alla sua genesi, nell’effettiva esperienza
storica e morale dell’umanità.
8
La superstizione umana al servizio del potere
La credenza nei presagi, fenomeno largamente diffuso presso tutte le religioni,
illumina un aspetto generale della mentalità religiosa e delle categorie di cui essa si
serve.
Per Bayle, sono due i fattori che portano l’uomo sulla strada della superstizione: la
credenza nei demoni e la propensione dell’animo umano ad accogliere credenze che,
pur essendo irragionevoli, possono tuttavia aiutarlo in particolari momenti della
propria esistenza.
Questa naturale tendenza dell’uomo ad una religione superstiziosa, costituisce da sola
un ostacolo insuperabile per la completa diffusione dell’ateismo. La fede cieca e
l’idolatria costituiscono uno stabile baluardo per il mantenimento e la propagazione
dei culti religiosi, come si evince dal S 67:
Ma torniamo a quella naturale inclinazione per la superstizione che il diavolo ha trovato nell’animo
umano. Sono convinto che il nemico di Dio e della nostra salvezza ha talmente assecondato una
simile inclinazione, approfittando dell’occasione per fare di ciò che c’è di meglio al mondo (cioè
della religione) un ammasso di stravaganze, stupidaggini, e, peggio ancora, di crimini enormi, che è
riuscito a precipitare gli uomini nella più ridicola me più abominevole idolatria che si possa
immaginare. (…) A tale scopo ha fatto sì che trovassero ovunque motivi di bene e di male,
suggerendo loro che un Dio poteva manifestare la sua volontà per mezzo degli uccelli, un altro per
mezzo delle viscere delle bestie. (…)
Si deve dunque ammettere che gli artifici del demonio abbiano compiuto dei prodigi veramente
straordinari nell’animo dell’uomo, per colmare la misura della sua naturale credulità e per fargli
trovare ovunque motivi per temere il risentimento degli dèi immortali.
13
Inoltre Bayle, pone in relazione la grande immaginazione dell’uomo e l’esigenza, da
parte dell’autorità politica, di legittimare il proprio potere sul consolidamento della
13
P. Bayle, Pensieri diversi sulla cometa , a cura di G. Cantelli, Bari, Laterza, 1979, vol. I, pag.. 123.
9
fede religiosa. Questo garantisce una maggiore coesione sociale e rinforza
l’obbedienza dei sudditi.
Nel S 68 si mostra come:
Era necessario mantenere gli uomini nella convinzione che gli effetti naturali, aventi qualche tratto
eccezionale, cadessero direttamente dal cielo, e spingerli a dare sempre grandissima importanza a
tutti i terremoti, a tutti gli straripamenti dei fiumi. (…) era assolutamente necessario che un gran
numero di fenomeni straordinari si verificasse in molti luoghi (…) facendo leva sulla morbosa
immaginazione di molte persone sempre pronte a vedere sospesi sulle nubi eserciti in guerra.
14
Nel S 108, si pone l’accento sulla particolare cura che l’autorità civile riponeva nel
diffondere lo zelo religioso:
Ma oltre al fatto che gli uomini, già per loro natura, sono estremamente inclini a praticare gli atti
esteriori di devozione, ogni volta che si ritengono minacciati dai prodigi del cielo, bisogna
considerare che anche la politica dei magistrati preposti agli affari civili e religiosi poneva
particolare cura a mantenere gli uomini in soggezione, ricorrendo al freno del timore verso gli dèi.
(…) Il mezzo migliore per incoraggiare i popoli alla difesa della patria è sempre stato quello di
legarne il cuore a certe devozioni celebrate fastosamente. (…)
Ecco perché la politica esigeva che venisse minuziosamente regolato tutto ciò che serviva a
fomentare negli animi lo zelo religioso e a ispirarvi un profondo rispetto anche per le più
trascurabili cerimonie.
15
Naturalmente un ruolo decisivo è stato giocato anche dalla casta sacerdotale, come
sarà spiegato nel capitolo successivo:
Poiché il rispetto dei popoli per le cose della religione si estendeva fino alle persone che le
amministravano, non vi è dubbio che tali persone si servissero di svariati espedienti per mantenere
negli spiriti sentimenti superstizioso. In tal modo riuscivano ad imporre il proprio dominio e a
rendere la loro carica così importante che anche i più importanti signori vi aspiravano. (…)
14
Ivi, pagg. 125-126.
15
Ivi, pagg. 209-210.
10
Si era convinti che essi fossero in possesso della chiave del cielo e che avessero il potere di
allontanare le calamità che minacciavano lo stato; si era insomma convinti che su di essi si reggesse
la salute pubblica.
16
Tutto quanto appena detto ha poi avuto una logica conclusione; talvolta il potere
religioso e quello politico sono stati detenuti dalla medesima persona come si nota nel
S 111:
Si deve inoltre considerare che in alcuni Stati la dignità sacerdotale era unita a quella legale, come
indubbiamente avvenne nell’impero romano. Gli imperatori (…) unirono alla loro maestà imperiale
anche la dignità di pontefici massimi per esercitare così il proprio dominio sulle cose della religione
e per rendersi così ancora più inviolabili. (…)
Vi lascio ora immaginare, se con il concorso di due così grandi potenze, ognuna delle quali aveva in
ciò il suo particolare tornaconto, ogni cosa non fosse predisposta in modo che la religione venisse
mantenuta in tutta la pienezza della sua forza.
17
Sottolineare il carattere politico che può assumere la religione, porta Bayle a parlare
di invenzione della stessa ad opera di abili legislatori che l’hanno introdotta presso i
popoli che, precedentemente, ne erano sprovvisti. La prova di ciò si rintraccia
facilmente nel fatto che proprio i popoli più selvaggi sono spesso atei, o privi di
quelle credenze che essi dovrebbero avere, in misura maggiore, se fossero davvero
naturali.
Bayle non conduce la sua indagine concentrandosi esclusivamente sulla religione
come inganno. Ricollegandosi con quanto detto nell'antichità da Lucrezio 18
, Bayle
individua nell'immediato rapporto tra uomo e natura un'altra causa della
superstizione. Infatti, questa mette radici nella paura e dalla necessità di spiegarsi
determinati fenomeni atmosferici, come viene ben delineato nel S 65:
16
Ivi, pagg..210-211.
17
Ivi, pagg. 213-214.
18
Tito Lucrezio Caro (98-55 a.C.) è stato un grande filosofo romano. Fece conoscere a Roma la dottrina di Epicureo,
cercando di difenderla dalle critiche di essere una dottrina che favoriva il lassismo e il disinteresse per il bene pubblico.
La sua opera principale fu il De rerum natura in cui si sottolineava proprio la caduta nella superstizione dell’uomo, nel
tentativo di spiegare i fenomeni della natura. Per Lucrezio, la religione era certo un utile collante sociale ma era priva di
fondamenti razionali. Fu sicuramente un personaggio “scomodo” tanto che molti scrissero che era pazzo e che, a seguito
di ciò e della sua dottrina, si era suicidato.
11
Capisco benissimo come gli uomini, nella loro profonda ignoranza, fossero naturalmente portati a
temere per il loro avvenire vedendo eclissi di sole e di luna. (…)
Capisco anche come i tuoni e i fulmini abbiano potuto riempirli di terrore non solo per il presente,
ma anche per il futuro. (…)
Mi sembra quindi naturale che gli uomini, dopo essere stati atterriti da questi grandi spettacoli della
natura, abbiano potuto in seguito sbigottirsi anche per le cose più piccole cadendo insensibilmente
in uno stato di generale timore verso tutto ciò che non si presentava normale.
19
Con la stessa logica sarà affrontato il tema dell'astrologia; l'uomo brama di conoscere
il futuro. E' qui che torna a recitare un ruolo da protagonista il potere politico che
cerca di consolidare la propria autorità attraverso i buoni auspici. Nel S 80 viene
specificamente detto che:
E’ facile capire perché i pagani credevano fermamente che le comete, le eclissi eccetera fossero il
preannuncio di grandi malanni, se si considera la naturale inclinazione dell’uomo a preoccuparsi del
futuro, e la sua abitudine a trovare meraviglioso e misterioso tutto ciò che non avvenga
frequentemente.(…)
Chi era così malevolo da volersi approfittare della debolezza umana (…) non ha mai mancato di
approfittarsi di questa circostanza vantandosi di conoscere il futuro. Ecco da dove è nata l’astrologia
giudiziaria. (…)
Vi furono dei truffatori che, consapevoli delle debolezze umane, vollero approfittarne, spacciando
ovunque la favola della scienza degli astri che farebbe conoscere ciò che è, ciò che è stato e ciò che
sarà; bastava dunque solo un po’ di danaro perché ognuno potesse sapere la sua buona fortuna. (…)
Così, senza accorgersene, il mondo si è ritrovato inviluppato nella superstizione, al punto da credere
che tutte le cose fossero presagi dell’avvenire soprattutto dopo che (…) la soluzione fu riposta nella
scienza degli àuguri.
20
La natura non è, e non deve essere vista, come un insieme di forze occulte capaci di
influire sul destino dell'uomo e sul corso degli eventi. Per Bayle, l'universo è invece
regolato da leggi chiare ed ordinate; risulta quindi evidente il rifiuto di qualsiasi
19
Ivi, pagg. 120-121.
20
Ivi, pagg.. 144-146.
12