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INTRODUZIONE
L’importanza del fenomeno del franchising nell’attuale scenario economico è
duplice: esso costituisce un fenomeno di successo che vede crescere di anno in
anno, rispetto le tradizionali forme di distribuzione al dettaglio, numero
d’imprese operanti, dipendenti e fatturato.
In aggiunta a questo esso è ciò che si è soliti definire un’innovazione
organizzativa: non è un metodo di distribuzione o una tecnologia che permette di
“produrre di più utilizzando di meno” o di migliorare l’efficienza materiale del
processo produttivo, ma è un’innovazione che viene applicata ad una attività
economica e permette di portare a decisioni più efficienti, facendo leva su aspetti
che esulano dalla semplicistica visione dell’azienda come una funzione di
produzione il cui scopo è trasformare input in output.
Un contratto di franchising consiste, tra le tante cose, in una trasmissione di
conoscenze tecniche, operative e commerciali, da un’impresa con una solida
esperienza nel proprio settore e desiderosa di espandersi ulteriormente,
l’affiliante, e una piccola impresa che accetta di rinunciare a parte della propria
autonomia decisionale per uniformarsi ad un modello di business che altri hanno
reso vincente sotto un marchio e un’insegna conosciuti e pubblicizzati.
E’ un contratto in cui si svolge più di una semplice transazione economica o di
uno scambio di beni dietro il corrispettivo di un prezzo. Fiducia e collaborazione
contano molto più che in altre fattispecie simili rientranti nell’alveo dei contratti
di distribuzione, mentre è fondamentale che l’immagine della rete e la segretezza
delle conoscenze trovino un’adeguata tutela.
Le problematiche inerenti i diritti di natura immateriale, la fiducia e la
collaborazione nelle organizzazioni a rete e la crescente importanza riconosciuta
dalla dottrina economica alle innovazioni organizzative e ai problemi della
contrattazione fanno del franchising (o affiliazione commerciale) il banco di
prova ideale per toccare con mano alcune delle grandi questioni che gli
economisti e i giuristi esperti in diritto commerciale si trovano ad affrontare in
un sistema economico altamente dinamico, globalizzato e interconnesso qual è
quello in cui oggi ci muoviamo.
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Questo lavoro si concentrerà sugli aspetti giuridici e di regolamentazione del
franchising, attraverso l’analisi della normativa che investe il fenomeno a livello
nazionale e comunitario. Le problematiche inerenti alla stretta dipendenza
economica che s’instaura tra i contraenti, la necessaria tutela dei numerosi diritti
immateriali oggetto del contratto, la ragionevolezza economica dei corrispettivi
richiesti con riferimento alle prestazioni fornite, i pregi e i difetti delle restrizioni
verticali pattuite a livello di sistema economico verranno però valutate in
un’ottica di reciproca compatibilità: evidenzieremo nel corso del nostro lavoro
sia i casi in cui la prassi contrattuale si è discostata significativamente dalle
indicazioni del legislatore sia gli aspetti delle norme trattate che potevano essere
formulate con maggiore chiarezza e dimostrando maggiore sensibilità alle
esigenze del settore.
Nella prima parte del lavoro citeremo i primi esperimenti di reti di distribuzione
commerciale non integrate avvenuti negli USA già nel diciannovesimo secolo
per poi arrivare alle organizzazioni di dettaglianti create nel 1930 in Francia, nel
settore della lana e di concessionari create negli USA per opera della General
Motors.
Sarà utile chiarire a livello internazionale quali elementi sono giudicati
caratterizzanti un accordo di franchising: ciò viene fatto nel capitolo 3.
Nel quarto capitolo indagheremo le differenze tra fattispecie giuridiche affini nel
caso italiano: contratti di concessione di vendita, di agenzia, di somministrazione
e sistemi di network marketing.
Prima di passare all’analisi della normativa italiana analizzeremo la legge
modello redatta dall’Istituto Internazione per l’Unificazione del Diritto Privato e
i codici di autodisciplina delle associazioni di settore, che tentavano in tal modo
di colmare un vuoto legislativo, sulla materia, protrattosi fino al 2004. Avremmo
potuto dedicare più spazio alla legge Unidroit: essa si rivela un modello di
norma che tutela molto efficacemente l’affiliato, ritenuto il contraente debole
della negoziazione, in merito soprattutto agli obblighi informativi precontrattuali
ma, essendo niente più che una legge modello a cui il legislatore può ispirarsi, la
sua capacità di produrre effetti sul piano giuridico è davvero minima.
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Evidenzieremo in questo frangente alcuni aspetti curiosi della gestazione della
norma nostrana, quale il fatto che alcune espressioni e frasi sono state copiate
dai codici di autodisciplina delle due principali associazioni di settore,
Assofranchising e Federazione Italiana Franchising: è poco comprensibile la
scelta del legislatore di ispirarsi a dei codici di autodisciplina sicuramente non
esenti da influssi corporativi, mentre vi era a disposizione un ottimo schema di
legge quale quello predisposto dall’Unidroit.
La seconda parte è interamente dedicata all’analisi della Legge 129 del 2004,
che in Italia regolamenta la fattispecie giuridica esaminata. La nozione accolta
da tale legge esclude il cosiddetto franchising di produzione, concentrandosi sul
fenomeno del franchising di distribuzione di beni e servizi. Affronteremo il
problema costituito dal requisito d’indipendenza economica richiesto dalla
legge: com’è noto, il franchising è un contratto in cui non raramente sono
stabiliti minimi di acquisto e stretti controlli sulle forniture, e non è chiaro come
si debba interpretare tale prescrizione. Approfondiremo parallelamente la
questione dell’abuso di dipendenza economica, disciplinato nella legge sulla
subfornitura nelle attività produttive.
La trasmissione dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, del know – how
e delle tecniche tipicamente contenute nel Manuale Operativo è stata analizzata
cercando di capire quando tale insieme di diritti sia sufficiente a giustificare le
deroghe, in materia di restrizioni concorrenziali, accordate dalla legge con lo
scopo di mantenerne la segretezza.
Analizzeremo infine le prescrizioni di legge riguardo ai corrispettivi e la rete
degli affiliati.
Il terzo capitolo delinea i principali problemi collegati al requisito della forma
scritta, richiesta dalla legge a pena di nullità: cercheremo di individuare i criteri
desumibili dalla norma attinenti alla presentazione dei documenti in fase di
contrattazione, gli elementi dell’accordo che devono essere presenti nella bozza
e quelli che possono essere successivamente rinegoziati.
Nel capitolo 4 introduciamo la distinzione tra elementi essenziali, che vanno
necessariamente inseriti nel contratto, ed elementi eventuali.
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La questione dei corrispettivi richiesti dal franchisor, con riguardo ai due
principali cioè royalties ed entrance fee, è stata approfondita sia guardando alla
loro giustificazione economica sia osservando la prassi diffusa nel caso italiano.
Attraverso l’analisi del Report 2010 realizzato dalla FIF sullo stato dell’arte del
settore, si è giunti a importanti conclusioni sull’importanza del corrispettivo
indiretto nei franchising di distribuzione di beni, notando come le royalties,
requisito obbligatorio del contratto secondo la legge 129, non sempre siano
presenti negli accordi.
Nella trattazione degli elementi eventuali ci si è concentrati sulla clausola di
esclusiva territoriale e sull’implementazione del contratto estimatorio (il
cosiddetto “conto vendita”) all’interno dell’accordo di franchising anche in
considerazione del fatto che costituiscono spesso motivi di ricorsi arbitrali.
Il quinto capitolo è dedicato agli obblighi informativi a carico delle parti nella
fase precontrattuale e al fenomeno delle false comunicazioni pubblicitarie in fase
di promozione al pubblico delle offerte di affiliazione, un problema molto più
rilevante di quanto le scarse pronunce giurisprudenziali facciano credere.
Nella terza e ultima parte del lavoro analizzeremo la disciplina comunitaria in
tema di restrizioni verticali alla concorrenza, recentemente riformata dal
Regolamento 330 / 2010. Ogni accordo di franchising è arricchito di numerose
clausole restrittive della concorrenza: nel secondo capitolo presenteremo il
dibattito accademico che gli economisti della Chicago School e gli esponenti
della corrente di pensiero neo – istituzionalista hanno vivacemente sviluppato
argomentando in favore della meritevolezza dei fini raggiunti dalle varie
tipologie di restrizioni verticali; si evidenzieranno al contempo gli ovvi pericoli
per il gioco concorrenziale che l’accettazione di queste clausole comporta a
livello di sistema economico.
Il Regolamento fornisce le linee guida che permettono di esentare
dall’applicazione del paragrafo 3 dell’Art. 101 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione Europea le imprese che autocertificano il rispetto di alcune
condizioni riguardanti le restrizioni verticali che impongono ai propri affiliati.
Nel capitolo 4 si è fornito un quadro riassuntivo dei precedenti interventi
legislativi in merito di restrizioni verticali; il quinto capitolo è interamente
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dedicato all’interpretazione del Regolamento attualmente vigente nell’Unione
Europea: si sottolineeranno in particolare la maggiore sensibilità dimostrata dalla
Commissione agli effetti economici delle clausole anticoncorrenziali e alla
difficoltà incontrate nel regolamentare, dal punto di vista del regime di
esenzione, il fenomeno delle vendite via internet.