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INTRODUZIONE
Il tema che ho trattato è quello relativo ad una tematica attuale quale quella del
federalismo fiscale.
“Il federalismo fiscale trova la sua giustificazione specie dal punto di vista economico nei
guadagni in termini di efficienza che può assicurare e nel conseguimento di livelli di
benessere sociale superiori e paretianamente più efficienti rispetto a quelli di un sistema
accentrato e la presa in considerazione delle implicazioni finanziarie del riassetto
istituzionale costituisce l’elemento chiave dal quale poter valutare in modo compiuto
costi e benefici.”
Ho deciso di seguire un percorso non soltanto dal punto di vista teorico ma anche da un
punto di vista più concreto ossia per quello che nella realtà di molti paesi è e come si
manifesta.
Dal punto di vista teorico, è importante ricordare che il federalismo fiscale non ha la
capacità di risolvere tutti i mali specie nel contesto della crisi della sovranità statale
indotta dalla globalizzazione e dalla modernità, bensì può essere un utile strumento in
grado alleviare questa crisi e di soddisfare al tempo stesso le aspettative del contribuente.
Il federalismo fiscale sicuramente deve poter realizzarsi sempre con maggior chiarezza,
collaborazione e leale coordinamento tra i diversi organi federali preposti a tale
svolgimento.
La trattazione dal punto di vista teorico è presente nel primo capitolo e in parte nel
secondo. Per quanto riguarda invece l’analisi dell’effettiva realtà, ho deciso di esaminare
in primo luogo le problematiche ad esso associate trattate nel primo capitolo, gli stati
federali europei ai quali è dedicato il capitolo secondo, l’emblema del federalismo ossia
gli Stati Uniti ai quali ho attribuito il capitolo terzo e andando più in profondità ho voluto
prendere in considerazione gli Stati del Texas e della California ai quali sono attribuiti
rispettivamente i capitoli quarto e quinto.
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Capitolo 1: “Il federalismo fiscale: implicazioni ed
evoluzioni”
1. “Analisi sul tema del federalismo fiscale”
1.1 Definizione
Il federalismo fiscale consiste in un sistema dalle implicazioni di natura politica ed
economica che determina il passaggio da un sistema politico accentrato a un sistema
decentrato. L’obiettivo dell’adozione di questo sistema, è quello di accrescere l’efficienza
determinando livelli di benessere sociale superiori rispetto a quelli di un sistema di
governo centrale. A sostegno dell’applicazione del federalismo fiscale vi sono sia
spiegazioni di natura ideologica, sia politica che economica. Tra quelle ideologiche si può
fare riferimento al principio di sussidarietà che si ha quando il livello di governo
superiore deve intervenire per riuscire ad ottenere gli obiettivi pubblici non raggiunti dal
livello inferiore. Tra le ragioni di natura politica prevalgono concetti che tengono conto
dei vantaggi derivanti dalla presenza di comunità più piccole più vicine al bene pubblico e
quindi più responsabili e coese tra loro. Fra le spiegazioni di natura economica, vi sono
quelle che si basano sul concetto di esternalità e quindi della possibilità di contenere il più
possibile gli spill-over fra le varie comunità, poi vi sono spiegazioni basate sulle
differenze delle preferenze, sulla funzione di produzione e sulle problematiche di tipo
organizzativo e informativo.
Tra le spiegazioni basate sulla funzione di produzione è necessario tener presente il
problema della scarsità del servizio legato agli input locali e la presenza possibile di
economia di scala o di diseconomie, dove le prime favoriscono la scelta di un’offerta
centralizzata data da una scala maggiore mentre le seconde sono date dalla possibilità di
maggiori costi di transizione nell’individuare la domanda. Analizzando le problematiche
di tipo organizzativo ed informativo, si sottolineano i costi derivanti nelle grandi
organizzazioni conseguenti dalla necessità di un maggior controllo, dalle difficoltà date
nell’individuazione delle preferenze e anche dal fatto che non sempre chi è a capo di
un’organizzazione riesce a capire realmente quali sono le problematiche di fondo.
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1.2 La teoria del decentramento ottimale e il modello di Tiebout
sulla concorrenza fiscale
Prendendo in esame le spiegazioni basate sulla differenza delle preferenze si possono
citare la teoria del decentramento ottimale di Oates e il modello del voto con i piedi di
Tiebout basato sul concetto di concorrenza fiscale. Il teorema di Oates dimostra che
un’offerta del bene pubblico locale differenziata territorialmente consente di aumentare il
benessere complessivo rispetto alla soluzione centralizzata. Il teorema, in realtà non
suppone che necessariamente la produzione differenziata debba essere per forza affidata
ad enti locali ma potrebbe essere svolta direttamente dal governo centrale ed ipotizza che
il costo marginale di offerta del bene pubblico sia costante e quindi che non vi siano
economie di scala. Questo teorema presenta dei limiti dati dal fatto che i benefici legati al
consumo di un bene potrebbero ricadere su un’area territoriale più vasta e poi non prende
in considerazione i possibili effetti di congestione.
Il modello di Tiebout afferma che se l’offerta di beni pubblici e in modo particolare la
tassazione è differenziata, gli individui si sposteranno nelle comunità in cui l’offerta di
beni pubblici si avvicina di più alle proprie preferenze. Le ipotesi alla base del modello
sono quelle della perfetta mobilità dei fattori, della conoscenza perfetta dei beni pubblici
offerti dai diversi governi e di un numero di governi locali abbastanza ampio. Venendo a
mancare queste ipotesi, possono sorgere dei fenomeni di concorrenza fiscale dannosa e
l’insorgere dell’ auto - selezione delle comunità volta a stimolare la migrazione.
La concorrenza fiscale può manifestarsi mediante la fiscalità di vantaggio che si ha nel
caso in cui una comunità nazionale decida di creare condizioni vantaggiose per la
localizzazione di attività produttive in una specifica area territoriale del paese, attraverso
la riduzione degli oneri fiscali, erariali o decentrati, senza che ciò produca una riduzione
delle risorse pubbliche a disposizione di quel territorio. In altri termini, la fiscalità di
vantaggio diviene un sostituto della spesa pubblica diretta (infrastrutture, sussidi o
finanziamenti agevolati) a sostegno dello sviluppo di un territorio e, in quanto tale,
implica redistribuzione di risorse da altri territori.
In merito alle possibili forme di fiscalità di vantaggio è prevista quella dei trasferimenti
perequativi che essendo interventi speciali destinati allo sviluppo di certe aree e vista la
loro struttura interna rispettano anche le norme comunitarie in materia. Le rispettano, in
quanto la decisione da parte di una regione ad esempio di abbassare certe aliquote di
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imposta avrebbe le conseguenze dirette sul gettito della regione, ma tale situazione
sarebbe possibilmente compensata sia dal trasferimento perequativo per gli interventi
speciali sia dal vantaggio di attrarre investimenti dall’esterno e quindi andando a
bilanciare lo squilibrio precedente derivato. Secondo gli autori Gianpaolo Arachi e
Alberto Zanardi “l’adozione di regimi fiscali favorevoli potrebbe non definirsi
propriamente come fiscalità di vantaggio e far sorgere una vera e propria concorrenza
fiscale. E come insegna l’esperienza relativa all’armonizzazione fiscale in ambito dell’
Unione Europea, la desiderabilità della concorrenza fiscale è molto controversa”.
1.3 Aspetti negativi legati al federalismo fiscale
Oltre all’aspetto negativo dato dalla concorrenza fiscale, un ulteriore aspetto da prendere
in considerazione è quello legato ai possibili costi derivanti dal fallimento della riforma
sul federalismo fiscale. Secondo lo studioso Gilberto Muraro, “Se la macchina
burocratica centrale non verrà ridotta in cambio della dilatazione di quella periferica,
allora sì che il federalismo fiscale comporterà un doppio costo. Non sarebbe la prima
volta che un vantaggio atteso si trasforma in danno. È ben noto il paradosso del
maggiore impiego pubblico statale che si è manifestato dopo il forte decentramento di
funzioni
introdotto a fine anni Novanta dalle leggi Bassanini.” I costi potrebbero derivare dalla
prevalenza di un interesse politico e quindi dalle inefficienze legate alla gestione.
L’autore afferma che la possibilità di stimare un costo o un risparmio sarà data soltanto
dalla probabilità di corretta applicazione della riforma.
Analizzando l’articolo dello studioso Massimo Bordignon emerge sempre la presenza di
costi associati alla creazione del federalismo fiscale. Tali costi sono associati alla
possibile moltiplicazione della macchina burocratica come detto prima ma anche costi
dovuti al moltiplicarsi delle sedi decisionali, con più enti legittimati a prendere decisioni
sulle stesse materie, aumentando così l'ambiguità della legislazione e l'incertezza tra gli
operatori.
Un’ulteriore costo addizionale può essere legato ai nuovi meccanismi per la
determinazione dei fabbisogni finanziari di Regioni ed Enti locali nella gran parte delle
loro funzioni, per oltre l'80 per cento della loro spesa attuale, legati ai costi standard
piuttosto che alla “spesa storica”, cioè al finanziamento ereditato dal passato e quindi a
quelli legati alla fase di transizione. Un’ altra possibile spesa da sottolineare è quella dato
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dall’aumento dei controlli amministrativi specie per quei enti territoriali che si trovano
fortemente in deficit.
1.4 Aspetti positivi legati al federalismo fiscale
Tra gli aspetti positivi legati all’adozione del federalismo fiscale sicuramente vi è il
risparmio atteso dato dalla riorganizzazione dei rapporti tra centro e periferia però a parità
di funzioni complessive. Come afferma lo studioso Gilberto Muraro, “si può infatti dire a
priori che il federalismo fiscale abbasserà il livello complessivo della finanza locale. Se
funzionerà. Sarà il costo standard, infatti, e non il costo storico a determinare quanto
dare alla periferia. Un costo ancora da definire, è vero. Ma un costo basato su un
concetto chiaro: che la spesa necessaria all’adempimento dei compiti affidati a regioni,
province e comuni va valutata in base a un ragionevole standard di efficienza, senza più
accettare l’inefficienza insita in molti casi nella spesa storica .” Quindi l’adozione del
metodo del costo storico consente sicuramente di eliminare le inefficienze legate alla
gestione determinando un risparmio a favore non solo dell’ente locale ma anche del
contribuente.
Un altro aspetto positivo è dato dall’aumento dell’autonomia tributaria a livello locale che
però deve tener ben presente come dice lo studioso Massimo Bordignon del problema
“dell’ eliminazione dell'Ici sulla prima casa per i comuni, il blocco di tutte le addizionali
(Irap e Irpef) per gli enti territoriali, ironicamente deciso dal governo in attesa
dell'attuazione del “vero” federalismo fiscale, ha messo in ginocchio le amministrazioni
territoriali, privandole di strumenti di flessibilità del bilancio, un problema reso ancor
più serio dal varo di un Patto di stabilità interno tanto asfissiante quanto stupido.” La
presenza di maggiore autonomia consente anche di riportare la spesa delle regioni in
deficit a livelli accettabili di efficienza e di migliorare quindi la qualità dei servizi offerti.
Tra gli aspetti positivi sicuramente è da sottolineare il fatto che il federalismo se
efficientemente impiegato contribuisce a diminuire il problema dell’evasione fiscale
consentendo infatti a realtà come i Comuni di migliorare l’accertamento, la riscossione
essendo più a contatto con il contribuente.
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2. “ I lavori dell’Alta Commissione e le norme di
riferimento”
2.1 Breve premessa
Analizzate le principali conseguenze derivanti dall’attuazione del federalismo fiscale, la
trattazione prosegue per i successivi paragrafi di questo capitolo esaminando i lavori
svolti dall’Alta commissione, il coordinamento della finanza pubblica, l’evoluzione del
sistema tributario ed infine trattando il tema della perequazione.
2.2 I lavori dell’Alta commissione per la definizione dei
meccanismi strutturali del federalismo fiscale.
L’Alta Commissione per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale
(ACoFF) è stata istituita dall’articolo 3, lettera b), della legge n. 289 del 2002 (Legge
finanziaria 2003), col compito di indicare al Governo “i principi generali del
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi degli articoli 117,
terzo comma, 118 e 119 della Costituzione”, sulla base delle indicazioni formulate in
sede di Conferenza Unificata da Stato, Regioni ed Enti locali in merito ai meccanismi
strutturali del federalismo fiscale. Il d.P.C.M. istitutivo dell’ACoFF, con l’indicazione e la
nomina dei componenti, nonché con la definizione dei criteri di funzionamento, è stato
emanato soltanto il 9 aprile 2003. Solo da quella data l’ACoFF ha potuto iniziare i suoi
lavori coadiuvata da un Comitato tecnico-scientifico e da un Comitato istituzionale, i cui
componenti sono stati nominati con lo stesso decreto.
Il successivo 18 giugno Regioni ed Enti locali hanno approvato un accordo sulle linee
fondamentali del federalismo fiscale, mentre è mancato, fino ad oggi, l’accordo, da
raggiungere in senso alla Conferenza Unificata, tra Governo, Regioni e Enti locali.
L’articolo 2, ventesimo comma, lettera c) della legge n. 350 del 2003 (Legge finanziaria
2004) ha prorogato una prima volta i termini per concludere i lavori, prevedendo che
l’ACoFF avrebbe dovuto presentare il documento conclusivo al Governo entro il 30
settembre 2004, mentre a quest’ultimo sarebbe spettato il compito di presentare al
Parlamento una proposta di attuazione dell’art. 119 della Costituzione entro il successivo
31 ottobre. Poiché, ai sensi della legge istitutiva, l’ACoFF doveva orientare i propri
lavori in base alle coordinate decise in sede di Conferenza Unificata (cioè in base
all’Accordo tra Governo e Regioni/Enti locali), ci si è venuti a trovare nella
contraddittoria situazione, da un lato, di dover terminare i propri lavori entro il 30
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settembre, e, dall’altro, di non potere portarli a termine perché mancava l’Accordo di cui
sopra.
Per uscire da questa contraddittoria situazione i membri dell’ACoFF hanno pertanto
sollecitato il Ministro dell’Economia e il Ministro per gli Affari Regionali ad inserire
nell’ordine del giorno della Conferenza la discussione sui meccanismi strutturali del
federalismo fiscale. Esperito inutilmente questo tentativo e poiché l’ACoFF avrebbe
dovuto in ogni caso concludere i suoi lavori entro il 30 settembre 2004, l’ACoFF ha
deliberato di iniziare comunque i lavori, assumendo come criteri di fondo il dettato
costituzionale e del documento sul quale avevano convenuto Regioni ed Enti locali il 18
giugno 2003. Di tale decisione è stata data comunicazione al Presidente del Consiglio.
Per il proprio funzionamento, l’ ACoFF ha stabilito di formare 13 gruppi di lavoro,
coordinati dal gruppo di Coordinamento generale giuridico-istituzionale, il quale ultimo,
sinteticamente, ha visto tra i propri compiti la definizione dei principi di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario e l’individuazione delle linee di sviluppo
dell’autonomia territoriale in un contesto di lealtà istituzionale. Le risultanze dei gruppi di
lavoro sono state esposte ed approfondite nel corso di apposite giornate di discussione
collegiale ed allargata, ove cioè hanno partecipato sia i componenti delle strutture
costitutive dell’AcoFF (Alta Commissione in senso proprio, Comitato Istituzionale e
Comitato Tecnico scientifico), sia l’apparato consulenziale appositamente costituto e che
ha svolto un’ampia attività di collaborazione scientifica nei temi attinenti
all’implementazione del federalismo fiscale.
Il documento, approvato dall’Alta Commissione, costituisce una sintesi ragionata
dell’intera attività sinora svolta dall’AcoFF in ordine alla determinazione dei meccanismi
strutturali del federalismo fiscale. Esso rappresenta e testimonia l’ampiezza, la profondità
e la serietà dell’impegno profuso dai componenti tutti dell’Alta Commissione nello
svolgimento dei compiti affidati. Non vi è dubbio, a parere unanime dell’Alta
Commissione, che tale documentazione dunque fornisca un’ampia e condivisa base di
studio, di analisi e di riflessione che potrà essere utilmente impiegata dalle istituzioni cui
spetta procedere alla formulazione dei principi fondamentali di coordinamento del
sistema tributario della Repubblica.