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“ . . ἀ λλ ᾽ ἐ μ ὲ μ ὲ ν ζ ὺ ζ ά ωζ ο ν ἄ γων ἐ π ὶ ν ῆ α μ έ λ α ινα ν,
μ ηπο ῦ δ ᾽ ἔ κ η α μ ᾽ ὀ ϊζ η ό ν, ἀ π ᾽ α ὐ ηο ῦ δ ᾽ α ἷ μα
κ ε λ α ιν ὸ ν
ν ί ζ ᾽ ὕ δ α η ι λ ια π ῷ, ἐ π ὶ δ ᾽ ἤ πια θ ά π μ α κ α π άζζε
ἐ ζ θλ ά, η ά ζε ππ ο η ί θα ζ ιν Ἀ χι λ λ ῆορ δ ε δ ιδ ά χθα ι,
ὃ ν Χε ί π ων ἐ δ ί δ α ξ ε δ ικ α ι ό η α η ο ρ Κε ν η α ύ π ων ..”.
(OMERO- Iliade IX libro;828-832)
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CAPITOLO I
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INTRODUZIONE
Lo scompenso cardiaco è una sindrome che interessa circa diciannove milioni di
pazienti ogni anno nei paesi occidentali e che esprime un costo di gestione annuale
calcolabile in milioni di dollari. La cardiomiopatia ischemica correlata agli esiti di un
infarto miocardico, è la causa più frequente di insufficienza cardiaca. In questa
patologia circa il 90% dei pazienti presenta una perdita di tessuto contrattile che
condiziona un’alterazione della struttura e della funzione cardiaca. Nella maggior
parte dei casi, inoltre, l’effetto di tale alterazione è la trasformazione cicatriziale con
perdita di funzionalità di quantità variabili di muscolo della parete libera del
ventricolo sinistro (VS) e del setto interventricolare (SIV) [1].
I moderni approcci terapeutici hanno ridotto drasticamente la mortalità dell’infarto
miocardico acuto (IMA), modificando il tipo di rimodellamento ventricolare che,
comunque, nella sua espressione terminale, determina insufficienza cardiaca [2]. Una
dimensione del problema è definita dal dato che indica nei sopravvissuti dopo IMA,
una coorte di nuovi pazienti con insufficienza cardiaca sintomatica nell’ordine del
20% nell’arco di 5 anni [3].
Nella fase avanzata dello scompenso il trapianto cardiaco rappresenta il ―gold
standard‖ terapeutico. Tale soluzione, però, rappresenta una terapia limitata da criteri
di indicazione e dalla scarsità di donatori.
Per questo motivo, negli ultimi 20 anni, si sono sviluppate tecniche chirurgiche che,
avendo come obbiettivo il contenimento volumetrico del ventricolo sinistro ed il
ripristino della sua geometria ellissoidale, sono definite dalla letteratura anglosassone
con il termine di ―reshaping‖.
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Negli anni più recenti, inoltre, la ricerca clinica ha focalizzato l’attenzione sulla
relazione tra struttura, geometria e funzione del ventricolo sinistro con l’obbiettivo di
ottenere delle linee guida in grado di integrare la geometria funzionale del VS con la
terapia chirurgica [1].
Nonostante i progressi compiuti nella conoscenza dei meccanismi del
rimodellamento del ventricolo sinistro, la chirurgia di reshaping ha attraversato fasi
alterne, lasciando ancora oggi aperto il dibattito su molti aspetti controversi che
vanno dal timing dell’indicazione alle scelte tecniche più appropriate in rapporto al
quadro fisiopatologico e clinico del singolo paziente.
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ANATOMIA VENTRICOLARE
Il ventricolo sinistro ha uno spessore medio di parete che è circa tre volte quello del
ventricolo destro [fig. 1]: le trabecole carnee sono molto più numerose e dense
all’apice del ventricolo, il terzo basale del setto è invece liscio [fig. 2]. La maggior
parte del SIV è muscolare; normalmente esso protrude nel ventricolo destro in
seguito al fatto che la sezione trasversa del VS è quasi circolare [fig. 3]. La sua
porzione muscolare ha approssimativamente lo stesso spessore della restante parete
del VS e consiste di due strati, uno strato sottile sul versante del ventricolo destro ed
uno strato più spesso sul versante del VS [4].
La geometria del VS è assimilabile a quella di un ellissoide di rivoluzione [4-9] con
l’asse lungo diretto dall’apice alla base con un rapporto asse lungo/asse corto di 2:1
[10] sezioni in asse corto perpendicolari all’asse lungo rivelano una geometria
circolare [fig. 4]. Sezioni meridionali, parallele all’asse lungo, evidenziano una
geometria grossolanamente ellissoidale. Questa semplificazione concettuale non
considera la presenza del ventricolo destro, degli atri, delle valvole, dei muscoli
papillari, trabecole carnee e coronarie. Nell’ellissoide ideale le sezioni in asse corto
sono circolari con spessori parietali uniformi [10]; nella realtà, particolarmente in
telesistole, la superficie endocardica è irregolare in relazione alla superficie
epicardica, compresa l’origine dei muscoli papillari e delle trabecole [11,12,4-6]. Ci
sono importanti variazioni sia nel raggio di curvatura endocardico che nello spessore
parietale: il raggio ( r ) e lo spessore di parete ( h ) sono in relazione, e sono minori
all’apice; dal punto di vista matematico la relazione tra raggio e spessore, r/h, è una
determinante della relazione tra pressione e postcarico [5,13-16].
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Durante la sistole il VS si accorcia, si restringe, si avvita e si ispessisce. Così le
dimensioni all’interno della superficie curva si modificano lungo le tre principali
direzioni: la parete si ispessisce radialmente, l’accorciamento delle fibre avviene
lungo i meridiani dall’apice alla base ed in modo circonferenziale, l’apice compie un
movimento di torsione rispetto alla base [fig. 5].
Dati clinici dimostrano che il ritorno elastico della torsione accumulato durante la
sistole, svolge un ruolo fondamentale nel riempimento diastolico [17].
Struttura ed ultrastruttura del ventricolo sinistro
La parete ventricolare sinistra è composta principalmente da fibre, la rimanenza è
costituita da tessuto connettivo, tessuto adiposo, vene, arterie, nervi e vasi linfatici
[18]. La matrice extracellulare del miocardio rappresenta una struttura complessa ed
estesa, che consiste in una rete intricata di filamenti non contrattili orientati sia in
maniera traversa sia in maniera parallela all’asse lungo delle cellule miocardiche
(miociti) [fig. 6].
Le arterie e le vene coronarie decorrono lungo la superficie epicardica, i vasi
perforanti sono perpendicolari ad essa. I capillari decorrono principalmente paralleli
all’asse longitudinale dei miociti [19]. I vasi che mettono in comunicazione i capillari
ed i vasi epicardici passano attraverso vari strati muscolari e sono soggetti alle forze
di parete (shear stresses) durante il ciclo cardiaco. Lo shear stress causa discontinuità
di flusso e aumento delle resistenze durante la sistole. Le fibre miocardiche sono
costituite da miociti, strutture allungate con un nucleo centrale e ramificazioni
costituite in misura predominante dalle proteine actina e miosina organizzate in
sarcomeri con un pattern strutturale in bande I e bande A [20,21].
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I sarcomeri si uniscono a loro volta alle loro estremità a formare le miofibrille, le
quali decorrono parallele all’asse lungo del miocita [18].
La contrazione viene iniziata dall’ingresso del calcio nel reticolo sarcoplasmatico che
induce l’interazione tra actina e miosina, l’idrolisi dell’ATP e quindi la liberazione
d’energia [22].
Lunghezza del sarcomero durante il ciclo cardiaco
I filamenti di miosina che formano la banda scura A nel centro del sarcomero sono
lunghi 1,5 μm e non si ritiene che si accorcino in maniera consistente durante la
sistole. La massima lunghezza funzionale dei sarcomeri miocardici sottoposti a
stiramento fisiologico è circa 2,25 μm e la minima lunghezza concessa dai filamenti
di miosina è circa 1,5 μm [20-22]. La lunghezza del sarcomero sembra anche
modulare l’attivazione del sistema contrattile, ovvero la sensibilità al Ca
2+
che è,
infatti, massima a 2,2 μm [21].
La funzione cardiaca è quindi basata su un’effettiva capacità di accorciamento di
0,75/2,25 µm che equivale al 33%. In realtà un accorciamento dei sarcomeri tra il
10% ed il 20% è sufficiente per tutte le condizioni di lavoro tranne nelle situazioni
estreme. L’ipotesi dello scivolamento dei filamenti di un muscolo striato suggerisce
che il precarico ottimale per lo sviluppo di forza sia 2,0-2,2 μm, il che è stato
dimostrato sperimentalmente in un muscolo scheletrico isolato di cane.
Nel cuore di cane, in un sarcomero della porzione centrale della parete ventricolare
sinistra, ad una lunghezza di 2,2 μm corrisponde ad una pressione di fissazione di
10mmHg [20]. Inoltre, grazie a tecniche di fissazione microscopica si è evidenziato
come le variazioni di lunghezza dei sarcomeri al variare del volume di riempimento
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sono proporzionalmente meno marcate nel terzo epicardico dello spessore parietale,
intermedi nella porzione centrale e notevolmente più accentuate nella superficie
endocardica. Con la contrazione attiva la lunghezza del sarcomero è correlata in
misura lineare alle variazioni nel diametro del VS. La lunghezza media di un
sarcomero della porzione centrale del VS durante la sistole risulta uguale a 1,81 μm e
a 2,07 μm durante la diastole. Questi dati portano a dedurre che un accorciamento del
13% in un sarcomero della porzione centrale della parete ventricolare sinistra è
sufficiente per la funzione del VS la cui frazione d’eiezione (FE) sia > 50% ed
aumenti sistolici di spessore parietale dal 30 % al 49% [23]. Durante la sistole, la FE
ventricolare sinistra e l’incremento nello spessore parietale (30-50%) superano di
gran lunga resistenze circonferenziali e l’accorciamento del sarcomero (10-20%);
tale meccanismo può essere spiegato ipotizzando un modello geometrico composto
da due sfere concentriche, una per l’endocardio e l’altra per l’epicardio.
In una bolla di sapone, una diminuzione di volume del 50% richiede una riduzione
del 21% in raggio e circonferenza. I cambiamenti di spessore di parete, in questo
caso, sono ovviamente trascurabili. Al contrario in una sfera con notevole spessore
parietale, invece, ciò ha un’importanza non trascurabile; quando il volume della
parete è una porzione significante del volume totale (parete + camera), la massa
parietale diventa una percentuale sempre maggiore della massa totale al diminuire
del volume della camera. In altre parole, al diminuire del volume della camera, l’area
sulla quale è distribuito il volume della parete diminuisce; il che richiede notevole
aumento dello spessore di parete [5,7-9,24,25].
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La valvola mitrale ed i muscoli papillari
La valvola mitrale ha sei componenti anatomici: i lembi, le corde tendinee, l’anulus, i
muscoli papillari, il VS e l’atrio sinistro [fig. 7]. La funzione della valvola prevede
l’interazione tra tutti e sei i componenti. I lembi sono sottili membrane giallastre e
lucide, grossolanamente trapezoidali con fini bordi irregolari. La superficie atriale
dei lembi o cuspidi è piuttosto liscia, fuorché in prossimità del bordo libero, e non
ben demarcata dalla parete atriale. La superficie ventricolare è molto irregolare per
l’inserzione delle corde tendinee ed è separata dalla parete ventricolare da uno spazio
ristretto. I margini stessi dei lembi sono sottili ed hanno un aspetto a ―dente di sega‖
dovuto all’inserzione delle corde tendinee [26]. Queste ultime possono essere
suddivise in tre gruppi; i primi due gruppi originano da o in prossimità degli apici dei
muscoli papillari; essi formano alcune corde tendinee robuste che si suddividono in
bande più sottili man mano che si avvicinano ai bordi valvolari [26].
Le corde di I ordine si inseriscono ai bordi stessi della valvola con numerose fibre
molto sottili. La loro funzione sembra essere quella di prevenire semplicemente che i
bordi delle cuspidi si invertano.
Le corde di II ordine si inseriscono sulla superficie ventricolare delle cuspidi, sono
più robuste e meno numerose ed hanno la principale funzione di sostegno della
valvola.
Le corde di III ordine originano dalla parete ventricolare e sono molto più vicine
all’origine delle cuspidi.
Talvolta le corde tendinee dei primi due ordini possono essere completamente
muscolari di modo che il muscolo papillare sembra inserirsi direttamente nella
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cuspide. Ciò non deve sorprendere dato che i muscoli papillari, le corde tendinee e la
maggior parte delle cuspidi derivano dalle trabecole ventricolari embrionali, strutture
completamente muscolari [26].
I muscoli papillari antero-laterale e postero-mediale sostengono le corde tendinee ad
entrambi i lembi ed originano a livello della giunzione tra l’apice ed il terzo medio
della parete ventricolare. Il papillare antero-laterale riceve irrorazione sia dall’arteria
interventricolare anteriore (IVA), sia dal ramo diagonale, oppure dal ramo marginale
della coronaria circonflessa [27-29]. Il papillare postero-mediale, invece, riceve
sangue dall’arteria circonflessa o da un ramo distale della coronaria destra; questa
distribuzione anatomica differente è alla base della maggior frequenza degli infarti a
livello di tale muscolo. La parete ventricolare posteriore ed i muscoli papillari
giocano un ruolo importante nella coaptazione valvolare. I muscoli sono allineati
parallelamente alla parete ventricolare e si attaccano tramite le corde ai lembi
valvolari; lo sviluppo di dilatazione ventricolare può contrastare l’allineamento e la
tensione a livello dei muscoli papillari riflettendosi sulla continenza valvolare.
L’anulus mitralico ha una forma più tondeggiante in diastole ed una forma ellittica in
sistole, con una diminuzione dell’orifizio mitralico del 26% e della circonferenza
mitralica del 13% [30]. E’ ormai risaputo che i muscoli papillari e le corde tendinee
contribuiscono sia alle modificazioni nella forma del VS durante la fase di
contrazione isovolumetrica, sia alla generazione di forze nella sistole.
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L’ARCHITETTURA DELLA MASSA VENTRICOLARE E LE SUE
IMPLICAZIONI FUNZIONALI: DUE TEORIE A CONFRONTO
Nel 1543 l’anatomista padovano Andrea Vesalio [31] è stato tra i primi a tentare di
descrivere nei particolari la conformazione ventricolare cardiaca: nei disegni tratti
dal ―De humanis corporis fabrica‖ mostra sezioni trasversali del cuore organizzate in
quella che secondo lui appare come una struttura laminare.
Duecento anni più tardi, nel 1753, Heister riprende l’argomento [32] e nel suo
trattato mette in risalto l’andamento ―incrociato‖ delle fibre, mentre qualche anno più
tardi l’edizione dell’Encyclopedie del 1778 [33] riporta le descrizioni anatomiche
dopo dissezione che rivelano una conformazione a doppio strato di fibre spiraliformi
che si intrecciano l’una con l’altra.
I successivi due secoli hanno visto gli anatomisti dibattere su quale fosse la reale
struttura ―tridimensionale‖ ventricolare introducendo di volta in volta differenti
concetti e lasciando la discussione incompiuta.
A metà degli anni novanta, dietro la spinta data dagli interventi eseguiti da Batista,
viene nuovamente riacceso il dibattito stavolta in chiave prettamente chirurgica,
finalizzata cioè ad ottenere una comprensione più approfondita dell’architettura
miocardica in funzione degli interventi di riparazione ventricolare.
Si sono pertanto sviluppate nel corso degli anni due distinte correnti di pensiero, la
prima sostenuta da Robert H. Anderson e Paul P. Lunkheimer che porta avanti la
teoria consolidata da anni secondo la quale la struttura miocardica altro non è che un
sincizio muscolare modificato, composto da un numero indefinito di unità disposte a
forma di cuneo, la seconda, più recente, fondata sugli studi e sugli esperimenti di