Introduzione La recente crisi economica è stata una crisi dell'economia mondiale: con canali e modalità
differenti ha toccato praticamente tutte le economie del pianeta. Su di essa, purtroppo, è stato
scritto molto soltanto una volta che è scoppiata, come se gli addetti al settore fossero in un
certo senso caduti dalle nuvole. In realtà, sarebbe stato opportuno occuparsi per tempo di
alcuni squilibri che, soprattutto quelli presenti nel settore finanziario, hanno portato allo
scoppio di una crisi che, per dimensioni e impatto sulla società, può essere tranquillamente
paragonata alla Grande Depressione. Ma un certo livello di avidità e la malsana pratica
finanziaria del moral hazard hanno tappato occhi e bocca di chi avrebbe, forse, potuto evitare
tutto quello che è successo. Risulta però paradossale che una crisi di tali dimensioni sia nata in
un piccolo comparto di un singolo paese, benché si tratti della prima economia mondiale,
ovvero gli Stati Uniti d'America.
Dato il mio breve (al momento) e limitato percorso accademico non ho avuto certamente la
pretesa di scrivere più e meglio di quanto non sia già stato fatto dagli economisti che in questi
quattro anni hanno svolto un minuzioso lavoro di analisi e commento di quanto è successo.
Tuttavia, quanto accaduto nell'economia in questi ultimi anni ha interessato la vita di molti
milioni di individui in tutto il mondo, spesso peggiorandone il benessere o sconvolgendone le
abitudini e le prospettive – se non altro dal punto di vista economico. Ma anche le istituzioni,
politiche ed economiche, sono rimaste coinvolte nei meccanismi e negli effetti di questa crisi.
È dunque l'interesse, se non la curiosità, di sapere che cosa è successo e il perché che sta alla
base di questo elaborato. Come già detto, non ho operato con presunzione di completezza,
d'altronde trattare i molteplici aspetti della crisi economico-finanziaria in profondità sarebbe
stato un impegno spropositato, soprattutto in questa sede. Non ho però rinunciato al tentativo
di operare una disamina delle principali cause della crisi e di come questa abbia agito sul
tessuto economico mondiale. Essendo, inoltre, studente italiano ed europeo ho trovato
particolarmente coerente e stimolante tentare di tracciare un quadro complessivo del rapporto
che la crisi ha avuto – e ha tuttora – con l'Europa e con l'Italia.
Per queste ragioni il lavoro è strutturato in tre parti: nel primo capitolo - “La genesi della
crisi” - verranno esaminate la cause generali di natura micro e macroeconomica che
costituiscono l'humus nel quale la crisi è maturata e ha sviluppato le caratteristiche che
l'hanno contraddistinta per forza, velocità d'espansione e contagio. Una volta delineate le
1
cause, sarà proposta una scansione dei tempi, delle modalità e dei fatti che consentono di
definire la crisi “mondiale”. La trattazione, inoltre, coprirà l'arco di tempo che va dalla
manifestazione delle prime agitazioni finanziarie nel mercato interbancario statunitense fino a
questi ultimi mesi in cui molti dubbi sono emersi sull'effettivo riassorbimento della crisi e,
anzi, ulteriori ne emergono in merito alla durata degli effetti che la recessione ha causato. Nel
secondo capitolo - “La crisi e l'Europa” - si analizzerà quindi le dinamiche del contagio e del
dispiegamento della crisi nell'economia reale dei paesi del Vecchio continente, ponendo
l'attenzione sulle principali economie dell'Eurozona che tuttora affrontano elevati disagi,
principalmente dovuti alla sostenibilità del debito pubblico, che ha richiesto ingenti sforzi di
riassestamento delle finanze in ambito nazionale e un generoso sostegno finanziario a livello
internazionale. Dunque, in questa sezione sarà concentrato anche uno sforzo di sintesi e critica
di quelle che sono state le risposte comunitarie durante le fase di recessione e di quelle più
recenti volte a fronteggiare l'ancora attuale crisi dei debiti sovrani, nonché le azioni country
specific più rilevanti e comparativamente significative. Infine, il terzo capitolo - “L'Italia nella
crisi” - che conclude il lavoro, sarà dedicato al nostro paese e al rapporto che esso ha avuto
con la crisi. A tal fine si renderà necessaria una presentazione delle condizioni economiche di
partenza con cui l'Italia ha impattato nella recente crisi, ciò agevolerà la comprensione di
quella che è stata la recessione che dalla fine del 2008 e buona parte del 2009 ha scosso il
nostro sistema economico e delle conseguenze che questa ha avuto, dalle quali, peraltro,
nessuno di noi può considerarsi non raggiunto.
Il lavoro offrirà, dunque, per tutti i livelli di analisi – globale, europeo, nazionale – una
panoramica della natura della crisi e di come questa abbia impregnato il tessuto economico, di
come le istituzioni – politiche ed economiche – l'abbiano fronteggiata e di quelle che, sulla
base dei recenti sviluppi e delle considerazioni delle principali istituzioni economiche, sono le
prospettive di ripresa e di uscita definitiva dalla crisi.
2
Capitolo 1 LA GENESI DELLA CRISI Come è lecito aspettarsi da eventi di così vasta portata, la recente crisi economico-finanziaria
affonda le proprie radici in cause molteplici e spesso complesse. Un'analisi preliminare di
queste si rende necessaria per comprendere il fenomeno della crisi e la ratio degli interventi
ad ora adottati dai principali attori del sistema economico mondiale. Affinché tale analisi
risulti la più chiara possibile, ritengo opportuno affrontare l'argomento operando un'iniziale
ripartizione delle cause nei due principali ambiti dell'economia: quello macroeconomico e
quello microeconomico.
1.1 – Cause macroeconomiche Le cause macroeconomiche della crisi sono ascrivibili in due ampi gruppi di problematiche
che riguardano il sistema economico-finanziario globale: l'accumulo di squilibri nelle
posizioni creditorie internazionali e le conseguenze di un lungo periodo di bassi tassi di
interesse reali, dovuto soprattutto alla politica monetaria della Federal Reserve . La loro
interazione ha determinato un eccesso di liquidità in dollari che ha sostenuto la bilancia
commerciale degli Stati Uniti e che è letteralmente “tracimata verso il resto del mondo”
(Marconi, 2010, p.49)
.
La Banca dei Regolamenti Internazionali, basandosi su statistiche nazionali del Fondo
Monetario Internazionale, ha messo in luce come nel decennio che ha preceduto lo scoppio
dell'attuale crisi, dal 1996 al 2006, il saldo del conto corrente
1
statunitense abbia conosciuto
un incremento del deficit dall' 1,6 al 6,5 per cento del PIL (BRI, 2007, p.19) . Gran parte del
deficit è indirizzato verso l'economia asiatica, Cina e Giappone su tutti, e verso i paesi
produttori di petrolio a causa del rialzo della domanda mondiale di petrolio e il conseguente
aumento del prezzo del greggio. La bilancia commerciale si è, invece, mantenuta pressoché in
pareggio con i paesi dell'area euro. La liquidità di dollari in uscita è in parte tornata negli Usa
1 Il conto corrente, chiamato anche conto delle partite correnti, è quella parte della bilancia dei pagamenti nella
quale vengono registrati il commercio di beni e servizi, i pagamenti di redditi da lavoro e capitale, i
trasferimenti unilaterali tra i soggetti residenti nel paese in analisi e soggetti residenti nel resto del mondo. I
servizi comprendono noli, pagamenti di diritti e pagamenti di interessi. I pagamenti per trasferimenti
consistono in contributi, donazioni e rimesse. L'altra voce della bilancia dei pagamenti è il conto dei
movimenti di capitali: qui sono registrate le transazioni relative ad attività finanziarie e reali. Le transazioni
inerenti le riserve ufficiali della Banca centrale costituiscono una variabile a sé stante.
3
come flusso di capitale destinato all'acquisto di titoli del Tesoro e di agenzie parastatali.
Un'altra parte, peraltro molto consistente, è stata invece utilizzata in operazioni finanziarie in
altre parti del mondo oppure accumulata nelle banche centrali dei paesi in surplus. Se
normalmente un operatore economico, residente in un paese con deficit di parte corrente, ha
opzioni limitate per ottenere valuta internazionale al fine di pagare importazioni inferiori alle
esportazioni 2
, non è così per gli Stati Uniti. Il dollaro è la principale valuta internazionale: i
residenti possono utilizzarla per pagare le proprie importazioni, ma è anche una valuta
veicolo, viene cioè utilizzata anche per transazioni estranee agli Stati Uniti. A questo punto “è
utile sottolineare che il pagamento di un'importazione da parte di un soggetto residente negli
Stati Uniti si traduce in un aumento dell'offerta di moneta nel paese dell'esportatore ma non
provoca una diminuzione della quantità di moneta negli Stati Uniti. Ciò in quanto l'operazione
comporta l'intermediazione di una banca corrispondente del paese esportatore che ha un conto
in dollari negli Usa presso la banca statunitense dell'esportatore” (Marconi, 2010, p.50).
Parallelamente al funzionamento di questo meccanismo, va infine considerata la politica
monetaria fortemente espansiva che la Fed ha adottato, dall'agosto 2001 al giugno 2004, in
risposta alla recessione
3
dell'economia statunitense causata dallo scoppio della bolla dei titoli
tecnologici, la c.d. Bolla dei dot-com, e dalle turbolenze scatenate dagli attentati dell'11
settembre. In questo periodo i tassi di riferimento sui federal funds sono scesi dal 6,50 per
cento all'1 per cento, per tornare al 5,25 per cento soltanto nel giugno 2006. Sebbene questa
politica monetaria espansiva abbia avuto successo in termini di ripresa economica, è lecito
sostenere, come ha fatto lo stesso Alan Greenspan (2007), l'allora capo della Federal Reserve ,
che il livello dei tassi d'interesse sia stato tenuto troppo basso per troppo tempo. Ciò sarebbe
suffragato dal fatto che il tasso di interesse reale è stato negativo per quasi tre anni e che,
proprio fra il 2004 e il 2006, gli Usa hanno raggiunto il massimo deficit di parte corrente della
bilancia dei pagamenti (intorno al 6 per cento del PIL).
I bassi tassi d'interesse e l'abbondante liquidità hanno innescato un'anomala offerta di credito
da parte delle banche ed incentivato comportamenti fortemente speculativi da parte degli
operatori finanziari. Questo meccanismo, acutamente teorizzato da Minsky (1977), è alla base
del forte indebitamento raggiunto dalle famiglie per l'acquisto di case e beni di consumo,
2 Essi posso vendere attività finanziarie, o reali, a controparti estere od ottenere dei prestiti. Così facendo si ha
un afflusso netto di capitali dall'estero esponendosi a tutti i rischi e all'imprevidibilità del caso. In alternativa,
possono acquistare valuta estera dalla propria Banca centrale, andando però ad intaccare le riserve ufficiali
del paese.
3 Così è stata definita dal National Bureau of Economic Research, che ha stabilito che gli Usa sono stati in
recessione da marzo a dicembre 2001.
4
nonché dell'indebitamento delle imprese impegnate in operazioni di acquisizione, fusione ed
investimenti in strumenti finanziari speculativi.
1.2 – Cause microeconomiche Le cause microeconomiche sono legate a doppio filo con quelle macroeconomiche. La
spropositata offerta di credito e l'aumento di comportamenti altamente speculativi hanno
interagito ed alimentato pratiche ed incentivi distorti al credito (e all'indebitamento), aggravati
da problemi nella misurazione e nella gestione del rischio. Ciò è stato possibile grazie alla
presenza di gravi lacune nell'ambito della regolamentazione e nella vigilanza sugli operatori
finanziari.
La logica sottostante a tutti questi comportamenti è stata quella di massimizzare il profitto nel
breve periodo, ma questo ha condotto ad un aumento del leverage e ad un forte accumulo di
rischi finanziari. Leverage è sinonimo di leva finanziaria. Questa, secondo la definizione data
da Blanchard (2011, p.511), è “il rapporto tra le attività e il capitale azionario”
di una banca o,
più in generale, di un'impresa. Si tratta quindi di una misura della solidità di un bilancio: più
la leva è alta più la banca (o l'impresa) agisce senza un'adeguata copertura di capitale.
Dunque, più alta è la leva, maggiori sono i rischi di insolvenza nel caso in cui le attività della
banca (ad esempio i mutui nel settore immobiliare) perdessero valore (ad esempio in seguito
allo scoppio di una bolla immobiliare che fa precipitare il valore di mercato delle case e
spinga i mutuatari a non onorare il mutuo acceso). L'aumento generalizzato del leverage è
stato agevolato dalla diffusione, nell'economia statunitense, del modello d'intermediazione
finanziaria chiamato originate to distribute (Otd). Nato negli anni Settanta, esso si differenzia
dal modello classico 4
per il fatto che le banche possono trasformare alcune attività, tra cui i
mutui ipotecari, in titoli finanziari negoziabili sul mercato. Per farlo possono vendere
pacchetti creditizi a società veicolo appositamente create, che vendono sul mercato speciali
titoli obbligazionari basati sui crediti acquistati dalle banche, il cui pagamento è però
vincolato al rimborso dei crediti sottostanti. I titoli in questione sono chiamati Asset-backed
securities (Abs)
5
e hanno dato origine al fenomeno della c.d. cartolarizzazione del credito,
grazie alla quale le banche perseguono il duplice obiettivo di alleggerirsi dal rischio del
4 Modello originate to hold (Oth), in cui la banca che eroga il credito lo mantiene nel proprio bilancio fino alla
scadenza fissata. Per questa ragione, per l'istituto bancario è maggiore l'incentivo ad eseguire un'adeguata
selezione del debitore ed un continuo monitoraggio delle sue capacità di adempimento del contratto.
5 A loro volta distinguibili in mortage-backed securities se il pacchetto comprende mutui ipotecari, e in
collateralized debt obligations quando sono compresi crediti di vario tipo, che vanno dai mutui ipotecari alle
obbligazioni societarie, et alia.
5
credito ed ottenere liquidità, tramite, appunto la cessione dei crediti. Queste pratiche non sono
negative per definizione, ma diventano molto pericolose nel momento in cui le banche non si
impegnano più nel controllo della qualità dei propri clienti. Questo aspetto della
cartolarizzazione sta alla base di quella che è stata definita da molti la catastrofe dell'industria
statunitense dei mutui subprime; quei mutui, cioè, concessi a prenditori di scarsa qualità e
che, con lo scoppio della bolla immobiliare, ha provocato un'impennata del tasso di
insolvenza dei mutuatari che ha costretto molte agenzie di credito al fallimento o alla
bancarotta. Inoltre, con il modello Otd sono stati creati una serie di strumenti creditizi
derivati 6
che hanno la caratteristica di essere negoziati in modalità over-the-counter (Otc),
ossia in mercati non regolamentati gestiti direttamente e liberamente dagli intermediari e dai
gruppi di intermediari. La forte espansione del sistema creditizio Otc è stata tale che
l'economista e amministratore delegato di PIMCO (Pacific Investment Management
Company), Paul McCulley (2007) ha coniato l'ormai diffusa espressione shadow banking
system , sistema bancario ombra. Un rapporto della Fed (2010, p.65) ha stimato che le
dimensioni del sistema bancario ombra abbiano toccato i 20 trilioni di dollari, contro i circa
13 trilioni del sistema bancario tradizionale. Le società operanti in questo sistema hanno
approfittato della scarsa regolamentazione, operando con un'alta leva finanziaria e quindi con
un elevato rischio di liquidità, per la quale sono state costrette a chiedere sostegno al sistema
bancario ufficiale una volta scoppiata la bolla immobiliare. L'opacità di questo sistema, che
poi ha condotto alla crisi, è dovuta anche al comportamento delle agenzie di rating che, per
negligenza e per marcate ragioni di conflitto di interesse
7
, hanno alimentato gravi asimmetrie
informative nocive per gli utenti del mercato obbligazionario. Negli Stati Uniti tutto ciò è
stato agevolato dalla presenza/assenza di sistemi di regolamentazione e vigilanza molto blandi
e frammentati, basati molto spesso su sistemi di controllo interni affidati ad organizzazioni
non governative dette self-regulatory organizations .
1.3 – I tempi e i modi di propagazione della crisi Nel primo e nel secondo paragrafo sono stati esaminati i principali fattori che hanno agevolato
e condotto allo scoppio della crisi. Per completare questa necessaria introduzione è utile dare
6 Fra i quali i più diffusi sono i Credit default swaps (Cds) e consistono in un accordo tra un acquirente ed un
venditore, con cui il primo paga un premio periodico a fronte di un pagamento del secondo in occasione di un
evento relativo ad un credito cui il contratto è riferito.
7 Il conflitto d'interesse è individuabile nel contemporaneo ruolo di consulenza sulle caratteristiche necessarie
che gli strumenti di debito dovevano avere per ottenere un dato rating e l'attribuzione del rating stesso ai
titoli.
6
una dimensione temporale agli avvenimenti più importanti e ai meccanismi di propagazione
che hanno scandito i primi tre anni di crisi, quelli dal 2007 al 2009. Questi sono gli anni in cui
l'economia mondiale ha affrontato una delle peggiori recessioni della sua storia, dalla quale, a
partire da metà 2009, ha cominciato lentamente e non uniformemente a riprendersi.
Nella 79° Relazione annuale la Banca dei Regolamenti Internazionali 8
adotta una pratica e
dettagliata suddivisione della crisi in cinque fasi (BRI, 2009. pp. 20-41). In questo paragrafo
ne riprenderò gli elementi salienti, esplicitando quali sono stati i principali canali di
trasmissione della crisi in ciascuno dei periodi evidenziati.
La prima fase – da giugno 2007 a metà marzo 2008 – ha come protagonista un generale
aumento dello stress finanziario nel sistema statunitense dovuto ai timori per le perdite sui
prestiti ipotecari subprime , dai quali parte il contagio degli altri comparti del settore
finanziario. In particolare, fra giugno e agosto 2007, ingenti perdite interessano il mercato
interbancario negli USA scatenando le prime crisi di liquidità, che toccano il loro momento
più critico nella prima metà del marzo 2008 in occasione dell'acquisizione di Bearn Stearns 9
da parte della banca di investimento pubblica JP Morgan Chase, sostenuta in questa
operazione dalla Fed. Questo non è che l'evento più eclatante in questa fase; nel mercato
statunitense si assiste infatti ad una generale erosione del patrimonio bancario e a forti
esposizioni creditizie che generano alta volatilità e alti differenziali sui CDS, riflettendo una
crescente incertezza degli investitori sulle prospettive economiche americane. Ingenuamente –
ma a posteriori è indubbiamente più facile esprimersi – si credeva che l'economia americana
sarebbe stata l'unica a risentire di questa crisi finanziaria, poiché la crescita dei paesi
emergenti rimaneva forte ed i mercati azionari e monetari non sembravano entrare in un ciclo
negativo.
Durante la seconda fase – da metà marzo 2008 a settembre 2008 – gli Stati Uniti continuano
ad essere il focolaio e il campo d'azione della crisi. In questo periodo però, in virtù del forte
8 Fondata nel 1930 nell'ambito dell'attuazione del Piano Dawes per le riparazioni economiche imposte alla
Germania sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, è un'organizzazione internazionale (benché sia strutturata
come una S.p.A.) e può essere considerata la prima organizzazione finanziaria internazionale. Lo scopo
principale dell'organizzazione è promuovere la cooperazione fra le banche centrali (al momento ne fanno
parte 55, tra cui la BCE). La BRI, infatti, oltre a rappresentare un accreditato polo internazionale di ricerca in
ambito economico, finanziario e monetario, fornisce specifici servizi finanziari e, in virtù dell' art.3 del suo
statuto, opera come agente o mandataria nei pagamenti internazionali che le vengono affidati.
9 A fine 2007 Bearn Stearns era la quinta banca d'investimento negli Stati Uniti. Il salvataggio si è reso
inevitabile quando il 14 marzo 2008 la banca ha perso il 47% del proprio capitale sul mercato azionario,
scatenando una sorta di corsa agli sportelli dei clienti che ne ha indebolito ulteriormente il capitale. In seguito
a quattro giorni di febbrili contrattazioni, la società finanziaria leader mondiale JPMorgan Chase ne ha
annunciato l'acquisto ad un prezzo di 2$ ad azione, per un esiguo valore complessivo di 236 milioni di dollari
(Quinn, 2008)
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