4Attraverso un'analisi quantitativa dei dati ottenuti dai franchisor
svedesi, intervistati attraverso questionari inviati via posta o fax e per mezzo di
contatti telefonici, abbiamo dimostrato la rilevanza di questa strategia, che
viene ad essere la modalità prediletta allorché le aziende svedesi pianificano
una tale manovra
Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di verificare, all'interno del
settore della distribuzione, le motivazioni e i risultati dell'operazione di
disinvestimento, che hanno portato le aziende svedesi a passare da un controllo
di tipo proprietario sui punti vendita, ad una relazione fondata sul franchising.
In particolare abbiamo cercato di verificare se questo passaggio fosse
avvenuto senza una perdita di controllo sulle attività al dettaglio.
Ci siamo poi concentrati sul sistema di relazioni che si creano dopo una
simile manovra. Infatti, la trasformazione dei punti vendita in affiliati comporta
inevitabilmente un'amplificazione delle relazioni esterne, e l'azienda, se
consapevole della manovra strategica che sta attuando, può ottenere benefici
rilevanti, quali una rapida crescita della rete distributiva e un miglioramento
della posizione competitiva sul mercato.
Il nostro lavoro è strutturato in tre parti. Nella prima parte forniremo un
quadro teorico, al fine di presentare gli approcci riguardanti il concetto di
disinvestimento e le caratteristiche del franchising.
Nella seconda parte mostreremo la situazione del franchising in Svezia,
curando in modo particolare la sua evoluzione, il peso attuale e la situazione
normativa.
Infine, la terza parte è dedicata alla ricerca condotta in Svezia. Dopo
aver mostrato la metodologia seguita, verranno discusse le ipotesi alla base
della ricerca a seguito delle risposte ottenute dai franchisor svedesi; in modo
particolare l'attenzione sarà posta sulla modificazione del rapporto intercorrente
tra il franchisor e il franchisee conseguente la manovra di disinvestimento.
Dobbiamo infine precisare che i riferimenti a reti in franchising
particolari, che si possono trovare all’interno del nostro lavoro, sono tratti da
casi aziendali di successo reperiti da pubblicazioni specializzate. Questo per il
vincolo di segretezza al quale ci siamo impegnati nei confronti delle aziende
che abbiamo intervistato.
5PARTE PRIMA
IL QUADRO TEORICO
1.1 LA STRATEGIA DI DISINVESTIMENTO
Il termine disinvestimento è sempre più diffuso ed utilizzato nonostante
l'assenza di una definizione unica che lo contraddistingua. Vi sono, infatti,
modi e circostanze diverse di intendere la stessa manovra.
Possiamo tuttavia pensare al disinvestimento come alla cessione della
totalità o di parte di un'area d'affari ad una terza parte indipendente.
Sono molti i contributi letterari ai quali possiamo far riferimento. La
visione tradizionale lo associa ad una situazione di crisi aziendale: il
disinvestimento viene ad essere un "incidente di percorso" all'interno di una
traiettoria di sviluppo orientata all'espansione.
Uno dei primi contributi ci viene da Bettauer (1967), il quale focalizza
la sua attenzione sui costi che l'impresa sostiene nel momento in cui decide di
liberarsi di parte delle sue attività.
Secondo Lovejoy (1971) un'azienda disinveste quando costata che una
propria attività si trova in perdita, e farà il possibile per cercare di minimizzare
i costi associati alla cessione.
Anche quando viene attuata con successo, come afferma Hayes (1972),
la manovra di disinvestimento viene identificata come una sconfitta dal
momento che dimostrerebbe un errore di giudizio, un abbandono dei propri
progetti da parte dell'azienda.
Gilmour (1973) e Wellender (1973) sostengono che l'impresa disinveste
nel momento in cui constata il fallimento. E' per questo motivo che, secondo
6loro, si tenta di ritardare il più possibile questa manovra e che irrazionalmente
si preferiscono altre soluzioni.
Secondo questi autori quindi il disinvestimento viene ad essere la
soluzione più immediata a problemi finanziari, a scarsi risultati reddituali e a
previsioni sfavorevoli per il settore.
Porter (1982) identifica il disinvestimento come una delle strategie a
disposizione delle aziende che può essere intrapresa per affrontare una
situazione di crisi, in modo particolare se l'impresa opera all'interno di settori in
declino. Attraverso questa manovra l'impresa lancia al mercato un forte
segnale, dal momento che essa attuerà una scelta all'interno del portafoglio
delle attività che detiene.
E' proprio lungo questa direttrice che possiamo osservare un
cambiamento di ottica nei confronti del disinvestimento. Esso non viene più
considerato esclusivamente in una situazione di difficoltà aziendale, bensì
diventa una scelta strategica attuata dall'impresa al fine di concentrare le
proprie risorse nelle attività più in linea con gli obiettivi gestionali.
Il disinvestimento permette all'azienda di riposizionarsi, eliminando
attività che nel proprio contesto non raggiungono soddisfacenti risultati o che
assorbono troppe risorse, ma che in altre situazioni si possono rivelare di
successo, e di concentrarsi su quelle ritenute strategicamente più rilevanti (il
"core business").
Se invece consideriamo il disinvestimento esclusivamente come
manovra che mira ad un ridimensionamento dell'attività al fine di conseguire
un miglioramento dei risultati aziendali, allora siamo all'interno di quella che la
dottrina chiama manovra di "downsizing" (Freeman e Cameron, 1993).
In conclusione possiamo perciò affermare che il "disinvestimento
strategico" consente all'azienda di svilupparsi attraverso un utilizzo più
appropriato delle proprie risorse. Grazie a questa manovra l'impresa sarà in
grado di realizzare o raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile
(Baroncelli, 1996).
In questa diversa ottica possiamo fornire una definizione di
disinvestimento che meglio ne evidenzi il carattere strategico. P.Y. Barreyre e
M. Bouche (1976) lo definiscono, infatti, come " l'operazione tramite la quale
un soggetto economico interrompe un'attività o rinuncia alla proprietà su parti
7del suo attivo, in vista di una riallocazione delle risorse generate che egli
giudica preferibile per il futuro, tenuto conto delle sue aspirazioni, dei suoi
criteri di valutazione delle performance e dei suoi limiti che il suo ambiente gli
impone".
Abbiamo già affermato che il disinvestimento implica la vendita ad un
terzo di una parte o della totalità dell'azienda. Ciò sembrerebbe presupporre
una completa perdita di controllo dell'unità disinvestita.
Anche se questo è ciò che avviene in molti casi, non è sicuramente la
regola generale. Cojne e Wright (1986), per esempio, hanno sottolineato come
gli obiettivi strategici del disinvestimento non coincidano sempre con la
vendita di una divisione o di una società controllata.
Possiamo quindi individuare forme particolari di disinvestimento che
consentono di mantenere un certo legame, seppur in forma ridotta, con l'unità
disinvestita, permettendo al tempo stesso di accelerare il processo di sviluppo
dell'impresa. Queste forme sono state definite dalla dottrina recente come
"disinvestimenti ibridi" (Baroncelli, 1990).
I disinvestimenti ibridi possono perciò essere definite come operazioni
limitate di disinvestimento che non necessariamente implicano la completa
perdita di controllo dell'unità disinvestita e che riguardano una parte limitata
delle attività della catena del valore o attività marginali del "core business" e
che permettono alla azienda che disinveste di sostituire la proprietà legale con
un'espansione delle sue relazioni contrattuali esterne.
Nel nostro lavoro utilizzeremo una particolare modalità di
disinvestimento ibrido: il franchising. Esso, infatti, consente all'azienda,
nonostante la perdita del controllo diretto del punto vendita, fondato sulla
proprietà, di mantenere una stretta relazione con i franchisee senza la necessità
di investimenti a lungo termine.
81.2 IL FRANCHISING
Essenzialmente il franchising è un metodo specifico per distribuire beni
e servizi. Possiamo affermare che è apparso in una forma o in un'altra sin da
quando l'uomo si è dedicato ad attività commerciali. Si è, infatti, evoluto dalla
semplice concessione di un diritto o privilegio durante il medioevo (la parola
franchising deriva infatti dal francese antico e aveva il significato di privilegio
o libertà) al sofisticato concetto di "business format franchising" odierno.
Il franchising moderno è nato agli inizi del nostro secolo negli Stati
Uniti, ed il suo successo è stato possibile grazie alla convergenza di interessi
tra i produttori, che volevano distribuire i loro prodotti in tutto il territorio,
senza però sobbarcarsi il costo di un sistema distributivo così capillare, ed i
commercianti, che in questo modo potevano vendere in esclusiva prodotti a
forte impatto commerciale e riuscivano anche a competere con le succursali
delle grandi imprese manifatturiere.
Lo sviluppo che il franchising ottenne fu così ampio che possiamo
osservare come, al giorno d'oggi, qualsiasi cosa venga venduta negli Stati Uniti
attraverso questa forma. Ma la fama che il franchising ha raggiunto in tutto il
mondo è stata resa possibile grazie all'incredibile successo che alcune catene
hanno ottenuto in modo particolare nei settori della ristorazione rapida (Mc
Donald's, Pizza Hut), nell'alberghiero (Holiday Inn), nel noleggio auto (Avis,
Hertz), nei prodotti di bellezza (The Body Shop) ma anche in altri beni.
L'esempio di Mc Donald's è illuminante. Col tempo è stato in grado di
massimizzare il potenziale di vendite di ogni ristorante grazie alla perfetta
standardizzazione del concetto e ad un elevatissimo livello di organizzazione.
Ogni singolo aspetto dell'attività è stato regolato così da poter uniformare ogni
punto vendita e da adeguarlo agli elevati standard di qualità previsti.
Gli interessi e il successo di Mc Donald's e dei suoi franchisee sono così
completamente correlati, non vi è alcun conflitto di interessi tra questi: il
successo è garantito grazie al trasferimento della conoscenza acquisita e ai
meccanismi di controllo che assicurano che le procedure siano eseguite in
modo adeguato nel tempo.
9Entriamo ora più in dettaglio nel concetto di franchising. Possiamo
notare che vi sono molte definizioni; secondo l'Associazione Italiana del
Franchising "è una forma di collaborazione continuativa per la distribuzione di
beni e di servizi fra imprenditori (affiliante, cioè il cosiddetto franchisor) ed
uno o più imprenditori (affiliati, i franchisee), giuridicamente ed
economicamente indipendenti uno dall'altro, che stipulano un apposito
contratto attraverso il quale:
1. L'affiliante concede all'affiliato l'utilizzazione della propria forma
commerciale, comprensiva del diritto di sfruttare il suo know-how ed i
propri segni distintivi, unitamente ad altre prestazioni e forme di assistenza
atte a consentire all'affiliato la gestione della propria attività con la
medesima immagine dell'impresa affiliante;
2. L'affiliato si impegna a fare proprie politica commerciale e l'immagine
dell'affiliante nell'interesse reciproco delle parti medesime e del
consumatore finale, nonché al rispetto delle condizioni contrattuali
liberamente pattuite".
Il rapporto è perciò basato su un accordo di collaborazione continuativa
che permette alle due parti il raggiungimento di un obiettivo comune. Questo
rapporto ha una durata prolungata dal momento che permette ad entrambi di
beneficiare dei rispettivi punti di forza.
Il franchisor può godere, infatti, dell'immagine che identifica la propria
azienda, creata attraverso il marchio, la qualità del prodotto, le tecniche di
vendita, ecc..; del know-how, cioè l'insieme delle conoscenze tecniche e
commerciali che riguardano la produzione e la commercializzazione di un
prodotto o di un servizio, e che consente all'azienda di distinguersi; ed infine
delle sue capacità imprenditoriali.
Il franchisee ha invece una miglior conoscenza del mercato locale e in
alcune realtà, come ad esempio quella italiana, può essere in possesso di una
licenza commerciale che permette l'ingresso in alcuni mercati altrimenti
irraggiungibili.
Per il successo di un concetto in franchising, è comunque indispensabile
che l'azienda valuti certe questioni fondamentali.
10
In primo luogo sarà necessario considerare il successo di un "punto
vendita" pilota, vale a dire di quei punti vendita direttamente controllati dal
franchisor e utilizzati come laboratori in cui sperimentare e valutare il sistema
di franchising. Se i prodotti e i servizi offerti hanno incontrato l'accettazione da
parte dei consumatori e se questi possono essere facilmente adattabili ad altre
aree del paese, allora il potenziale di mercato per il concetto in franchising può
essere buono.
Per questa ragione è importante che il concetto venga testato per un
periodo di tempo sufficiente (almeno un anno) al fine di prendere in
considerazione eventuali fattori stagionali e di rendersi conto se il business
produca risultati soddisfacenti sia per franchisor sia per il franchisee (dal
momento che questo non è un dipendente del franchisor ma un individuo che
investe il proprio capitale e che quindi si attende un ritorno commisurato al
rischio).
E' importante sottolineare che, per aver successo, il franchisor deve aver
un certo grado di distinguibilità, o almeno il potenziale per raggiungerla. In
caso contrario, il franchisor avrà notevoli difficoltà nell'attrarre franchisee di un
certo calibro.
La distinguibilità può essere riferita ai prodotti, ai servizi, al sistema
operativo o al marketing; il successo, infatti, non può derivare semplicemente
dalle capacità dell'imprenditore, dal management o dalla localizzazione, ma gli
elementi di successo devono poter essere insegnati ai futuri franchisee e da
questi venire applicati con altrettanto successo.
A tal proposito fondamentale è la scelta, il reclutamento e
l'addestramento dei franchisee. Il franchisor deve avere un'idea chiara del
profilo desiderato del franchisee, in modo tale da poter valutare le particolari
doti che questo deve avere.
Infine, il franchisor dovrà avere un marchio commerciale protetto che
identifica la rete. Dal momento che questo marchio viene concesso in licenza al
franchisee, fondamentale sarà il controllo della qualità dei prodotti o servizi del
licenziatario (franchisee).
11
1.2.1 TIPOLOGIE DI FRANCHISING
Passiamo ora ad elencare le tre diverse forme di franchising:
• Franchising di produzione: conosciuto anche come franchising industriale,
esso contraddistingue il rapporto che si instaura tra due imprese industriali,
il produttore ed uno o più grossisti. Il produttore concederà la licenza o i
brevetti e quindi trasmetterà la tecnologia necessaria affinché il franchisee
sia in grado di produrre il prodotto in questione, mentre quest'ultimo si
impegnerà ad effettuare gli investimenti nelle attrezzature necessarie e si
dedicherà alla commercializzazione del prodotto stesso seguendo le
tecniche di vendita del franchisor.
• Franchising di servizi: con ciò si definisce il rapporto tra un'azienda che
produce servizi e il franchisee. Perciò quest'ultimo non vende alcun
prodotto ma offre la prestazione di servizi ideati dal franchisor. Il campo di
applicazione di questa tipologia di franchising è molto vasto e spazia dalla
ristorazione, alle attività turistiche e al tempo libero, dall'attività alberghiera
all'intermediazione immobiliare e finanziaria e ai servizi di consulenza,
ecc.,. E' tipico perciò l'utilizzo nel terziario avanzato.
• Franchising di distribuzione: esso presuppone il trasferimento di tutte le
tecniche commerciali che costituiscono il know-how, ideate dal franchisor,
al franchisee, il quale corrisponderà un diritto d'entrata e royalties
periodiche per lo sfruttamento dei marchi e dei servizi forniti dal
franchisor. Possiamo individuare due sottotipologie secondo il rapporto che
si instaura tra gli imprenditori che si trovano a stadi diversi della catena
distributiva.
In primo luogo abbiamo il rapporto tra il produttore ed il dettagliante: in
questo caso il franchising viene ad essere la soluzione ideale per un'azienda
che voglia superare le difficoltà che una distribuzione diretta dei propri
prodotti implica; il problema principale è senza dubbio dato dal fatto che,
per poter eliminare gli intermediari ed avere quindi un contatto diretto con
il consumatore finale, l'azienda dovrà possedere risorse finanziarie ingenti.
In secondo luogo abbiamo il rapporto tra il grossista (o la grande
distribuzione) e il dettagliante: qui il grossista riesce a migliorare la
12
commercializzazione dei prodotti ai quali conferisce la propria marca
attraverso l'individuazione di franchisee fra coloro che vogliono entrare in
commercio ed anche fra catene già esistenti che vogliono aumentare la
propria competitività.
1.2.2 I VANTAGGI OFFERTI DAL FRANCHISING
Possiamo considerare il franchising come un metodo che offre
considerevoli vantaggi allorquando un’impresa considera l’opzione di
espandersi. I benefici che esso garantisce possono essere raggruppati in due
categorie principali:
1. Benefici relativi al capitale fornito dai franchisee:
• Rapida espansione del sistema distributivo: grazie al capitale e al lavoro
che i franchisee forniscono riguardo alla localizzazione e allo sviluppo
dei punti vendita, il franchising permette di stabilire un elevato numero
di punti vendita in un tempo limitato,
• I franchisee condividono il rischio d’espansione della rete del
franchisor: oltre a fornire un’elevata percentuale del capitale necessario
allo sviluppo della rete, i franchisee garantiscono il pagamento di un
canone per la concessione del diritto di franchising, che permetterà la
copertura dei costi di selezione dei franchisee stessi, il loro
addestramento e l’iniziale assistenza. I franchisee inoltre contribuiranno
con canoni periodici alle spese inerenti ai programmi promozionali e di
marketing che miglioreranno la riconoscibilità del marchio del
franchisor.
• Un’azienda in franchising potrà realizzare un maggior ritorno sul
capitale investito: dal momento che l’investimento nello sviluppo dei
punti vendita è di solito garantito dai franchisee, il franchisor potrà
operare con minori costi fissi. Sebbene i ritorni che si ottengono dai
punti vendita siano sostanzialmente inferiori rispetto a quelli che si
13
otterrebbero da punti di proprietà, una percentuale più elevata è
costituita da profitti.
• Le reti in franchising possono realizzare economie raggiunte da punti
vendita di proprietà attraverso una politica unitaria: è frequente che i
franchisor sviluppino programmi di approvvigionamento riguardanti il
mobilio, gli equipaggiamenti, i servizi di marketing, ecc., richiesti dai
franchisee; in questo modo i franchisee beneficiano dei vantaggi tipici
di una capacità d’acquisto cooperativa che solo una rete di punti vendita
di proprietà potrà garantire.
2. Benefici collegati alla gestione di franchisee motivati:
• Il franchising può garantire una relazione più soddisfacente rispetto a
punti vendita gestiti da manager o da operatori indipendenti: il fatto
che in una rete in franchising non siano i dipendenti ad attuare il
business plan, ma individui indipendenti che apportano il loro capitale
personale, garantisce una maggiore motivazione e perciò una maggior
efficacia nell’attività da questi svolta.
• I franchisee sono fonte di idee e informazioni per il franchisor: una
maggior motivazione dei franchisee favorisce un più elevato livello di
innovazione; i franchisee vengono perciò ad essere elemento
indispensabile allo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e metodi
operativi.
• Il franchising offre l’opportunità ai dipendenti di acquisire i punti
vendita: la possibilità che viene offerta ai dipendenti che hanno
raggiunto elevati livelli di competenza manageriale di diventare essi
stessi franchisee, permette di evitare la fuoriuscita di questo personale.
E’ infatti molto probabile che la concorrenza possa impadronirsi di
queste risorse umane se queste ultime non sono più stimolate dalla loro
attività.
• Un’azienda in franchising ha una struttura più semplice ed efficace: il
franchisor dirige i franchisee garantendo loro informazioni ed
assistenza; sono minori i livelli manageriali richiesti alla supervisione e
al controllo dei punti vendita in franchising rispetto a quelli di
proprietà. Sono perciò ridotte le responsabilità operative del
14
management, che si può invece concentrare nella pianificazione
strategica di lungo termine.
1.2.3 IL CONTRATTO DI FRANCHISING
Abbiamo visto che alla base della relazione tra il franchisor e il
franchisee vi è il contratto di franchising. Questo incorpora tutti gli obblighi
che entrambe le parti devono rispettare, le regole attraverso le quali l'attività
deve essere condotta ed infine le condizioni che rendono possibili la
conclusione anticipata del rapporto. Questo deve perciò cercare di prevenire
ogni possibile difficoltà che può crearsi nel corso della durata del contratto.
Cerchiamo ora di analizzare con maggior precisione ciò che il contratto
di franchising prevede:
• La natura e il nome dell'attività che è concessa in franchising: queste sono
semplici clausole che descrivono l'attività di franchising e che dichiarano il
diritto del franchisee su questa, compresi il marchio commerciale, i metodi
e le specifiche. La trasmissione di questo diritto è requisito fondamentale
per la validità stessa del contratto.
• L'area di attività: questa clausola prevede che il franchisor conceda al
franchisee un diritto esclusivo per operare in un certo territorio. Ciò
limiterà l'ulteriore espansione commerciale del franchisor. Normalmente il
territorio viene individuato seguendo criteri geografici.
• Clausola di esclusività: normalmente questa è reciproca, nel senso che il
franchisor pretende dal franchisee un’esclusività (totale o parziale) sui
prodotti e servizi in assortimento e il divieto di gestire altre attività che
siano in concorrenza con quelle del franchisor stesso, mentre il franchisee
beneficia di una esclusiva territoriale che gli garantisce una zona entro cui
non possono essere aperti altri punti vendita della stessa catena.. Tuttavia le
parti possono convenire in modo diverso, consentendo al franchisor
l'utilizzo di altri canali distributivi che permettano il raggiungimento del
consumatore finale nella stessa area.
15
• “Fee” d’ingresso: questa clausola riguarda l'ammontare del diritto d'entrata
e quando questa debba essere corrisposta. Rappresenta quanto il franchisee
paga per entrare nel sistema e usufruire dei servizi offerti prima
dell’apertura del punto vendita.
• Royalties: rappresentano il pagamento periodico (come percentuale sugli
utili o sul fatturato) effettuato dal franchisee in cambio dei servizi offerti
dal franchisor.
• Gli obblighi del franchisor e del franchisee: per quanto riguarda il
franchisor, egli dovrà innanzi tutto garantire un servizio iniziale. Con ciò si
intende tutto ciò che è necessario per consentire ad un franchisee, con poca
o nessuna esperienza nel settore, di gestire in maniera efficace e quindi con
successo, l'attività in franchising. Sarà quindi necessario che il franchisor
preveda un periodo di addestramento del personale utilizzato da parte del
franchisee, che assista il franchisee nella scelta del punto vendita e
nell'approntamento del layout, che fornisca un manuale operativo ed il
materiale pubblicitario e promozionale ed ovviamente assicuri la fornitura
dei beni e servizi pattuiti.
Il franchisor è altresì obbligato a garantire al franchisee un servizio
continuativo in modo che il franchisee continui a gestire l'attività; questo
comprende la ricerca e lo sviluppo, test di mercato, il monitoraggio dei
risultati, la negoziazione di termini di acquisto favorevoli.
Per quanto riguarda gli obblighi del franchisee, possiamo affermare che
questi si risolvono nell'osservanza delle condizioni e dei requisiti del
franchisor. Perciò il franchisee dovrà innanzi tutto corrispondere un diritto
d'entrata, dovrà allestire il punto vendita (con il conseguente investimento
di capitali), dovrà acquistare una quantità minima di prodotti e rispettare gli
standard di qualità imposti dal franchisor, dovrà rispettare le procedure
fissate a riguardo di politiche di marketing quali ad esempio i prezzi e le
condizioni di vendita ed infine dovrà corrispondere le royalties.
In modo particolare il contratto può prevedere che il franchisee tratti in
maniera confidenziale i metodi ed il manuale operativo.
• Durata del contratto: con ciò si indica il periodo per il quale il franchisee
conserva questo diritto esclusivo. Normalmente il contratto ha una durata di
16
tre - cinque anni, ma comunque è indispensabile prevedere una durata
sufficiente almeno a garantire al franchisee il recupero dell'investimento
affrontato. Il contratto dovrebbe anche dare al franchisee l'opzione di
rinnovo al termine; ovviamente è necessario che il franchisee abbia svolto
la propria attività seguendo scrupolosamente gli obblighi del contratto. Per
quanto riguarda invece la risoluzione anticipata del rapporto, questa deve
essere espressamente prevista dal contratto; a tal proposito sono molte le
cause che possono portare a questa decisione, sia da parte del franchisee
(l'attività può non produrre un reddito sufficiente o semplicemente non
piace al franchisee) che del franchisor (la più ovvia si ha quando il
franchisee non rispetta le condizioni previste, in particolare per quanto
riguarda la trasmissione dei dati di vendita, la chiusura del punto vendita
per un periodo prolungato, la vendita di beni concorrenti ed in generale
quando commette atti che pregiudichino il buon nome del franchisor).
• Obblighi successivi allo scioglimento del contratto: queste clausole
riguardano in maniera quasi esclusiva il franchisee; dal momento, infatti,
che il franchising prevede la trasmissione di beni di proprietà industriale,
queste cercano di impedire che altri possano sfruttare indebitamente il
know-how sviluppato dal franchisor (vedi Reg. 4087, Appendice 1).
1.2.4 COMPONENTI DI UNA RETE IN FRANCHISING
Una rete in franchising è costituita da un franchisor e da uno o più tipi
di franchisee. La forma più comune di franchisee, di solito identificata con
"franchisee singolo" si ha quando questi possiede e gestisce da una a tre attività
in franchising.
Il secondo tipo di franchisee è chiamato "franchisee di area". Possiamo
distinguere all'interno due diversi tipi di franchisee di area:
• Franchise di sviluppo: si concede al franchisee di area il diritto di
sviluppare e di gestire un numero specifico di attività in franchising
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localizzate all'interno di un territorio esclusivo per un certo periodo di
sviluppo (di solito 1 anno).
• Master franchise: differisce dal precedente essenzialmente a riguardo dei
diritti garantiti dal franchisor. Infatti il master franchisee può concedere
delle sub franchise a terze parti al fine di sviluppare e di gestire il business
in franchising all'interno del territorio esclusivo del master franchisee.
Nella maggioranza delle reti il franchisor non ha una relazione contrattuale
diretta con i sub franchisee. Il master franchisee solitamente riceve i canoni
dai sub franchisee e a sua volta paga la sua quota al franchisor. Nonostante
questa forma sia stata utilizzata da molti franchisor statunitensi come
mezzo per sviluppare la propria rete, è lo strumento più comune attraverso
il quale si attua l'espansione internazionale delle aziende in franchising.
Il master franchising viene quindi ad esser uno dei modi attraverso i
quali un'impresa può espandersi all'estero. Rispetto alle forme più tradizionali,
quali l'instaurazione di filiali o succursali, le joint venture o la stessa rete in
franchising controllata direttamente, il master franchising viene considerato
sicuramente come una delle modalità meno complesse e che nel contempo
assicura vantaggi notevoli sia al franchisor sia al master franchisee.
Infatti il master franchisee, che dovrà assimilare sia le conoscenze del
concetto stesso, sia del know how riguardante il "mestiere" del franchisor,
potrà beneficiare della fama internazionale raggiunta dalla rete.
L'impresa che vuole espandersi otterrà invece vantaggi di natura sia
economica (che permetteranno di sostenere costi limitati), quali l'insediamento
in territorio straniero attraverso un partner che conosce perfettamente le
caratteristiche del mercato (è, infatti, indispensabile, affinché il concetto abbia
successo anche all'estero, un certo grado di modificazione, così da adattarlo ai
gusti e desideri del consumatore locale) e il superamento delle difficoltà
collegate alla lontananza dalla casa madre e alla vastità del mercato; sia di
natura giuridica, collegati all'insufficiente conoscenza delle norme civili e
fiscali e alla protezione dei suoi segni distintivi e del know-how.