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Introduzione
I dilemmi sociali sono situazioni in cui la razionalità individuale porta
all‟irrazionalità collettiva.
Nonostante tale affermazione possa risultare paradossale, in realtà
situazioni del genere si incontrano con molta frequenza nella vita di tutti i
giorni: la tivù pubblica, il sistema sanitario, la riserva di pesci nel mare,
l‟aria pulita, le foreste, e anche i parcheggi di una grande città, sono tutti
esempi di dilemmi sociali. Tutte queste realtà hanno in comune una
struttura di incentivi perversa: se tutti perseguissero effettivamente solo il
proprio interesse individuale, sfruttando tali risorse illimitatamente o non
contribuendo alla loro produzione, tali risorse finirebbero per non essere
prodotte o esaurirsi, lasciando tutti in una situazione peggiore rispetto a
quella iniziale. Infatti: «per ogni contadino sarebbe meglio prendere quanta
più acqua possibile per irrigare, e ogni pescatore beneficerebbe dal pescare
quanti più pesci possibili, ma il risultato complessivo di queste decisioni
individualmente ragionevoli può essere il disastro – acqua esaurita e specie
di pesci vicine all‟estinzione (Kollock, 1988:184)».
Nonostante le persone siano quasi sempre ben consapevoli di questa
situazione, ciò non è in genere sufficiente per fare in modo che il loro
comportamento sia volto al conseguimento dell‟ottimo collettivo. Ad
esempio infatti il proprio contributo può essere giudicato non rilevante,
poiché troppo modesto (Bicchieri, 2002: 192), oppure l‟interesse individuale
può essere troppo forte.
Il problema dei dilemmi sociali è sicuramente molto rilevante, motivo per
cui gli studi volti a individuare soluzioni, anche parziali, sono in continua
crescita. Nonostante non si possa dire di essere giunti a una soluzione
unitaria e definitiva, nel corso di numerosi esperimenti in laboratorio è stato
notato che un elemento più di altri sembra contribuire a tenere in maggior
conto l‟utile comune rispetto a quello individuale. Tale elemento è la
comunicazione (Baillet, 2010). Gli studi sugli effetti della comunicazione
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nei dilemmi sociali sono molto numerosi, e da tutti emerge che la sua
presenza aumenta nettamente il livello di cooperazione.
Nel seguente lavoro si è deciso di partire dal primo, più semplice ma anche
più discusso dei dilemmi sociali: il dilemma del prigioniero. Il dilemma del
prigioniero
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è un gioco proposto nel 1950 da Flood e Dresher, e
formalizzato in seguito da Tucker. Nasce nell‟ambito della teoria dei giochi,
branca della matematica, nata verso la metà del „900, la quale si occupa di
formalizzare situazioni in cui due o più decisori razionali si trovano ad
interagire, e in cui le scelte dei giocatori si influenzano a vicenda.
Dopo una breve introduzione su tale disciplina, nel corso del capitolo 1
verrà illustrato il dilemma del prigioniero, e come si arrivi ad una
situazione di equilibrio, nonostante questa sia la più sfavorevole per
entrambi. La natura di dilemma del gioco dipende proprio da questo: pur
essendo possibile una situazione che permetterebbe entrambi i giocatori di
stare meglio, non la si raggiunge poiché entrambi, nell‟impossibilità di
comunicare e di giungere a un accordo, perseguono solo l‟utile individuale.
La situazione cambia però se il gioco viene ripetuto più volte: in questo caso
infatti per prendere una decisione i giocatori possono basarsi anche sulle
scelte compiute in precedenza dall‟altro, che può così costruirsi una
reputazione di giocatore affidabile, e rendendo quindi possibile il
raggiungimento di una situazione diversa rispetto al gioco giocato una sola
volta (one-shot).
Nel caso del gioco ripetuto sono state quindi avanzate diverse soluzioni, tre
delle quali verranno illustrate nel dettaglio: la reiterazione infinita proposta
da Robert Aumann, i meta giochi di Nigel Howard, e i giochi di
sopravvivenza sociale di Martin Shubick (Shubick, 1970). Uno studio ancora
più approfondito sul Ddp è stato poi svolto in seguito da Robert Axelrod
(1980), il quale ha realizzato una serie di tornei tra studiosi della teoria dei
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Da qui in avanti si utilizzerà la sigla Ddp per riferirsi al Dilemma del Prigioniero.
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giochi per individuare la strategia che permette di giocare nel modo
migliore al Ddp reiterato.
Oltre a tali soluzioni, alle quali si arriva unicamente utilizzando le regole
della teoria dei giochi, ve ne è un'altra proposta da uno psicologo e
studioso di comunicazione: Paul Watzlawick (1972). Questo studioso nota
infatti come situazioni riconducibili al Ddp siano nella vita quotidiana
molto frequenti. In generale possiamo dire che ciò avviene tutte le volte che
due o più persone starebbero meglio se arrivassero a un accordo comune,
ma non riescono a giungervi per mancanza di fiducia e/o comunicazione.
Di conseguenza per risolvere i „dilemmi del prigioniero‟ davanti ai quali
possiamo trovarci tutti i giorni, sarebbe sufficiente una maggior fiducia e
una maggior comunicazione reciproca.
A conclusione del primo capitolo verranno poi presentate due delle
possibili numerose applicazioni del Ddp, per sottolineare la duttilità e
importanza di tale modello. La prima applicazione considerata riguarda
l‟economia, ed è la collusione tra due imprese. La seconda invece è in
biologia, e riguarda il comportamento del virus φ6. Si sono presi
volutamente due esempi appartenenti ad ambiti molto distanti tra loro
proprio al fine di mostrare l‟ampiezza delle applicazioni di tale semplice,
ma molto interessante, dilemma. Ve ne sono poi molte altre, che non sono
state citate, che spaziano dalla matematica, all‟etologia, alle relazioni sociali,
etc.
Nel secondo capitolo si andrà invece a considerare come realmente si
comportano gli individui in situazioni di dilemma sociale, riconducibili
quindi al Ddp. Nonostante la teoria dei giochi suggerisca che la strategia
più razionale da seguire è non cooperare, nella realtà sono in molti ad
essere „irrazionali‟ e a cooperare più frequentemente del previsto.
Partendo dal modello del Ddp, e passando da 2 a N-giocatori, si ha una
situazione più complessa, ma anche più vicina alla realtà. Questi ultimi
modelli vengono divisi in due categorie principali: i dilemmi sulla
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produzione di un bene pubblico, e quelli sullo sfruttamento di una risorsa
comune. Nel primo caso si tratta di dover contribuire alla produzione di un
bene di cui tutti nel gruppo beneficiano illimitatamente, e al quale non
possono essere messe limitazioni nell‟utilizzo. Un esempio di ciò è la sanità
pubblica, della quale tutti usufruiscono senza costi. Se però tutti la
utilizzano ma nessuno vi contribuisce, perseguendo come nel caso del
dilemma del prigioniero a un unico turno solo l‟ utile individuale, il bene
smette di essere prodotto, lasciando tutti in una situazione peggiore della
precedente.
Il dilemma dello sfruttamento di una risorsa comune riguarda invece
l‟utilizzo di una risorsa da parte di un gruppo, che se eccessivo porta
all‟esaurimento della risorsa. Come nel caso della produzione del bene
pubblico, se si persegue solo l‟utile individuale, la risorsa viene sfruttata
eccessivamente, si esaurisce, e si arriva e tutti arrivano a una condizione
peggiore di quella iniziale. Uno dei più noti esempi di risorsa comune è la
pesca: se infatti tutti pescassero il maggior numero di pesci possibili, i pesci
si estinguerebbero.
Al fine di comprendere le dinamiche in atto e i possibili strumenti per
giungere ad una situazione positiva collettivamente, entrambi i dilemmi
sono stati replicati moltissime volte in laboratorio, a opera dell‟economia
sperimentale. Quest‟ultima è una branca dell‟economia nata negli ultimi
cinquant‟anni, ma che è stata pienamente accettata dalla comunità
economica solo nell‟ultimo decennio. L‟economia sperimentale si occupa di
verificare e approfondire le teorie economiche attraverso esperimenti in
laboratorio, basandosi sull‟assunto che il metodo sperimentale possa essere
utilizzato anche in economia. Se infatti il comportamento umano è
difficilmente prevedibile a livello individuale, può esserlo invece a livello
aggregato. Replicando infatti in laboratorio esperimenti sul modello del
dilemma della produzione di un bene pubblico o dello sfruttamento di una
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risorsa comune, si è notato come alcuni pattern comportamentali tendano a
ripetersi.
Se infatti in entrambi i casi la teoria dei giochi suggerirebbe come scelta più
razionale l‟utilizzare il bene senza contribuirvi, o sfruttare la risorsa il più
possibile, negli esperimenti in laboratorio si osserva che quasi sempre si
contribuisce almeno in parte alla produzione del bene, o vi è uno
sfruttamento della risorsa inferiore a quello possibile. Nonostante ciò però,
in entrambi i casi non si arriva alla situazione ottimale per la comunità, il
bene comune viene sempre prodotto meno, e la risorsa comune sfruttata di
più del necessario.
Nel terzo capitolo infine, si approfondirà l‟importanza dell‟apporto della
comunicazione nell‟aumentare il livello di cooperazione nei dilemmi sociali.
Dai dati raccolti in laboratorio è infatti emerso che permettere ai soggetti di
comunicare aumenta il livello di cooperazione, portandolo spesso fino a
quasi il 100%. Tali risultati sono confermati in numerosissimi studi, ed in
particolare da quelli di Elinor Ostrom. Quest‟ultima, tra i massimi esperti
del problema dello sfruttamento delle risorse comuni, approfondisce infatti
tra gli altri temi gli effetti della comunicazione come strumento per
migliorarne concretamente la gestione. Dopo una breve introduzione sul
problema delle risorse comuni, verrà poi analizzato quali sono gli aspetti
della comunicazione che contribuiscono più di altri all‟aumento della
cooperazione. In seguito gli effetti della comunicazione verranno
confrontati con quelli delle sanzioni e del cambiamento istituzionale. A
conclusione del capitolo saranno infine discusse alcune possibili ragioni
dell‟efficacia di questo strumento.
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1.I dilemmi sociali nella teoria dei giochi: il dilemma del
prigioniero
Il primo ed il più noto tra i dilemmi sociali è il dilemma del prigioniero.
Tale semplice gioco viene definito inizialmente negli anni ‟50 da M. Flood e
M. Dresher, nell‟ambito della teoria dei giochi, branca della matematica che
si occupa di analizzare le decisioni che coinvolgono più individui (Gibbons,
1994: 7). Nel corso degli anni ottiene poi un notevolissimo successo, tanto
che ad oggi si possono contare numerosissime pubblicazioni ed
applicazioni di tale gioco. Il suo merito è infatti rappresentare con grande
semplicità come il perseguire quella che a livello individuale è
apparentemente la scelta più razionale, porti ad una situazione che
complessivamente per tutti i giocatori non è la migliore tra quelle possibili.
1.1 La teoria dei giochi
Ipotizziamo che Rai1 debba decidere in che serata trasmettere L’Isola dei
Famosi, dovendo decidere tra lunedì e venerdì. Lunedì rappresenterebbe
sicuramente un‟alternativa migliore, poiché mediamente è più semplice
ottenere uno share elevato, poiché è più elevato il numero di persone che
passa la serata guardando la televisione. Per Rai1 è però più importante non
scegliere la stessa serata che sceglierà Canale5 per trasmettere il Grande
Fratello, che porterebbe i telespettatori a dover scegliere quale reality
guardare, anziché guardarli entrambi. Questa situazione rappresenta
l‟interdipendenza delle decisioni: infatti lo share di Rai1 non dipende solo
dalle sue decisioni, ma anche da quelle di un altro giocatore, Canale5. Per
gli economisti, Rai1 e Canale5 stanno giocando un gioco strategico e di
coordinamento. Con il termine gioco infatti in economia viene inteso un:
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«modello
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stilizzato che descrive situazioni di interazione strategica,
dove il risultato ottenuto da un‟agente non dipende solo dalle sue
azioni ma anche dalle azioni di altri agenti. (..) Esso consiste in un
insieme di giocatori, un insieme di regole (chi può far cosa e quando) e
un insieme di funzioni di payoff (utilità che ogni giocatore ottiene in
corrispondenza di ogni possibile combinazione di strategie) (Cabral,
2002: 69) ».
Di cosa si occupa dunque la Teoria dei Giochi?
In generale possiamo dire che riguarda tutte quelle situazioni in cui i
decisori interagiscono, quali ad esempio (Patrone, 2006):
due individui che giocano a scacchi
la compravendita di una casa
la regolamentazione di mercati oligopolistici
i fiori e gli insetti impollinatori
le discussioni sulla pesca in acque internazionali
come organizzare un sistema di scambi di reni (cross-over) per
trapianti
Tutte queste situazioni hanno infatti alcuni elementi in comune:
ogni decisore ha un controllo parziale sulla decisione, che dipende
dal complesso di decisioni prese da tutti i decisori coinvolti
le valutazioni che i decisori danno degli esiti possono essere diverse
tra loro. A volte sono totalmente contrapposte, ma più in generale sia
una divergenza che una convergenza di interessi
In particolare il secondo elemento evidenzia come tale teoria si basi sul
paradigma economico del decisore razionale, ovvero un decisore che ha
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Con modello qui viene intesa una rappresentazione stilizzata della realtà che enfatizza gli
aspetti sui quali si vuole concentrare l‟attenzione. Tale stilizzazione risulta necessaria in
quanto un modello troppo realistico darebbe una descrizione troppo dettagliata della
situazione per poter individuare il punto essenziale (Cabràl, 2002: 69).
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preferenze coerenti sugli esiti che derivano dalle decisioni prese. Come si
vedrà nei seguenti capitoli, negli ultimi anni tale paradigma è stato però
messo in discussione da branche dell‟economia quali l‟economia
comportamentale e l‟economia sperimentale. In generale comunque, si assume
che i decisori siano intelligenti, ovvero in grado di comprendere la situazione in
cui si trovano e crearsene uno schema mentale.
La Teoria dei Giochi è stata comunque applicata principalmente
all‟economia, come ad esempio per la determinazione dei profitti tra un
piccolo numero di imprese, che dipendono non solo dal prezzo fissato
dall‟impresa stessa, ma anche dai prezzi fissati dalle altre imprese.
Di conseguenza quindi, la strategia ottimale da seguire per un attore
dipende dalle sue congetture sulle strategie degli altri giocatori. Va inoltre
considerato che se l‟interazione strategica dura nel tempo (giochi ripetuti) le
azioni di un giocatore in un primo tempo avranno effetti anche nei tempi
successivi.
1.2 Nascita e sviluppo della teoria dei giochi
Il primo lavoro matematico sulla teoria dei giochi viene considerato
l'articolo di Ernst Zermelo "Uber eine Anwendung der Mengenlere auf die
Theorie des Schachspieles" (1912) . In esso viene affermato che una partita a
scacchi è un gioco determinato, nel senso che o esiste una strategia che
permette al bianco di vincere sempre, o esiste una strategia che permette al
nero di vincere sempre, o esiste una strategia che permette ad entrambi di
pareggiare, anche se è impossibile per ragioni di calcolo stabilire quali siano
tali strategie. Giochi come quello degli scacchi, in cui necessariamente alla
vincita di uno corrisponde la perdita dell'altro, vengono detti a somma zero.
La nascita della moderna teoria dei giochi viene però fatta risalire
convenzionalmente all'opera scritta dal matematico John von Neumann
(1903 - 1957), insieme all'economista Oskar Morgenstern: "Theory of Games
and Economic Behaviour" (1944).
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In esso si prova infatti a descrivere il comportamento umano nei casi in cui
vi è un'interazione finalizzata alla spartizione di un qualche tipo di risorsa.
L'obiettivo di von Neumann e Morgenstern era infatti capire se, come e
quando due giocatori (ovvero concorrenti, operatori, etc...) potessero
trovare una soluzione finale di equilibrio, ovvero raggiungere uno stato
finale del gioco che nessuno dei due volesse modificare unilateralmente.
Un ulteriore momento fondamentale nella storia della Tdg si ha con gli
studi di John Nash, pubblicati nel 1949. Nash sostiene infatti che non in
ogni situazione il risultato migliore per il gruppo si ottiene se ognuno di
coloro che vi fa parte cerca di massimizzare il proprio guadagno. Il risultato
ottimale si ottiene infatti quando si fa il meglio per sé e per il gruppo.
In seguito gli apporti alla Tdg sono stati molto numerosi, vale la pena di
citare gli studi di Schelling e Aumann, che hanno portato i due studiosi ad
ottenere il Nobel per l'economia nel 2005. Principalmente i loro studi hanno
riguardato l'applicazione della teoria dei giochi alle principali questioni
delle scienze sociali: Schelling in particolare mostrò come molte delle
interazioni sociali all'interno di una famiglia possano essere viste come
giochi non cooperativi, che coinvolgono interessi sia comuni che
conflittuali.
1.3 Il dilemma del prigioniero
Prima di procedere con la descrizione del dilemma del prigioniero, è
precisare la distinzione tra giochi cooperativi e giochi non cooperativi.
Per capire a quale delle due categorie appartiene il gioco in questione, è
necessario chiedersi se i giocatori possono o meno sottoscrivere accordi
vincolanti, ovvero accordi che se non mantenuti comportano una sanzione
o l‟esclusione dal gioco. Nella realtà quotidiana un esempio di accordo
vincolante è costituito dai contratti, in quanto garantiti da un‟autorità
esterna.
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Se vi sono accordi vincolanti ci troviamo davanti ad un gioco cooperativo,
nel quale i due o più giocatori cooperano cercando di perseguire la
soluzione migliore per entrambi in virtù dell‟accordo preso. Altrimenti si
tratta di un gioco non cooperativo, in cui ogni giocatore gioca per sé stesso
e cerca unicamente di massimizzare il suo payoff a discapito degli altri
giocatori.
L‟esempio forse più noto della teoria dei giochi è il Dilemma del
Prigioniero, gioco proposto da Merril Flood e Melvin Dresher alla RAND
Corporation
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nel 1950, ed in seguito formalizzato da Albert W. Tucker
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.Già
nel 1651 comunque, Thomas Hobbes, filosofo britannico, espose nel
Leviatano lo stesso problema che sta alla base del dilemma del prigioniero:
ovvero che le società umane siano alleanze rese necessarie dal contenimento
del violento stato di natura fondato, da una parte, sull‟aggressione contro
tutti, e dall‟altro, sulla paura di chiunque. Nel Ddp vi sono due criminali,
che vengono accusati di aver commesso un reato. La polizia li arresta
mettendoli in celle separate, facendo così in modo che i due non abbiano
alcun modo per comunicare. A entrambi vengono date due possibilità:
confessare o non confessare.
Se entrambi confessano, vengono tutti e due condannati a 6 anni.
Se entrambi non confessano, vengono tutti e due condannati a 1 anno.
Se uno confessa e l‟altro no, chi confessa evita la pena mentre l‟altro prende
7 anni.
Il gioco può quindi essere illustrato per mezzo della seguente matrice:
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Research And Development, organizzazione no profit statunitense
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Albert W. Tucker (1905-1995), matematico canadese trasferitosi poi in America, diede
importanti contributi in topologia, teoria dei giochi e programmazione non lineare.