INTRODUZIONE
Negli ultimi anni si ` e osservato a livello internazionale, e pi` u recentemente in Italia,
un numero crescente di insolvenze relative ad obbligazioni emesse da societ` a private.
Nello stesso periodo alcuni bond emessi da Paesi emergenti non sono stati rimborsati
(si pensi, ad esempio, al caso dei bond argentini). A seguito di tali default, viene
sempre pi` u avvertita come cruciale una corretta analisi del rischio di credito (e delle
sue componenti) insito in alcune attivit` a finanziarie, al fine della determinazione dei
prezzi equi e dei rendimenti di tali attivit` a.
Tuttavia il rischio di credito rappresenta uno dei rischi di mercato di pi` u difficile
definizione e quantificazione: quando viene concesso un prestito ad un’impresa esiste
sempreunapi` uomenoremotapossibilit` achequest’ultima, almomentodelrimborso,
diventiinsolvente. Sipu` oaffermare,inestremasintesi,cheilrischiodicreditoconsiste
nell’incertezza che circonda la capacit` a di un soggetto di far fronte al proprio debito.
Dal momento che risulta impossibile stabilire anticipatamente chi onorer` a le proprie
obbligazioni e chi diverr` a inadempiente, la ricerca si ` e concentrata nel tentativo di
realizzare modelli in grado di fornire ipotesi verosimili sulla probabilit` a d’insolvenza
dei soggetti economici: in letteratura sono stati proposti e sviluppati diversi approcci
alla misurazione del rischio di credito.
In questo lavoro, partendo da una descrizione modellistico-quantitativa si cerca,
innanzi tutto, di analizzare alcuni modelli per la sua misurazione: in modo partico-
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lare si prende in esame il modello asintotico a un singolo fattore (ASRF) che ` e alla
base dell’Accordo di vigilanza prudenziale di Basilea. Purtoppo, ` e diffusamente noto
[23] come tale modello tenda a sottostimare il rischio complessivo di un portafoglio
creditizio. Una particolare forma di rischio di credito chesi rivela essere di particolare
importanza in tale ambito ` e il cosiddetto rischio di concentrazione.
Si distinguono principalmente due diversi tipi di concentrazione:
• name-concentration
• sector-concentration
entrambe causate da un’imperfetta diversificazione del portafoglio, ma nel primo ca-
so l’imperfetta diversificazione riguarda il rischio idiosincratico (specifico a ciascun
prenditore o obligor presente nel portafoglio), nel secondo caso si tratta del rischio
sistematico(riferitoafattoricheinfluenzanocongiuntamentegliobligorsappartenenti
allo stesso settore).
Obiettivo principale del presente lavoro` e quello di studiare alcuni modelli e tecni-
che matematiche per l’analisi quantitativa del rischio legato alla name concentration.
A tale scopo verranno illustrati diversi approcci per valutare la componente del ri-
schio legata alla concentrazione. In particolare una delle tecniche pi` u recentemente
proposte, l’aggiustamento di granularit` a (Gordy, [23], [20], [21]), verr` a illustrata nel
dettaglionell’ambitosiadelmodelloASRFchedelmodellocosiddettosemi-asintotico,
proposto da Emmer-Tasche [17] proprio per la valutazione di tale componente del ri-
schio.
Il lavoro di tesi risulta cos` ı strutturato.
Ilprimocapitoloconstadiduesezioni: laprimariguardaladefinizionedirischiodi
credito e delle sue componenti (perdita attesa e perdita inattesa), la seconda ` e invece
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inerente all’Accordo di Basilea II e ai modelli interni di rating utilizzati dagli istituti
di credito per la quantificazione del requisito patrimoniale previsto dalla normativa.
La prima parte ha come obiettivi:
• introdurrelafunzionedidistribuzioneprobabilisticadelleperditeperinsolvenza
in un portafoglio creditizio;
• descrivere i tre drivers del rischio di credito: probabilit` a di default (PD), loss
given default (LGD) e exposure at default (EAD) per la determinazione della
perdita attesa;
• quantificarelaperditainattesaattraversoilValueatRisk,definitocomequantile
della distribuzione delle perdite a un determinato livello di confidenza α;
• fornire la distinzione tra le due fonti principali di rischio, il rischio idiosincratico
e il rischio sistematico.
La seconda parte si propone, invece, di descrivere l’Accordo internazionale sui requi-
siti patrimoniali delle banche stipulato dal Comitato di Basilea ed entrato in vigore
nelgennaio2007. Sifariferimentoinmanieraspecificaalprimopilastrodell’Accordo,
quello concernente il patrimonio di vigilanza che ciascun istituto di credito ` e tenuto
ad accantonare a copertura del rischio. Si distinguono i due metodi previsti dalla
normativa per il calcolo del rischio di credito: approccio standard e approccio del
rating interno e viene descritto il processo di assegnazione del rating. L’ultima parte
` e dedicata al metodo del rating interno (approccio IRB - Internal Rating Based Ap-
proach)eaicriterichegliistitutidicreditosonotenutiarispettareperpoteradottare
e utilizzare questo tipo di approccio.
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Ilsecondocapitolo` estrutturatoinduesezioni: laprimaparte` ededicataall’analisi
dei modelli per la valutazione del rischio di credito apparsi in questi ultimi anni e
utilizzati principalmente, finora, dagli istituti bancari, distinguendo tra:
• modelli che si basano sul valore di mercato dei crediti (che fanno riferimento
allo schema di Merton);
• modelli macroeconomici (che adottano un modello econometrico per valutare la
probabilit` a di insolvenza);
• modelli attuariali.
VengonosinteticamentedescrittiilmodelloCreditMetricseilmodelloKMVapparte-
nenti alla prima categoria, il modello Credit Portfolio View appartenente alla seconda
e infine Credit Risk
+
appartenente alla terza.
La seconda parte riguarda, in maniera pi` u specifica, il modello Asymptotic Single
Risk Factor (ASRF) che ` e alla base dell’Accordo di Basilea II per il calcolo del pa-
trimonio di vigilanza a copertura della perdita inattesa ed ` e stato sviluppato da O.
Vasicek [41], [39], [40]. Tale modello ` e fondato sulle ipotesi di infinita granularit` a del
portafoglio e esistenza di un unico fattore di rischio sistematico ed ` e definito modello
asintotico poich´ e si basa sul presupposto che il numero dei prestiti nel portafoglio
creditizio tenda a infinito. In questo modo il rischio idiosincratico risulta diversifi-
cato a livello di portafoglio e l’unica componente di rischio che influenza il VaR (e
conseguentemente la perdita inattesa) ` e legata al rischio sistematico, ”governato” da
un unico fattore rappresentivo dell’andamento generale dell’economia. Obiettivi della
sezione sono:
• descrivere come si procede al calcolo del requisito patrimoniale attraverso il
modello;
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• analizzare dettagliatamente e attraverso visualizzazioni grafiche le caratteristi-
che della distribuzione delle perdite (distribuzione di Vasicek) sia nel caso di un
portafoglio finito che di quello asintotico per diversi livelli della probabilit` a di
default e della correlazione dei prestiti al fattore di rischio sistematico.
Il terzo capitolo riguarda la concentrazione del rischio: si parte dalla descrizione
delle diverse forme di concentrazione del rischio creditizio cui una banca pu` o trovarsi
esposta, distinguendo tra il rischio legato alla name-concentration e quello legato alla
sector-concentration.
La prima sezione introduce alcune misure ad hoc di concentrazione: rapporto di
concentrazione, curva di Lorenz, coefficiente di Gini e indice Herfindahl-Hirschman,
descrivendo le loro caratteristiche e ponendo in evidenza loro eventuali punti di debo-
lezza. Nella sezione 3.2 si illustra dettagliatamente l’approccio del granularity adjust-
ment per la quantificazione del rischio di concentrazione nei portafogli creditizi. L’o-
biettivo principale ` e rimuovere l’ipotesi di infinita granularit` a del modello ASRF cer-
cando cos` ı di pervenire a una stima della perdita inattesa in uno schema a granularit` a
finita che tenga conto del rischio di concentrazione.
Il granularity adjustment ` e una metodologia proposta da Gordy [22] e amplia-
ta da Wilde [42], [29] per approssimare analiticamente l’impatto della componente
idiosincratica non diversificata sul VaR di portafoglio; tale metodologia si basa sullo
sviluppo di Taylor del quantile di un portafoglio. La rappresentazione delle derivate
del quantile come valori attesi condizionati permette di ottenere un’approssimazione
del secondo ordine in forma analitica di tale componente. Simulazioni Monte Carlo
del portafoglio creditizio, implementate sul software di calcolo MatLab, permettono
divalutareilcomportamentoditaleaggiustamentosianelcasodiportafogliomogenei
che non omogenei.
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La terza sezione del capitolo ` e dedicata alla presentazione del modello semi-
asintotico proposto da Emmer-Tasche [17] per quantificare il contributo del rischio
di concentrazione. Il modello considera una singola esposizione fissa e tutte le altre
infinitamente piccole. Si procede dapprima alla descrizione della logica sottostante
l’approccio semi-asintotico, e successivamente si determina in modo analitico la di-
stribuzionedelleperditedelcorrispondenteportafoglioasintotico. L’implementazione
delmodelloattraversoMatLabpermettedianalizzaregraficamenteilcomportamento
della distribuzione del modello al variare di alcuni parametri rilevanti: la probabilit` a
di default del prestito addizionale e il peso u, in modo da mettere in luce eventuali
differenze.
Nel quarto e ultimo capitolo i modelli e le tecniche descritte sono state imple-
mentate in MatLab sia per il calcolo del VaR che delle misure di concentrazione.
L’obiettivo della sezione ` e evidenziare l’impatto dell’assenza di granularit` a sulla mi-
sura di rischio al variare del peso di un prestito addizionale aggiunto ad un generico
portafoglio, come assunto nel modello semi-asintotico. Le approssimazioni del VaR al
primo (modello ASRF) ed al secondo ordine (granularity adjustment) mostrano come
lestimeottenutedifferiscanoinmodoanchesignificativodalvaloreasintoticoperpesi
relativi superiori all’8%. Il comportamento di tali approssimazioni ` e inoltre valutato
al variare dei livelli di confidenza α del VaR.
Nell’ultima sezione i metodi per la quantificazione del rischio di concentrazione
vengono implementati per valutarne le principali caratteristiche. Gli indici di concen-
trazione ad hoc ed il granularity adjustment sono calcolati per portafogli omogenei e
non omogenei in funzione del peso di un prestito addizionale in modo da quantificare
l’impatto della concentrazione del portafoglio nel confronto tra le diverse misure.
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Capitolo 1
IL RISCHIO DI CREDITO
Il rischio dicreditorappresentaunodeifattori cruciali nella determinazionedei prezzi
e dei rendimenti delle attivit` a finanziarie: esso ` e certamente uno dei rischi pi` u ana-
lizzati e di difficile quantificazione. In questo primo capitolo si introdurranno alcuni
concetti fondamentali, quali la definizione di rischio di credito e delle sue componenti.
La sezione 1.2 analizza invece i principali sistemi utilizzati dalle banche per quan-
tificare la rischiosit` a delle controparti. Si far` a riferimento alla normativa vigente in
materia, con particolare attenzione a Basilea II, l’accordo internazionale di vigilanza
prudenziale entrato in vigore nel gennaio 2007 e maturato nell’ambito del Comitato
di Basilea
1
, istituito nel 1974 dai governatori delle Banche centrali dei dieci Paesi pi` u
industrializzati (G10
2
).
1.1 Il rischio di credito e le sue componenti
Il rischio di credito ` e definito come ”la possibilit` a che una variazione inattesa del
merito creditizio di una controparte nei confronti della quale esiste un’esposizione
1
Il Comitato non ha capacit` a regolamentare autonoma, le sue conclusioni non hanno alcuna forza
legale, ma i Paesi che vi aderiscono sono implicitamente vincolati agli accordi raggiunti e quelli che
non aderiscono si adeguano a quello che di fatto diventa uno standard regolamentare.
2
I membri attuali del Comitato provengono da Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia,
Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.
8
Cap. 1 IL RISCHIO DI CREDITO §1.1 Il rischio di credito e le sue componenti
generi una corrispondente variazione inattesa del valore di mercato della posizione
creditoria” [35]. Adottando questa definizione, il concetto di rischio di credito si
estende non solo al caso dell’insolvenza del debitore ma anche al deterioramento del
grado di solvibilit` a della controparte.
Una corretta misurazione del rischio di credito ` e molto importante soprattutto
per gli istituti di credito che hanno come principale fonte di creazione di valore il
portafoglio prestiti. Un’eventuale variazione in negativo del grado di solvibilit` a del
debitore implica un aumento del premio richiesto dal mercato per finanziarlo: la
banca associa un appropriato risk premium a ciascuno dei prestiti e li raccoglie in un
contointernochiamato expected loss reservecreandocos` ıuncuscinettodicapitaleper
coprire le perdite derivanti dai prestiti andati in default.
Esaminiamo il rischio di credito nelle sue principali componenti: iniziamo col
definirelavariabileperditaLdiunportafoglio,successivamentepassiamoascomporla
in perdita attesa e perdita inattesa quantificando le due componenti (figura 1.1 [5]).
Frequenza
Perdite potenziali
Perdite attese (EL) Perdite inattese (UL)
Perdite inattese
catastrofiche
Value-at-Risk (VaR)
Figura 1.1: Distribuzione probabilistica delle perdite per insolvenza
Dato un portafoglio costituito da N prestiti la perdita L del portafoglio ` e una
9
Cap. 1 IL RISCHIO DI CREDITO §1.1 Il rischio di credito e le sue componenti
variabile casuale composta dalla somma delle perdite di ciascuno dei prestiti in por-
tafoglio:
L
N
=
N
null
n=1
L
n
.
Ciascun istituto di credito fissa un livello di confidenza, solitamente nell’intervallo
compreso tra il 95%−99% (dopo la crisi del 2008 si tende ad applicare livelli di confi-
denza sempre pi` u elevati, molte banche arrivano ad usare un livello di confidenza del
99,98% soprattutto per dimostrare alle agenzie di rating esterne che il loro livello di
solvibilit` a coincide con quello delle classi pi` u alte), sulla base del quale viene calco-
lato il VaR che costituisce la perdita massima conseguibile nell’intervallo di tempo
considerato.
Perdite superiori al VaR vengono considerate ”catastrofiche” e sono coperte at-
traverso contratti di assicurazione.
Se indichiamo con α il livello di confidenza e con L la variabile casuale ”perdita”,
il VaR rappresenta il quantile della distribuzione, in formule:
VaR
α
(L) = inf{x∈R :P(L>x)≤ 1−α} = inf{x∈R :F
L
(x)≥α}. (1.1.1)
Per esempio, se la variabile perdita L ` e distribuita normalmente cone media null e
varianza σ
2
, il VaR a un livello di confidenza α∈ (0,1) ` e dato da:
VaR
α
(L) =null +σΦ
−1
(q)
dove Φ indica la funzione di distribuzione della normale standard e Φ
−1
il q−esimo
quantile di Φ.
Leperditesidividonoinperditaattesa(ELo expected loss)eperditainattesa(UL
o unexpected loss). La prima ` e calcolata attraverso il valore medio della distribuzione
delle perdite e non rappresenta la vera incognita dell’esposizione creditizia, ma ` e
10