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I – IL MITO DI MEDEA NEL MELODRAMMA
“Il vero invecchiare dei genitori è la morte del bambino”
Walter Benjamin
L’associazione alla madre infanticida è immediata, al
pensiero di Medea. Il dramma di Euripide, la più antica fonte teatrale
di questo racconto mitico, è dominato dalla protagonista, dal principio
alla fine, che lei sia in scena o no.
La tragedia euripidea è […] un dramma della reazione piuttosto
che dell’azione. Ciò che si vede sulla scena non è la catastrofe,
ma il suo effetto su coloro che ne sono colpiti e il triste
spettacolo delle sue vittime; non le gesta, ma il sorgere dell’
idea che le determina; non l’ accadimento, ma il confronto fra i
personaggi che riflettono su ciò che è accaduto o accadrà.
1
Il dramma è caratterizzato da una forte attenzione alla psicologia dei
personaggi, sui quali Medea regna sovrana. La tragedia di Medea
nasce nell’occasione del concorso teatrale delle Grandi Dionisie del
431 a.C.. Il dubbio tramandato dagli scoliasti che il poeta tragico
greco possa esser stato retribuito con cinque o più talenti dai Corinzi,
in modo che non passassero alla storia come gli assassini dei figli di
Medea, modificando così l’epilogo del duplice omicidio da loro
commesso, passa in secondo piano. Infatti non fa differenza sapere se
Medea abbia ucciso i suoi figli, se siano morti nel tentativo fatto dalla
donna di renderli immortali attraverso un rito o se siano stati lapidati
1
CARL DAHLHAUS, Euripide, il teatro dell’assurdo e l’ opera in opera in musica.
Intorno alla recezione dell’ antico nella storia della musica (1983), in La
drammaturgia musicale, a cura di LORENZO BIANCONI, Bologna, Il Mulino, 1986,
pp. 281–308.
2
dal partito sostenitore di Giasone. L’energia sprigionata da questo
racconto mitico è tale da far dimenticare una verità alternativa, per
quanto rilevante possa essere.
Se mythos rimanda al significato di ‘parola’ è anche vero che
i più accreditati studiosi del pensiero mitico, a partire da Claude Lévi-
Strauss , ne hanno dimostrato la natura di variante di un insondabile
discorso originario. Il mito di Medea perciò presuppone una
stratificazione di varianti. Questa stratificazione la possiamo rilevare
in ogni ambito dell’espressione artistica, sia essa letteraria, pittorica,
teatrale, musicale o cinematografica. Al mito, nelle sue varianti
teatrali, vengono fatte conciliare convenzioni che molto devono al
periodo nel quale esso viene rappresentato. Fondamento di queste
convenzioni drammaturgiche sono la verosimiglianza all’interno di
una visione tragica della vita, la lusinga dei sentimenti patriottici, la
commozione del pubblico e l’ironia tragica.
La rappresentazione della sofferenza e dell’eroismo
individuale, che noi chiamiamo tragedia, è tipica della
tradizione occidentale. [...] Quest’idea e la concezione della
vita da cui deriva sono di origine greca. E tutte le forme
tragiche, quasi fino al loro declino, sono elleniche. [...] La
mitologia è soltanto una favola per aiutarci a sopportare.
2
Attraverso i secoli, la favola di Medea viene contestualizzata in base a
contingenze e necessità contemporanee alla sua rilettura. È il
personaggio più articolato e carico di tinte psicologiche che il teatro di
Euripide abbia generato. Medea non sconta i crimini commessi; soffre
terribilmente ma sopravvive.
“La tragedia è irreparabile. Non si può concludere con
un’adeguata ricompensa per le sofferenze passate.”
3
2
GEORGE STEINER, Morte della tragedia (1961), Milano, Garzanti, 1999, pp. 7–
9.
3
Ibid., p. 11.
3
Infatti, alla base di una reazione così cruda e crudele, non si può
dimenticare che:
Medea è l’estranea, la straniera strappata alle radici; con la sola
sua presenza macchia la luce del mondo greco perché reca con
sé la malinconia dell’esilio. Inoltre ha commesso numerosi
crimini per conto di Giasone, e proprio per questo egli non si
fida più di lei. Si è dimostrata capace di tradire un padre e un
fratello per seguire un pirata greco, ora potrebbe tradire anche
il greco. La primitiva ferocia dell’amore di Medea ripugna
Giasone, che non è più il focoso capitano degli Argonauti, ma
un uomo stanco e sospettoso in cerca di un porto sicuro.
4
Alla nostra sensibilità moderna la distanza tra Medea e Giasone
rimanda alla dicotomia di mondi che ci appaiono paralleli e
nell’impossibilità di stabilire una reale forma di comunicazione. I
sistemi di valori ai quali fanno riferimento Medea e Giasone sono
irriducibili: il nomos di Medea è etico e rimanda alla giustizia
coniugale e al giuramento di fede reciproca mentre quello di Giasone
concerne il proprio interesse. Il sopruso compiuto dall’eroe induce
Medea a mettere in atto una terribile forma di vendetta. Medea è
donna, sola, straniera in terra greca, detentrice di poteri magici, sorda
a parole che possano placarla e questi elementi costituiscono un
ulteriore ragione della sua emarginazione. Giasone appare senza ideali
né princìpi, se non quelli che rispondono alla legge del comodo. Per
rendere giustizia al suo dolore, Medea deve trasformare Giasone in un
esule: esule dalla sua stessa vita, privato dell’amore della sposa e dei
figli. Figli che uccide per colpirlo e per ritrovare uno stato precedente
a quello del matrimonio cancellando qualsiasi ricordo dell’infelice
relazione.
4
Ibid., p. 198.
4
Non ha torto chi dice che gli uomini di un tempo furono degli
stolti: per le feste, i banchetti ed i conviti inventarono inni che
rallegrano la vita; ma non c’è musica né canto di molte voci
che plachi i dolori crudeli degli uomini, causa di morte e di
sventure tremende che annientano le case. Eppure sarebbe utile
ai mortali curare le sciagure con i canti; le tavole imbandite
non hanno bisogno di canzoni: il ricco banchetto basta a
rendere lieti i convitati.
5
La scoperta di quella che in quegli anni doveva apparire ad
Euripide come una dimensione nuova della realtà umana lo
portava ad avvertire, tra l’altro, con eccezionale intuito,
l’insufficienza della musica del suo tempo.
6
Come è noto, la tragedia greca costituisce per il teatro
musicale un materiale tematico privilegiato. Medea, sin dalla nascita
del melodramma, emerge fra i personaggi che meglio si prestano a
diventare protagoniste di questa nuova forma espressiva. É pur vero
che l’infanticidio è un elemento tenuto lontano da queste prime
elaborazioni: ha più peso in tal senso il carattere di incantatrice che
rientra nel personaggio di Medea. Così, il mito a lei legato rimanda
alla meraviglia e all’incantamento, presupposto del melodramma degli
albori.
Comment faire pour éviter l’ennui? Ne pas lésiner sur le
merveilleux. Mêler des enchantements au sens littéral et au
sens figuré: des enchantements dans le sujet représenté, avec
des divinités, des vols et des chars, mais sourtout des
enchantements dans le tour que le poète, le décorateur et le
musicien confèrent à ces sujets-là. Jouer avec le merveilleux.
Et toutefois que l’auditoire reconnaisse, à leurs attributs
5
EURIPIDE, Medea, a cura di MARIA GRAZIA CIANI e DAVIDE SUSANNETTI, Venezia,
Marsilio, 1997, vv. 190–203.
6
VINCENZO DI BENEDETTO, Razionalismo e senso del tragico nel teatro euripideo,
in Euripide: teatro e società, Torino, Einaudi, 1975, p. 33.
5
traditionnels, Orphée, Circé ou Médée, avec la faveur
supplémentaire qu’à cette reconnaissance se mêlent aussi des
plaisirs de surprise. [...] Le rituel est la réitération d’une action
qui est déjà accomplie dans la profondeur du passé. En ajoutant
une exigence de surprise à cet appel à la re-présentation, on
voulut que le souvenir d’un passé mémorable fût exprimé
comme il ne l’avait jamais encore été, comme si l’on n’avait
jamais su auparavant comment il fallait le porter à la scene.
7
A Francesco Cavalli (1602–1676), che insieme a Claudio
Monteverdi (1567–1643) contribuisce a determinare lo sviluppo del
genere operistico, dobbiamo la prima apparizione di Medea nel mondo
del melodramma. Nel «dramma» in un prologo e tre atti Il Giasone,
rappresentato nel 1649 al Teatro S. Cassiano di Venezia e considerato
il successo lirico del secolo, Cavalli rappresenta Medea come un
personaggio debole nei confronti dell’aspettativa che è solita generare.
Il libretto di Giacinto Andrea Cicognini (1606–1660) è liberamente
tratto dalle Argonautiche di Apollonio Rodio (295–210 a.C) divise in
quattro canti che narrano, attraverso la mescolanza di comico e
tragico, l’epopea di Giasone alla conquista del Vello d’oro. Nel poema
è costante l’intervento delle arti magiche di Medea fino al momento in
cui la nave Argo è nei pressi di Iolco. La rappresentazione di Cavalli
rimuove il tragico epilogo per non contravvenire alla regola
melodrammatica secentesca del lieto fine e riduce la tragedia ad una
disputa amorosa che si conclude con duetti di due coppie di amanti,
Giasone ed Isifile da una parte e Medea ed Egeo dall’altra, sotto gli
occhi di Apollo ed Amore. Per dirla con Lorenzo Bianconi,
7
JEAN STAROBINSKI, Les enchanteresses, Paris, Éditions du Seuil, 2005, pp. 16–17.
6
“none of this, therefore, has anything in common with the
appalling myth of the avenging mother who murders her own
children merely to punish their unfaithful father”
8
.
In questa opera la sperimentazione riguarda uno spostamento dal
piano contenutistico a quello formale, alla ricerca di un virtuosismo
mirante alla meraviglia. Il Giasone è un’opera di situazioni
contrastanti il cui fine è riorganizzare la trama per ottenere una varietà
ed una drammaturgia accattivanti. Dal punto di vista musicale, come
del resto è il caso di molte altre opere del periodo secentesco, si deve
fare appello esclusivamente al basso continuo e al canto, attraverso i
quali ci è tramandata l’opera di Cavalli.
Un’altra Medea segnata da un’ulteriore variante del mito la
dobbiamo a Marc-Antoine Charpentier (1634–1704) che si avvale
della rielaborazione di Thomas Corneille (1625–1709). Dalla rilettura
in chiave psicologica da parte di Pierre Corneille (1606-1684) della
tragedia rappresentata nel 1635, il fratello Thomas trae il libretto per
l’unica tragédie en musique di Charpentier e ne nasce la «tragédie en
musique» in un prologo e cinque atti Médée, rappresentata
all’Académie royale de musique di Parigi nel 1693. Differenze
sostanziali riguardano lo svolgimento della tragedia: Medea scopre di
esser stata tradita solo durante il terzo atto; emerge Egeo, precedente
fidanzato di Glauce e futuro marito di Medea; viene introdotto
Polluce, personaggio che ricopre il ruolo del coro; vengono messi in
scena gli avvenimenti drammatici, di norma solo narrati attraverso il
canto. Il simbolismo che denota le scelte strumentali alle quali la
musica viene affidata è caratteristica del tempo: occorre rispondere
alla teoria degli affetti e dell’imitazione della natura in una ricerca di
timbri e note in grado di rendere il suono e la pronuncia delle parole.
8
LORENZO BIANCONI, Cavalli: Giasone, nel booklet del cd FRANCESCO CAVALLI,
Giasone, cd Harmonia Mundi, Mas de Vert, HMC 901282.84, DDD, registrazione:
Arles 1988, p. 18.
7
Compito dell’orchestra, uno dei punti di forza dell’opera, è infatti
quella di sottolineare l’espressività vocale.
Euripide (forse 480 a.C.–406 a.C.), Seneca (4 a.C. circa–65
d.C.) e Corneille costituiscono le fonti per il libretto di François-
Benoit Hoffmann (1760–1828) per l’«opéra en 3 actes» di Luigi
Cherubini (1760–1842) Médée, messa in scena al Théâtre de la Foire
Saint Germain (Théâtre Feydeau) di Parigi nel 1797. Il genere e il
teatro di riferimento richiedono la presenza di dialoghi parlati anziché
una partitura interamente cantata, cosa che avrà la sua influenza nella
faticosa diffusione dell’opera. Diffusione difficile soprattutto specie in
Italia, che l’accoglierà, in un primo momento, solo nella versione con i
recitativi messi in musica nella seconda metà del XIX secolo.
Quello cherubiniano è un nuovo approccio melodrammatico al mito
perché l’opera verte intorno all’originario furore della vendicativa
maga. La ricerca del merveilleux lascia il posto ad una più attenta
rappresentazione psicologica. Il compositore fiorentino guida Médée
attraverso
un attenersi ostinato allo stato d’animo fondamentale
dell’azione, una volontà di piegare ad esso ogni altro elemento,
arrivando sino al partito estremo di eliminarlo se le resistenze
incontrate son troppo forti; una preoccupazione assidua di non
distrarsi dal fuoco centrale, quali non s’eran mai veduti nel
campo dell’opera lirica.
9
Gli strumenti per ottenere questo fuoco danno luogo ad espressioni
musicali considerate inconcepibili nel secolo XVIII: salti delle voci,
interruzioni improvvise, lunghe pause, elusione della risoluzione delle
progressioni orchestrali in fortissimo, accordi ostinati, ricerca di
agglomerati armonici particolari, ripetizione e simmetria della
condotta del discorso musicale. Nell’interesse di una dinamica
9
GIULIO CONFALONIERI, Cherubini. Prigionia di un artista, Milano, Edizioni
Accademia, 1978, p. 295.
8
dell’affetto in direzione dello sviluppo e della crescita delle passioni,
Médée ed il suo furore ricordano gli idealismi legati allo spirito della
Rivoluzione francese. Questo melodramma si pone come unità
inscindibile, come una sequenza drammatica impossibile da
frammentare e sottolinea ancora una volta il carattere di protagonista
assoluta di Medea. Nell’opera in tre atti spiccano “Vous voyez de vos
fils la mère infortunée” di Medea e “Ah, nos peines seront
communes” di Neris: arie che sono oasi liriche e costituiscono un
contrasto con la forte drammaticità presente nel resto della partitura.
Contrasto che Cherubini fa già presagire nell’ouverture quasi in nome
di un’immagine schizofrenica di Medea, generata dai sentimenti di
sposa tradita e di madre. “La Médée di Hoffmann si distingue per l’
attenzione posta sul deterioramento mentale della protagonista.”
10
Su libretto di un giovane Felice Romani (1788–1865),
Giovanni Simone Mayr (1763–1845) mette in musica Medea in
Corinto, melodramma tragico in due atti rappresentato al Teatro San
Carlo di Napoli nel 1813. Librettista e compositore non attingono a
fonti dirette ma si inseriscono in una corrente di rielaborazioni e
contaminazioni del mito della quale è difficile accertare in modo
sicuro le origini. Tra queste è possibile distinguere almeno due fonti:
la tragedia di Corneille e la Medea in Corinto di Domenico Morosini
del 1806. Il soggetto, già reso celebre da Cherubini, viene rielaborato
in maniera originale e molto cruenta: riemergono due coppie di
amanti, Medea con Egeo e Giasone con Creusa. Ognuna delle due
coppie è alla testa di eserciti pronti a dar inizio ad una guerra che
scatenerà molti eventi: l’assassinio di Creusa, il noto infanticidio, la
fuga di Medea e il tentativo di suicidio da parte di Giasone. In questo
melodramma l’orchestra ha un grande risalto e dà un inedito spicco
allo svolgimento del racconto. Mayr è il compositore che sembra
tenere ben presente il modello della tragédie lyrique gluckiana, con il
10
SABRINA TRENTIN, Seneca fonte di “Médée” di Luigi Cherubini, «Rivista italiana
di Musicologia», XXXVI, 2001, p. 30.
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richiamo ideale alla tragedia greca che molto influenzerà altri
compositori a lui successivi. Tra questi, Pacini, che compone anche
lui un melodramma ispirato alla maga della Colchide.
Il melodramma tragico Medea di Giovanni Pacini (1796–
1867) costituisce l’immagine lirica nella quale meglio si avverte l’eco
stilistica di Vincenzo Bellini (1801–1835) e Gaetano Donizetti (1797–
1848). Su libretto di Benedetto Castiglia (1811–1877), attento alla
elaborazione di Hoffmann, l’opera in tre atti è rapprersentata al Teatro
Carolino di Palermo nel 1842. Quasi a celebrare un omaggio al
racconto mitico e ai compositori che lo hanno preceduto
nell’attraversarlo, lo stesso Pacini scrive:
Il chiarissimo signor avvocato Benedetto Castiglia volle
onorarmi di sua fiducia, componendo per me la Medea. La
favola della donna di Colco mi aveva eccitato ribrezzo e
compassione! La forza di quel potentissimo senso che si
chiama amore, e che altri appellò umana frenesia, trasformata
in terribile passione che a delitti nefandi conduce, sì bene
rappresentata al vero dalla famosa Pelzet nel capolavoro del
Duca di Ventignano, mi aveva, come dissi, scosso l’animo: per
cui da molto tempo vagheggiavo il pensiero di rivestire di
concetti armonici questo, in origine, sublime parto del teatro
greco. Pensavo per altro che Cherubini, Mayr ed altri sommi
ingegni avevano trattato questo magnifico argomento, per cui
mi molestava il pensiero, che si fosse potuta supporre in me
mancanza del rispetto dovuto ai celebri antecessori; ma
pensando altresì che altri mi avevano dato l’esempio, restai
fermo nel mio proposito.
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Caratterizzata da melodie semplici e da forte intensità stilistica che
enfatizza gli insiemi a scapito delle arie, l’opera è ricordata come il
migliore lavoro del compositore. Emerge un racconto dallo
11
GIOVANNI PACINI, Le mie memorie artistiche (1872), a cura di LUCIANO NICOLOSI
e SALVATORE PINNAVAIA, Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, 1981, p. 88.
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svolgimento e dall’esito finale radicalmente modificato. Medea, pur di
rimanere vicina a Giasone, gli si offre invano come schiava e, dopo
l’uccisione dei figli, si suicida. Questo finale ben si addice
all’immagine di una Medea romantica, figlia dell’epoca dello Sturm
und Drang, che interpreta la musica come linguaggio assoluto, come
sfaldamento dei valori estetici propugnati dall’Illuminismo.
Da questo rapido excursus melodrammatico occorre fare
emergere anche le figure delle cantanti, ricordate in testimonianze
molto simili a recensioni, che hanno dato voce e fatto rivivere la
statura tragica di Medea.
Venezia 1649. Per quanto nome e commenti riguardanti il
soprano che impersona Medea nel Giasone di Cavalli siano di difficile
reperibilità, questo dramma per musica è ricordato e citato come il più
rappresentativo e popolare dell’Italia del XVII secolo. Partendo da
questa prima sconosciuta interprete, all’interno di un crescendo
informativo e descrittivo, emergono interpreti che hanno contribuito
alla fortuna delle diverse Medee liriche.
Parigi 1693. La prima Médée interpretata nella tragédie en
musique di Charpentier è Marthe Le Rochois (1650–1728). Dalle
testimonianze dell’epoca è descritta come la prima grande signora
dell’opera francese che, dal momento in cui entra in scena e canta, fa
sì che non si veda che lei sul palco. Medea è uno dei ruoli in cui
maggiormente si distingue.
Après Armide, un de ses meilleurs rôles fut celui de Médée
dans l’opéra de Marc Antoine Charpentier (1693) réputé
difficile. Le chroniqueur du Mercure de France
s’enthousiasme: «Les passions y sont si vives et surtout dans le
rôle de Médée, que quand le rôle ne serait que récité, il ne
lasserait pas de faire de belle musique. Mlle Rochois, l’une des
meilleurs actrices du monde et qui joue avec chaleur, finesse et
intelligence, brille dans ce personnage et en fait bien valoir les