L’ATTIVITÀ NEUROPSICOFISIOLOGICA NELLA TESTIMONIANZA E NELL’INTERROGATORIO GIUDIZIARIO
Introduzione
Tesi di laurea specialista in Psicologia criminale di Giuseppe Valerio Savarese – L ’ Aquila, 22 luglio 2011 Pag. 4
INTRODUZIONE
“Ciascuno di noi vive nell’universo nella prigione del proprio cervello. Dal
cervello partono milioni di fragili fibre nervose sensorie che hanno la straordinaria
capacità di saggiare le condizioni di energia del mondo intorno a noi: calore, luce,
forza e composizione chimica, solo questo possiamo sapere direttamente dal mondo e su
questo complesso ciascuno di noi costruisce la propria visione intima e personale
dall’interno”.
Questa citazione, sul fatto che tutti noi viviamo nella prigione del nostro
cervello, è del neurofisiologo Vernon Mountcastle,
1
l’ha scritta molti anni fa ed è
praticamente questo il punto di partenza per demolire gli assunti percettivi di un
cervello ingannato delle innumerevoli trappole cognitive o tranelli logici in cui si
imbatte. Molti di noi sanno di poter contare su una mente dotata di una decente
capacità di rispondere alla sfide che pone la realtà, ma anche soggetta agli
inganni tesi dal mondo dei sensi, cioè dal modo in cui si presentano molte
situazioni e dal modo in cui viene presentato un problema, poiché la logica
interna di un problema può sviarci e innescare nella nostra mente una risposta
inadatta, oppure intrappolarla in un circolo vizioso o nasconderla in una
soluzione ovvia. Bisogna imparare a osservare, cogliere dei nessi logici, evitare
quelle trappole che derivano dal fatto che ciò che è vicino ai sensi ci appare
anche vicino alla logica, mentre così non è! Le stesse decisioni, infatti, sono
soggette a trappole cognitive, emotive e sociali in cui può cadere ognuno di noi
quando opera una scelta e decide, per questo è importante imparare a
scegliere in autonomia per evitare che siano gli eventi o gli altri a farlo per noi.
Ho preferito iniziare con la citazione di Mountcastle perché ritengo che
trovi riscontro a questi miei anni di studio scientifici sul funzionamento della
psiche e sul comportamento umano. Gli approfondimenti sulla psicologia mi
hanno fatto convergere su considerazioni che per alcuni suonano
1
Vernon Mountcastle - The View from Within: Pathways to the Study of Perception - 1975
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tremendamente angosciosi, e cioè, che comunque la si pensi, quel che certo è
che tutti i fenomeni che abbiamo sempre attribuito all’anima, le emozioni, la
moralità, il ragionamento, la percezione, l’esperienza, sembrano derivare solo
ed esclusivamente dalle attività dei tessuti cerebrali.
“Il cervello è fisica e chimica, e le conseguenze di questi processi fisico-
chimici sono i pensieri, i comportamenti, le idee, ed alcuni di questi sono molto
inquietanti, come il carattere inevitabile della morte. Tutti sono interessati ad
essa e stentano ad accettare che tutto finisca lì, ma in effetti gli atomi si
disgregano e se come dice Carl Zimmer
2
, che anche l’idea dell’Io è connaturata
alla struttura cerebrale, allora anch’essa si distrugge gradualmente a mano a
mano che il cervello si spegne, come avviene nei malati di alzhaimer.
Assistendo a questo processo è impossibile illudersi che la morte conduca in un
altro luogo l’anima e l’Io, come attraversando una porta. Ciò che si appura
soprattutto in queste malattie neurodegenerative e che l’Io semplicemente si
disintegra”
3
.
La tesi che introduco si inserisce nel filone psicologico-giuridico-
criminologico e l'obiettivo è fare il punto sui principali strumenti e metodi
professionali per effettuare valutazioni attraverso gli aspetti neurofisiologici dei
resoconti testimoniali, per i quali si ipotizza l'esistenza di eventi vittimizzanti, e
più in particolare sulla conduzione degli interrogatori, al fine di conoscerne i
livelli e i limiti di applicabilità e di validità. Proprio in questa fase investigativa la
vastità e la profondità delle controversie, con le inevitabili ricadute professionali,
rischiano di generare e diffondere sfiducia nel sistema giudiziario, poiché la
complessità dei comportamenti umani, in special modo quelli afferenti agli
atteggiamenti che sfuggono al controllo cosciente, possono determinare quei
bias che trascinano inevitabilmente un'indagine e un processo verso trappole
dalle quali è poi difficile uscirne fuori.
2
Carl Zimmer – Evolution: The triumph of an idea, Harper, N.Y . – 2002
3
Eduard Punset – L’anima è nel cervello, Marco Tropea ed. - 2008
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Questo ad evidenziare la necessità di una maggiore consapevolezza
dell'inferenza del pensiero euristico, al fine di isolarlo con l'ausilio
multidisciplinare di materie scientifiche e di soggetti qualificati (psicologi
giuridici, psicologi sociali criminologi), in modo da offrire un contributo
significativo e utilizzabile per le esigenze conoscitive e probatorie del
processo penale. Quest’ultimo, infatti, non presta la dovuta attenzione
all’interferenza di convinzioni distorte dal nostro sistema cerebrale, che risponde
autonomamente ed in base alla visione intima e personale di ciascuno di noi.
Il lavoro parte ovviamente da una necessaria e articolata premessa sulla
neuropsicofisiologia, ovvero lo studio delle attività mentali e comportamentali a
livello neurofisiologico e psicologico-sperimentale e quindi dall’osservazione di
tutte quelle strutture sottocorticali deputate al controllo autonomo delle reazioni
comportamentali, che in questo contesto hanno un ruolo principale sia per
l’interrogato, sia per l’osservatore. Infatti, in circostanze come quelle di un
interrogatorio giudiziario, dove la posta in gioco è molto alta, sono queste le
aree mentali sollecitate in modo esponenziale.
Stress, paura, ansia, da un lato, sono le condizioni dell’interrogato, che
completamente isolato dal mondo esterno e inibito delle modalità sensoriali
secondarie è quasi completamente gestito in via principale dalle aree cerebrali
che rispondono al sistema limbico, sistema endocrino e al sistema nervoso
autonomo, passando per la formazione reticolare. Queste strutture, che hanno il
compito di proteggerci, alterano in modo significativo la memoria, il linguaggio e
più in generale le facoltà della corteccia cerebrale. Dall’altro capo, l’interrogante
che è invece tutto teso ad osservare i comportamenti e la fluidità del discorso
nell’interrogato, ha una maggiore attivazione delle zone pensanti del cervello e
quindi trovandosi in una posizione completamente opposta, di piena
consapevolezza di sé e del suo ruolo autoritario rivestito, sopprime
completamente una valutazione empatica della drammaticità vissuta dal
soggetto, senza tener conto che la situazione riveste una disparità
neurofisiologica così tale che il pensiero per entrambi può essere viziato da
alcune caratteristiche della mente che possono trarlo in inganno, in quanto la
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percezione della realtà è spesso ingannevole, la memoria carente o distorta, i
giudizi inficiati da pregiudizi. Infatti, si assiste sempre più spesso, alla luce
anche dei recenti fatti di cronaca, a dinamiche investigative prive di metodologie
e prive di quelle strategie scientifiche in grado di diminuire quelle fonti di errore
sempre presenti nelle attività di Polizia Giudiziaria, dalle indagini alla
valutazione di testimoni/vittime/autori di reato.
L’ipotesi da cui parte questo lavoro è che le tecniche adottate per la
ricerca delle prove sono indirizzate sempre più spesso all’utilizzo di strumenti
tecnologici con i quali l’interpretazione dei dati, ove non riscontrati in modo
ponderabile, sono facilmente interpretabili anche per suggestione.
Si pensi, ad esempio, alla troppa fiducia riposta nell’acquisizione dei tabulati
della telefonia mobile per stabilire l’esatta posizione di un soggetto sul territorio,
mentre è scientificamente provato che spesso i cellulari impegnano emissioni o
spurie di celle provenienti da altre zone limitrofe. Oppure la valutazione delle
conversazioni telefoniche e l’interpretazione personale nel valutare i modi di
parlare e degli intercalari del soggetto attenzionato. Per non parlare poi delle
conversazioni captate in ambientale dove a volte gli interlocutori sussurrano
delle frasi spesso incomprensibili per chi ascolta. Queste sono tutte situazioni in
cui, alle scarse risultanze investigative, può sopraggiunge nell’operatore una
sorta di autoconvincimento affinché si possa perseverare nell’azione giudiziaria
indirizzandola in una sola pista investigativa, inferita, come si vedrà, da
distorsione della mente o da metodologie improvvisate senza alcuna direttiva di
carattere scientifico.
Sempre più evidente è la necessità di analizzare i metodi e le tecniche di
investigazione e, soprattutto, la conduzione di un interrogatorio; altrettanto
opportuno è valutare cosa la psicologia giuridica può fare in accordo con le
esigenze della giustizia, per definire in modo scientifico metodi standardizzati di
ascolto e procedure attendibili di analisi e valutazione dei testi, siano essi
indagati, imputati, testimoni oculari, vittime ecc.
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Interrogare e intervistare con fini investigativi significa attivare nella
persona che risponde, processi relativi alla percezione, alla memoria, alla
comunicazione, ovvero aspetti relativi alla psicologia di base. Ma non solo: La
tipologia del reato commesso o subìto, gli aspetti di vulnerabilità dell’individuo
come ad esempio l’età, la razza o il sesso, sono tutte variabili che incidono
fortemente su quella che può essere ritenuta la modalità migliore di ascolto e
valutazione di un soggetto. A tal riguardo verrà analizzato, se pur
sommariamente, la cornice normativa dei contesti dell'interrogatorio
investigativo-giudiziario attraverso uno sguardo di assieme sulle caratteristiche
e i meccanismi giuridici del processo penale vigente.
Verranno analizzati gli aspetti di come la nostra mente fronteggia i diversi
problemi in cui si imbatte, adottando strategie automatiche, senza dover
procedere a lunghi ragionamenti. Ma anche i sillogismi a cui ci affidiamo quasi
inconsciamente possono trarre in errore. Perché non è sempre facile accorgerci
dei nostri errori di logica quando la struttura e la forma del ragionamento
appaiono logiche, anzi quando un ragionamento è ben “incorniciato” arriviamo
più facilmente a conclusioni errate, il che viene spesso sfruttato da quanti
cercano di convincerci utilizzando ad arte delle trappole cognitive.
Verranno, inoltre, illustrati i procedimenti mnemonici e di come il cervello
percepisce gli stimoli emotivamente eccitanti e in quale modo, attraverso questo
complesso meccanismo, avviene l’apprendimento, si formano i ricordi emotivi e
quindi il funzionamento della memoria. Ma non tutto a volte funziona nel modo
giusto e così ci troveremo a fare i conti con le fonti di distorsione dei ricordi, fino
alla suggestione e al falso ricordo e particolarmente al modo in cui i nostri
sentimenti coscienti emergono da processi inconsci, condizionando il nostro
pensiero e quindi la logica interna dei problemi. Ecco che allora nasce
l’esigenza di una pratica ad un pensiero che non sia soltanto logico-razionale
ma anche creativo, divergente, aperto a nuovi orizzonti.
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L’elaborato terminerà con una panoramica sulle tecniche per la
valutazione della menzogna di chi ci sta di fronte. Attraverso l'osservazione dei
segnali del corpo si noterà come il nostro cervello sia programmato per
rispondere a situazioni il cui significato può esserci segnalato attraverso
manifestazioni somatiche involontarie, incorporate nello stesso cervello
dall’evoluzione, o da ricordi che si sono formati attraverso le nostre esperienze.
In entrambi i casi, però, le prime risposte suscitate dagli stimoli significativi sono
automatiche e non richiedono né la consapevolezza dello stimolo, né un
controllo cosciente delle reazioni. Quindi attraverso la lettura del linguaggio del
corpo, della scelta del vocabolario, della struttura delle frasi e dall’espressione
del viso si può facilmente riconoscere chi sta tentando di ingannarci o dirci una
bugia.
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parte I cap. 1 Neuropsicofisiologia e comportamento – 1.1 La Neuropsicofisiologia
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PARTE I
Cap. 1 NEUROPSICOFISIOLOGIA E COMPORTAMENTO
1.1 LA NEUROPSICOFISIOLOGIA
La Neuropsicofisiologia integra neurologia, psicologia, fisiologia e fisica
ed è nata in Italia a partire dagli anni ’70 dagli studi svolti dal prof. Michele
Trimarchi
4
sulla Fisica dell’Informazione, sulle differenze funzionali tra emisfero
destro e sinistro, e sulle funzioni superiori del cervello umano. In particolare
questa disciplina studia le attività mentali e comportamentali a livello
neurofisiologico e psicologico-sperimentale e come le informazioni vanno a
modulare le funzioni superiori del cervello per produrre quella che si chiama
coscienza. Una coscienza che viene fuori attraverso un processo emozionale,
razionale e creativo. Le basi scientifiche della Neuropsicofisiologia partono dagli
studi di Roger Sperry
5
con i quali si è potuto verificare che è impossibile cercare
di capire come si sviluppa la coscienza senza l’integrazione della neurologia,
psicologia e fisiologia, dove la psicologia non è più un processo astratto ma è la
modulazione prodotta dalla varie forme di informazione e di energia che
attraversano gli organi di senso.
4
Michele Trimarchi, Teoria della lateralizzazione degli emisferi cerebrali, Cervello e
integrazione delle scienze - ed. Adeceu, 1982.
5
Roger W. Sperry, Gli studi sugli emisferi cerebrali gli valsero il Nobel nel 1981.
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parte I cap. 1 Neuropsicofisiologia e comportamento – 1.1 La Neuropsicofisiologia
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Da questi studi si è arrivato a definire che le problematiche dell’essere
umano risiedono nella dissociazione funzionale degli emisferi cerebrali, in
quanto i due emisferi codificano e decodificano le informazioni in maniera
diversa. Il sinistro che sviluppa la razionalità, apprende il linguaggio, apprende
la matematica, apprende le tecniche, apprende le regole e poi condiziona il
comportamento dell’uomo rendendolo un uomo automatico in funzione dei
programmi che vengono acquisiti attraverso quella che è l’istruzione che viene
data al bambino, all’adulto, alla persona. Mentre l’emisfero destro rimane
fisiologico all’ambiente e identifica le varie forme di energia sotto forma di
informazione creando una forma di coscienza reale, vera, sostanziale che poi
per essere tradotta in senso razionale deve compiere un lavoro enorme per
passare dal lobo frontale destro al lobo frontale sinistro, al fine di una costruttiva
razionalità. La razionalità, la creatività, l’emozionalità sono tutti processi che
avvengono all’interno del nostro cervello e che devono essere ben compresi e
identificati affinché si possa capire profondamente l’io, e quindi la fisiologia
della coscienza. Quell’io che permette di gestire consapevolmente e
creativamente tutto il processo di acquisizione, di memoria e apprendimento e
di gestione di programmazione e progettazione di quella che dovrebbe essere
la vita quotidiana di ogni individuo. In sintesi la Neuropsicofisiologia fornisce
una conoscenza integrata dell’essere umano e del suo comportamento
(affettivo-emozionale, logico-razionale, creativo), senza lasciare più nulla al
“caso”: ogni segnale che attraverso gli organi di senso giunge al cervello segue
un percorso ben preciso, per cui occorre verificare come viaggiano i segnali
all’interno dei due emisferi cerebrali e cosa producono, ovvero quali sono i loro
percorsi e vie preferenziali, e quali sono gli effetti emozionali e razionali da essi
generati.
La Neurofisiologia e la psicologia sperimentale sono diverse per metodo
e per oggetto di studio. Hanno in comune solo il carattere rigorosamente
scientifico della ricerca che rinuncia a interpretazioni non verificabili. La
neurofisiologia, infatti, è lo studio delle strutture nervose, mentre la psicologia
sperimentale è lo studio del comportamento in condizioni rigorosamente
definite. La loro sintesi è giustificata da due fatti: da un lato la neurofisiologia dei
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parte I cap. 1 Neuropsicofisiologia e comportamento – 1.1 La Neuropsicofisiologia
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fenomeni psichici richiede la definizione di situazioni psicologiche sperimentali,
senza le quali non è possibile studiare da un punto di vista neurofisiologico il
comportamento; dall’altro la psicologia sperimentale, che formula leggi sul
comportamento a partire dall’osservazione, e che trova nella neurofisiologia la
possibilità di confrontare le sue ipotesi strutturali, di modificare i suoi assunti e di
concepire nuovi esperimenti.
Altro pilastro per la neuropsicofisiologia è la Fisica, la quale dimostra che
non esistono separazioni nel mondo fisico poiché ogni suo elemento – dal micro
al macro – genera un campo di energia continuo e dinamico che interagisce
costantemente con gli altri campi, scambiando energia. Attraverso lo studio di
come i vari sistemi comunicano tra loro, è emerso che non esistono separazioni
tra il mondo fisico esterno e il mondo fisico interno al cervello umano, perché gli
organi di senso sono fondamentalmente trasduttori di energia che trasformano
le varie forme di energia per farle identificare dalla genetica cerebrale nelle loro
caratteristiche fisiche, obbiettive ed oggettive.
Questa, quindi, è la funzione sostanziale degli organi di senso: tradurre le
diverse forme di energia affinché il cervello le percepisca, le identifichi e ne
prenda coscienza, sviluppando una conoscenza di cui l’individuo possa disporre
per il proprio arricchimento e per comunicare con l’ambiente esterno.
Un paradigma centrale della Neuropsicofisiologia è quello che correla
energia, materia e informazione (paradigma E-M-I): non esiste nulla che non sia
contemporaneamente informazione, materia ed energia. Sono le informazioni
che gradualmente modulano le funzioni neuropsicofisiologiche, dando vita alla
coscienza dell’individuo quando sono armoniche e fisiologiche al suo sviluppo,
generando invece malessere, disagi e psicopatologie quando sono conflittuali e
antitetiche a quelle pulsioni genetiche che spingono ogni essere umano
all’autodeterminazione, alla libertà, al rispetto della propria dignità ed
autonomia.