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1. INTRODUZIONE
Il seguente elaborato è frutto di un percorso di studi effettuato all’interno del corso di
laurea triennale in Cooperazione allo Sviluppo. In particolare, lo spunto tematico è derivato
dalla mia frequenza al corso “Sport e diritti umani nel diritto dell’Unione Europea”, tenuto
alla facoltà di Scienze Politiche dal prof. Jacopo Tognon, membro del Tribunale Arbitrale
dello Sport di Losanna. L’insegnamento prevede lo studio dello sport correlato a tematiche
sociali come i diritti umani, la discriminazione e la tutela dell’individuo. Quindi, da un punto
di vista essenzialmente giuridico, e dall’analisi dei vari documenti di politica internazionale
ed europea, ho cercato di ampliare il mio ambito di ricerca al settore della cooperazione
allo sviluppo, andando di seguito a cercare il legame tra l’impiego dello sport e i progetti di
sviluppo.
Sono approdata, quindi, alla tematica dello Sport for Development and Peace, una recente
dottrina in espansione che vede nello sport uno strumento di coinvolgimento, interazione
ed integrazione sociale in contesti disagiati come quelli dei paesi in via di sviluppo.
Il presente studio inizierà, dunque, inquadrando la definizione della parola “sport”,
concentrando l’attenzione sul suo impiego in ambito sociale. Poi si proseguirà esponendo
il quadro istituzionale nel quale è presente lo Sport for Development and Peace, in
particolare analizzando la produzione di documenti delle Nazione Unite e dell’Unione
Europea. Successivamente si metteranno a confronto due approcci diversi attualmente
presenti all’interno della dottrina che prevedono un differente utilizzo dello sport in progetti
di sviluppo; le due ottiche analizzate saranno, infatti, quello dello “Sport plus Development”
e del “Development plus Sport”, due modalità per coordinare l’attività sportiva a seconda
delle priorità dei vari contesti di intervento.
Successivamente si passerà all’esposizione delle peculiarità dello “Sport for Development
and Peace”, soprattutto per quel che riguarda i suoi precisi ambiti di intervento. Si
analizzeranno, quindi, le caratteristiche generali dello sport integrato ad attività che
promuovono scopi come lo sviluppo personale e l’integrazione sociale, la salute, la pace e
la questione di genere. Per ogni tematica, quindi, sarà presentata una descrizione
concreta di un progetto attualmente in corso, definendone il contesto di intervento, gli
obiettivi e i risultati sinora raggiunti.
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Dopo aver inquadrato in termini generali la dottrina dello Sport for Development and
Peace, con l’obiettivo di darne un resoconto più ampio possibile si passerà dunque
all’analisi dei contrasti e delle carenze rilevate da alcuni studiosi. In particolare si parlerà di
carenze relative ad aspetti peculiari della ricerca sociale come la mancanza di analisi
accademica, la carenza di risultati dimostrabili e la dimensione delle conoscenze
impiegata nello sviluppo dei progetti, soprattutto per quanto riguarda il difficile rapporto con
le conoscenze locali.
Successivamente, con l’obiettivo di entrare in un’ottica più pratica, e non quindi
meramente teorica riguardo allo Sport for Development and Peace, ho ricercato nel
contesto padovano delle associazioni che avessero impiegato lo sport all’interno delle loro
attività. La mia ricerca si è soffermata sull’onlus Karibù Afrika, ed in particolare ho
analizzato la loro iniziativa denominata “Altrimondiali: to South Africa by matatu”. Dopo
una breve descrizione dell’associazione e delle attività in corso, si passerà quindi
all’esposizione del progetto Altrimondiali; di seguito si riporterà l’intervista da me effettuata
a Francesco Riedo, socio fondatore di Karibù Afrika nonché membro dello staff che ha
partecipato al progetto nell’estate scorsa. L’obiettivo dell’intervista non è soltanto quello di
avere maggior informazioni possibili riguardo ad Altrimondiali, ma soprattutto quello di
sondare le opinioni di chi ha lavorato con lo sport in contesti disagiati, e che quindi può
riportare i pregi ed i difetti della dottrina dello Sport for Development and Peace.
Come capitolo conclusivo, tirerò le somme della mia ricerca nel campo dello Sport for
Development and Peace: in particolare, mi riferirò non solo a tutto il materiale esaminato,
ma porrò anche delle considerazioni personali riguardo al lungo periodo di ricerca di
materiali ed ai punti critici da me riscontrati nell’ambito della dottrina.
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2. I FONDAMENTI DELLO “SPORT FOR DEVELOPMENT AND PEACE”
Lo sport muove le persone, sia in senso letterario che in senso figurato. In tutte le parti del
mondo e in tutte le culture, lo sport è presente. Ma che cosa lo mette in relazione con i
temi dello sviluppo e della pace? Solo qualche anno fa, più di qualche esperto in materia
di cooperazione avrebbe avuto parecchi dubbi a riguardo, ma nell’evolversi delle stesse
teorie di sviluppo, molti pareri sono mutati anche in questo campo. Attualmente lo sport
occupa infatti un ruolo fisso nell’agenda delle politiche per lo sviluppo, rivelando un
potenziale considerevole. Ma cosa si intende per sport inserito in progetti di
cooperazione?
2.1 Una definizione di sport
Quando lo sport si relaziona con lo sviluppo, si intende “qualsiasi forma di attività fisica,
organizzata o non, che contribuisca al benessere psicologico e all’interazione sociale. E’
inoltre sempre considerato come un’attività collettiva e di partecipazione, e non come un
lusso o un’attività destinata ad una élite.”
1
Ne scaturisce, quindi, che lo sport diventa una sorta di percorso comune, nel quale ci si
confronta in maniera pacifica con gli avversari, si accettano le regole, si impara a fare
parte di una squadra, e soprattutto si coesiste con altre persone oltre ogni forma di
barriera sociale. E’ logico, quindi, definire l’attività sportiva come un vero e proprio
fenomeno culturale che riflette le dinamiche della società, diventando quindi un motore dei
processi di sviluppo sia a scala individuale che di comunità. Si va, quindi, verso una
definizione più complessa di sport, approdando a “lo sport è una scuola che dà
all’individuo la possibilità di imparare in maniera ludica i valori sociali fondamentali come
lavoro di gruppo, rispetto delle regole, abilità di organizzazione e gestione delle forti
emozioni.”
2
L’attività sportiva diventa, quindi, portatrice di quei valori fondamentali
largamente riconosciuti a livello istituzionale ed internazionale: da qui scaturisce l’inizio del
percorso di riconoscimento politico dello Sport for Development and Peace.
1
Swiss Agency for Development and Cooperation (2005), Sport for Development and Peace, Editore SDC, Zurigo.
2
Ibidem, p.14 .
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2.2 Quadro istituzionale internazionale
Dopo un inizio piuttosto incerto, nel quale lo sport non era usato né in maniera specifica né
sistematica in relazione al suo potenziale, il tema dello Sport for Development ha
recentemente sviluppato una dinamica molto positiva. Il crescente consenso da parte degli
organismi internazionali può essere visto parzialmente nel rapido incremento dei progetti
nei quali si utilizza lo sport per realizzare obiettivi di sviluppo. Il fatto con maggior
evidenza, però, è sicuramente l’aumento considerevole della discussione teorica,
collegato al coinvolgimento del mondo politico-istituzionale. I governi, le organizzazioni
internazionali, le organizzazioni sportive, le ONG, i media, la comunità scientifica ed
economica: sono tutti attori più che mai partecipi e promotori di un vivo dibattito globale
sullo Sport for Development. Lo scetticismo con il quale lo sport veniva accolto nelle sfere
della cooperazione allo sviluppo negli anni passati è stato sicuramente ridotto: la comunità
internazionale, infatti, è più che mai consapevole che lo sport e il gioco possono costituire
un importante contributo al perseguimento di obiettivi globali. Al giorno d’oggi, del resto, è
largamente riconosciuto che lo sport è “una forza positiva con un potenziale che vale la
pena usare negli interessi dello sviluppo e della pace”
3
.
2.2.1 La prospettiva delle Nazioni Unite
Lo sport è riconosciuto e sostenuto dalla comunità internazionale da molto tempo. Già nel
1978 l’UNESCO descriveva lo sport e l’educazione fisica come un diritto fondamentale per
tutti
4
. E’ seguito, però, un periodo nel quale alle dichiarazioni degli organismi internazionali
non veniva dato un risvolto pratico: solo recentemente, infatti, si sono compiuti dei notevoli
passi in avanti dal punto di vista del consenso dell’Onu. Il personaggio chiave nello Sport
for Development and Peace è stato sicuramente Kofi Annan, segretario generale delle
Nazioni Unite dal 1997 al 2006
5
.
Nel 1999 proprio Kofi Annan interviene al Forum Economico Mondiale a Davos (Svizzera):
il suo è un richiamo ad un mondo più giusto e governato dalla pace. L’accento è rivolto alle
sfere politiche, economiche, scientifiche e religiose, ma allo stesso tempo decide di
3
Ibidem, p. 8.
4
Ibidem, p. 9.
5
http://www.un.org/sg/annan.shtml
8
coinvolgere anche il mondo sportivo. Le azioni pratiche, quindi, non tardano ad arrivare,
ed è nel 2001 che Annan nomina lo svizzero Adolf Ogi come suo consigliere speciale su
sport, sviluppo e pace. Ogi ha all’attivo diversi successi nel campo internazionale: per la
prima volta, infatti, il tema dello Sport for Development and Peace viene inserito nelle
agende internazionali sullo sviluppo, mentre cresce anche il consenso degli organismi
come le ONG, i governi, la comunità scientifica e le associazioni sportive.
Successivamente si compie un altro passo in avanti: sempre sotto la direzione di Adolf Ogi
e con la collaborazione del Direttore Esecutivo dell’UNICEF Carol Bellamy, nel 2002 viene
istituita una task force su sport, sviluppo e pace. L’assemblea è costituita da numerosi
rappresentanti delle agenzie Onu, tra le quali l’UNESCO, l’Organizzazione Mondiale della
Sanità, l’UNDP, l’UNICEF, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e il
Programma dell’Onu per l’Aids. Lo scopo è quello di esaminare il ruolo che lo sport può
avere nel raggiungimento dei cosiddetti Obiettivi di Sviluppo del Millennio e soprattutto
incoraggiare il suo uso sistematico nella cooperazione allo sviluppo.
Il 2003 diventa quindi un anno cruciale. Si tiene infatti la prima conferenza di Magglingen
(Svizzera): la direzione è sempre del Consigliere speciale Ogi, con la partecipazione
dell’Agenzia Svizzera per la Cooperazione e lo Sviluppo insieme a rappresentanti delle
Agenzie delle Nazioni Unite, dei governi, e per la prima volta sono presenti anche
personalità del mondo sportivo. Durante l’assemblea si intavola uno scambio di
informazioni e di esperienze, ed il risultato è la “Dichiarazione di Magglingen” firmata nel
febbraio 2003:
“This declaration represents our commitment to sport and development.
While accepting the diversity of sports, we believe it is a human right and an ideal learning
ground for life’s essential skills. We acknowledge the possibilities and values sport offers,
and declare that:
Sporting activity can improve people’s physical and mental health at a low cost, and
is essential for development.
Making physical education and sports a part of the schooling system helps kids
perform better, and improves their quality of life.
Play and recreation can help to heal emotional scars, and overcome trauma for
people in situations of conflict, crisis or social tension.