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PRIMO CAPITOLO:
L’ERA DEI VIAGGI DI SCOPERTA IN ORIENTE: I PORTOGHESI IN GIAPPONE.
1.1 I primi contatti del Portogallo con l’Oriente
I portoghesi furono i primi esploratori e pionieri dell’epoca delle scoperte; ottennero i
primi successi dal commercio di oro e schiavi con la vicina Africa Occidentale,
proseguendo poi la colonizzazione delle coste africane fino ad arrivare all’Oceano
Indiano.
I primi viaggi furono intrapresi da navigatori non preparati all’incontro con tali
diversità geografiche e culturali, a causa della scarsezza o quasi totale assenza di
informazioni su queste terre semi-sconosciute. Il mondo orientale era già stato visitato e
attraversato da mercanti e missionari per via terrestre, che produssero alcuni testi
informativi a riguardo, ma che purtroppo ebbero un circolazione limitata.
Personaggi storici da ricordare in tale ambito sono i portoghesi Bartolomeo Diaz, che
doppiò il Capo di Buona Speranza nel 1488, e l’esploratore Vasco da Gama,
protagonista del viaggio inaugurale che stabilì nel 1497 la prima connessione
marittima diretta tra Lisbona e il litorale occidentale dell’India, con il superamento del
Capo di Buona Speranza.
Con la scoperta del cammino marittimo verso l’India, quindi, i portoghesi dettero inizio
ad un intercambio profondo e duraturo con l’Oriente, divenendo una presenza costante
nel litorale asiatico, a livello sia economico che militare. Pertanto, l’interesse
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economico si tradusse in elemento prioritario e punto di partenza di questa nuova fase
storica.
Il forte richiamo dell’Estremo Oriente derivava dai prodotti di lusso e da quelli esotici,
come il pepe, la cannella, la noce moscata, la seta, le porcellane e le pietre preziose.
Da parte di Afonso de Albuquerque¹ si avviò la costruzione dell’impero coloniale
portoghese nell’Oceano Indiano con base a Goa nel 1510.
Il cosiddetto Estado da Índia² occupava la parte occidentale dell’Oceano Indiano, più
precisamente la zona dal Golfo del Bengala al Mar del Sud della Cina. Nel 1511, anno
seguente la formazione dell’ Estado, l’esploratore portoghese conquistò Malacca e nel
1513 si concretizzò la prima visita portoghese in Cina; stato con il quale stringerà forti
legami economici. D’allora, si moltiplicarono le spedizioni mercantili verso la Cina,
per l’esportazione di prodotti quali incenso e pepe, e verso l’ Estado da Índia e il
Portogallo, per l’importazione di porcellane, seta e muschio.
Nello stesso periodo, si ebbe una produzione enorme di testi geografici e etnografici,
riguardanti l’Oriente, con l’intento di approfondire la conoscenza sul mondo
recentemente scoperto e di dare risposta alle numerose curiosità che si erano
moltiplicate in Europa tra la gente comune. Per questo, la Corona Lusitana incentivò la
regolare raccolta di informazioni sull’Oriente.
¹ Esploratore portoghese (1453-1515). Nel 1503 fu mandato in India, eresse la fortezza in Cochim e
stabilì relazioni commerciali con Kollam. Ritornò in Portogallo nel 1504 e presentò al Re Manuel I la sua
visione di un impero in Oriente, basato sulla conquista di posizioni strategiche nell’Oceano Indiano. Il
piano fu accettato, ritornando in India nel 1506 come capitano del Mar di Arabia. Conquistò l’Oman e
sottomesse Hormuz (1507). Fu nominato dal Re Manuel governatore di India nel 1508, divenendone
vice-re poco dopo in sostituzione di Francisco de Almeida.
² Territori costieri dell’Oceano Indiano, sotto il controllo dell’amministrazione portoghese. Dal XVI
secolo alla metà del XX secolo l’ Estado fu governato da 109 vice-re e da 128 governatori, tra cui
Francisco de Almeida e Afonso Albuquerque.
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Intorno al 1515, i portoghesi avevano già creato una raccolta di testi descrittivi, come
O Livro das Coisas Do Oriente di Duarte Barbosa (1516), centrato in particolare
sull’India e Suma Oriental di Tomés Pires (1516) , sulle regioni a est di Malacca.
Tornando alla questione cinese, in seguito al potenziamento e alla centralizzazione
dell’impero celeste, i contatti iniziali favorevoli e incoraggianti terminarono con
l’espulsione dei portoghesi, a partire dal 1522. La crisi economica del 1530, che colpì
le province meridionali cinesi, fu motivo della ripresa degli scambi commerciali tra
Portogallo e Cina. Da allora, il mare della Cina fu regolarmente attraversato da navi
portoghesi.
1.2 L’arrivo dei Portoghesi nella Terra del Sol Levante.
Tra il 1542 e 1543 la rotta di un’imbarcazione portoghese, dirigendosi verso il litorale
cinese, fu deviata da un tifone, e dopo aver vagato per due settimane senza meta,
approdò all’isola di Tanegashima, situata all’estremità meridionale di questo esteso
arcipelago, ancora sconosciuto ai portoghesi.
Secondo il cronista Antonio Galvão³, autore del Tratado dos Descobrimentos
pubblicato a Lisbona nel 1563, il viaggio ebbe luogo nel 1542 e a bordo della nave
erano presenti gli avventurieri portoghesi Antonio da Mota, Francisco Zeimoto e
³ Amministratore coloniale portoghese delle isole delle Molucche (1490-1557), si imbarcò per l’India
nel 1527; divenne anche governatore del Forte de São João Baptista de Ternat. Nel 1540 tornò in
Portogallo. Visse gli ultimi anni della sua vita in povertà estrema, lasciando due manoscritti, uno dei
quali, il Tratado dos Descobrimentos al suo amico Francisco de Sousa Tavares.
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Antonio Peixota⁴ . Nell’altra versione descritta da Fernando Mendes Pinto, nell’opera
Peregrinação, vengono citati come primi avventurieri arrivati in Giappone l’autore
stesso e i due compagni Diogo Zeimoito e Cristovão Borralho, senza l’indicazione di
una data precisa.
Nonostante l’opera di Fernando Mendes Pinto contenesse notizie storiche comprovate,
si afferma oggi che l’avventuriero raggiunse l’arcipelago solo tra il 1544 e il 1545. O
Tratado de Descobrimentos è considerato l’opera contenente un’identificazione più
esatta dei protagonisti di tale evento, anche se sussistono dubbi sull’esatta datazione
della prima visita portoghese a Tanegashima. Allo stesso tempo una fonte giapponese
più tardiva, O Livro das Espingardas di Dairyji Bunshi, composto all’inizio del secolo
XVII, indica come data di arrivo dei primi Nanbanjin⁵, il giorno 23 Settembre 1543.
Osservando una cartina dell’Estremo Oriente, si può notare che la distanza che separa il
litorale cinese da Kyushu, una delle isole più meridionali dell’arcipelago, è
relativamente breve. Nonostante ciò, in un primo momento il Giappone rimase ai
margini degli interessi portoghesi perché considerato una meta di poco richiamo. Il
lungo viaggio e la sicurezza delle abitudini acquisite durante la rotta per la Cina
convinsero i portoghesi a frequentare i porti già noti del litorale cinese, non osando
affrontare rotte poco conosciute. Per questo anche il rapporto tra Cina e Giappone
attraversò una fase particolarmente tesa, poiché il litorale sinico era soggetto a attacchi
da parte di gruppi di pirati giapponesi, provocando un clima di instabilità profonda,
⁴ Navigatori portoghesi del XVI secolo, i tre erano imbarcati sulla nave capitanata da Diogo de
Freitas. Francisco è considerato uno dei primi portoghesi a visitare il Giappone anche da Diogo de
Couto.
⁵ Letteralmente, significa barbari del sud, termine per designare gli europei colonizzatori dell’Europa
meridionale, secondo la lingua giapponese.
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poco propizio allo sviluppo di progetti di intercambio pacifico. Inoltre, le scarse
informazioni dei portoghesi riguardanti la terra nipponica non contribuirono
inizialmente al richiamo verso l’arcipelago giapponese; infine l’ organizzazione politica
dello stesso paese offriva un’immagine di instabilità ai portoghesi, in quanto paese
frammentato in una decina di piccoli feudi semi-indipendenti sotto il controllo de
daimios⁶, che cambiavano continuamente alleanze, a causa del periodo di disordine e
guerra, a cui era soggetto da secoli.
Dal 1542, con la scoperta di ricche fonti di argento, il disinteresse iniziale si trasformò
in entusiasmo.
In principio, gli affari erano irregolari e senza intervento della Corona Lusitana, ma
principalmente sostenuti da privati . Notando la facilità di questi scambi e l’interesse
da parte dei mercanti giapponesi verso prodotti rari, come il fucile a loro sconosciuto,
la Corona Portoghese cominciò a finanziare e autorizzare viaggi verso il Giappone.
Successivamente, questa rotta venne istituzionalizzata e dalla metà del XVI, una
grande nave portoghese sotto patrocinio regio, eseguì annualmente il viaggio tra India e
porti giapponesi . Inoltre nel 1550, l’ Estado da India, consapevole della grande
importanza di tali relazioni, decretò il monopolio sul commercio sino-nipponico,
divenendo l’intermediario tra i due stati asiatici nello scambio tra l’argento giapponese
e la seta cinese.
⁶ Dal giapponese daimyȏ, (letteralmente grande nome), parola che designa i potenti signori feudali,
che a partire dalla metà del XIV, governavano la maggior parte del paese.
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1.3 L’instabilità politica del Giappone.
Il Giappone, alla metà del secolo XVI, era un paese devastato dalla guerra civile, senza
un potere centrale, capace di porre fine alla crisi. Questa fase, definita dalla storiografia
contemporanea giapponese Sengoku Jidai ⁷, ebbe inizio nella seconda metà del secolo
XV con la guerra Ōnin (1467-1477), e terminò alla fine del secolo XVI, con
l’unificazione del Giappone, per opera dei tre guerrieri Oda Nobunaga (1534-1582),
Toyotomi Hídeyoshi (1537-1598) e Tokugawa Ieyasu (1543-1616).
Con l’arrivo dei Nanbanjin, le autorità tradizionali giapponesi, ovvero le istituzioni
imperiali e militari, rappresentate rispettivamente dalla figura dell’imperatore e dello
Xogum ⁸ - capo militare supremo dell’impero-, furono soggette ad un processo di
disaggregazione e deflazione dei loro poteri.
Se l’incapacità politica dell’imperatore era una problematica presente da secoli, la
disaggregazione del potere dello Xogum si aggravò con la guerra Ōnin. Oltre che
provocare la fine dell’autorità effettiva dello Xogunato Ashikaga (1336-1573), che era
al potere in quel tempo, la guerra accelerò il processo di autonomizzazione delle
provincie del Giappone. L’assenza di un potere centrale estendibile a tutto l’arcipelago
fu una delle principali emergenze del paese, mentre la necessità di difendere i propri
diritti feudali da parte dei guerrieri, comportò il perpetuarsi di uno stato di guerra civile
⁷Letteralmente periodi degli stati in guerra, espressione che si ricollega agli anni in cui in Giappone
prevaleva l’anarchia feudale, che corrisponde grosso modo al periodo 1467-1573.
⁸Dal giapponese shȏgun, che significa generale, parola che designa il capo militare dell’impero. A
partire dal 1185 divenne la figura principale che deteneva il potere effettivo in Giappone. Tra il secolo
XIV e XVI, l’autorità degli Xoguns fu limitata, in seguito alla graduale affermazione dei governatori
provinciali, comportando una condizione endemica di guerra civile. Tokugawa Ieyasu, con la
riunificazione politico-militare dell’impero e la formazione di una nuova dinastia xogunale, inaugurò un
periodo in cui il potere degli Xogun fu più effettivo (1603-1868).