Gladio racconta Gladio - Bibliografia Capitolo 1. Il mondo diviso e Gladio “ Il globo è un campo di battaglia dove gli stati si disputano la dominazione del mondo ” (K. Hausofer)
1.1 - La fine della Seconda Guerra Mondiale
Quando le sorti del conflitto mondiale iniziarono a volgere a loro favore, Gran
Bretagna, Stati Uniti ed Unione Sovietica tennero delle riunioni segrete e periodiche con lo
scopo di decidere il futuro assetto dell'Europa. Con la conferenza di Yalta del febbraio del
1945 si elaborarono precisi piani economici, politici e geopolitici ispirati ai principi
democratici contenuti nella Dichiarazione sull'Europa liberata che avrebbero dovuto
indirizzare il futuro assetto europeo: di fatto, a Yalta, prevalse la logica della spartizione
del potere che sanzionò la divisione del mondo in due sfere di influenza: Stati Uniti ed
Unione Sovietica, con i loro modelli economici e politici antitetici, uscirono dalla guerra
con il rango di “superpotenze”. Da quel momento, fino agli anni novanta, non sarebbe
esistita scelta che non fosse l'adesione alla democrazia di stampo capitalistico di tipo
occidentale o l'inquadramento nel collettivismo sovietico a base marxista. Stati Uniti e
Unione Sovietica portarono in Europa il peso massiccio della loro consistenza continentale,
delle loro unità economiche e produttive e la radicale riduzione della scelta a due sole
tipologie possibili di civiltà e società: quello occidentale capitalista e quello orientale
comunista.
In Europa, la Seconda Guerra Mondiale consacrò l'Unione Sovietica come la sola grande
potenza presente sul continente. La prospettiva di un continente europeo debole e
frammentato permeava il pensiero politico sovietico: nel 1944, i diplomatici Majskij e
Litvinov a capo di due commissioni per la pianificazione del dopoguerra avevano
disegnato un quadro in cui l'URSS si presentava come unica grande potenza terrestre in
15
Gladio racconta Gladio - Bibliografia Europa.
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Il riconoscimento alla Francia del titolo di grande potenza era puramente formale poiché la
Repubblica francese non aveva il peso necessario per controbilanciare quello sovietico.
Stesso discorso valeva per la Gran Bretagna che, uscita stremata e devastata dal conflitto,
non era più in grado di esercitare un ruolo di supremazia continentale: debole
finanziariamente e strategicamente, Londra mirava ad un equilibrio di potenze di stampo
tradizionale e soppesava quanto questo potesse essere raggiunto per mezzo di un accordo
con i sovietici non sottovalutando, però, il peso che la potenza americana avrebbe messo in
campo nelle spinose questioni del dopoguerra.
In mezzo ai tentativi di Gran Bretagna e Unione Sovietica di influenzare il futuro assetto
europeo, gli Stati Uniti rimanevano sì una presenza importante sul continente ma presero le
distanze quando il Presidente Roosevelt dichiarò di non volersi insediare in Europa al
termine della guerra anche se all'interno del suo entourage c'era chi pensava che la
catastrofe del conflitto mondiale fornisse l'occasione propizia per aprire la strada al “secolo
americano”: gli Stati Uniti si presentavano come paladini di libertà e proiettavano il
proprio modello di ricostruzione postbellica basato su società pacifiche, democratiche e
prospere.
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L'accordo tra gli Alleati raggiunto e sancito nella conferenza di Yalta non era destinato ad
un lungo perdurare: pochi mesi dopo, a Postdam, luglio – agosto 1945, una nuova
conferenza mise a nudo il disaccordo che regnava tra le potenze alleate. Nel settembre del
1945 a Londra si tenne un incontro tra i Ministri degli Esteri dei Paesi usciti vincitori dal
conflitto che aveva come scopo quello di preparare i trattati di pace con l'Italia e le potenze
di secondo piano dell'Asse.
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L'Unione Sovietica, per voce del commissario del popolo agli
Affari Esteri Vjačeslav Michajlovič Molotov, pretese che al Paese venisse riconosciuto il
ruolo che si era guadagnato durante la guerra contro la Germania Nazista e reclamava
alcune basi per la propria flotta mercantile: dopo aver acquistato basi navali a Dairen e Port
Arthur in estremo oriente, Molotov fece pressioni per far sì che l'URSS ottenesse una
posizione di primo piano anche nel bacino del Mediterraneo. Il ministro sovietico concluse
3)Romero Federico, Storia della Guerra Fredda: l'ultimo conflitto per l'Europa, Einaudi, Torino, 2009, p. 21.
4)ibidem, p. 21 – 30.
5)Oltre alle grandi potenze dell'Asse (Germania, Italia, Giappone) facevano parte della alleanza anche potenze
definite secondarie: Ungheria, Romania e Bulgaria.
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Gladio racconta Gladio - Bibliografia il suo intervento dichiarando che la voce della Patria del Comunismo doveva essere
ascoltata in un numero sempre maggiore e crescente di paesi.
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Le tensioni si manifestarono in modo forte nel luglio del 1946 durante la Conferenza di
Pace a Parigi: Stalin puntò al recupero dei territori russi persi tra il 1918 ed il 1921 e alla
creazione di un “cuscinetto” di sicurezza intorno all'Unione Sovietica con un'operazione
che a livello politico era cominciata con la creazione di coalizioni che perpetuassero i
valori dell'antifascismo e, al contempo, permettessero a Mosca di stringere la vite del
controllo sui paesi dell'Est europeo.
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Il primo nodo da sciogliere era quello relativo al futuro della Polonia, problema
evidenziato già nel 1944 dal Primo Ministro inglese Winston Churchill, che sottolineò
l'estrema importanza di (ri) costituire una Polonia libera ricordando che, nel 1939, data
dell'inizio del conflitto mondiale, l'ingresso in guerra di Gran Bretagna e Francia fu un atto
deciso in seguito all'occupazione del territorio polacco da parte delle truppe naziste. Stalin
inviò un messaggio a Churchill in cui si dichiarava consapevole “ che voi non riconoscerete
all'Unione Sovietica il diritto di esigere che in Polonia esista un regime che si comporti in
modo amichevole nei confronti dell'U.R.S.S.”.
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Per risolvere la questione a proprio favore,
Stalin si dichiarò disponibile ad assecondare le richieste inglesi per quel che riguardava il
futuro assetto istituzionale di Belgio e Grecia dal momento che veniva riconosciuta
l'importanza che questi due Paesi rivestivano per la sicurezza del proprio territorio
nazionale e degli interessi inglesi nell'area sud – orientale del Mediterraneo.
Gli americani, dal canto loro, consentirono in modo tacito che l'Unione Sovietica
comunista estendesse alla Polonia la propria zona di influenza spinti dal fatto che il
territorio polacco era ancora interamente e saldamente occupato dalla Armata Rossa e che
le truppe degli eserciti alleati erano troppo lontane per intervenire in caso di tensioni.
Roosevelt non rivelò mai apertamente in pubblico di avere concesso a Stalin l'influenza
sulla zona orientale dell'Europa come segno di riconoscimento per l'aiuto nella guerra alla
Germania Nazista.
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Gli inglesi puntavano alla costituzione di governi vicini a Londra in Italia ed in Grecia,
6)Ulam B. Adam, Storia della politica estera sovietica (1917 – 1967), Rizzoli, Milano, 1970, p. 576.
7)Bellucci Maria e Perugi Paolo, Lineamenti di Storia, 3 voll., Zanichelli, Bologna, 2001, p. 918
8)Ulam B. Adam, op. cit. , p. 545.
9)Smith Joseph, La guerra fredda 1945 – 1991 , Il Mulino, Bologna, 2000, p. 14 – 15.
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Gladio racconta Gladio - Bibliografia paesi strategici e funzionali al mantenimento del controllo del bacino del Mediterraneo.
Proprio il futuro dello Stato ellenico si trovò al centro delle trame diplomatiche
britanniche: il disegno politico di Churchill si può spiegare facendo riferimento al
cosiddetto “ Accordo delle Percentuali ” del 1944: ammettendo l'influenza sovietica sui
Paesi dell'Est europeo e accettando un compromesso paritario nei Balcani, la Gran
Bretagna puntava al mantenimento dello status quo nell'area mediterranea.
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Al termine
delle ostilità, se Londra aveva interesse al Mar Mediterraneo, Stalin manifestava il suo
verso il Mar Nero: Churchill rassicurò il leader sovietico che il suo Paese non avrebbe
negato alla Russia l'accesso ai porti situati sui mari con acque calde in cambio della
certezza che l'Armata Rossa non sarebbe intervenuta per risolvere con la forza la situazione
in Grecia dove, dal 1946, si stava combattendo una dura guerra civile tra la guerriglia
guidata da Markos ed il governo ellenico che si concluderà solo nel 1949.
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Paese strategico nel bacino del Mediterraneo era l'Italia: il condominio tra Stati Uniti e
britannici instaurato durante le operazioni di guerra, divenne ben presto un monopolio dei
primi, almeno per quel che rientrava nella sfera politico – economica del paese. Dopo il
1945, la Gran Bretagna, come detto in precedenza, uscita stremata dal conflitto e dovendo
riassestare un'economia interna disastrata, dovette ben presto rinunciare a molte delle
pretese di leadership avanzate sulla penisola italiana dovendo ripiegare sull'ottenimento di
posizioni privilegiate nell'area mediterranea cercando, al massimo, di influenzare il
riassetto istituzionale della Jugoslavia per poter concentrare le proprie forze altrove al fine
di non perdere il controllo sull'Impero.
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Dovendo l'Italia, in base agli accordi tra le potenze
vincitrici del conflitto, ricadere sotto l'influenza britannica Churchill ottenne da Stalin
l'impegno a non “sovietizzare” il paese lasciando che fosse il popolo italiano a decidere in
10)L'accordo tra Stalin e Churchill prevedeva una divisione non rigida dell'Europa ma un compromesso, espresso
sotto forma di percentuali, tra l'Unione Sovietica e la Gran Bretagna per l'influenza sui paesi dell'Est ed in particolar
modo della zona dei Balcani: Romania: Unione Sovietica 90% - altre potenze 10%; Grecia: Gran Bretagna 90% -
Unione Sovietica 10%; Yugoslavia: Unione Sovietica 50% - Gran Bretagna 50%; Ungheria: Unione Sovietica 50% -
Gran Bretagna 50%; Bulgaria: Unione Sovietica 75% - altre potenze 25%.
Resis Albert, The Churchill – Stalin secret “percentages” agreement on the Balkans, Moscow, October, 1944, The
American Historical Review, vol. 83, numero 2, aprile 1978. p. 368.
11)Resis Albert, op. cit. , p. 373. e Argiolas Tommaso, La Guerriglia: storia e dottrina, Sansoni, Firenze, 1967, pp.
128.
12)Brogi Alessandro, L'Italia e l'egemonia americana nel Mediterraneo, La Nuova Italia, Firenze, p. 18.
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Gladio racconta Gladio - Bibliografia modo autonomo delle proprie sorti sulla base di regolari e libere elezioni e con un
referendum sul futuro assetto istituzionale.
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Centrale per le potenze uscite vincitrici dal conflitto mondiale era il problema legato alle
sorti della Germania sconfitta: dal cuore dell'Europa passavano tutte le strategie
postbelliche. L'obiettivo che accomunava le manovre dei Paesi vincitori era quello di
evitare che in futuro la Germania tornasse a rappresentare una minaccia per il Vecchio
Continente. Il postulato di partenza delle trattative fu che la Germania non dovesse cadere
sotto l'amministrazione di una sola potenza ma che tutti i Paesi vincitori vi concorressero.
Nonostante la volontà di arrivare ai due obiettivi, le difficoltà nel raggiungerli resero vani
gli sforzi collaborativi: per quanto riguarda la questione tedesca, non si arrivò mai ad un
accordo condiviso da tutte le potenze, un accordo che permettesse la definitiva e formale
conclusione delle problematiche legate al cuore dell'Europa: la Germania rimase un paese
vinto e occupato dalle truppe degli Alleati che se ne spartirono il territorio dividendolo in
zone di controllo. Stessa sorte toccò alla città di Berlino.
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L'accordo raggiunto sulla strategia economica postbellica da attuare in Germania
(smantellamento delle industrie belliche e forte limitazione della produzione in modo da
consentire, in pratica, il minimo indispensabile al sostentamento del popolo tedesco) fu
minato e reso inattuato (e inattuabile) dall'atteggiamento tenuto da Stalin che insisteva per
ottenere dalla Germania ingenti riparazioni di guerra (circa sette milioni di dollari)
avanzate con la richiesta di trasferire in Unione Sovietica attrezzature industriali e materie
prime per rendere più facile e più veloce la ricostruzione della Patria del Comunismo.
15
Majskij, subalterno del leader sovietico, comandò di “ portare via dalla Germania tutto
quanto poteva essere preso” eccezion fatta per il minimo necessario a non far morire di
fame la popolazione tedesca.
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Roosevelt , che non esigeva questo tipo di trattamento per il
suo Paese, concesse a Stalin di trattare separatamente le riparazioni di guerra in virtù del
13)Resis Albert, op. cit. , p. 374.
14)Banti Alberto , Storia contemporanea , Donzelli, Roma, 1997, p. 335 – 336. Stesso discorso vale per l'Austria.
Come riporta Joseph Smith nel suo libro, citando una battuta del periodo, se all'Unione Sovietica controllava la
principale regione agricola tedesca e la Gran Bretagna deteneva il controllo della regione della Ruhr, la vitale area
industriale del Paese, agli Stati Uniti non rimase che godersi il paesaggio.
Smith Joseph, op. cit., p. 17.
15)ibidem , p. 20.
16)Vojtech Mastny, Il dittatore insicuro: Stalin e la Guerra Fredda , Corbaccio, Milano, 1998, p. 20.
19
Gladio racconta Gladio - Bibliografia riconoscimento dell'enorme sacrificio, anche in termini di vite umane, che l'Unione
Sovietica aveva sopportato negli anni del conflitto.
17
L'atteggiamento americano era, però, destinato a cambiare radicalmente: se mentre negli
anni susseguenti la Grande Guerra gli Stati Uniti si erano posti e mantenuti su una
posizione isolazionista e, di conseguenza, si erano tenuti lontani dalle dinamiche
economiche e geopolitiche europee, l'atteggiamento del presidente Roosevelt segnò un
inversione totale nelle relazioni diplomatiche internazionali statunitensi. Si rivendicava,
adesso, un preciso ruolo nello scacchiere mondiale, un ruolo da superpotenza: “ in questa
guerra globale non c'è letteralmente nessuna questione, militare o politica, alla quale gli
Stati Uniti non prestino attenzione.”
18
Gli Stati Uniti erano pronti a tracciare le linee guida
della rinascita economica del vecchio continente e a finanziare e a sviluppare gli affari con
l'Europa centrale ed occidentale con la prospettiva della creazione di un blocco compatto
che avrebbe dovuto frenare l'avanzata dell'espansionismo dell'Unione Sovietica comunista
che, nel frattempo, aveva mantenuto il possesso delle Repubbliche Baltiche di Estonia,
Lettonia e Lituania occupate in seguito al patto Molotov - Ribbentrop.
19
Di fatto, la
divisione in due zone di influenza si era realizzata.
Come ebbe a sottolineare George Kennan nel suo “ long telegram ” inviato il 22 febbraio
1946 da Mosca
USSR still lives in antagonistic “capitalistic encirclement” with which in the long run
there can be no permanent peaceful coexistence. As stated Stalin in 1927 to a delegation
of American workers: “in course of further development of international revolution there
will emerge two centers of world significance: a socialist center, drawing to itself the
countries which tend towards socialism, and a capitalist center, drawing to itself the
countries that incline towards capistalism. Battle between these two centers for command
of world economy will decide fate of capitalism and of Communism in entire world”.
20
17)Smith Joseph, op. cit. , p. 21.
18)Arcidiacono Bruno, Dei Rapporti tra diplomazia e aritmetica: lo “strano accordo” Churchill – Stalin sui balcani
(Mosca, Ottobre 1944), “Storia delle Relazioni internazionali”, volume 5, numero 2, 1989, p. 272.
19)Smith Joseph, op. cit. , p. 23 e Banti Alberto , op. cit. , p. 337.
20)Kennan George, The Long Telegram , 22 febbraio 1946, consultabile all'indirizzo:
http://www.ntanet.net/KENNAN.html . (indirizzo consultato l'ultima volta il 12 ottobre 2011)
20
Gladio racconta Gladio - Bibliografia 1.2 - L 'Italia ed il Trattato di Pace A Parigi, sede delle trattative di Pace, il trattamento riservato dagli Alleati all'Italia
fu tutt'altro che amichevole: il governo democratico italiano costituitosi dopo la caduta del
regime fascista prese consapevolezza che la fine della Seconda Guerra Mondiale avrebbe
portato con sé una serie di problemi relativi alla difesa del territorio nazionale.
L'armistizio firmato il 2 settembre del 1943 (con il conseguente passaggio allo status di
paese cobelligerante) e l'esperienza della lotta partigiana (che aveva contribuito alla
liberazione dell'Italia da parte delle truppe alleate) non ebbero nessun peso al tavolo a cui
le grandi potenze disegnarono il futuro assetto dell'Europa.
L'opinione pubblica interna considerò sproporzionate le misure prese contro il Paese: gli
italiani sapevano che avrebbero subito delle forti perdite territoriali a vantaggio della
Jugoslavia ed erano ben consci che avrebbero dovuto pagare un prezzo alto per
l'aggressione ai territori demograficamente a prevalenza slovena e croata del 1941 ma,
malgrado ciò, si confidava nelle dichiarazioni del segretario di Stato USA James Byrne che
aveva promesso al Governo di Roma una pace giusta che avrebbe tenuto conto del
contributo italiano alla lotta contro il nazismo. Il Trattato di Pace, invece, si rivelò un atto
puramente punitivo: l'Italia dovette rinunciare ai possedimenti coloniali: l'isola di Rodi e le
isole del Dodecanneso furono cedute alla Grecia mentre l'Albania e l'Etiopia furono
dichiarati Stati indipendenti e sovrani. La questione legata alla Libia fu rimessa nelle mani
dell'assemblea delle Nazioni Unite che con una risoluzione del 1950 ne sancì
l'indipendenza.
21
Per quel che concerne il proprio territorio nazionale, il trattato disponeva che l'Italia
subisse delle rettifiche al confine con la Francia (cessione di Briga, Tenda e Moncenisio),
mentre un accordo bilaterale tra il ministro degli Esteri De Gasperi e l'omologo austriaco
Gruber, concluso nel 1946, sanciva la rinuncia degli austriaci alla cessione dell'Alto Adige
a patto che l'Italia ne garantisse l'autonomia amministrativa, culturale ed economica.
22
21)A differenza dell'Etiopia e dell'Albania che furono conquistate durante il regime fascista, la Libia era
possedimento italiano sin dal 5 novembre del 1911 quando con un Decreto Regio il governo italiano affermò la piena
sovranità dell'Italia sulla Libia per costringere la Turchia a rinunciare al controllo della regione. Da qui l'esercito
italiano occupò anche il Dodecanneso. Il 18 ottobre 1912, con la firme del Trattato di Losanna, la Turchia rinunciò
alla sovranità sulla Libia mentre l'Italia si impegnò a lasciare il Dodecanneso, cosa che non avvenne.
22)Banti Alberto , op. cit. , p. 336. Confronta con Accordi intervenuti tra il Governo Italiano ed il Governo Austriaco il
21
Gladio racconta Gladio - Bibliografia L'accordo permise di salvare il confine settentrionale che non subì modifiche.
Ma fu sul fronte orientale, quello confinante con la Jugoslavia, che si ebbero le maggiori e
più significative perdite: i partigiani di Tito, che erano riusciti a liberarsi dal giogo
dell'occupazione italiana e tedesca, alla Conferenza di Pace parigina esigerono consistenti
riparazioni sotto forma di territori da sottrarre al controllo italiano.
Durante le ultime fasi del conflitto la Jugoslavia aveva cercato di recuperare il controllo sui
territori a maggioranza slava che alla fine della Prima Guerra Mondiale erano stati
assegnati all'Italia: nonostante alcune zone della Jugoslavia fossero ancora in mano ai
nazisti, Tito decise di dare sfogo alle sue mire espansionistiche in Venezia Giulia
occupando la città di Trieste: iniziò così la “questione di Trieste”. Il 1 maggio, la città finì
in mano alle truppe jugoslave e l'occupazione non ebbe solo una valenza militare ma anche
politica. Il colpo di mano di Tito mise gli alleati davanti ad un fait accompli che violava
palesemente gli accordi stipulati a Belgrado tra lo stesso leader della Resistenza slava ed il
generale inglese Harold Alexander.
23
L'occupazione militare di Trieste rappresentò il
fallimento della politica estera inglese che, con il già citato l'accordo delle “percentuali”
siglato tra Churchill e Stalin, aveva cercato di risolvere la questione balcanica negoziando
una compromesso basato sulla paritaria influenza di Gran Bretagna e Unione Sovietica
nelle dinamiche interne al Paese ma metteva anche in risalto i differenti obiettivi jugoslavi
e alleati: se per i primi l'occupazione dei territori giuliani costituiva una meta strategica per
imporre il dominio slavo su quelle popolazioni, gli anglo-americani vedevano
nell'occupazione della città di Trieste la sola valenza di garantire la prosecuzione delle
operazioni contro le truppe tedesche in direzione dell'Austria. La preoccupazione dei
comandi militari alleati era quella che si verificassero possibili tensioni tra le loro truppe e
quelle di Tito come conseguenza del mancato rispetto degli accordi sulle rispettive zone di
occupazione. Non solo: si temeva che nella zona si potesse accendere un conflitto tra le
5 settembre 1946 – Allegato IV al Trattato di Pace fra l'Italia e le Potenze alleate ed associate – Parigi 10 febbraio
1947.
23)Tali accordi prevedevano che gli Alleati avrebbero potuto instaurare la propria amministrazione militare nell'area
necessaria a mantenere il controllo delle linee di comunicazione stradali e ferroviarie verso l'Austria. Trieste rientrava
in questa zona. Tito in cambio aveva chiesto ed ottenuto che venisse mantenuta in funzione l'amministrazione civile
attivata sul territorio.
Cattaruzza Marina, 1945: Alle origini della Questione di Trieste” in Parlato Giuseppe (a cura di), Trieste nella
politica italiana (1945 – 1954), Edizioni Comune di Trieste, Trieste, 2007, p. 64.
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Gladio racconta Gladio - Bibliografia formazioni partigiane italiane e quelle jugoslave. Per questo motivo, con una veloce
avanzata, il 2 maggio la II divisione neozelandese riuscì a raggiungere Trieste per, usando
le parole di Churchill, infilare un piede nella porta.
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Le truppe partigiane di Tito non si arrestarono a Trieste. Il giogo dell'occupazione
sottomise anche la vicina Gorizia che venne invasa dagli slavi che rapidamente presero
possesso della città a testimonianza della
occulta vicinanza di formazioni slave che attendevano nelle immediate vicinanze della
città come uccelli rapaci l'ordine di piombare sulla preda. Entrarono in città infatti quando
i tedeschi se n'erano già andati e quando di combattimenti non c'era neppure l'ombra. La
prima azione slava fu il sabotaggio ai ponti sull'Isonzo per ritardare l'entrata delle truppe
alleate. La seconda azione, più nefanda e vergognosa, fu quella di sopprimere e deportare
i cittadini non graditi, primi fra di essi Olivi e Sverzutti, oltre ai Carabinieri e tanti altri rei
solamente di essere italiani. Furono deportati in seguito anche coloro che abili od inabili,
dai quindici ai sessant'anni si presentarono alla chiamata obbligatoria indetta dal
“Komando Memesta Gorica”. Nessuno di essi ha fatto ancora ritorno.” 25
Questo il racconto di un cittadino goriziano, Felice Gigliotti, che nelle sue memorie riporta
un episodio risalente al 3 maggio 1945:
il pomeriggio del 3 maggio 1945 formazioni partigiane jugoslave bloccarono con armi
automatiche la via Rastello, piazza Vittoria, via Seminario, via S. Giovanni, Corso Verdi
ed altre vie in maniera da isolare dal resto della città la piazza Edmondo de Amicis, la via
Balilla, piazza Italo Balbo e la via S. Gabriele.
Nessuno poteva circolare e persino agli Alleati fu impedito di farlo liberamente sotto la
minaccia della armi puntate. Tale decisione era dovuta al fatto che
siccome la città era stata pacificamente occupata dall'esercito dei partigiani di Tito,
bisognava mediante un'abile messa in scena creare una fittizia occupazione guerreggiata
da parte della Jugoslavia! Così fra le rovine esistenti in Via Balilla, riva Corno e Piazza
De Amicis partigiani di Tito all'uopo addestrati e con abiti appartenenti all'esercito
germanico e alla milizia fascista, finsero di opporre resistenza armata ai partigiani e
quindi, gettando le armi, di arrendersi con le mani alzate agli jugoslavi. Tali scene vennero
fissate con una potente macchina da ripresa cinematografica e da una quindicina di
macchine fotografiche. Si videro dopo la ripresa cinematografica finti fascisti “morti”
alzarsi da terra ridendo; gli stessi poco dopo riapparirono sulla via con i veri abiti da
partigiani scalcagnati. […] Bisognava ricorrere a tutti gli espedienti e a tutti i mezzi per
attribuire all'esercito jugoslavo il merito di aver cacciato i tedeschi da Gorizia.” 26
24)Pupo Raoul, Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l'esilio, Rizzoli, Milano, 2005, p.92.
25)Gigliotti Felice, Gorizia cimitero senza Croci. Cronistoria inedita dei fatti accaduti in Gorizia e nel circondario
dall'8-9-1943 al 16-9-1947, Movimento Istriano Revisionista, Udine, 1952, p. 19.
26)ibidem , pp. 23 – 24.
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