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INTRODUZIONE
Il travaglio di parto è un complesso di processi che ha lo scopo di determinare,
alla fine della gravidanza, l‟espulsione del feto e dei suoi annessi dall‟organismo
materno.
Componente inscindibile del travaglio di parto è il dolore.
Ma che cosa è il dolore?
L‟Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP), nel 1986, definì
il dolore come “esperienza emotiva e sensoriale spiacevole associata ad un
danno tissutale in atto o potenziale, o descritta in termini di tale danno”.
Ovviamente esiste una enorme differenza tra vissuto in corso di dolore acuto da
qualsivoglia eziopatogenesi e dolore acuto in corso di travaglio di parto, poiché
in quest‟ultimo sono diverse le esperienze emozionali e diverse le aspettative.
Secondo Melzack (1984) il dolore in travaglio di parto è probabilmente l‟evento
più penoso nella vita di una donna.
La percezione del dolore da parto varia da paziente a paziente: il 61% delle
donne lo definisce da severo a insopportabile, mentre nessuna primipara lo
definisce moderato.
Anche se alcune donne dicono di ricavare una grande gratificazione e conferma
delle proprie competenze se vivono il travaglio e il parto al riparo da ogni
medicalizzazione, per la maggior parte di esse rappresenta un evento fortemente
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negativo che impedisce di vivere la nascita del bambino in modo sereno.
Proprio per questo, oggi, la maggior parte delle donne richiede ed utilizza
qualsiasi forma di analgesia durante il travaglio.
Sin dai tempi più remoti si è tentato di alleviare i dolori del travaglio e del parto
impiegando sostanze più disparate: gli antichi testi cinesi parlano dell'uso degli
oppiacei, mentre in Europa le donne si affidavano a "miscele" di mandragola,
canapa, papavero e cicuta. In una commedia di Plauto,intitolata "Anfitrione",
Giove premiò la moglie di Anfitrione concedendole di partorire senza alcun
dolore.
Con l'avvento del Cristianesimo, la sofferenza divenne un mezzo per ottenere la
grazia divina e il dolore del parto fu ritenuto parte integrante e necessaria del
partorire. Questo concetto era affermato non solo dal Cristianesimo, ma anche
da tutte le altre religioni orientali e dal mondo occidentale.
Dal Medio Evo in poi il dolore del travaglio venne considerato “giusto”, in
quanto punizione divina; ogni tentativo di alleviare tale dolore rappresentava
una grave colpa: nel 1591 una donna di Edimburgo, Eufrania Mc Alyane, venne
infatti bruciata viva per aver assunto un misterioso preparato come analgesico
durante il travaglio.
L'era della moderna analgesia in ostetricia cominciò nel 1847, quando James
Young Simpson e Walter Channing pubblicarono il loro studio sull'uso del
dietiletere in travaglio di parto.
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Si trattava di uno studio rivoluzionario non solo per la medicina ma per tutta la
cultura occidentale, in quanto minava alcuni pregiudizi cardinali.
Gli ambienti conservatori e clericali si sollevarono indignati, ma ad essi replicò
lo stesso Simpson, fervente cattolico, citando il brano della Genesi in cui si
narra come Adamo fosse stato "anestetizzato" durante la creazione di Eva:
"Ora, il Signore Iddio fece cadere un sonno profondo su Adamo, che si
addormentò. E mentre dormiva, Dio prese una costola da lui, e al posto di essa
formò di nuovo la carne. E il Signore Iddio dalla costola tolta ad Adamo formò
la donna.........." (Genesi,2:21,22).
In quegli stessi anni al St. Bartholomew Hospital di Londra Skey e Samuel John
Tracy eseguirono un taglio cesareo in anestesia eterea, estraendo un feto vivo e
vitale, mentre lo stesso Simpson sperimentò con successo l'analgesia con
cloroformio durante il parto.
Nel 1853 John Snow sottopose la regina Vittoria alla stessa metodica per la
nascita del principe Leopoldo e quattro anni dopo poté ripeterla per la nascita
della principessa Beatrice.
Nel 1885 Cornig realizzò la prima analgesia epidurale, partendo dall'ipotesi che
un medicamento iniettato nel canale vertebrale potesse essere assorbito dalle
vene intervertebrali e quindi essere trasportato al midollo spinale.
Il primo ad utilizzare con successo le tecniche di analgesia loco-regionale in
campo ostetrico fu Soeckel nel 1909, ma è stato Aburel, nel 1931, a codificare la
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tecnica dell'analgesia epidurale continua in travaglio.
La tecnica di analgesia epidurale lombare continua, sulla quale si basa la
moderna pratica anestesiologica, fu messa a punto tra gli anni „40 e gli anni „50
da Dogliotti, Flowers e Bonica.
Tale branca della medicina incontrò però ancora forti resistenze culturali e la
maledizione di Dio riportata nella Genesi venne ancora invocata dagli ambienti
conservatori.
Le polemiche furono tanto violente che nel 1956 lo stesso papa Pio XII dovette
intervenire, dichiarando che la Chiesa non si opponeva alla prevenzione del
dolore nel travaglio e nel parto.
Dagli anni „60 si è assistito ad una rapida evoluzione tecnica e farmacologica
dell'analgesia epidurale che ne ha facilitato la diffusione nei paesi anglosassoni
prima e nel resto d'Europa più tardi, fino ai giorni nostri.
Ancora oggi esistono però pareri discordanti: da un lato ci sono coloro che
ritengono la sofferenza del parto una componente inscindibile dell‟evento
nascita, dall‟altro coloro che considerano il dolore del parto un‟esperienza
stressante sia per la gravida che per il nascituro.
Tale stress va pertanto prevenuto e combattuto per quanto possibile.
Negare l‟analgesia peridurale significherebbe, pertanto, rifiutare alle
numerosissime donne che ne fanno richiesta, la scelta ed il sollievo che esse
attendono.
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In Europa e negli Stati Uniti la parto-analgesia è molto diffusa: negli USA ogni
anno sono circa 2 milioni e mezzo le donne che richiedono un‟analgesia
peridurale in corso di travaglio di parto, mentre in Francia tale metodica viene
scelta da più del 50% delle donne. La situazione è completamente diversa in
Italia in cui, secondo i dati dell‟ISTAT (anno 2001) solo il 3.7% dei parti
avviene con l‟ausilio della analgesia peridurale.
Tale percentuale è ancora, di fatto, estremamente bassa. I fattori responsabili
della scarsa diffusione della tecnica in Italia sono molteplici e un peso
importante ha sicuramente la religione cattolica, secondo la quale, il parto è
strettamente legato al concetto di sofferenza biblica.
D‟altronde, però, la richiesta da parte delle gravide di partorire senza dolore è in
aumento: probabilmente ciò è da attribuire alla sempre crescente informazione
su questo problema e alla maggiore conoscenza delle tecniche per il parto
indolore.
Oggi l‟analgesia epidurale non è più considerata un‟opzione terapeutica
esclusivamente utilizzata su precise indicazioni cliniche, ma tende a diventare
più frequentemente una libera scelta della donna, che vuole vivere in piena
serenità il momento della nascita del proprio figlio.
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Il contesto italiano
Il Comitato Nazionale di Bioetica si è pronunciato a favore del diritto della
donna a partorire senza dolore e, in accordo con le linee guida dell‟Istituto
Superiore di Sanità ( SNLG-ISS), indica l‟analgesia epidurale come la tecnica
più efficace e sicura, tanto per la mamma quanto per il nascituro.
Purtroppo, l‟applicazione delle indicazioni ministeriali da parte delle regioni è
ancora scarsa e difforme anche a causa dei tagli alla spesa sanitaria.
La Commissione Ministeriale Maternità e Parto ha realizzato, pochi mesi fa,
un‟indagine su un campione di 516 punti nascita della Penisola, in cui si
evidenzia come il parto indolore (inteso come pratica di un insieme di tecniche o
protocolli farmacologici atti a controllare il dolore del travaglio e del parto) sia
ancora un “miraggio” nella realtà ospedaliera italiana.
Infatti, solo 233 dei 516 (43%) punti nascita censiti hanno un servizio di
analgesia ostetrica; di essi solo il 37% è disponibile a garantire il servizio 24 ore
su 24.
In conclusione quindi, ancora oggi in Italia a fronte di una richiesta di circa il
30%, solo il 4% delle partorienti riesce ad ottenere la partoanalgesia in modo
gratuito e garantito dal Sistema Sanitario Nazionale.
Nel 2006 in occasione della presentazione del D.d L. “Norme per la tutela dei
diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia
della salute del neonato”, l‟allora Ministro della Salute Turco ha tracciato un
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quadro della situazione sanitaria italiana in materia, riscontrando che:
la natalità è diminuita drasticamente (un milione di nati nel 1960, 569 mila
nel 2005);
è aumentata l‟età media delle donne alla nascita del primo figlio (25 anni
nel 1981, 28 anni nel 1997);
sono aumentate le gravidanze di donne di 35 anni e più: dall‟11% del 1990
al 18% del 1997;
è aumentato il ricorso al taglio cesareo: 11% nel 1980, 28% nel 1996, 30%
nel 2000, oltre il 35% nel 2005 (con una media di oltre il 45% nelle
regioni meridionali). Questo dato è due volte superiore a quello
raccomandato dall‟OMS nel 1985 (15%) ed è in contrasto con le stime
che indicano il rischio di mortalità materna per taglio cesareo da 2 a 4
volte superiore rispetto al parto vaginale;
in Italia c‟è ancora un limitato livello di capillare diffusione delle
informazioni necessarie alla donna per vivere con piena consapevolezza
la gravidanza, il parto ed il puerperio. La partecipazione ai corsi pre-parto,
infatti, è ancora troppo bassa e stabile intorno al 30% delle partorienti
(40% nelle regioni settentrionali e centrali/ 12-14% al sud) e si differenzia
molto sia in base al livello di istruzione che in base al censo. Non
partecipano ai corsi proprio le donne più a rischio (extracomunitarie e
quelle meno istruite).
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Per riuscire a soddisfare le richieste di parto-analgesia, il SSN dovrebbe colmare
le gravissime lacune ancora esistenti.
Uno sforzo in tal senso è stato fatto nel gennaio 2007,con l‟approvazione da
parte del Consiglio dei Ministri del D.d.l. (Legislatura 16º - Disegno di legge N.
615) che prevedeva l‟inserimento della parto-analgesia epidurale tra i Livelli
Essenziali di Assistenza (LEA), col conseguente riconoscimento del DRG,
obbligando ogni Azienda Ospedaliera dotata di un punto nascita ad organizzarsi
per garantire l‟analgesia peridurale ( o tecniche ad essa alternative)
ad ogni donna che la richieda.
Questo lavoro si propone di valutare lo stato dell‟arte della tecnica, analizzando
i molteplici e complessi aspetti che regolano l‟analgesia regionale in travaglio di
parto (nocicezione, anatomia e fisiologia della donna gravida, tecnica di
anestesia peridurale e suoi effetti, tecniche alternative).
Particolare attenzione verrà posta, infine, all‟esposizione della nostra personale
esperienza in reparto, con l‟analisi di casi clinici e la valutazione dell‟outcome
materno-fetale.
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CAPITOLO 1
TRAVAGLIO DI PARTO E NOCICEZIONE
Con “ gravidanza a termine” si intende la fine della normale gestazione: il suo
range fisiologico è compreso tra la 37° e la 42° settimana di amenorrea: essa si
conclude con il travaglio di parto.
Il travaglio di parto si suddivide in 4 periodi:
1) periodo prodromico
2) periodo dilatante
3) periodo espulsivo
4) secondamento
Il periodo prodromico è costituito dalla presenza di attività contrattile della
muscolatura uterina durante le ultime settimane di gravidanza; queste
contrazioni prodromiche sono irregolari e vengono percepite come fastidiose. La
durata del periodo prodromico è molto variabile, da ore a giorni, in relazione al
fatto che si tratti di una gravida nullipara o meno.[1]
Nel periodo dilatante le contrazioni uterine divengono ritmiche (prima una ogni
15-20‟ poi aumentano di frequenza, fino a una ogni 4-5‟), di durata crescente
( 40‟‟ circa) e dolorose: quest‟attività contrattile determina un raccorciamento e
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appianamento del collo dell‟utero fino a raggiungere una dilatazione di circa 10
cm.
A questa fase segue il periodo espulsivo: questo periodo permette, attraverso
una regolare ed integrata combinazione di movimenti, il passaggio del feto
attraverso il canale da parto, e quindi la nascita.
Dopo l‟espulsione del feto l‟utero si contrae vigorosamente, e il suo volume si
riduce: ciò si accompagna ad una netta diminuzione dell‟area di inserzione
placentare a cui segue il distacco di essa dalla decidua.
Questo periodo prende il nome di secondamento.
1.1 Il controllo del dolore in travaglio
Sebbene il dolore da travaglio sia stato dimostrato essere più intenso di molte
sindromi dolorose acute e croniche, differisce da queste per il fatto che talvolta
si può riscontrare un positivo autocontrollo.
I fattori che giocano un ruolo importante nell‟esperienza del parto sono: fisici,
psicologici, emozionali e motivazionali.
I fattori fisici (età, parità, condizione della partoriente, stato della cervice
all‟inizio del travaglio, relazione tra dimensioni del neonato e del canale del
parto) possono influenzare l'incidenza, la severità e la durata del dolore del
parto.
I fattori psicologici (attitudine mentale ed umore al momento del travaglio,