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INTRODUZIONE
Le informazioni sull’ umidità dei suoli sono di fondamentale importanza per numerosi studi
ingegneristici ,data la stretta correlazione tra le proprietà meccaniche dei terreni con il loro
contenuto d’acqua, ed agronomici. Nell’ingegneria idraulica e geotecnica il monitoraggio e la
misura diretta del contenuto d’acqua, insieme con altri fattori condizionanti la stabilità dei
pendii ( quali la suzione, le piogge, la temperatura, la velocità del vento e la radiazione
solare), costituiscono una fase indispensabile per la comprensione e prevenzione dei
fenomeni di innesco di colate di fango e forniscono dunque un utile contributo di
conoscenze nelle varie fasi di gestione di un pendio. Infatti, secondo l’esperienza finora
maturata, l’innesco delle colate di fango è molto rapido e l’evoluzione degli spostamenti
precedenti la rottura si sviluppa in un intervallo di tempo troppo breve per trarne
informazioni utili ai fini di protezione civile; ciò detto, non appaiono di particolare rilievo le
misure di spostamenti superficiali e profondi quanto invece sono determinanti le misure
riguardanti la temperatura e l’umidità dei suoli. Il contenuto d’acqua delle coltri piroclastiche
su pendio, è soggetto a continue variazioni di tipo stagionale in dipendenza dei fattori
climatici. Dal piano campagna, le perturbazioni prodotte dai fattori climatici si propagano nel
sottosuolo con velocità regolata dalle proprietà idrauliche dei terreni. In punti particolari
ubicati in profondità, possono verificarsi risposte relativamente rapide anche in relazione a
precipitazioni molto brevi, a causa di condizioni singolari dovute a collegamenti idraulici
preferenziali con il piano campagna per la presenza di fratture aperte, di scavi, di livelli
continui di terreno molto permeabile. I meccanismi di infiltrazione dipendono quindi da più
fattori, quali la struttura del sottosuolo, le condizioni al contorno e le caratteristiche di
conducibilità idraulica dei terreni che lo costituiscono. Le variazioni di suzione ( e quindi le
variazioni della coesione apparente) sono pertanto una conseguenza dei processi
d’infiltrazione, che producono una progressiva modifica del contenuto d’acqua e del grado di
saturazione. Il collasso del versante si verifica per valori critici della suzione, dipendenti dalla
sua morfologia e dalle proprietà dei terreni. Per morfologie dolci e resistenza al taglio
elevata, esso può verificarsi solo a seguito della completa saturazione dei terreni e della
eventuale formazione di un battente idrico.
Per l’uso delle risorse idriche da impiegare nelle pianure irrigue, il monitoraggio dell’umidità
dei terreni è il punto di partenza per una oculata gestione della risorsa, spesso insufficiente
per gli usi irrigui e comunque sempre in concorrenza con gli usi civili ed industriali. Un
attento management comporta da un lato una limitazione degli sprechi e dall’ altro un’
ottimizzazione nell’uso dell’ acqua, coerentemente con le stime dei fabbisogni delle
piantagioni nei diversi stadi fisiologici, onde evitare l’insorgenza di fenomeni di stress idrico.
Anche in ingegneria stradale è utile la conoscenza del contenuto di umidità dei suoli per gli
aspetti legati alla suscettibilità del comportamento meccanico dei materiali da costruzione
all’ acqua e per le analisi di costipabilità dei materiali sciolti, per le quali è indispensabile la
conoscenza del valore di umidità all’ “ottimo Proctor” di provini di terreno estratti in situ.
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La presente tesi si colloca all’interno del più vasto progetto denominato FARO
(Finanziamenti per l’Avvio di Ricerche Originali): nato per volontà dei docenti del
Dipartimento di Ingegneria Idraulica Geotecnica ed Ambientale (DIGA) e del dipartimento di
Informatica dell’Università Federico II, essa rappresenta uno studio sperimentale che valuta
l’ingresso nel mondo dell’idraulica delle acque sotterranee di una nuova applicazione
ingegneristica , nello spirito di pervenire a semplificazioni tecnologiche ed a potenziali
migliorie operative.
In particolare, l’aspetto trattato nel presente lavoro sperimentale è quello dell’ applicazione
della tecnica della riflettometria per la ricerca del contenuto d’acqua nei suoli. Partendo
quindi dalle conoscenze già maturate in letteratura tecnica, nell’ ambito della ricerca
sperimentale, ed attesi i limiti applicativi dell’utilizzo tradizionale dello strumento per il
calcolo del contenuto d’acqua, si è cercato di pervenire ad una nuova possibile applicazione
della ben nota tecnologia, che potesse fornire alternative funzionali ai predetti limiti.
Il limite sostanziale della tecnologia TDR (Riflettometria nel Dominio Temporale), come ben
noto, consta nella esiguità del volume di terreno che le sonde sono in grado di analizzare. Il
contenuto d’acqua stimato infatti, è sempre solo quello relativo ad una porzione di terreno
notevolmente ristretta e contenuta all’interno della linea di trasmissione rappresentata dalle
aste della sonda, di qualunque tipologia e numero si tratti. La variabilità spaziale del mezzo ,
comporta la necessità di valutare medie spaziali e, in alcuni casi, statistiche di ordine
superiore. L’aumento del numero di sonde necessarie per tali valutazioni, oltre a tradursi in
ovvi aggravi economici, non può mai essere tale da ricoprire efficacemente l’intero sito di
monitoraggio. Al problema su esposto si aggiunge quello relativo alla esigua profondità di
ispezione delle sonde: esse, di lunghezza massima di circa 20 cm e installate verticalmente
verso il basso dal piano campagna , possono fornire informazioni solo relativamente alla
porzione più superficiale del suolo , il cui contenuto d’acqua è molto sensibile sia ai
fenomeni di evapotraspirazione che di precipitazione meteorica anche di scarsa durata ed
intensità. I dati relativi al solo contenuto d’acqua superficiale possono risultare insufficienti
per tutti gli studi che richiedono la misura dell’infiltrazione d’acqua anche a profondità più
elevate, come ad esempio il monitoraggio dell’umidità per fini preventivi all’innesco delle
colate di fango.
Il presente lavoro sperimentale, lungi dalla presunzione e dall’aspettativa di dirimere tutte le
problematiche su esposte, rappresenta uno studio finalizzato al superamento di alcune delle
criticità riscontrate nelle attuali applicazioni, risolvendo in particolare il problema della
puntualità. La soluzione alle problematiche menzionate, è stata individuata nella
sostituzione delle tradizionali sonde con dei cavi conduttori in rame, di lunghezza ben
superiore alle dimensioni delle convenzionali aste TDR e per di più collocati orizzontalmente
alla superficie del piano di campagna alla profondità di interesse. Il valore del contenuto
d’acqua rilevato si presume possa essere rappresentativo di un valore medio dell’intero
volume di terreno attraversato dalla linea di trasmissione dei cavi. Non si escludono in futuro
le casistiche per le quali sarà opportuno combinare la nuova applicazione tecnologica dei
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cavi di rilievo con le tradizionali sonde TDR , per poter disporre del massimo contenuto
informativo, combinando misure di umidità medie su vaste aree di territorio con misure di
umidità puntuali, riferite a specifiche sezioni di interesse.
Nel corso della tesi è stata seguita la messa a punto di un idoneo apparato sperimentale
presso il laboratorio del DIGA e la taratura dei dispositivi di misura, verificandone l’entità
massima degli errori. Sono state svolte alcune serie di prove sperimentali che hanno
consentito di verificare la sensibilità della tecnica di misura alle variazioni del contenuto
d’acqua indotte in una sabbia.
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CAPITOLO 1
Generalità sull’ idraulica delle acque sotterranee
1.1 acquiferi
Le acque sotterranee si trovano in molti tipi di formazioni geologiche, conosciute come
acquiferi . Un acquifero può essere definito come una formazione che contiene sufficiente
materiale permeabile saturo per garantire quantità significative di acqua ai pozzi e alle fonti.
Ciò implica la capacità di immagazzinare e di trasferire acqua. Le sabbie non consolidate e le
ghiaie ne sono tipici esempi. Inoltre è risaputo che un acquifero include una porzione non
satura di unità permeabile. Gli acquiferi sono estesi arealmente e possono presentare
superiormente o inferiormente un letto confinante, che può essere definito come un
materiale relativamente impermeabile, stratigraficamente adiacente ad uno o più acquiferi.
Chiaramente ci sono diversi tipi di letti confinanti ; le seguenti tipologie sono definite in
letteratura:
1) Aquiclude: un materiale saturo ma relativamente impermeabile che non garantisce
apprezzabili quantità di acqua ai pozzi; l’ argilla ne è un esempio.
2) Aquifuge: una formazione relativamente impermeabile che non contiene né
trasmette acqua; i depositi granitici appartengono a questa categoria.
3) Aquitard: uno strato saturo ma scarsamente permeabile che ostacola il movimento
delle acque sotterranee e non garantisce il trasferimento d’acqua ai pozzi, che
potrebbe trasmettere quantitativi apprezzabili d’acqua da o verso acquiferi adiacenti
e, se sufficientemente spesso, può costituire un importante zona di accumulo delle
acque sotterranee; l’ argilla sabbiosa ne è un esempio.
1.2 Porosità
Le porzioni di una roccia o di un terreno non occupate da materiale solido, possono essere
occupate da acqua . Questi spazi sono noti come vuoti, interstizi, pori o spazi porosi. Poiché
gli interstizi fungono da conduttori per l’ acqua, essi sono di fondamentale importanza per
studiare le acque sotterranee. Tipicamente essi sono caratterizzati dalle loro dimensioni,
forma, irregolarità e distribuzione. Gli interstizi originari furono creati da processi geologici
che governarono l’origine delle formazioni geologiche e si trovano in rocce sedimentarie o
ignee. Gli Interstizi secondari si svilupparono dopo la formazione delle rocce; alcuni esempi
sono costituiti dai giunti, fratture e aperture formate da piante o animali. In funzione della
dimensione, gli interstizi possono essere classificati in capillari, supercapillari e subcapillari.
Gli interstizi capillari sono sufficientemente piccoli tali che le tensioni superficiali
tratterranno acqua al loro interno; gli interstizi supercapillari sono quelli di dimensione
maggiore dei capillari; gli interstizi subcapillari sono talmente piccoli che l’acqua è detenuta
principalmente dalle forze adesive. In funzione dell’ interconnessione tra gli interstizi,
possono essere classificati come comunicanti o isolati. La porosità di una roccia o di un
terreno è una misura degli interstizi contenuti o dei vuoti espressi come un rapporto del
volume degli interstizi sul volume totale. Se “n” è la porosità, allora
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tot
solid tot
tot
v
V
V V
V
V
n
Dove V
v
è il volume dei vuoti, V
solid
è il volume del solido e V
tot
è il volume totale .La porosità
può anche essere espressa come
m
d
m
d m
n
1
Dove ρ
m
è la densità delle particelle minerali ( densità dei grani) e ρ
d
è la densità media del
volume totale. Il termine porosità effettiva si riferisce alla quantità di spazi vuoti
interconnessi disponibili per il flusso d’acqua ed è espresso dal rapporto tra il volume degli
interstizi interconnessi ed il volume totale. Per mezzi porosi non consolidati e per molte
rocce consolidate, le due porosità coincidono. La porosità può anche essere espressa in
termini percentuali, moltiplicando le due precedenti espressioni per 100. I termini porosità
principale e secondaria sono associati rispettivamente agli interstizi originari e secondari.
La figura 1.2.1 mostra diversi tipi di interstizi e la loro relazione con la porosità.
In termini di alimentazione dei bacini sotterranei, i depositi sedimentari granulari sono quelli
di maggiore importanza. Le porosità in questi depositi dipendono dalla forma ed
organizzazione delle singole particelle , dalla distribuzione granulometrica , dal grado di
cementazione e compattazione. In formazioni consolidate sono anche importanti
l’eliminazione di sostanze minerali dalle discontinuità ed il grado di fratturazione . I fattori su
descritti determinano la porosità per circa il 50%. I valori di porosità di vari materiali
geologici sono elencati in tabella 1.2.1.
Figura 1.2.1: Esempi di interstizi e relazione
della tessitura delle rocce con la porosità.(a)
Deposito sedimentario non assortito ad alta
porosità.(b) Deposito sedimentario ben
assortito a bassa porosità.(c)Deposito
sedimentario non assortito ,costituito da
ciottoli essi stessi porosi, così che la porosità
globale sia molto elevata.(d) Deposito
sedimentario ben assortito la cui porosità è
ridotta dal deposito di materia minerale negli
interstizi.(e)Roccia resa porosa da
discontinuità. (f) Roccia resa porosa da
fratture.
Equazione 1.2.1
Equazione 1.2.2
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Tabella 1.2.1
1.3 Classifiche del terreno.
I materiali geologici non consolidati, sono normalmente classificati in funzione della
dimensione e distribuzione dei grani. Un sistema comunemente utilizzato basato sulla
dimensione delle particelle , o grani, è elencato in tabella 1.3.1
Tabella 1.3.1
La valutazione della distribuzione delle dimensioni è compiuta con un’ analisi meccanica. La
curva granulometrica è un diagramma sperimentale ottenuto in seguito al passaggio del
materiale campione tramite setacciatura (per frazioni granulometriche grossolane) o
sedimentazione (per frazioni granulometriche fini).
Il risultato dell'analisi è reso più chiaramente visibile attraverso la creazione di grafici in scala
ordinaria o logaritmica. In questi grafici le variabili in ascissa e in ordinata sono:
La percentuale passante ,cioè la percentuale di materiale più fine della maglia del
setaccio, che passa attraverso la sua maglia.
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diametro : è la larghezza della maglia del setaccio in caso di maglia rettangolare, o
diametro in caso di fori circolari.
Un utilizzo di numerosi tipi di setacci consente una analisi granulometrica più approfondita
ma anche più lunga ed onerosa. Per risparmiare tempo, si dispongono i setacci uno sopra
l'altro (con retinatura di diametro via via minore) su di un macchinario ,versando in cima il
campione di terreno da analizzare. La macchina scuote vigorosamente i setacci filtrando i
materiali più grossolani in alto e via via più fini in basso. Va ricordato che i materiali finissimi
come argille e limi, non sono analizzabili tramite setacci, poiché sarebbe troppo costoso
costruire setacci con retinature finissime. In questi casi si usano altre metodologie di
laboratorio.
Dall'analisi della curva granulometrica di un terreno è possibile derivarne il tipo e il grado di
assortimento delle particelle, cioè quanto le particelle che compongono il campione
presentano eterogeneità di dimensioni. La dimensione cosiddetta “effettiva” è il valore
sulla curva di distribuzione granulometrica con passante pari al 10% del peso totale (d10). La
distribuzione delle particelle è caratterizzata dal coefficiente di uniformità Uc, :
Uc=d60/d10
Dove d60 è il diametro del setaccio cui corrisponde un passante pari al 60% del peso totale.
Un materiale uniforme ha un basso valore del coefficiente di uniformità (la “dune sand” in
figura 1.3.1) mentre un materiale con granulometria ben assortita ha un coeff. di uniformità
alto (“alluvium” in figura 1.3.1).
Figura 1.3.1
La struttura di un terreno è definita della proporzione relativa tra sabbia, limo e argilla
presenti nell’analisi granulometrica. Questa può essere espressa dal triangolo della struttura
del terreno in figura 1.3.2. Si noti ad esempio che un terreno composto del 30% di argilla ,
60% limo e 10 % sabbia costituisce un terriccio limo argilloso.
Equazione 1.3.1
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Figura 1.3.2
1.4 Contenuto d’acqua , porosità e REV
Una misura della quantità d’acqua contenuta in un terreno viene fornita attraverso la
definizione di una particolare grandezza fisica ( θ ) detta “contenuto d’acqua volumetrico” o
“umidità” ( in letteratura tecnica inglese chiamata “volumetric water content” o “moisture”
): essa è data dal rapporto tra il volume d’acqua contenuto in un volume noto di terreno ed il
volume totale. In formula:
tot
w
V
V
Dove con V
w
si usa indicare il volume d’acqua contenuto in un campione di volume totale
V
tot
(comprensivo del volume occupato dalla matrice solida, dalla fase liquida e dai vuoti).
Come è semplice constatare, l’umidità è una grandezza che può assumere solo valori
maggiori di 0 ed ha come limite superiore la “porosità” del terreno “n”, espressa dal
rapporto tra il volume dei vuoti contenuti in un volume noto di terreno ed il volume totale;
θ assume il valore “n” quando tutti i vuoi interstiziali sono riempiti dall’acqua di porosità
(condizione satura).
Per la definizione stessa del contenuto d’acqua emerge incontrovertibilmente una
problematica relativa all’esigenza ingegneristica di definire funzioni analitiche, continue e
derivabili, per l’analisi e modellazione analitica di problemi inerenti mezzi porosi, quali sono
i terreni: infatti le proprietà dei mezzi porosi in generale, l’umidità e la porosità nella
fattispecie, non rientrano a rigore tra le grandezze di quel tipo giacché per tali grandezze è
facile riconoscere che il loro limite puntuale vale 0 o 1, a seconda se il punto ricada
all’interno di un poro o all’interno della matrice solida. Per ovviare a questo problema si è
soliti operare una media mobile su un volume centrato in ciascun punto del terreno, in
modo da riferire al punto il valore che la grandezza assume nel volume su cui si è operata la
media. Tale volume è detto Volume Elementare di Riferimento (REV ,Reference Elementary
Volume). La sua dimensione convenzionale si assume essere quella minima per mediare la
Equazione 1.4.1
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variabilità di piccola scala in modo da rendere definite le grandezze che intervengono nella
modellazione analitica del comportamento idraulico del mezzo poroso. E’ osservabile che al
crescere della dimensione del REV, tali grandezze raggiungono rapidamente un valore
stabile; ulteriori incrementi della dimensione del REV portano poi a nuove più significanti
variazioni, dal momento che cominciano ad intervenire le variabilità proprie dei mezzi
naturali.
Possiamo ad esempio definire la porosità in un campo spaziale come una funzione n(x,y), in
ciascun punto (x,y) usando una media spaziale su di un volume rappresentativo di
riferimento (REV). Si consideri un mezzo poroso con un volume di mediazione V*, centrato
nel punto (x
~
;
y
~
)
. Il valore puntuale della porosità (porosità volumetrica) è associata ad un
volume di mediazione centrato in quel punto , espresso come:
y d x d y x X
V
y x n
x V
~ ~
)
~
;
~
(
*
1
)
~
;
~
(
) ( *
Dove :
)
~
;
~
( y x X è una funzione che vale 0 se il punto )
~
;
~
( y x è posizionato nello spazio solido, 1 se
ricade in quello vuoto. Il valore di porosità stimato è funzione della dimensione di V*: se V*
è troppo piccolo, il valore medio non è ben definito e il limite tende a 0 o a 1 .Esiste un
intervallo di volumi che circondano il punto )
~
;
~
( y x per i quali la media è ben definita, mentre
se il volume di mediazione è troppo grande, allora potrebbero essere inclusi nella media i
terreni con differenti tessiture, causando una deviazione dalla media. Un discorso del tutto
analogo vale anche per l’umidità.
1.5 Superficie specifica
La proprietà di ritenzione dell’acqua da parte di un terreno o di una roccia è profondamente
influenzata dalla sua area superficiale .Questa area dipende dalla forma e dimensione delle
particelle e dal tipo di materiali argillosi presenti. Il termine superficie specifica si riferisce
all’area per unità di peso del materiale , di solito espressa in m
2
/g. I metodi relativi alla
misura della superficie specifica sono basati sulla ritenzione di molecole organiche polari
come il glicole etilenico. In formazioni non consolidate, le particelle argillose contribuiscono
al quantitativo più grande di area superficiale . Un’illustrazione dell’importanza della
dimensione delle particelle per la superficie specifica è mostrata in tabella 1.5.1.
Considerando solo sfere uniformi, si nota che quando un determinato volume è trasformato
in 100 piccole sfere che totalizzano lo stesso volume, la superficie specifica aumenta di 100
volte.
Equazione 1.4.2