Introduzione La questione dei rifugiati palestinesi è unica nel suo genere e rappresenta
un argomento di rilevanza internazionale. Essi sono il risultato del costante
conflitto Arabo-Israeliano tutt’ora in corso in medio oriente. In verità, « il
problema dei rifugiati risulta in assoluto il più difficile tra quelli che si
configurano all’interno del conflitto. E’ una questione che non svanirà
facilmente nel tempo ed ogni ritardo nella sua risoluzione andrà solamente
ad ingrandire i problemi passati. La mancata soluzione ha perpetrato fino
ad oggi la sofferenza umana e l’instabilità politica in tutto il Medio Oriente.
La problematica è estremamente semplice da vedere».
1
La creazione del nuovo Stato d’Israele ha avuto conseguenze catastrofiche
in tutta l’area mediorientale. Queste possono essere riassunte nel conflitto
arabo-israeliano, lo scontro che non sembra ancora avvicinarsi al suo
temine.
La situazione palestinese ha creato due aree geopolitiche d’interesse: gli
stati arabi che supportano la causa palestinese e che, allo stesso tempo, si
rifiutano di riconoscere l’esistenza dello stato d’Israele; le potenze
occidentali che, benché supportino la causa palestinese e la popolazione in
questione, riconoscono lo stato d’Israele e danno ad esso il loro supporto
ideologico e finanziario.
Se il supporto dei paesi arabi ai palestinesi ha uno sfondo morale e
territoriale, quello delle potenze occidentali allo stato d’Israele è invece
rappresentato da un consistente contributo economico. In ogni caso, la
divisione delle potenze sul piano internazionale, le diverse forme di
1 Michael Dumper, Palestinian refugee repatriation, Global perspectives, Routledge studies in
Middle Eastern Studies, Taylor and Francis group, 2006, p.2
i
supporto e le sfere di influenza sono tra le cause fondamentali della
perpetuazione del conflitto nell’area mediorientale.
Questa tesi non si propone di ripercorrere la storia del conflitto né di
decidere da quale parte stiano il torto e la ragione. La mia ricerca ha la
finalità di analizzare la situazione attuale dei soggetti che sono il risultato
di tale conflitto. La gestione di tali soggetti è, a mio parere, uno dei
problemi più affascinanti e contrastanti nello scenario internazionale. Parlo
di gestione dal momento in cui parlerò del loro trattamento dal punto di
vista amministrativo, governativo e giuridico.
I giochi di potere e le influenze politiche provenienti dall’esterno non fanno
che esacerbare questa situazione controversa, quasi al punto di dimenticare
lo status di esseri umani dei rifugiati. Essi hanno il diritto di essere tutelati
in modo particolare, appunto perché tale è la loro condizione. E da questo
punto di vista, e mi prendo la responsabilità delle mie parole, non credo che
né le istituzioni internazionali né gli organi giuridici di dovere stiano
lavorando verso la direzione giusta. L’opinione pubblica offre tutto il suo
supporto alla comunità dei rifugiati palestinesi, mentre le autorità non
hanno mai preso decisioni determinanti per la loro protezione o per la
rivendicazione dei loro diritti nel mondo.
Coloro che sono obbligati a vivere da rifugiati meritano che la loro
condizione venga presa più profondamente in considerazione e che il loro
status li privilegi con diritti particolari, ovunque essi si trovino. Essi non
hanno ricevuto accoglienza dappertutto: alcuni paesi li considerano un peso
per la società, altri non vedono l’accettazione delle popolazioni autoctone e
la maggior parte di essi non prevedono dei diritti che li rendano eguali agli
altri cittadini.
ii
La Giordania è uno dei paesi maggiormente coinvolti, da un lato in quanto
stato confinante con Israele e dall’altro come meta prestabilita per il
maggior numero di rifugiati. Dopo le guerre del 1948 e del 1967, la
Giordania ricevette la maggior parte dei rifugiati. In questa situazione, il
paese dovette modellare i suoi potenziali e le sue organizzazioni al fine di
essere all’altezza di dare rifugio alle consistenti masse di rifugiati in arrivo.
La realtà della Giordania, che ho vissuto in prima persona, è forse una delle
più interessanti da analizzare. Oggi i rifugiati costituiscono il 70% della
popolazione, sono ormai radicati su tutto il territorio e sono una risorsa per
l’economia e per la crescita demografica del paese. Inoltre, questo è l’unico
paese in cui i rifugiati palestinesi hanno da subito ottenuto la cittadinanza,
la quale è servita a permettere loro di godere degli stessi diritti dei cittadini
di origine giordana. Vedremo solo in seguito che, in realtà, la concessione
della cittadinanza potrebbe anche essere considerata l’unico modo affinché
la Giordania non si veda spodestata della sua identità nazionale. In ogni
caso, lo status di cittadino giordano non ha tolto a queste persone quello di
rifugiato. Il governo giordano sostiene che il diritto al ritorno sia
fondamentale per i rifugiati e spera nella sua applicazione.
Quella del diritto di ritorno è una storia molto complessa che cercherò di
approfondire nel capitolo introduttivo. Per ora mi limiterò ad esporre il mio
pensiero personale. Il diritto di ritorno è il diritto umano più reclamato al
mondo, ma il meno difeso. Nonostante goda di un riconoscimento (quasi)
globale e nonostante nella maggior parte del mondo lo si invochi
quotidianamente, la battaglia per questo diritto non ha ancora visto risultati.
La Giordania è uno di quei paesi che supporta il diritto al ritorno dei
rifugiati palestinesi, come si riscontra dalle parole del sito del governo: «La
Giordania richiede l’implementazione del paragrafo 11 della risoluzione
iii
194. Inoltre, la Giordania continua i suoi tentativi di rivendicare il pieno
diritto di ritorno per i Palestinesi».
2
L’analisi del mio lavoro procederà attraverso l’iniziale identificazione del
rifugiato dei suoi diritti. Il capitolo introduttivo ha lo scopo di presentare la
condizione dei rifugiati a livello internazionale, con un particolare sguardo
alla condizione di quelli palestinesi. Di fondamentale importanza sarà il
tema sul diritto al ritorno, ampiamente discusso nell’ambito della causa
palestinese, ma molto lontano dal vedere la sua applicazione. La posizione
delle Nazioni Unite riguardo al tema servirà a fare luce sulla nodosa
questione della fruibilità delle decisioni dell’organismo maggiormente
riconosciuto nella sfera internazionale. Come si vedrà, nonostante la sua
innegabile importanza, l’ONU non ha sempre agito in modo determinante.
Il secondo capitolo vede una descrizione storica degli eventi salienti, con
particolare attenzione al ruolo della Giordania. La storia analizzata è quella
successiva alla costituzione dello stato d’Israele nel 1948. Il motivo di tale
scelta è dare una coerenza tematica alla mia tesi. Poiché tratterò della
Giordania, penso che descrivere i trascorsi precedenti al conflitto non sia
appropriato in questa sede. Poco sarà detto riguardo all’occupazione della
Palestina, mentre ci si concentrerà sulle cause che hanno determinato la
presenza dei rifugiati palestinesi in Giordania.
Il terzo capitolo porta un’analisi delle condizioni dei rifugiati palestinesi in
Giordania, sia dal punto di vista sociale che politico ed economico. Le
politiche del governo giordano e la questione della cittadinanza saranno al
centro della discussione. Inoltre, un particolare sguardo sarà gettato sui
campi rifugiati e sulle condizioni dei rifugiati al loro interno. Si procederà
con un approfondimento sulla povertà nei campi, nei termini di
riproduzione di una condizione sociale pregressa. Al termine mi soffermerò
2 Dipartimento degli Affari Palestinesi: www.dpa.gov.jo iv
brevemente sul contributo della popolazione di origine palestinese
all’economia giordana.
Il quarto capitolo si concentra sull’agenzia creata dalle Nazioni Unite
appositamente per i rifugiati palestinesi: l’UNRWA ( United Nations Relief
and Works Agency ). Il ruolo di questa organizzazione è stato fondamentale
per i rifugiati. L’UNRWA è presente in tutti i campi rifugiati con attività di
supporto ed integrazione. Inoltre essa ha svolto un’azione di guida politica
e di riconoscimento dei residenti nei campi all’interno delle società
circostanti. Nonostante la sua opera, l’UNRWA non è stata immune dalle
critiche, molte di queste fondate, che l’hanno vista come un mezzo di
controllo sui rifugiati.
Infine si procederà con la comparazione fra due campi rifugiati che, per le
loro caratteristiche, sono agli antipodi: quello di Wihdat e quello di Jerash.
Il primo è uno dei campi più centrali ed integrati nella scena giordana, il
secondo è uno dei più isolati e poveri. Se da un lato la vicinanza alla
capitale del primo ne ha determinato l’integrazione, dall’altro la lontananza
dai centri abitativi giordani come la mancanza di risorse ha costretto i
rifugiati di Gaza in condizioni talvolta estreme. Alla fine del capitolo
presenterò alcune testimonianze di responsabili dell’UNRWA ed altre
figure del campo di Wihdat.
Il capitolo conclusivo, oltre ad essere dedicato alle conclusioni riguardo
alla mia ricerca, vedrà la presentazione di alcune considerazioni personali
che ritengo opportuno fare. La presenza della mia opinione non vuole
rivendicare la personalità di questa tesi, ma semplicemente dare voce a
spunti personali molto importanti, soprattutto se si pensa che sono alla base
della scrittura di questo lavoro.
v
Capitolo Primo I rifugiati, vittime di migrazioni forzate I rifugiati sono i protagonisti di migrazioni di massa dai loro stati di
appartenenza, essi emigrano perché vengono forzati ad andare via.
Nonostante le ragioni di tale forzatura possano essere molteplici, si può
constatare che la maggior parte dei rifugiati proviene da situazioni di
persecuzioni politiche e conflitti etnici.
1
Le migrazioni forzate creano due tipi di rifugiati: quelli che emigrano in un
altro paese e quelli definiti come persone internamente dislocate. Il termine
dislocate riproduce in modo appropriato l’idea di uno spostamento forzato.
Quando si parla di persone internamente dislocate si fa riferimento a quegli
individui o gruppi di persone che sono stati obbligati a fuggire o a partire
dalle proprie case in seguito a conflitti armati, situazioni di violenza gene -
ralizzata e violazioni dei diritti umani ma che non hanno attraversato il con -
fine di un altro Stato internazionalmente riconosciuto.
Dal punto di vista umanitario, espresso dalla definizione data da Amnesty
International, i rifugiati sono individui forzati all’esilio da circostanze che
sfuggono al loro controllo. Sono vittime di violazioni di diritti umani,
sottoposti ad abusi che nessun essere umano dovrebbe subire. Possono
essere bersagli singoli di persecuzioni o membri di intere comunità
perseguite. Questi non ricevono protezione dal loro paese d’origine ed
hanno quindi il diritto di ottenerla dalla comunità internazionale.
2
1 William B. Wood, Forced Migration: Local Conflicts and International Dilemmas, in Annals
of the Association of American Geographers, Vol. 84, No. 4 (Dec., 1994), pp. 607-634 Taylor &
Francis, Ltd. on Behalf of the Association of American 2 Amnesty International Report, 1995, www.amnesty.org 1
Ad occuparsi dei rifugiati nel mondo è l’Agenzia delle Nazioni Unite che
ha preso il nome di Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(UNHCR). Essa fornisce ai rifugiati protezione internazionale ed assistenza
materiale, perseguendo soluzioni durevoli alle loro drammatiche
condizioni. La sua fondazione risale al dicembre del 1950, mentre le sue
attività ebbero inizio nel 1951, anno in cui la Convenzione di Ginevra
sanciva lo status speciale dei rifugiati. Nell’analisi della situazione dei
rifugiati palestinesi, analizzeremo il motivo per cui essi non sono tutelati da
questa.
Nello stesso anno della Convenzione, le Nazioni Unite delinearono una
definizione per i rifugiati che li descrive come «persone che, a causa della
paura fondata di essere perseguitati per ragioni di razza, religione,
nazionalità, appartenenza a gruppi sociali o politici, si trovano al di fuori
del paese di cui hanno la nazionalità o che, per la stessa paura o per
incapacità, non sono in grado di sfruttare le risorse del proprio paese». Per i
governatori grande importanza deve essere data alla caratteristica di
fondatezza della paura, mentre per i sociologi è centrale la rottura dei
legami coi propri stati e la migrazione alla ricerca di protezione in altri
paesi.
3
3 Jeremy Hein, Refugees, Immigrants, and The State , Annual Review of Sociology, Vol. 19, pp.
43-59, Annual Reviews, 1993
2
1.1 I rifugiati palestinesi «E’ la longevità a rendere estremamente unica la situazione dei rifugiati
palestinesi. La loro condizione è stata creata 63 anni fa. Ad oggi
rappresenta il caso di rifugiati storicamente più datato al mondo. Il caso
palestinese è quindi multi generazionale, dal momento che ci troviamo
attualmente di fronte alla nascita della quarta generazione di discendenti di
dislocati».
4
La difficile situazione dei rifugiati palestinesi perdura da decenni e
continua ad essere uno dei problemi più contrastanti della realtà globale. La
problematica che li riguarda è al centro della situazione mediorientale, dove
solo la pacificazione tra Israele e le Autorità Palestinesi renderebbe
possibile un cambiamento nelle politiche di tutta l’area.
«Nel corso degli anni, i palestinesi sono diventati la popolazione di rifugiati
più significativa esistente al giorno d’oggi. Avendo ricevuto assistenza per
più di sessant’anni, si posizionano tra i gruppi di rifugiati “più vecchi”.
Poiché il loro status viene ereditato dalle nuove generazioni, solo il 15% di
essi presenta attualmente un legame con la Palestina storica. Le generazioni
successive sono nate come rifugiati e hanno tutte le caratteristiche che la
loro definizione porta con sé, come gli ostacoli sociali e le ramificazione
politica».
5
L’espulsione di massa dei palestinesi, avvenuta nel 1948 e successivamente
nel 1967, ha creato più di due milioni di rifugiati. La prima cacciata
4 Michael Dumper, Palestinian Refugee Repatriation, Global Perspectives, Routledge Studies in
Middle Eastern Studies, Taylor and Francis group, 2006
5 Marie Louise Weighill, Palestinians in Exile: Legal, Geographical and Statistical Aspects, in
The Palestinian Exodus 1948-1998, Ghada Karmi and Eugene Cotran Editions, Ithaca Press,
London, 1999
3
corrisponde alla data della fondazione dello Stato d’Israele, il 15 maggio
del 1948. Quest’ultimo assorbì gli ebrei sparsi nel mondo, mentre la
maggioranza degli arabi persero le loro case e le loro terre in Palestina. La
seconda ondata di rifugiati fu causata dall’allargamento dello stato d’Israele
durante la Guerra dei Sei Giorni, nel 1967.
Sin dalla sua fondazione, Israele accolse più di un milione di ebrei
provenienti dall’Europa, dal Medio oriente e dal Nord Africa. La peculiare
caratteristica dello stato, secondo la quale tutti gli ebrei godono del diritto
di cittadinanza nella patria ebraica, consente di considerare gli ebrei in
arrivo come immigrati e non come rifugiati. Nel 1980 vi fu una seconda
ondata di immigrati ebrei (circa 21.000), la metà dei quali era fuggita da
situazioni difficili in paesi come gli Stati Arabi, l’Iran, l’Etiopia, l’Unione
Sovietica e la Romania. Contemporanea al raccoglimento dei rifugiati ebrei
fu la dispersione dei rifugiati palestinesi nelle città e nei campi rifugiati
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