Introduzione L'innovazione di prodotto e la riduzione del “ time to market ” rappresentano i fattori su cui si
gioca la competitività delle imprese. L'introduzione nel mercato di nuovi prodotti sempre più
concorrenziali ed in tempi ridotti impone l'adozione di una serie di metodologie di Time
Compression Technologies (TCT), la cui integrazione consente di ottenere significative riduzioni
dei costi, dei tempi di ideazione, progettazione ed ingegnerizzazione, contestualmente ad un
miglioramento della qualità, ad un aumento dell'efficienza produttiva ed a una maggiore facilità nel
seguire gli andamenti del mercato.
Tra gli strumenti a supporto delle imprese per affrontare e vincere queste sfide rientrano
tecnologie innovative come l'Ingegneria Inversa ( Reverse Engineering RE), la Prototipazione
Rapida (Rapid Prototyping RP) e la Realtà Virtuale (Virtual Reality RV).
In particolare la Reverse Engineering viene definita come il processo inverso della
progettazione industriale: infatti, mentre nel processo di ingegneria convenzionale l'idea è
sviluppata in ambiente CAD ( Computer Aided Design ) e poi trasformata in un prodotto finito, con
l'impiego dell'ingegneria inversa è possibile ottenere, partendo dall'oggetto reale, una sua
descrizione digitalizzata, tramite l'acquisizione di una nuvola di punti che ne individua la superficie.
Attualmente la Reverse Engineering trova applicazioni in vari campi e settori fra cui:
• Reverse Modeling come strategia progettuale per il design di prodotto;
• controllo qualità dei prodotti;
• reingegnerizzazione di prodotto;
• campo architettonico e della conservazione dei beni culturali;
• campo biomedicale.
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Un tipico modo di procedere dell'ingegneria inversa consiste inizialmente nel misurare in
modo accurato, in un sistema di riferimento, la posizione di un ampio numero di punti della
superficie dell'oggetto in esame, avvalendosi di una strumentazione adeguata in funzione
dell'oggetto stesso e dell'applicazione prevista. Tra le svariate tecniche di acquisizione attualmente
disponibili, i laser scanner sono fra gli strumenti più impiegati, in quanto sono in grado di fornire la
descrizione superficiale di un oggetto sotto forma di una nuvola di punti di densità variabile, in
tempi contenuti e ad alta “precisione”. Naturalmente, i laser scanner, in quanto strumenti di misura,
introducono ad ogni acquisizione errori nella rilevazione dei punti della superficie oggetto di
indagine.
Quindi, in questo elaborato di tesi, sviluppato presso il laboratorio V-Lab ed il laboratorio di
Archeoingegneria CAILab della II Facoltà di Ingegneria dell'Università di Bologna (sede di Forlì),
ci si pone l'obiettivo di analizzare sperimentalmente la componente sistematica dell'errore presente
nelle nuvole di punti (dette anche range map ). In particolare, è stata utilizzata come superficie di
riferimento una lastra di vetro piana, orientata secondo differenti angoli di vista, sfruttando un
dispositivo meccanico appositamente progettato e realizzato nel laboratorio di meccanica della II
Facoltà di Ingegneria di Forlì presso l'hangar dell'aeroporto, con il prezioso aiuto dell'Ing. Paolo
Proli e dei suoi collaboratori. Mediante lo sviluppo di vari programmi in ambiente Matlab , è stata
infine ricavata una matrice di compensazione in grado di minimizzare l'errore sistematico al variare
dei parametri geometrici di acquisizione.
Questa analisi sperimentale si è basata su un primo studio in cui la lastra di vetro e il laser
scanner a triangolazione ottica Minolta Vivid-9i erano stati posizionati paralleli tra loro, cioè in
modo tale che il raggio dello scanner fosse perpendicolare al piano di riferimento della lastra [1].
Con il presente lavoro di tesi si è deciso di ampliare e sviluppare questa sperimentazione,
avendo come obiettivo ultimo l'ottimizzazione delle performances del particolare strumento in uso
nel laboratorio V-Lab, attraverso l'elaborazione dei dati acquisiti mediante opportune matrici di
correzione, anche quando lo scanner si trovi ad operare con diversi angoli di inclinazione rispetto
alla superficie da acquisire, condizione sicuramente più aderente alle situazioni reali, rispetto alla
prima ricerca sopra ricordata.
Nel Capitolo 1 della tesi si presentano le differenti tecniche di Reverse Engineering per il
rilievo delle superfici dell'oggetto di cui si vuole ricostruire il modello digitale. Inoltre, in maniera
dettagliata, si descrive il processo di ingegneria inversa mediante l'uso del laser scanner: partendo
dalla pianificazione delle prese, passando per la fase di acquisizione delle nuvole di punti, fino ad
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arrivare al processo di post-processing delle range map .
Nel Capitolo 2 si tratta la calibrazione di un sensore CCD, interno ai laser scanner,
definendo i principali parametri metrologici che caratterizzano questi strumenti: precisione,
accuratezza e risoluzione, distinguendo quest'ultima in risoluzione orizzontale ed in profondità.
Sempre in questo capitolo si descrivono i principali fattori di incertezza che influenzano le misure
acquisite con i laser scanner: i dati memorizzati dalle scansioni di tali strumenti sono sempre affetti
da un errore, composto dalla componente sistematica e da quella aleatoria.
Nel Capitolo 3 si traccia la metodologia sperimentale originale seguita per compensare la
componente sistematica dell'errore di acquisizione sui dati ottenuti scansionando la lastra di vetro,
inclinata in funzione di 16 casi di variazione dei parametri geometrici α (angolo di longitudine del
piano) e β (angolo di latitudine del piano).
Nel Capitolo 4 si descrivono le fasi di progettazione di dettaglio e di realizzazione del
dispositivo, appositamente ideato per questo lavoro di ricerca, al fine di orientare facilmente,
secondo gli angoli di rotazione desiderati, il piano di test della lastra da scansionare.
Nel Capitolo 5 si analizzano le nuvole di punti ottenute dalla sperimentazione (sia nel caso
in cui il numero di punti sia il massimo possibile (307200), sia nel caso in cui un certo numero di
punti non possa essere acquisito) e si elaborano i dati in modo da ottenere opportune matrici di
correzione Δs per l'errore sistematico nella coordinata Z dei punti delle range map .
Infine, nelle conclusioni, si analizzano i diversi possibili sviluppi futuri di questo lavoro, con
particolare riferimento all'elaborazione delle range map nel caso in cui le particolari condizioni
geometriche di acquisizione non consentano di ottenere in una sola scansione 307200 punti.
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Capitolo 1
Reverse Engineering Con il termine Reverse Engineering (RE) si indica un insieme di tecnologie che consentono,
partendo da un oggetto fisico [2, 3], di risalire alla sua descrizione digitalizzata (figura 1.1). Infatti,
l'esigenza di riprodurre la geometria degli elementi creati manualmente dai modellisti è ormai
sentita nelle moderne infrastrutture produttive che necessitano di un modello CAD 3D accurato, sia
per la fase di prototipazione, sia per i successivi processi di sviluppo e lavorazione: si parla di
Reverse Modeling e trova applicazione prevalentemente nel settore automobilistico e
dell'ergonomia. Come già anticipato nell'introduzione, questo è solo un esempio di possibile
applicazione della RE: quest'ultima fa parte delle Time Compression Technologies (TCT) assieme
alla Virtual Reality (VR) e al Rapid Prototyping (RP) (figura 1.1).
La RE va a stravolgere il vecchio concetto di progettazione in cui, partendo dall'idea di un
nuovo prodotto, si realizzava il modello CAD da cui produrre l'oggetto finale.
Figura 1.1 Integrazione delle Time Compression Technologies [1] 5
Oggetto fisico Modello digitale
Modello virtuale Modello fisico Reverse Engineering (RE)
Virtual Reality (RV)
Rapid Prototyping (RP)
1.1 Tecniche di acquisizione Come si evince dallo schema di figura 1.2, le tecniche di acquisizione dei dati (superficiali o
volumetrici che siano) della forma di un oggetto reale sono svariate ed è facile immaginare come
non sia possibile definire una tecnica migliore delle altre che possa essere applicata in modo
indifferenziato a qualsiasi problema di acquisizione: la pianificazione dello strumento più adatto
all'applicazione prevista è influenzata fortemente dalle caratteristiche dell'oggetto da rilevare.
Figura 1.2 Schema rappresentativo delle varie tecniche di acquisizione con Reverse Engineering [1] Principalmente vengono analizzati i seguenti aspetti:
• complessità della forma dell'oggetto in esame: numero di componenti, presenza di
sottosquadri e buchi;
• possibilità di contatto tra strumento e oggetto;
• interesse per la porzione superficiale o volumetrica del rilievo;
• materiale, dimensioni e volume del misurando;
• caratteristiche superficiali dell'oggetto: riflettività, trasparenza, emissione di luce;
• trasportabilità del misurando o del sistema di scansione;
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• accessibilità delle superfici;
• necessità di acquisire altre caratteristiche come il colore: in alcuni laser scanner, per
esempio, può essere impostata l'acquisizione del dato RGB;
• vincoli sulla precisione, accuratezza e risoluzione (si rimanda alle definizioni del paragrafo
2.2) del dato digitale da ottenere, a seconda dell'applicazione a cui è destinato il modello;
• tempi e costi di acquisizione, nonché budget disponibile.
In generale, la prima macro-classificazione delle tecniche di acquisizione 3D è caratterizzata
dal contatto o meno tra oggetto e sensore di misura.
Nell' acquisizione tramite contatto è permesso il rilievo del pezzo attraverso il contatto
fisico tra la superficie dell'oggetto in esame e i sensori. Questi ultimi sono tipicamente sonde,
costituite da bracci meccanici o catene, la cui posizione nello spazio può essere determinata con
precisione ad ogni istante. Attraverso il movimento della sonda a contatto della superficie
dell'oggetto è, quindi, possibile acquisire dati quantitativi sulla sua forma.
In questa categoria rientrano le Coordinate Measuring Machines (CMM), ampiamente
utilizzate per misure di precisione nell'industria meccanica e i digitalizzatori piezoelettrici.
Nelle CMM, dette più comunemente tastatori, si ha la presenza di una cella di carico come
terminale della sonda che compie sia movimenti verticali lungo l'asse z, arrestandosi in
corrispondenza della superficie dell'oggetto, sia spostamenti orizzontali lungo x e y, impostati
dall'utente in funzione della precisione di scansione desiderata. Le coordinate così acquisite
vengono inviate direttamente ad un opportuno software di gestione (figura 1.3).
Il cuore del digitalizzatore piezoelettrico, invece, è la sonda piezoelettrica: è dotata di un ago
che si muove ad altissima frequenza e invia il segnale acquisito al calcolatore quando varia la sua
frequenza a causa dell'interferenza con l'oggetto. In questo caso le sollecitazioni di contatto sono
praticamente assenti (figura 1.3).
Figura 1.3 A sinistra foto di una CMM e a destra il digitalizzatore piezoelettrico Roland Picza Pix-30
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In generale, questi strumenti hanno lo svantaggio di essere piuttosto lenti, di non fornire le
informazioni sull'apparenza dell'oggetto e di non essere adatti per oggetti molli, consentono però
elevati valori di precisione e risoluzione del dato acquisito, bassi costi e non sono richiesti
trattamenti della superficie del pezzo per evitare riflessioni.
Nell' acquisizione senza contatto , invece, si ottiene il rilievo dell'oggetto senza la necessità
di un contatto fisico diretto e viene realizzata tramite tecniche indirette che richiedono normalmente
l'invio di energia radiante sull'oggetto e la successiva rilevazione dell'energia trasmessa (metodi
trasmissivi) o riflessa (metodi riflessivi).
I metodi riflessivi possono essere ulteriormente suddivisi in sistemi ottici e non ottici
(figura 1.2): fra questi ultimi si citano, a titolo di esempio, gli strumenti dotati di sonar e radar a
microonde, i quali permettono di valutare la distanza tra sensore ed oggetto, andando a misurare il
tempo impiegato dalle onde sonore o dagli impulsi a ritornare al sensore stesso dopo essere stati
riflessi. I sistemi ottici sono certamente molto più diffusi di quelli non ottici e vengono classificati
in sistemi passivi e in attivi.
In particolare, i sistemi ottici passivi (o a luce non strutturata), generalmente, sono basati
sull'acquisizione di molte immagini prese da diversi punti di vista e sulla successiva ricostruzione
del contorno dell'oggetto ripreso ( silhouette ) e, quindi, del modello 3D. Questi sistemi definiscono
le coordinate dell'oggetto soltanto tramite l'uso delle informazioni contenute nelle immagini
acquisite; comune esempio di sistema ottico passivo consiste nella fotogrammetria. Sono
estremamente economici, semplici da usare e producono direttamente un modello completo, di
contro la qualità e l'accuratezza di quest'ultimo può risultare abbastanza bassa per alcune tipologie
di applicazioni.
Per quanto riguarda, invece, i sistemi ottici attivi (o a luce strutturata) sono in grado di
acquisire in maniera rapida e precisa una grande quantità di dati e, grazie a tale enorme vantaggio,
rappresentano attualmente le tecnologie più utilizzate. Sono costituiti da una sorgente e da un
sensore e, mentre la sorgente emette una determinata forma di fonte illuminante, il sensore
acquisisce il segnale di ritorno riflesso dalla superficie dell'oggetto. La sorgente scandisce lo spazio
in modo regolare ed il sistema restituisce una matrice che identifica e invia al calcolatore le
coordinate dei punti rilevati ( range map ) sulla superficie dell'oggetto.
All'interno della tipologia dei sistemi ottici attivi è importante menzionare i sistemi a
triangolazione ottica e i sistemi a tempo di volo [4, 5].
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In particolare, i sistemi attivi a triangolazione permettono di misurare, in pochissimo tempo,
migliaia di dati 3D sotto forma di nuvola di punti x, y, z. Il campo di lavoro di questi sistemi
dipende dalla distanza relativa tra la sorgente e il sensore: normalmente, con una singola presa, si
possono acquisire zone che vanno da poche decine di cm 2
al m 2
. In questi scanner un raggio laser
viene deflesso secondo un passo regolare da uno specchio rotante e inviato verso l'oggetto da
acquisire. Uno o più sensori di immagine a stato solido CCD (Charge-Coupled Device : dispositivo
a carica accoppiata) ricevono il punto o la linea laser che viene riflessa.
Nel dettaglio si ha che lo spot (o lama) luminoso proiettato sulla superficie da misurare
viene visualizzato nell'immagine ripresa dalla camera con uno spostamento p (parallasse) rispetto
alla mezzeria del sensore. Detto z l'asse ottico della camera e x quello passante dalla sorgente e dal
centro di proiezione della camera, sul piano x-z si viene a formare un triangolo tra il punto di
emissione della sorgente, il punto da misurare e la sua proiezione riflessa sul sensore CCD (figura
1.4). Tenuto conto che l'angolo di emissione θ, la lunghezza focale f
0
, la distanza di triangolazione d
(baseline) tra specchio e lente sono noti a priori e l'angolo di riflessione χ si calcola con l'equazione
1.1, allora si riesce, sfruttando relazioni trigonometriche, a ricostruire la geometria dell'oggetto.
(1.1)
Infatti, del triangolo che si crea, nota la distanza d e i due angoli alla base (90°-θ e 90°-χ), si
possono trovare tutti gli altri parametri, tra cui l'altezza z (distanza dell'oggetto dallo scanner,
equazione 1.2) che costituisce il parametro fondamentale per ricavare le coordinate dei punti:
(1.2)
Figura 1.4 Schema di funzionamento del principio di acquisizione per triangolazione (a sinistra)
ed esempio di laser scanner (Minolta Vivid 9i) che sfrutta tale sistema (a destra) [1] 9
0
arctan p f c =
Ł ł tan tan d z q c =
+
Per questa strumentazione, la misura è effettuata mediante un sistema ottico e pertanto
limitata dalle leggi fisiche dell'ottica e della diffrazione: infatti, in genere, la precisione tende a
diminuire con il quadrato della distanza fra lo scanner e l'oggetto. La triangolazione ottica permette
di ottenere delle precisioni sicuramente maggiori rispetto agli strumenti che sfruttano il tempo di
volo, ma sono ottimizzati per portate assai minori e dunque più adatti per applicazioni “very close-
range” di tipo industriale o per oggetti piccoli.
Non meno diffusi sono i laser scanner che basano il loro funzionamento sul sistema a tempo
di volo. In questo caso la distanza fra il centro strumentale ed il primo punto che il raggio incontra e
da cui viene riflesso è determinata, appunto, dalla misura del Time Of Flight (TOF) , cioè il tempo
che intercorre tra l'emissione e la ricezione del raggio laser. Tale impulso, mediante opportuni
sistemi ottico/meccanici in rotazione, viene inviato verso l'oggetto, variando per passi discreti gli
angoli azimutale e zenitale. La distanza, assieme alla conoscenza dei due angoli di emissione del
raggio, consente di determinare per coordinate polari la posizione del punto in questione. All'utente
tali coordinate sono fornite in un sistema cartesiano tridimensionale avente origine nel centro dello
strumento. La precisione di questa tipologia di laser scanner è legata anche alla qualità
dell'elettronica interna che misura il tempo di volo dell'impulso.
Questi scanner sono meno precisi della tipologia precedente, ma permettono di acquisire
superfici più ampie in una singola immagine e la loro portata può variare da poche decine di metri a
qualche chilometro, con un'accuratezza che oscilla, quindi, da qualche millimetro a qualche decina
di centimetri. Infatti essi sono solitamente utilizzati per rilievi architettonici.
Il loro principio di funzionamento di acquisizione della distanza dall'oggetto può essere, in
generale, sintetizzato per punti (figura 1.5):
• un generatore di impulsi elettrici impone periodicamente ad un diodo laser semiconduttore
di emettere impulsi (transmitted pulse), indirizzati e convogliati da una lente di emissione;
• una seconda lente di ricezione capta la parte del segnale di eco del raggio laser riflesso
(reflected pulse) dalla superficie di impatto dell'oggetto, mentre un fotodiodo produce un
segnale di ricezione elettrico;
• l'intervallo di tempo tra il segnale emesso e l'eco del segnale ricevuto è quantificato da un
orologio stabilizzato al quarzo. Il risultato viene trasmesso ad un microelaboratore interno
che, noti la velocità di propagazione dell'impulso c nel mezzo considerato (aria con
c = 3·10
8
m/s) e il tempo di volo Δt , trasforma il dato ricevuto in una misura di distanza
(equazione 1.3).
10
(1.3)
Figura 1.5 Schema di funzionamento del principio di acquisizione a tempo di volo (a sinistra)
ed esempio di laser scanner a TOF (Leica HDS 3000, a destra) [1] Infine, tra i metodi trasmissivi si cita la tomografia computerizzata industriale (Computer
Tomography, CT), tecnica con elevati costi di investimento, ma frequentemente utilizzata nel settore
medico come strumento di indagine.
Al contrario di tutte le tecnologie descritte finora in grado di acquisire solamente il dato
superficiale dell'oggetto, ora, tramite la CT, si può ottenere anche la rappresentazione volumetrica
ad alta risoluzione della densità dello spazio scansionato, intorno e dentro all'oggetto (figura 1.6).
Tale tecnica sfrutta raggi X ad alta potenza e misura l'energia trasmessa attraverso l'oggetto
lungo una serie di piani successivi ( slice ). Questo metodo risulta, quindi, insensibile alle proprietà
di riflessione superficiale dell'oggetto e permette la rilevazione di eventuali cavità interne.
Figura 1.6 Esempio di dati volumetrici acquisiti tramite tomografia computerizzata per lo studio della colonna vertebrale di un paziente 11
2
c t D
D =
Si ha un dispositivo rotante che proietta un raggio X attraverso l'oggetto (figura 1.7) e ne
rileva la struttura mediante una successione di piani paralleli, i quali contengono anche la geometria
interna del solido. In uscita si dispone di immagini a livelli di grigio che rappresentano le varie
sezioni effettuate (figura 1.6). Con pacchetti software dedicati è possibile risalire al modello 3D.
Figura 1.7 Macchinario della Philips per applicare la CT
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