3
Introduzione Prima di entrare nel merito delle questioni che, molto
modestamente, mi propongo di trattare in questo lavoro,
desidererei fare una breve premessa relativa agli argomenti
presi in considerazione, al metodo di indagine utilizzato nella
ricerca e alla tesi che alla fine vorrei dimostrare.
Come prima e generica approssimazione potrei dire che
queste pagine mirano a porre in evidenza la forte influenza che
il pensiero di Antonio Gramsci, una delle menti più brillanti e
acute del Novecento, continua ad avere su uomini
apparentemente così lontani dall'intellettuale sardo nel tempo e
nello spazio, un'influenza che nel mio caso è rappresentata dal
Venezuela dei giorni nostri. Sono i Quaderni del carcere lo
strumento che collega Gramsci al mondo “grande e terribile”,
che gli permette di superare ostacoli temporali e culturali,
radicandosi ovunque approdi per le intrinseche capacità
euristiche del suo pensiero, perché la sua interminabile ricerca
sul reale, se da una parte può risultare troppo duttile e poco
adatta a subire schematizzazioni, ha però il grande pregio di
essere una ricerca potenzialmente inesauribile, che offre spunti
di riflessione a chiunque li voglia cogliere. A ogni latitudine.
Ed è esattamente questo l'aspetto che mi preme dimostrare
4
in questa ricerca: la validità scientifica delle riflessioni
gramsciane, e parlo di validità scientifica perché, lungi dal
contenere mere speculazioni filosofiche, i Quaderni sono in
realtà la più compiuta rappresentazione della filosofia della
prassi di Gramsci, quella dialettica complessa che prende le
mosse dallo studio accurato, dall'osservazione scientifica della
realtà circostante, la quale realtà deve essere compresa nelle
sue più piccole sfaccettature per poter essere cambiata. È
proprio questa instancabile tensione di conoscenza della realtà
nella quale si opera, forse, l'aspetto che meglio rappresenta
l'universalismo dei Quaderni del carcere , e l'aspetto che rende
possibile la loro ricezione in ogni parte del globo.
Dietro l'apparente ampiezza del suo spettro di indagine si
può scorgere in realtà un metodo di ricerca e di
scandagliamento della realtà e della storia, nei suoi aspetti più
disparati; ed è proprio questo metodo, questa indomabile
volontà di conoscenza, ciò che a mio parere riesce a far sì che
la sua voce echeggi tuttora, indicando la dura strada da seguire
a tutti coloro che aspirano a cambiare la società.
Il mio proposito è dunque quello di prendere in esame
alcune delle tematiche affrontate nei Quaderni , o almeno quelle
tematiche che a mio parere possono aiutarci a comprendere
meglio alcune questioni cogenti che si vengono a porre in
5
evidenza nel processo di transizione politico ed economico che
sta vivendo il Venezuela dei giorni nostri, e in modo particolare
il nodo relativo agli intellettuali, così centrale nei Quaderni del
carcere e così rilevante, secondo me, anche per l'originale
cammino verso il socialismo che il Venezuela, pur tra mille
difficoltà, sta tentando di intraprendere.
Su scala mondiale, l'“utopia concreta” di Gramsci si
tradurrebbe bene nell'internazionalismo popolare, nella
collaborazione di tutti i popoli, orizzonte di una prospettiva
comunista che deve basarsi sull'autonomia e parità di ognuno; è
probabilmente questo un motivo ulteriore della diffusione del
pensiero gramsciano molto aldilà dei suoi confini nazionali,
nelle menti degli intellettuali anti-imperialisti non solo del
Venezuela, ma più in generale dell'America Latina, la quale,
finalmente liberatasi delle potenze coloniali, ha dovuto
immediatamente fare i conti con l'egemonia esercitata dalla più
grande potenza economico-politica del globo, la quale è stata
per innumerevoli anni soverchiante oltre ogni immaginazione,
e che tuttora, con forme meno appariscenti, fa sentire il suo
enorme peso.
Prendiamo ad esempio il concetto gramsciano di egemonia
appena menzionato, inteso nel senso di “direzione culturale”, di
persuasione e di consenso, e in opposizione all'idea di dominio
6
basato sulla mera forza: l'aspetto culturale ed intellettuale che
sottende tale questione risulta essere maggiormente evidente a
quegli studiosi provenienti da culture post-coloniali, proprio
perché l'esercizio dell'egemonia da parte dei colonizzatori si
fondava in maniera ancora più evidente sulla dominazione
culturale dei colonizzati. Il colonialismo infatti, riprendendo il
pensiero che Edward Said ebbe ad esporre nella sua opera
Cultura e imperialismo , non è solo l'appropriazione di un
territorio che appartiene ad altri (come il capitalista si
appropria del plusvalore prodotto dall'operaio), ma è anche « la
capacità di separare l'individuo dalla propria vita istintuale,
spezzando i lineamenti generativi dell'identità » , creando un
grande imbroglio per il quale « la madre coloniale difende il
figlio da sé stesso, dal suo io, dalla sua fisiologia, la sua
biologia, la sua sventura ontologica » 1
.
È una conseguenza del tutto naturale il fatto che il pensiero
di Gramsci sia stato recepito e ulteriormente sviluppato da
studiosi delle origini più disparate che lavorano nel campo dei
Cultural studies, tra i quali si possono annoverare, oltre al già
menzionato Said, intellettuali del calibro di Cornel West e
Stuart Hall: costoro hanno avuto il grande merito di
evidenziare come i colonizzatori nel corso dei secoli abbiano
1 E. Said, Cultura e imperialismo , Roma, Gamberetti Editrice, 1998,
pag.70
7
contribuito a creare e diffondere, magari anche
inconsapevolmente, un'immagine filtrata attraverso la cultura
occidentale dei popoli colonizzati; rendendosi pienamente
conto di come il linguaggio, lungi dall'essere un ente astratto ed
innocente, sia bensì sempre radicato nella storia e perciò
espressione esso stesso di rapporti di potere, questi intellettuali
si sono trovati in prima persona al cospetto del concetto
gramsciano di egemonia. E immediatamente ne hanno colto
appieno le potenzialità applicative.
Prenderò le mosse anche io da questo concetto gravido di
spunti di riflessione e soprattutto di implicazioni pratiche,
prima tra tutte l'analisi della funzione che vengono ad assumere
gli intellettuali ai fini della conquista dell'autonomia prima, e
dell'egemonia in seguito, da parte delle classi subalterne.
L'intellettuale tradizionale deve trasformarsi in intellettuale
organico se vuole a sua volta riuscire ad organizzare le classi
oppresse affinché assumano un ruolo da protagoniste nella
gestione del potere politico ed economico, e la mancanza di un
partito “gramsciano” alle spalle è esattamente il nodo che
Chavez sta tentando di sciogliere. La creazione di un tale
partito, “moderno Principe” per dirla con Gramsci, cioè di una
volontà collettiva più omogenea rispetto all'attuale
frammentazione dello spettro delle forze socialiste, è proprio
8
un compito che spetta agli intellettuali, i quali dovrebbero
essere in grado di organizzare ed educare le classi subalterne
rendendole coscienti della propria forza, con lo scopo di
indirizzarle verso un sentiero comune.
Per comprendere la rilevanza che assume tale questione
all'interno dei Quaderni , basta leggere il testo gramsciano in
cui il loro progetto si manifesta per la prima volta, cioè quello
che il suo autore scrisse in una lettera indirizzata a sua cognata
nel marzo del 1927, due anni prima di poter avere dai suoi
aguzzini l'autorizzazione e l'occorrente per scrivere e
raccogliere appunti:
Sono assillato da questa idea: che bisognerebbe fare qualcosa
für ewig secondo una complessa concezione di Goethe, che
ricordo aver tormentato anche molto il nostro Pascoli.
Insomma, vorrei, secondo un piano prestabilito, occuparmi
intensamente e sistematicamente di qualche soggetto che mi
assorbisse e centralizzasse la mia vita interiore. Ho pensato a
quattro soggetti finora, e già questo è un indice che non riesco
a raccogliermi, e cioè: I° Una ricerca sulla formazione dello
spirito pubblico in Italia nel secolo scorso; in altre parole, una
ricerca sugli intellettuali italiani , le loro origini, i loro
raggruppamenti secondo le correnti della cultura, ecc. [...]. II°
Uno studio di linguistica comparata! Niente meno. Ma che
9
cosa potrebbe essere più «disinteressato» e für ewig di ciò?
[...]. III° Uno studio sul teatro di Pirandello e sulla
trasformazione del gusto teatrale italiano [...]. IV° Un saggio
sui romanzi d'appendice e il gusto popolare in letteratura [...].
In fondo, a chi bene osservi, tra questi quattro argomenti esiste
omogeneità: lo spirito popolare creativo, nelle sue diverse fasi
e gradi di sviluppo, è alla base di essi in misura uguale.
2
Riassumendo quanto detto finora, questo mio lavoro non
intende essere un'esaltazione aprioristica della politica del
presidente Hugo Chavez, né intende, a maggior ragione, tirare
Gramsci per la giacca per avallare o confutare a tutti i costi
questo o quel provvedimento adottato. Molto più
semplicemente mi propongo l'obiettivo di esaminare alcune
tematiche sollevate nei Quaderni del carcere , trovando come
esse possano essere tutt'oggi funzionali allo studio di fenomeni
sociali complessi, quale può esserlo la transizione politica di
un'intera nazione.
Vorrei, in conclusione, dedicare un pensiero ad un grande
intellettuale purtroppo scomparso all'inizio dell'anno, Giorgio
Baratta, acutissimo studioso di Gramsci e animatore di infinite
iniziative culturali delle più svariate tipologie. Non sarebbe
2 A. Gramsci, Lettere dal carcere , a cura di S. Caprioglio e E. Fubini,
Torino, Einaudi, 1965, pp. 58-59 (corsivi miei).
10
sufficiente lo spazio per riassumere la sua sterminata attività
teorico-pratica: tra i fondatori della International Gramsci
Society e della Igs Italia di cui era anche presidente, fondatore
e presidente del network Immaginare l'Europa , recentemente
aveva collaborato a fondare e dirigere Terra Gramsci ,
fondazione nata in Sardegna in collegamento con la Igs Italia.
Giorgio Baratta ha insegnato a lungo filosofia all'Università di
Urbino studiando la filosofia del Rinascimento e
dell'Illuminismo, Husserl, Sartre, il Marxismo, arrivando
infine, negli anni '80, alla “scoperta” di Gramsci, della cui
figura e opera divenne instancabile diffusore, oltre che uno
degli studiosi più apprezzati e conosciuti al mondo.
Organizzatore culturale creativo e attivissimo, attraversato
da una vena artistica che affondava le proprie radici nella sua
stessa famiglia, Baratta è stato anche autore di ricerche e
interventi su vari argomenti musicali (Leonardo e la musica;
Verdi nella cultura italiana; poesia e musica nella bossa nova; il
pensiero musicale di Adorno, ecc.) e ha prodotto e realizzato
innumerevoli eventi culturali (molti dei quali dedicati al
Brasile, sua seconda patria), convegni, rassegne, film (oltre a
realizzare New York e il mistero di Napoli. Viaggio nel mondo
di Gramsci raccontato da Dario Fo , è stato ideatore e
soggettista di Gramsci l'ho visto così , per la regia di Gianni
11
Amico).
Le sue opere su Gramsci ( Le rose e i quaderni del 2000,
Antonio Gramsci in contrappunto del 2007, entrambe
pubblicate da Carocci) sono state, credo per moltissimi studiosi
e non soltanto per me, un grande punto di riferimento ed un
importantissimo stimolo ad approfondirne sempre di più lo
studio, ed è per questo motivo, più che per ogni altro, che sento
di dovergli almeno un grazie. Forse se non avessi conosciuto le
sue opere probabilmente non mi sarei appassionato così
profondamente a Gramsci, non avrei compreso a pieno le sue
ripercussioni al di fuori della cultura italiana, e probabilmente
questa stessa tesi non sarebbe stata possibile. Mi piace perciò
prendere in prestito le parole di Giorgio Baratta per aprire
questo lavoro, che in parte è anche il suo:
In un senso paradossale, ma non peregrino, il suo [ di Gramsci ,
N.d.R . ] modo-metodo di pensare appare per alcuni versi più
attuale oggi rispetto al periodo nel quale egli scriveva.
La sostanza internazionale del pensiero di Gramsci e, insieme,
il moto crescente regionale-nazionale-continentale-mondiale
che essa sprigiona, sono la ragione della sua fortuna oggi,
diversa da quella di ieri.
Il focus sta nella consapevolezza della mondializzazione della
politica a dominanza americana, a fronte della certezza che la
12
filosofia della prassi, animata da un autentico «filosofo
democratico» o «pensatore collettivo» , delinea o può
delineare un orizzonte pratico-teorico nel quale morendo,
come muore, il “vecchio”, si profila all'orizzonte il “nuovo”,
anche se per ora, come Gramsci scrive nel Quaderno 3, «non
può nascere».
Che cosa fosse e cosa potrà essere questo “nuovo”, è il suo, e
nostro, sogno di una cosa.
3
3 G. Baratta, La cosmopoli di Gramsci antidoto al leghismo , in
“Liberazione”, 10/02/2009.
Prima parte Antonio Gramsci e i Quaderni del carcere
13
Capitolo 1. Dalla Sardegna al Venezuela
1.1 Jorge Giordani e Hugo Chávez Prima di avventurarci in discorsi più specifici e tecnici, mi
piace “rompere il ghiaccio” con un breve racconto: un racconto
di persone che si incontrano e allo stesso tempo di idee che,
viaggiando nel vento, come polline riescono a diffondersi da
una parte all'altra del mondo. E' una storia che serve anche per
presentare un altro protagonista, oltre Gramsci, di questa
modesta ricerca: Jorge Giordani. È stato il appunto il “vento”
che ha trasportato il pensiero di Gramsci oltre l'Atlantico, in
una terra così lontana nello spazio ma anche così
apparentemente diversa dal contesto storico nel quale si
muoveva il pensatore sardo, fino a porre la sua opera
all'attenzione del Presidente del Venezuela Hugo Chavez. Ma
iniziamo dal principio.
Antonio Gramsci ha quindici anni e frequenta il ginnasio a
Santu Lussurgiu (paese dell'entroterra sardo poco distante da
Ghilarza, in provincia di Oristano) quando, nel 1906 a Sesto
Imolese viene alla luce Primo Giordani, padre di Jorge,
spostatosi poi negli anni '20 a Bologna. Italiano e antifascista,
14
nel 1924, in seguito all'omicidio Matteotti, Primo emigra in
Francia insieme al fratello minore. In quel momento Gramsci
non era più soltanto un brillante giornalista che promuoveva il
movimento dei Consigli di fabbrica o un convinto militante
socialista protagonista della fondazione del PCI nel 1921; la
sua caratura politica e intellettuale, infatti, lo aveva nel
frattempo portato a ricoprire incarichi di primo piano, sia in
seno all'Internazionale Comunista (della quale fu dirigente per
due anni circa, prima a Mosca poi a Vienna, dalla quale era
rientrato un mese prima dell'omicidio Matteotti), sia all'interno
del Partito, di cui viene nominato Segretario generale nel
gennaio 1926.
Ai primi di novembre di quello stesso anno, il 1926, pur
essendo ancora coperto dall'immunità parlamentare, Gramsci
sarà arrestato per ordine del regime fascista che proprio in quei
giorni stava completando la svolta autoritaria con il varo
imminente delle sciagurate e ormai tristemente note “leggi
fascistissime”, svelando senza più vergogna il suo volto
dittatoriale e spietato. Mi soffermerò a breve e più
accuratamente sul lungo periodo carcerario di Gramsci,
illuminante ai fini della comprensione del contesto nel quale
nascono e prendono forma i Quaderni ; per il momento, e per
non divagare troppo dalla nostra storia, basti sapere che
15
Gramsci morirà il 27 aprile 1937 nella clinica “Quisisana” di
Roma, undici anni dopo il suo arresto. Undici anni di strenua
resistenza fisica ad un regime carcerario che fiaccava
enormemente la sua già precaria salute, ma anche undici anni
di ferma resistenza intellettuale all'apatia e all'abbrutimento che
arreca con sé la lunga detenzione, capace di trasformare
inconsapevolmente e a livello “molecolare” gli individui che si
trovano a scontarla, portando ad un vero e proprio naufragio
psicologico e morale:
Prima del naufragio, come è naturale, nessuno dei futuri
naufraghi pensava di diventare...naufrago e quindi tantomeno
pensava di essere condotto a commettere gli atti che dei
naufraghi, in certe condizioni, possono commettere, per
esempio l'atto di diventare...antropofagi. [...]. Ma in realtà si
tratta delle stesse persone? Tra i due momenti, quello in cui
l'alternativa si presentava come una pura ipotesi teorica e
quello in cui l'alternativa si presentava in tutta la forza
dell'immediata necessità, è avvenuto un processo di
trasformazione “molecolare”...e non si può dire, altro che dal
punto di vista dello stato civile e della legge, che si tratti delle
stesse persone.
4
4 Ibidem , pp.758-759.