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RIASSUNTO
In questo studio viene valutato il potenziale genotossico di particelle di biossido di titanio (TiO
2
),
un materiale ampiamente utilizzato nella produzione di cosmetici, filtri solari, vernici, materiali da
costruzione ed impiegato in svariati processi quali, l’industria della carta ed il trattamento delle
acque reflue. Un così vasto impiego implica un altrettanto elevato rischio di rilascio nell’ambiente
acquatico, infatti il biossido di titanio è comunemente ritenuto un contaminante emergente nel
prossimo futuro. Tuttavia, la maggior parte delle informazioni presenti in letteratura riguardano i
possibili effetti del biossido di titanio sulla salute umana, mentre pochi dati sono disponibili sul
potenziale ecotossicologico di questa sostanza sugli ecosistemi acquatici, ad eccezione di alcune
indagini su invertebrati e pesci. Questa tesi ha lo scopo di valutare il potenziale genotossico del
TiO
2
, nelle due forme cristalline rutilo e anatasio, su un predatore terminale della catena trofica
marina, il cetaceo odontocete Tursiops truncatus. L’indagine è stata effettuata su leucociti prelevati
da 5 individui (4 maschi e 1 femmina) allevati presso il parco acquatico ―Oltremare‖ (Riccione) e su
fibroblasti isolati da biopsie cutanee (ottenute nell’ambito di una collaborazione con il Dipartimento
di Scienze Ambientali di Siena). Inoltre, sono stati indagati gli effetti del TiO
2
anche su cellule
umane e murine al fine di valutare in modo comparativo la risposta del tursiope al TiO
2
, con quella
di altri mammiferi. Per il trattamento dei leucociti sono state usate tre dosi (20, 50 e 100 µg/ml) e
tre tempi di esposizione (4, 24 e 48 h), mentre i fibroblasti sono stati esposti a quattro dosi (20, 50,
100 e 150 µg/ml) e ai medesimi tempi di esposizione, per ciascuna delle due forme cristalline di
TiO
2
. La genotossicità è stata valutata mediante il Comet Assay (elettroforesi su singola cellula),
attraverso il quale viene misurato il grado di frammentazione del DNA (rotture a singolo e doppio
filamento, siti labili agli alcali). La vitalità cellulare è stata valutata mediante il test del Trypan
Blue. I risultati relativi ai leucociti hanno mostrato un effetto genotossico significativo di entrambe
le forme cristalline sulle cellule di tursiope, per tutti i tempi di esposizione e alle dosi di 50 e 100
5
µg/ml, mentre non si osserva alcun effetto nei leucociti umani, ad eccezione della forma anatasio
che ha mostrato un effetto puntiforme solo ad una dose e tempo sperimentale (24 h). Per quanto
riguarda i risultati relativi ai fibroblasti, è stato osservato un effetto genotossico di entrambe le
sostanze in ogni specie trattata in questo studio. In particolare, entrambe le forme di TiO
2
inducono
nei fibroblasti umani, di tursiope e murini un effetto genotossico significativo dopo 4 ore di
esposizione ad entrambe le forme cristalline. Questo effetto si riduce in maniera consistente fino a
scomparire dopo 24 h di trattamento, mantenendo elevati i livelli di integrità del DNA dopo 48 h nei
fibroblasti murini e di cetaceo. I risultati ottenuti indicano che il biossido di titanio è in grado di
indurre un effetto genotossico, alle dosi testate, e suggeriscono per le cellule di tursiope una certa
suscettibilità nei confronti del TiO
2
in forma particellata.
ABSTRACT
In this study, we evaluated the genotoxic potential of titaniuim dioxide (TiO
2
) particles, a material
widely used for the production of cosmetics, sunscreens, paints, building materials and applied in
several processes such as paper production and waste water treatment. Such a wide exploit implies
an high risk for aquatic environmental release, since titanium dioxide is considered an emerging
pollutant in the next future. Nevertheless, many studies can be found in literature concerning
titanium dioxide effects on human health, while few data on potential ecotoxicity of this substance
on aquatic ecosystems are available, the only exception being some investigations on invertebrates
and fishes. The aim of this work was to evaluate the genotoxic potential of TiO
2
, in the two
crystalline forms rutile and anatase, on a top predator of the marine food web, the odontocete
cetacean Tursiops truncatus. The investigation was performed on isolated leukocytes taken from 5
specimens (4 males and 1 female) reared in captivity at the Adriatic SeaWorld ―Oltremare‖
(Riccione), and on fibroblasts isolated from skin biopsies of wild animals (kindly given by the
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Department of Environmental Sciences of University of Siena). Moreover, the effects of TiO
2
were
also investigated on human and murine cell lines, in order to compare the bottle-nose dolphin
susceptibility to TiO
2
with the one of the other mammals. Three doses (20, 50 e 100 µg/ml) and
three times of exposure (4, 24 e 48 h) were used for leukocytes, while fibroblasts were exposed to
four doses (20, 50, 100 e 150 µg/ml) for the same experimental times. In both cases, the two
crystalline forms were tested. Genotoxicity was evaluated by the Comet Assay (Single Cell Gel
Electrophoresis), to detect DNA fragmentation (single and double strand breaks, alkali labile sites).
Cell viability was evaluated through the Trypan blue exclusion method. A significant genotoxic
effect of both crystalline forms was detected in dolphin leukocytes, for every experimental time and
at doses of 50 and 100 µg/ml, while no effect on human leukocytes can be seen, with the exception
of the anatase form, which showed an increased DNA fragmentation at one dose and one
experimental time (24h). A genotoxic effect of both crystalline forms on each species investigated
in this study was detected in fibroblasts. Particularly, both powders induced a significant genotoxic
effect after 4hrs treatment in human, dolphin and murine fibroblasts. This effect consistently
decreased till disappearing after 24hrs exposure, still maintaining low levels of DNA fragmentation
after 48hrs both in murine and dolphin fibroblasts. These results show that titanium dioxide induces
a genotoxic effect, at the doses tested, and suggest a certain susceptibility of T. truncatus cell lines
towards TiO
2
particles.
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1 INTRODUZIONE
1.1 BIOSSIDO DI TITANIO
Il titanio è un elemento metallico ben conosciuto per la sua resistenza alla corrosione e per il suo
alto rapporto resistenza/peso. È leggero, duro, con una bassa densità (il 40% in meno di quella
dell'acciaio). Il titanio è il nono elemento per abbondanza nella crosta terrestre (0,6% della massa)
ed è principalmente presente in molte rocce ignee e nei sedimenti da esse derivanti. All'incirca il
95% del titanio viene utilizzato in forma di biossido di titanio (TiO
2
), ottenuto per reazione diretta
del metallo con l’ossigeno ad alta temperatura. Il biossido di titanio (o ossido di titanio (IV) o
anidride titanica) è una polvere cristallina incolore tendente al bianco, è chimicamente inerte, non
svanisce con la luce solare ed è molto opaca, ciò le permette di impartire un colore bianco brillante
a prodotti come plastiche, vernici, fibre tessili, inchiostri, dentifrici e medicinali; Il TiO
2
in natura è
presente in tre forme cristalline diverse, l'anatasio, brookite e il rutilo che rappresenta la forma più
comune. Anche se la forma metallica del titanio è relativamente poco comune, a causa dei costi di
estrazione, il biossido di titanio è economico, facilmente disponibile in grandi quantità, e
largamente utilizzato. Circa il 95% del titanio naturale è utilizzato come materia prima per
sintetizzare il biossido di titanio e il resto è usato in leghe metalliche. Nel 2004, il principale
fornitore di titanio è stato il Sud Africa (25%), seguita da Australia (21%), Canada (14%), Cina
(8%), Ucraina (7%) e Norvegia (7%) (Linak & Inoguchi, 2005). Il biossido di titanio viene
consumato in oltre 170 paesi e i maggiori esportatori sono le regioni del Nord America e dell’
Australia mentre i restanti paesi del mondo sono importatori. La maggior parte del biossido di
titanio commerciale è ottenuto dalla roccia naturale mediante dissoluzione del minerale madre che
viene fatto precipitare sotto forma di particelle fini di anatasio o rutilo.
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Il rutilo è la forma naturale più comune di TiO
2
, si origina all’interno di rocce metamorfiche
sviluppatesi ad alte pressioni; il nome deriva dal latino rutilus, rosso, ad indicare il colore che lo
caratterizza alla luce; ha struttura tetragonale, con ciascun atomo di titanio circondato
ottaedricamente da sei atomi di ossigeno. Questa sostanza possiede uno tra i più elevati indici di
rifrazione (2.605-2.616) tra tutti i minerali (Phillips & Griffen, 1981). Presenta il più basso peso
molecolare con densità pari 4.13 g/cm
3
(Bafield & Veblen, 1992) , un indice di durezza secondo la
scala Moh pari a 6-6.5 (Harben, 1996) e risulta insolubile in acqua (Weast, 1985). I principali usi
del rutilo, descritti in dettaglio più avanti, sono come pigmento per la produzione di diversi
materiali e come componente di prodotti protettivi per assorbire le radiazioni UV.
L’anatasio appare sotto forma di cristalli piccoli e isolati. Può esistere in due forme cristalline, la
più comune caratterizzata da una forma a doppia piramide acuta, con un colore tra il blu indaco e il
nero; l’altra con più facce piramidali, di colore tra il giallo-miele e il marrone. L’anatasio, anche
detto ottaedrite, deriva il suo nome dal greco anatasis, estensione, ad indicare l’asse verticale del
cristallo, più lungo rispetto a quello del rutilo. Il suo indice di rifrazione è compreso tra 2.561 e
2.488 (Phillips & Griffen, 1981) mentre la sua densità è di 3.79 g/cm
3
(Bafield & Veblen, 1992).
Secondo la scala di Mho la sua durezza è pari a 5-5.6 (Harben, 1996) ed è anch’esso insolubile in
acqua (Weast, 1985). Da studi effettuati sulle diverse forme, l’anatasio è risultata essere la più attiva
chimicamente. Esso viene sintetizzato artificialmente soprattutto per le caratteristiche fotocatalitiche
utilizzate nella progettazione di celle fotovoltaiche.
La produzione mondiale di biossido di titanio alla fine del 2005 è stato di 5187 migliaia di
tonnellate ed il suo utilizzo è stato distribuito nei seguenti settori merceologici : 58% utilizzato per
rivestimenti, il 23% per le materie plastiche e la gomma, l’ 11% per la carta e l’8% per le restanti
applicazioni (Linak & Inoguchi, 2005).
Il biossido di titanio è apprezzato per la sua forza opacizzante e luminosità. Altre importanti
caratteristiche dei pigmenti di TiO
2
sono l’ottima resistenza agli attacchi chimici, buona stabilità
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termica e resistenza alla degradazione indotta da esposizione a raggi UV. In particolare il pigmento
rutilo è più resistente ai raggi UV rispetto all’anatasio e viene usato prevalentemente per le vernici,
materie plastiche e inchiostri. Il pigmento anatasio è meno abrasivo del rutilo ed è utilizzato
prevalentemente per vernici da interni, nella carta, ceramica, gomma e fibre sintetiche. Entrambi i
pigmenti, rutilo e anatasio, possono essere resi più resistenti alla fotodegradazione, migliorando così
la loro stabilità, opacità e lucentezza. Le vernici e le applicazioni di rivestimento sono i maggiori usi
a livello mondiale. Secondo l'American Society for Testing and Materials (ASTM, 1988)-D47684
standard, esistono quattro tipi di pigmento di biossido di titanio (Schurr, 1981; Fisher & Egerton,
2001):
Tipo I (94% min biossido di titanio) è un pigmento di TiO
2
contenente anatasio che viene utilizzato
come gesso nelle vernici per gli interni e esterni delle case. Il pigmento in polvere, sciolto, forma
una pellicola sulla superficie della vernice alterata.
Tipo II (92% min biossido di titanio) è un pigmento di TiO
2
contenente rutilo che ha una buona
resistenza a fenomeni di sfarinamento e viene utilizzato in quantità variabili in tutti i tipi di vernici
per interni e smalti.
Tipo III (80% min biossido di titanio) contiene pigmenti di TiO
2
nella forma rutilo e ha una
resistenza media a fenomeni di sfarinamento e viene principalmente utilizzato nelle vernici da
utilizzare sui muri domestici.
Tipo IV (80% min biossido di titanio) è un altro pigmento di TiO
2
nella forma di rutilo il quale ha
una elevata resistenza allo sfarinamento, è utilizzato in pitture per esterni ed ha una durata e
brillantezza eccellente.
Altre applicazioni del biossido di titanio sfruttano le proprietà catalitiche di quest’ultimo. Alcune
ricerche dimostrano che catalizzatori a base di TiO
2
permettono l'estrazione di idrogeno da
soluzioni acquose, se sottoposte a luce solare, in quanto esso è in grado di catalizzare reazioni di
idrolisi, scindendo le molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno. Questa capacità promuoverebbe un
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metodo estremamente economico ed ecologico per la diffusione dell’utilizzo dell’idrogeno quale
fonte di energia alternativa ai combustibili fossili. Un altro importante utilizzo del biossido di
titanio è legato alle tecnologie industriali di depurazione delle acque di scarico, in quanto è un
catalizzatore che degrada per ossidazione numerosi composti organici. Sfruttando questa proprietà
si possono ottenere materiali che, per mezzo dell’attivazione indotta dalla luce UV, sono in grado di
distruggere i composti organici depositati su di essi. Esposte, infatti, alla luce le molecole del
biossido di titanio catalizzano l'ossidazione di residui organici (sporcizia, depositi dell'inquinamento
e microorganismi di vario genere). Questa proprietà potrebbe potenzialmente portare allo sviluppo
di una nuova classe di materiali dotati di proprietà autopulenti e disinquinanti. In
virtù di questa
caratteristica fotocatalitica, sono in fase di sperimentazione dei vestiti autopulenti costituiti da
particolari fibre contenenti nanoparticelle (NP) di biossido di titanio le quali hanno la proprietà di
pulire gli indumenti dallo sporco e da agenti patogeni. Sempre per le sue caratteristiche
fotocatalitiche il biossido di titanio nella forma anatasio è già in uso come degradante di sostanze
tossico-inquinanti in quanto, per esempio, viene utilizzato per la rimozione degli ossidi di azoto dai
gas di scarico dei motori diesel, nelle centrali elettriche e a carbone (Linak & Inoguchi, 2005;
Swiler, 2005). Per quanto riguarda le ricerche sulle energie alternative, le NP di TiO
2
, essendo
ottimi fotocatalizzatori, trovano un’utile applicazione nella costruzione delle celle fotovoltaiche
impiegate per la conversione dell’energia solare in energia elettrica (Zhang et al., 2003; 2008).
Il biossido di titanio è poi presente in alcune creme di bellezza e in creme solari, dove protegge la
pelle dai raggi UV. In questo tipo di applicazione vengono utilizzate particelle nanometriche di
biossido di titanio, poiché queste hanno la proprietà di filtrare la luce solare, bloccandone la
componente UV. Esse sarebbero dunque in grado di filtrare le radiazioni UVA (290-320 nm) e
UVB (320-400 nm) prevenendo la comparsa di danni alle cellula della pelle.
Infine, il biossido di titanio viene utilizzato come additivo alimentare (colorante). E’ identificato
dalla sigla E171 ed è utilizzato come sbiancante in molti prodotti alimentari. La sua innocuità sul
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potenziale cancerogeno non è ancora stata stabilita. Tuttavia, la dose giornaliera accettabile
ufficialmente stabilita è attualmente «senza limiti» e «non quantificabile» in mancanza di NOEL
(No Observed Effect Level) per JECFA (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives).
1.1.1 Biossido di titanio e la nanotecnologia
Come illustrato nel precedente paragrafo, molte applicazioni prevedono l’impiego del biossido di
titanio in forma nanoparticolata. Più in generale, il termine ―nanotecnologie‖ sta acquistando
sempre maggiore popolarità: esso è infatti impiegato per descrivere una varietà di campi di ricerca e
sviluppo, spesso di carattere interdisciplinare, entro i quali si utilizzano strutture aventi dimensioni
caratteristiche inferiori a 100 nm. L’industria della nanotecnologia sta rapidamente crescendo con
l’aspettativa di benefici sostanziali che avranno un significativo impatto economico-scientifico,
applicabile in diversi campi che spaziano dall’ingegneria aereospaziale e nanoelettronica, al
ripristino ambientale e alla medicina. Il progetto e lo sviluppo dei nanomateriali sono stati di grande
importanza per l’industria per le caratteristiche fisico-chimiche che offrono. Alcuni di questi
benefici includono miglioramento nella conducibilità termica e/o elettrica, materiali più resistenti,
miglioramento dell’attività catalitica e proprietà ottiche più avanzate. Tuttavia, le loro piccole
dimensioni, oltre che delle proprietà chimico-fisiche, possono essere responsabili di effetti biologici
nocivi. Le vendite di questi prodotti hanno un valore economico pari a 147 miliardi di dollari nel
2007 e si stima un incremento nei prossimi anni fino a 3.1 trilioni di dollari per il 2015. Perciò
l’uomo è già esposto a questi materiali ed è prevedibile un aumento drammatico di esposizione
negli anni a venire. Di conseguenza negli ultimi anni l’utilizzo dei nanomateriali ha suscitato una
maggiore attenzione soprattutto per quanto riguarda la salute umana e la sicurezza ambientale, con
il primo report pubblicato nel 2004 dalla Royal society and Royal Academy of Engineering che
mette in evidenza la netta mancanza di informazioni su l’impatto dei nanomateriali ingegnerizzati
sulla salute umana e ambiente. Molti altri report governativi sono successivamente emersi ma ad
oggi le considerazioni sulla sicurezza non sono andate di pari passo con lo sviluppo dei materiali da