5
Abstract
Contesto di riferimento. Con l’avvento della c.d. “aziendalizzazione” della pubblica
amministrazione, fenomeno etichettato con l’appellativo “new public management” a
livello internazionale, negli ultimi vent’anni gli enti locali hanno visto allargare e
‘sfumare’ i propri confini giuridici ed economici all’interno di società ed enti
partecipati; si sono così venuti a creare i c.d. “gruppi pubblici locali” in cui
l’amministrazione pubblica locale funge da holding.
Problema. In considerazione della quantità e tipologia dei servizi gestiti (energia,
acqua, rifiuti, trasporti, telecomunicazioni, servizi sociali, ecc.) tali aggregazioni
economiche hanno assunto un rilievo tale da richiedere forme di gestione e
rendicontazione dei risultati integrate in ottica di gruppo, facendo emergere, a livello
contabile, la necessità di sviluppare bilanci consolidati. Tanto il sistema dei controlli,
quanto il legislatore nazionale e gli stessi principi contabili nazionali ed
internazionali, prevedono o auspicano l'adozione di bilanci consolidati al fine di
pervenire ad una rendicontazione e gestione economico-patrimoniale-finanziaria
integrata della pubblica amministrazione locale. Se da un lato la letteratura scientifica
e l’operatività ha già trattato, sebbene con esigui risultati, il bilancio consolidato di
tipo economico-patrimoniale, esiste ancora un notevole gap conoscitivo in merito alle
modalità operative per pervenire ad un consolidamento dei conti nell’ottica
dell’informativa contabile utilizzata dagli enti locali: la contabilità finanziaria.
Obiettivo del lavoro. A partire da uno dei documenti contabili già esistenti e previsti
dalle norme di contabilità nazionale ed internazionale, tanto per il settore pubblico
quanto per quello privato, quale è il prospetto impieghi fonti o rendiconto finanziario,
il presente lavoro propone un consolidato in ottica finanziaria. A differenza del
consolidato economici-patrimoniale, il consolidato “finanziario” meglio si adatta alle
attuali disposizioni legislative che regolano le norme contabili degli enti locali, ed è
quindi meglio in grado di rispondere alle necessità di produrre conoscenze utili per il
monitoraggio del mantenimento degli equilibri finanziari complessivi. Il lavoro è
svolto con riferimento al caso del “gruppo pubblico locale” del Comune di Rovigo,
composto da 24 società piø l’amministrazione comunale.
6
Teorie di riferimento. L’analisi si fonda sulla letteratura scientifica e operativa
disponibile in merito al consolidamento dei conti pubblici, e tiene conto della norma
che regola la contabilità degli enti locali (Testo unico degli enti locali D.Lgs. n.
267/2000), il principio contabile per gli enti locali dell’Osservatorio per la finanza e
la contabilità degli enti locali n. 4, e i principi contabili internazioni per le aziende
pubbliche (IPSAS) e private (IAS/IFRS).
Originalità, valore e implicazioni pratiche del lavoro di ricerca. La proposta
elaborata, pur partendo dal prospetto impieghi fonti o rendiconto finanziario, la cui
redazione risulta ancora facoltativa, ne vuole esaltare la valenza, soprattutto con
riferimento ai risvolti di utilizzo contabile per gli enti locali poichØ tale ultimo
documento è l’unico in grado di descrivere efficacemente la dinamica finanziaria di
un’azienda ed anche attribuendo allo stesso, la duplice veste di analisi dei flussi
finanziari consolidati, con le implicazioni che ne possono scaturire. Le stesse regole
che governano la redazione del bilancio consolidato previsto dalle norme contabili
per le aziende private, sono applicate al documento proposto, attraverso le opportune
operazioni e rettifiche di consolidamento, scontando anche la mancanza di dettagliate
informazioni sui rapporti di credito, debito, costo e ricavo, sia da parte dell'ente
comune che da quella del variegato mondo delle imprese di servizi pubblici locali.
7
INTRODUZIONE
Da diversi anni il fenomeno delle esternalizzazioni dei servizi pubblici locali si va
sempre piø consolidando e, nonostante i diversi interventi legislativi di riforma
succedutisi dagli anni novanta fino ai nostri giorni, che saranno sommariamente
ricordati nel presente lavoro, il fenomeno mostra ancora vitalità e consistenza,
soprattutto negli ultimi tempi a livello di aggregazione, di vario tipo (orizzontale,
verticale, diversificazione dei servizi), fra le diverse entità societarie, partecipate in
varia misura dagli enti locali, localizzate negli stessi ambiti geografici o anche in
diverso contesto regionale
1
. Servizi pubblici locali che vanno sempre piø considerati
come risorse significative all’interno di un contesto economico piø ampio non solo
perchØ i valori economici registrati rispetto ai mercati di local utility presentano una
discreta incidenza sul PIL nazionale, ma soprattutto perchØ il settore produce una
ricchezza di cui le amministrazioni pubbliche beneficiano in diverse occasioni e sotto
molteplici aspetti. Ad esempio nel 2006, nelle cinque piø grandi città italiane sono
stati distribuiti 220 milioni di euro per dividendi relativi alla partecipazione degli
stessi comuni al capitale sociale di società incaricate della gestione di servizi locali
2
.
La conferma della crescita del valore di tali società rispetto ad altri comparti
economici è visibile, anche, nel mercato borsistico, dove, quasi sempre, le
performance fatte registrare da alcune delle società di servizio pubblico quotate in
borsa sono state ampiamente superiori all’incremento registrato dagli indici specifici
di misurazione, come ad esempio, il Mibtel. Altra nota di rilievo è che i servizi
pubblici operano anche come fattore di sviluppo per i territori e le economie locali.
Gli addetti delle aziende di servizio pubblico locale sono in tendenziale crescita; le
sole società di servizi attive nelle 14 città metropolitane italiane hanno
complessivamente impegnato, negli ultimi anni, una quota di circa un miliardo di
euro in investimenti per lo sviluppo del territorio e del sistema economico locale.
1
Da ultimo, ma solo in ordine di tempo, ricordiamo la fusione di Enìa in Iride, operativa dal 1° luglio
2010, con la nascita di Iren, multiutility dei servizi acqua, gas, energia, ambiente, operante fra
Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna con oltre 80 comuni come soci di controllo, fra cui Genova,
Torino, Parma, Piacenza, Reggio Emilia.
2
Cfr. Unioncamere, Le società partecipate dagli enti locali. Rapporto 2007, Roma, Retecamere, 2008,
ISAE, Finanza pubblica e Istituzioni, Isae, Roma, 2007, Publica.
SWG, I servizi pubblici locali e il loro valore per il territorio. Le esperienze nelle 14 aree
metropolitane, a cura di E. Risso, 2006.
B. Bortolotti, L. Pellizzola, C. Scarpa, Il governo locale azionista: proprietà, controllo, efficienza nei
servizi pubblici locali, in www.astridonline.it.
8
Vi è da sottolineare, comunque, un dato negativo: le performance positive evidenziate
si attenuano significativamente e in alcuni casi anche si invertono se il fenomeno dei
mercati di public utilities viene visto con riferimento alle regioni meridionali.
Nonostante questa anomalia, esperti e osservatori del settore in piø occasioni hanno
ricordato con forza che la presenza di servizi pubblici efficienti aumenta il vantaggio
competitivo dei territori e la loro capacità di attrarre investimenti. A loro volta, le
aziende che gestiscono tali attività intervengono direttamente nei processi di
ammodernamento e innovazione dei territori, con la conseguenza di stimolare
ulteriori iniziative di crescita locali.
Esiste, tuttavia, un altro importante profilo che merita di essere richiamato. Se
intendiamo il servizio pubblico come risorsa economica esso assume un diverso
significato a seconda che lo si guardi dalla prospettiva del privato o del pubblico: per
i privati operatori si tratta di una risorsa economica da contendere ai mercati pubblici
e affidare definitivamente alle logiche della concorrenza e del profitto, sia pur
temperate dal rispetto di obblighi di servizio e della regolazione amministrativa
dettata dagli enti preposti al governo del settore; per i pubblici poteri è una risorsa
ancora da trattenere sotto l’influenza ed il dominio istituzionale e, soprattutto, da
sfruttare il piø possibile per la realizzazione di economie da reinvestire nelle altre
politiche pubbliche.
Il quadro che ne scaturisce mostra forti elementi di criticità e complessità per gli enti
locali coinvolti che devono perseguire e gestire un bilanciamento tra esigenze e ruoli
diversi; infatti devono governare le loro società rispettando vincoli di legge e di
bilancio e con ruoli di gestione “indiretta” o di “holding” rispetto al ruolo di
“regolatore”, in considerazione del fatto che hanno abbandonato quello di “erogatore
diretto”. Questa complessità è stata, inoltre, accentuata dal trend normativo, che ha
visto il legislatore produrre diversi e continui processi di riforma dei servizi pubblici
locali ed emanato norme con il chiaro fine di disciplinare lo specifico campo delle
partecipazioni. Dal un lato, quindi, la necessità di strutturare forme di controllo per
monitorare: spese, efficienza, efficacia, efficienza, qualità, accountability e dall’altro i
vincoli sempre piø stringenti, imposti dal legislatore nazionale, sull’utilizzo del
modello societario da parte degli enti territoriali, con numerose disposizioni dirette a
disciplinarne il fenomeno, perlomeno sotto il profilo della finanza pubblica.
Ed è proprio il rispetto, introdotto con la legge finanziaria per l’anno 1999, del “Patto
di stabilità interno”, che sostanzialmente prevede dei limiti all’attività finanziaria sia
9
delle regioni che dei comuni e delle province e l’introduzione, con la finalità di
verificare il rispetto dei parametri finanziari comunitari, di un conto economico
consolidato che dovrebbe sommare i risultati finanziari di tutte le amministrazioni
pubbliche, individuate dall’Istat e inserite in un apposito elenco che deve essere
pubblicato ogni anno
3
. Il problema è che tale conto consolidato non comprende la
totalità del variegato mondo delle società di servizi pubblici locali per cui il rischio
concreto è che un’ampia realtà di organismi partecipati a livello territoriale rischiano
di sfuggire ad ogni controllo e verifica esterna in ordine alla loro effettiva situazione
finanziaria e patrimoniale. Quindi la mancata considerazione dei risultati delle
partecipate insieme con quelli dell’ente pubblico proprietario comporta la possibilità
che si creino situazioni occulte di debito che, prima o poi, finiranno col gravare sulla
collettività e sul mancato rispetto degli impegni che l’Italia, con l’art. 104 del Trattato
di Maastricht, ha assunto nei confronti dell’Unione Europea e degli altri Stati europei.
In relazione alle motivazioni sopra esposte che hanno contribuito alla scelta di
approfondire, con il presente lavoro di tesi, il complesso e variegato fenomeno della
governance delle società e dei servizi pubblici locali, l’obiettivo che si vuole
raggiungere è quello di arrivare a definire non un nuovo “modello” contabile di
bilancio consolidato, peraltro le cui linee sono già state delineate da principi contabili
internazionali (IPSAS, per il settore pubblico e IAS-IFRS per quello privato) e
nazionali (Ministero dell’Interno – Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti
locali), ma un “sistema integrato e consolidato fra bilanci pubblici locali e sistemi di
bilancio applicati in ambito societario”.
Seppur con i limiti già evidenziati da esperti e dalla dottrina, oltre che dai casi
concreti, circa l’utilizzo del sistema di contabilità finanziaria degli enti locali, stante
l’attuale legislazione e norme specifiche in materia, questa sembra essere una
concreta possibilità da esplorare ed applicare, quantomeno per “avviare” un percorso
fattibile e concreto in vista dell’utilizzo di diversi sistemi contabili, piø “completi” dal
punto di vista della rappresentazione dei fatti e decisioni aziendali e della
dimostrazione dei risultati nel tempo.
Non dimentichiamo che la previsione di un utilizzo piø stringente del bilancio o
rendiconto consolidato dell’ente locale è stata fortemente chiesta dalla Corte dei
Conti e diverse sono le pronunce in merito adottate dalla stessa nel senso
3
Art. 1, comma 5 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
10
dell’imprescindibilità di un consolidamento dei conti (si veda da ultimo Delibera Sez.
reg. Piemonte n. 14/2010 e Relazione al Parlamento sul fenomeno delle
partecipazioni in società ed altri organismi da parte di Comuni e Province, approvata
con delibera della sez. Autonomie n. 14/2010), mentre sono recenti le disposizioni
legislative, già approvate o in itinere che prevedono l’adozione del bilancio
consolidato pubblico anche al livello locale
4
.
Significativo, a tal proposito è il richiamo all’utilizzo della contabilità finanziaria da
parte della sezione autonomie della Corte dei Conti che, nella citata relazione
esprime: “Sotto il profilo del modello contabile, se da un lato appare evidente un
chiaro riconoscimento da parte del legislatore della maggiore adeguatezza di quello
di contabilità generale a rispondere alle esigenze di accountability del gruppo ente
locale, anche in termini di consolidabilità dei conti, non può non essere considerata
l’ulteriore valenza informativa che connota i documenti contabili di tipo finanziario
adottati in ambito pubblico, elaborati allo specifico fine di dare evidenza alla misura
ed alle variazioni delle risorse finanziarie, allo scopo, oltre che di dimostrare il
rispetto dell’equilibrio finanziario, anche di consentire la verifica del rispetto del
sistema dei vincoli imposti dalla normativa. Estendere anche alle società pubbliche
la previsione di consuntivi finanziari renderebbe piø chiaramente leggibili le origini
e gli effetti dei flussi finanziari all’interno della gestione societaria, oltre che
immediatamente verificabile il rispetto dei vincoli finanziari imposti alla finanza
pubblica (es. in materia di indebitamento o di patto di stabilita). Ad esempio, dal
consuntivo finanziario potrebbe immediatamente percepirsi se la gestione corrente
assorbe debito, laddove sia sostenuta da risorse finanziarie e l’indebitamento sia
l’unica fonte delle risorse stesse. Inoltre, la visione consolidata dei conti anche in
termini finanziari sarebbe particolarmente utile per dare evidenza alle voci che
assumono rilevanza ai fini del rispetto del patto di stabilita”.
A rafforzare ultimamente il disegno che l’armonizzazione dei bilanci di regioni ed
enti locali possa essere uno snodo cruciale, anche, nel processo di attuazione del
4
Si vedano in proposito l’art.2, lett. h) della legge 42/2009 relativa all’adozione del bilancio
consolidato da parte delle autonomie territoriali e locali, e della delega contenuta nell’art. 2 della legge
di contabilità e finanza pubblica 31 dicembre 2009, n. 196 relativa all’adozione del bilancio
consolidato delle amministrazioni pubbliche con i propri organismi partecipati, secondo uno schema
tipo definito dal Ministero Economia e Finanze, d’intesa con i Ministeri interessati, oltre ai disegni di
legge relativo al nuovo Codice delle Autonomie e quello recante “Disposizioni per la prevenzione e la
repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.
11
federalismo sia per consentire l’afflusso di informazioni omogenee e confrontabili tra
loro ai fini della definizione dei fabbisogni degli enti, sia per allineare la contabilità di
secondo livello alle nuove regole dettate per lo Stato, vi sono le previsioni inserite in
uno schema di decreto governativo in via di approvazione da parte del Consiglio dei
Ministri
5
. Questa esigenza di armonizzazione dei bilanci pubblici era anche emersa
nel corso di un’audizione del ragioniere generale dello Stato, ai primi di ottobre u.s.,
dove i deputati e senatori avevano sottolineato come l’assenza di criteri predefiniti ed
uniformi nell’attuale redazione dei bilanci degli enti territoriali renda complesso o
quasi del tutto impossibile il processo di definizione dei loro fabbisogni di spesa. Tre
i cardini su cui si fonda lo schema di decreto cui sta lavorando l’esecutivo: l’adozione
di comuni schemi di bilancio articolati per missioni e programmi; l’introduzione di un
conto consolidato con aziende e organismi controllati dalle pubbliche
amministrazioni; l’armonizzazione dei termini di presentazione e approvazione degli
atti in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della
finanza pubblica. A questi si dovranno aggiungere pochi e sintetici principi contabili
(pareggio finanziario, imparzialità e la coerenza dei dati) tali da definire con certezza,
ad esempio, cosa si intende per cassa, competenza o struttura del patrimonio.
L’altro passaggio chiave è indicato nel capo 4: l’introduzione di un bilancio
consolidato che comprenda anche le aziende controllate dagli enti, strumento quindi
per risolvere le diverse «anomalie» nella contabilità. Il primo passo sarà la
definizione del «perimetro di consolidamento» cioè chiarire che tipo di società
controllate andranno ricomprese a bilancio.
Sulla base, pertanto, degli obiettivi che ci si pone, il presente lavoro è stato strutturato
in cinque macro-aggregazioni sviluppate in altrettanti capitoli.
Nel primo capitolo verrà esaminata la genesi della privatizzazione ed il connesso
processo di riforma dei servizi pubblici locali, elencando e dettagliando i contenuti
dei vari provvedimenti legislativi attuati dal legislatore nazionale, arrivando fino
all’ultimo operato con l’art. 23-bis della legge 133/2008 e 166/2009; in questo
contesto sarà anche affrontato il fenomeno della nascita e crescita dei «gruppi
pubblici locali» e delle connesse problematiche di governance e controllo.
5
Il Sole 24 Ore del 12 ottobre 2010: “Bilanci consolidati per le Regioni. Federalismo. Pronto il decreto
sui criteri per l’armonizzazione: conti articolati per missioni e programmi”, di Eugenio Bruno e Marco
Nobili.
12
Posto che il tema centrale si basa sulla formulazione di una proposta di bilancio
consolidato “finanziario”, ci è sembrato doveroso, al capitolo secondo, esporre una
breve sintesi delle regole di funzionamento della contabilità pubblica degli enti locali,
enti di riferimento e ai vertici dei gruppi pubblici locali e proprio per questo soggetti
che si trovano o che aspirano a divenire essi stessi capogruppo delle holding di
imprese dagli stessi controllate o solamente partecipate, a volte e molto di frequente,
assieme ad altri soggetti pubblici locali.
Nel terzo capitolo si illustreranno i diversi concetti di bilancio consolidato, quanto a
definizione, utilizzo, struttura, teorie, tecniche e regole di consolidamento; i
riferimenti saranno verso basi normative nazionali (D.Lgs. n. 127/1991), principi
contabili nazionali (Principio contabile n. 17) e, per le aziende pubbliche, gli articoli
152 e 230 del Testo Unico Enti Locali (D.Lgs. n. 267/2000), il Principio contabile per
gli enti locali n. 4 e i principi contabili internazionali per il settore pubblico
(International Public Sector Accounting Standard – IPSAS n. 6, 7 e 8).
Nei capitoli quattro e cinque, invece, si formalizzerà la proposta del presente lavoro,
che consiste nell’utilizzo ed esame di uno strumento contabile, quale è il rendiconto
finanziario di matrice privatistica - civilistica, derivazione del prospetto impieghi e
fonti che a sua volta evidenzia le variazioni endogene ed esogene del capitale
circolante netto, che si sono manifestate da un esercizio all’altro e costruendo attorno
a questa ipotesi, l’analisi per flussi, la proposta di “consolidare” i conti delle
partecipate con quelli dell’ente locale, oltre alla proposta ed analisi di ulteriori indici
(indebitamento, spese per il personale) relativamente alla realtà del Comune di
Rovigo ed alle aziende partecipate e/o controllate dallo stesso ente locale.
13
Capitolo Primo
EVOLUZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI E DEL GRUPPO PUBBLICO
LOCALE IN RELAZIONE ALLE STRATEGIE DI GOVERNANCE, TRA
ESIGENZE DI COMPETITIVITA’E VINCOLI DI FINANZA PUBBLICA
Premessa
Negli ultimi anni i servizi pubblici locali hanno conosciuto una profonda fase di
cambiamento segnata da continui interventi normativi e giurisprudenziali nazionali e
comunitari.
Affrontare oggi questo complesso e variegato sistema economico locale cercando di
esprimere le proprie opinioni o quantomeno portare il proprio contributo di idee ed
esperienze non è certamente agevole, posto che il susseguirsi continuo di
“aggiustamenti” normativi, il piø delle volte dettati da eventi esterni quali sono state
le stringenti norme e sentenze comunitarie in materia, delinea un quadro in continua
evoluzione.
Ma il tema è certamente di quelli che possono appassionare per i suoi riflessi
“sociali”, riferito cioè a tutta quella tipologia di servizi che quotidianamente tutti noi
utilizziamo: tutti i giorni dell’anno, infatti, produciamo rifiuti che devono essere
raccolti e smaltiti, tutti i giorni utilizziamo una preziosa fonte energetica quale è ad
esempio il gas, quotidianamente facciamo uso, piø o meno consapevole, di un bene
pubblico come l’acqua e la gran parte della popolazione utilizza i trasporti pubblici
per la propria mobilità, o si muove utilizzando i propri mezzi privati su strade
pubbliche urbane, solo per citare alcuni fra i piø conosciuti ed importanti servizi
pubblici locali.
E, tuttavia, per l’utilizzatore deve essere una cosa naturale il poter disporre di una
vasta gamma di servizi e considerare gli stessi alla stregua di un bene primario del
quale è impossibile farne a meno, ma del quale si pretende, giustamente, la migliore
qualità possibile, la piø ampia disponibilità e, possibilmente, di poterne usufruire al
minor costo possibile.
Probabilmente questi erano le motivazioni al centro della strategia che ha
accompagnato la volontà del precedente Governo Prodi verso una seria prospettiva di
riforma e ciò traspariva, anche, dalla relazione al disegno di legge delega AS 772 (piø
comunemente chiamato “disegno di legge Lanzillotta”, dal cognome dell’ex ministro
per gli affari regionali e autonomie locali) “Delega al Governo per la riforma dei
14
servizi pubblici locali” (presentato il 7 luglio 2006), nel testo proposto dalla
Commissione Affari Costituzionali del Senato per l’Aula che ne aveva iniziato
l’esame in data 2 agosto 2007, dove si evince che “Il processo di modernizzazione del
Paese passa attraverso un regime della concorrenza piø maturo che ponga al centro
dell'attenzione il miglioramento dei servizi per i cittadini ed un abbassamento dei
costi che favorisca la competitività del nostro Paese ed aumenti il potere d'acquisto
delle persone attraverso il risparmio nella spesa”.
Ed è proprio nelle finalità del decreto che si rimarca la volontà di “favorire la piø
ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera
prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di
servizi di interesse generale di rilevanza economica in ambito locale, nonchØ di
garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi
pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, assicurando un adeguato
livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e
leale collaborazione”, oltre ad “assicurare la soddisfazione dei bisogni degli
appartenenti alla popolazione locale, in condizioni di generale accessibilità fisica ed
economica, di continuità e non discriminazione e ai migliori livelli di qualità e
sicurezza”.
E’ noto che tale d.d.l. è decaduto insieme alla fine anticipata della XV Legislatura (28
aprile 2006 – 28 aprile 2008) ma, con la nuova legislatura sono ripartite le iniziative
di riforma; l’On. Lanzillotta ha ripresentato il 9 maggio 2008 il d.d.l. sopra ricordato;
il nuovo d.d.l. Lanzillotta n. 948 ricalca quello precedente presentato dalla medesima
parlamentare senza le modificazioni volute dall’estrema sinistra e con diversi
miglioramenti anche formali. Nella relazione che accompagna il d.d.l. la parlamentare
richiama il pressochØ generale consenso sulla necessità e sull’urgenza di varare la
riforma dei servizi pubblici locali e rileva che “resta da capire se queste disponibilità
annunciate si trasformeranno in concreti comportamenti parlamentari e se questa
riforma potrà rappresentare un importante tema di intesa bipartisan”.
Il Governo attuale è poi intervenuto per disciplinare la materia prima con un d.d.l. di
delega, poi con una proposta di emendamento presentata in sede di conversione del
decreto legge 112 del 25 giugno 2008 (legge 6 agosto 2008, n. 133) contenente
disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, attraverso
15
l’inserimento (articolo 23 bis) di alcune norme che riguardano il riordino della
normativa dei servizi a rilevanza economica.
Quest’ultima modifica legislativa al settore dei servizi pubblici locali è stata a sua
volta oggetto di ulteriori modifiche attraverso il decreto legge 25 settembre 2009, n.,
135 (art. 15), convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 166 e del relativo
regolamento di attuazione approvato con il D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168.
Ma anche nel 2006 e nel 2007 si è visto il legislatore impegnato sul fronte dei servizi
pubblici locali, forse anche con profili di giusta od ingiusta ingerenza che sono da
discutere e verificare, nell’ambito della definizione delle leggi finanziarie per il 2007
6
con disposizioni stringenti in materia di compensi, numero e nomina degli
amministratori di società partecipate da enti locali e della legge finanziaria per il
2008
7
con disposizioni: a) relative alla la riduzione dei componenti degli organi
societari delle società in mano pubblica e pubblicità delle consulenze delle
amministrazioni pubbliche statali; b) in materia di arbitrato per le pubbliche
amministrazioni, gli enti pubblici economici e le società pubbliche; c) indicando
limiti alla costituzione e alla partecipazione in società delle amministrazioni
pubbliche; d) ponendo limiti agli emolumenti e compensi ai manager pubblici,
consulenze e coperture assicurative per responsabilità contabili.
Anche i preoccupanti allarmi della Corte dei Conti, nel corso dei suoi controlli ai
sensi dell’art. 1, commi 166 e seguenti della finanziaria 2006
8
, hanno spesso
dimostrato un quadro non positivo dell’andamento delle società controllate o
partecipate.
E’interessante notare, anche in considerazione del caso sviluppato nel presente
lavoro, come la Corte dei Conti - Sezione regionale di controllo per il Veneto, nella
delibera n. 89/2006 relativa all’esame della relazione sul bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario 2006 redatta dall’organo di revisione del Comune di Rovigo,
oltre ai rilievi mossi con riferimento al rispetto dei stringenti vincoli del Patto di
stabilità interno, ha altresì evidenziato che nei tre esercizi precedenti vi sono state
aziende, istituzioni o società partecipate con quote superiori al 10% che hanno chiuso
6
Legge 27 dicembre 2006, n. 296 commi 725 e seguenti, pubblicata nella G.U. n. 299 del 27/12/2006
S.O. n. 244
7
Legge 24 dicembre 2007, n. 244 art. 3, commi 12-18, 19-23, 27-32, 43-58, pubblicata nella G.U. n.
300 del 28/12/2007 S.O. n. 285
8
Legge 23 dicembre 2005, n. 266 art. 1, commi 166 e seguenti, pubblicata nella G.U. n. 302 del
29/12/2005 (controlli sui bilanci di previsione e conti consuntivi degli enti locali per il rispetto del
Patto di Stabilità interno).
16
in perdita; nell’analizzare poi questo particolare profilo, oggetto di istruttoria, il
giudice contabile ha evidenziato che sempre piø spesso gli enti locali ricorrono a
moduli organizzativi privatistici per la gestione dei servizi pubblici locali ma è
necessario ricordare che gli amministratori sono pienamente responsabili delle scelte
operative effettuate, nei confronti della tutela del patrimonio della collettività, nel
quale, ovviamente, rientrano anche le azioni (n. 16.621) e le quote societarie
(17,49%) sulle quali essi hanno pregnanti doveri di vigilanza. Il caso in questione
riguardava la Società Polesine Servizi S.p.A., gestore del servizio idrico integrato per
tutta la provincia di Rovigo ed anche per altri due comuni fuori provincia, in quanto
la stessa aveva riportato nel bilancio 2004 una perdita di € 22.159,00 (preludio alla
chiusura del 2005 con ben € 2.829.597 di perdita d’esercizio).
La magistratura contabile ha poi sottolineato, in una sorta di “analisi progettuale”, che
il modulo organizzatorio prescelto per la gestione dei servizi pubblici locali,
rappresenta il mezzo attraverso il quale si cerca di realizzare le politiche pubbliche
che rappresentano le risposte a specifici problemi considerati di rilevanza pubblica;
questo comporta che valutare una politica pubblica vuol dire analizzare se l’azione
intrapresa, per ciò che attiene all’interesse collettivo, abbia o meno ottenuto i risultati
desiderati ed attesi, ed inoltre comporta l’espressione di un giudizio sullo scostamento
che di solito si verifica, per proporre eventuali modifiche che tengano conto della
potenzialità manifestatesi. Attraverso poi l’introduzione del principio di sussidiarietà
orizzontale è avvenuto, a pieno titolo, il riconoscimento del “soggetto privato” quale
soggetto attivo nel perseguimento di fini di interesse generale ed, in conseguenza,
l’ente locale è divenuto “amministrazione aperta” in quanto integra soggetti e livelli
istituzionali in un sistema di governance in cui si lascia spazio al privato ove questi
può agire e fare meglio, sia pure in un rapporto di stretta convenienza per l’ente. E’
ormai ampiamente riconosciuta l’odierna esigenza di contenimento dei costi pubblici
assieme alla diminuzione dei trasferimenti erariali ed alla necessità di soddisfare
bisogni sempre piø crescenti e sofisticati, imponendo il necessario cambiamento delle
modalità gestionali degli enti pubblici, rendendo quindi utilizzabili per gli stessi gli
strumenti e le metodologie tipiche del mondo privatistico. Ma non bisogna
dimenticare che nel contemperare gli interessi tra il soggetto pubblico e quello
privato, l’amministrazione deve garantirsi l’acquisto di livelli di qualità e di costo del
servizio con un deciso orientamento all’outcome o risultato finale ed alla governance
dell’intero processo. Infatti la differenza sostanziale tra un contratto di
17
esternalizzazione ed un normale contratto di fornitura e servizi, consiste
essenzialmente nell’attivazione di una partnership cliente-fornitore che vede l’ente
locale quale centro di acquisto responsabile della verifica di qualità delle prestazioni,
del controllo strategico e della valutazione della performance e che riconosce
l’autonomia imprenditoriale del fornitore in merito alla individuazione delle modalità
piø opportune di offerta ed introduzione di innovazioni.
Quello che piø interessa in questo contesto, ha rilevato la Sezione regionale della
Corte dei Conti, è il modulo organizzatorio prescelto dall’ente per la gestione dei
servizi pubblici locali in relazione al suo impatto sul bilancio dell’ente stesso; questo
in quanto il rispetto dell’ordinamento finanziario e contabile, nella redazione dei
bilanci, deve essere sostanziale e non formale e come tale deve essere il rispetto dei
vincoli posti a tutela della finanza pubblica, per cui vanno adeguatamente monitorati
e controllati tutti i fenomeni gestionali che hanno, o possono avere, un impatto sugli
equilibri di bilancio al fine del raggiungimento dell’obiettivo fondamentale dello
stesso bilancio pubblico e cioè il raggiungimento dell’equilibrio economico a valere
nel tempo. Per questo è importante rilevare i risultati delle società partecipate, proprio
per desumere informazioni sulle passività potenziali derivanti da risultati negativi ad
esse imputabili, sulla necessità di ricapitalizzazioni e sulla dipendenza della gestione
di queste società da contributi in conto esercizio ed in conto capitale da parte dell’ente
locale (ripiano perdite, versamenti dei soci, in conto capitale ed in conto esercizio,
distinzione tra contributo e corrispettivo specialmente ai fini del computo del patto di
stabilità interno dell’ente). E sul punto la Corte osserva che in caso contrario l’ente
potrebbe trovarsi, contemporaneamente, da una parte, in una situazione di sostanziale
pareggio di bilancio ed apparente sana situazione finanziaria e, dall’altra, avere
situazioni di debito occulto in grado di minacciare la tenuta degli equilibri anche se
formalmente tutti i vincoli appaiono rispettati.
Sempre la Corte dei Conti, ma questa volta quella della sezione regionale della
Lombardia, fra l’inizio e la fine del 2008, ha analizzato i bilanci delle società di
servizi pubblici partecipate dai comuni con piø di 5.000 abitanti e dalle province ed è
emerso che un terzo di queste società ha i bilanci in perdita; la sezione lombarda,
aprendo un filone che probabilmente funzionerà da modello anche per le altre regioni,
ha deciso di passare al setaccio le partecipazioni societarie di comuni e province e ha
scoperto che dietro ai colossi, che ripropongono modelli di gestione di società di
capitali quotate in borsa come A2A Spa, protagonisti delle fusioni che stanno
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ridisegnando la “prima linea” dei servizi pubblici locali, negli enti sopra i 5 mila
abitanti c’è un dedalo di 584 società, per il 25% partecipate interamente dal solo ente
che le ha costituite.
Anche per le altre, comunque, l’apertura del capitale non appare ai primi posti in
agenda; le partecipazioni maggioritarie sono 92 e solo 40 sono le realtà che riescono a
superare i confini della provincia di appartenenza. Ma, quel che piø conta, le società
sono tantissime (una media di 1,3 per ente) e in 181 hanno chiuso l’esercizio 2005
con i bilanci in rosso; in 14 casi si affaccia un numero negativo anche nel patrimonio
netto; tra il 2006 e il 2008, poi, gli enti pubblici hanno trasferito quasi un miliardo di
euro alle società partecipate; il dato, che ovviamente comprende voci diverse fra loro,
dai corrispettivi dei servizi alla cessione di crediti fino alle ricapitalizzazioni, emerge
dalla relazione che la sezione regionale ha redatto a fine 2008 e denuncia, in maniera
evidente, il peso economico assunto dalle partecipate, che anche in Lombardia mostra
crepe importanti, aperte da realtà che presentano difficoltà economiche e finanziarie
crescenti e che, ovviamente, finiscono per pesare sui comuni proprietari.
Le società passate al vaglio dai magistrati contabili lombardi sono 513 (divise fra 450
enti locali) e sono 176 (piø di una su tre, dunque) ad aver chiuso almeno un bilancio
in perdita nel biennio 2006/2007; in 53 hanno mantenuto i conti in rosso sia nel 2006
che nel 2007, e la metà di loro ha visto peggiorare il proprio passivo nel corso del
tempo. Nello stesso periodo sono 64 le società per le quali è stato deliberato un
aumento di capitale, 33 i casi di ricapitalizzazioni e 8 i casi estremi in cui il segno
meno accompagna anche il patrimonio netto.
1.2 – La genesi della “privatizzazione”
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Ecco quindi che l’importanza di un intervento specifico nell’ambito dei servizi
pubblici locali (nel seguito Spl) è testimoniata dal fatto che una migliore gestione è in
grado di determinare minori costi per la cittadinanza e pertanto un migliore indirizzo
degli investimenti per lo sviluppo del territorio.
Il sistema delle cosiddette public utilities si è trovato al centro di un percorso di
trasformazione che lo ha coinvolto, non solo dal punto di vista della titolarità
amministrativa - attraverso il ridisegno della governance societaria - ma anche, e
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Le sezioni da 1.2 a 1.4 sono in gran parte tratte da: Padovani E. (2005), Il governo dei servizi pubblici
locali in outsourcing, Milano, FrancoAngeli.