CAPITOLO PRIMO GLI ESORDI DI MORAVIA
Premessa.
«Alberto Moravia morì a Roma, nel suo appartamento di Lungotevere della
Vitoria, la matna del 26 Setembre 1990, colpito da ictus cerebrale. Cadde con
il mistero della morte negli occhi, stringendo i pugni in un moto di stzza. Così si
concluse la sua vita controvoglia» 1
. Tutavia, dopo quel fatale 26 Setembre, lo
scritore degli Indifferent «ha contnuato a morire socialmente, a morire nella
memoria della colletvità» 2
. Il critco Antonio Debenedet sostene infat che «i
romanzi di Moravia si leggono sempre meno, mentre di questo autore, che
rimane tra i più grandi del nostro Novecento, non si scrive quasi più.». Se, però,
Debenedet rivolge le sue accuse proprio contro quei giovani leterat che, dopo
aver «mosso i primi passi nella leteratura grazie a Moravia ed a “Nuovi
Argoment”» hanno abbandonato il loro nume tutelare nell’oblio, Sandro
Veronesi aferma in generale che «Moravia è stato scritore scomodo, è stato
vitma di censura e di campagne denigratorie, che se non gli hanno impedito di
diventare uno dei massimi autori del ‘900, l’hanno tutavia tagliato fuori dal
bagaglio culturale dell’Italia borghese, quella che lavora, che produce, che paga le
tasse» 3
. Proprio in un’otca di sensibilizzazione nei confront dell’opera dello
scritore romano si colloca, quindi, questa nostra indagine, che, senza avere la
pretesa di fornire un’interpretazione globale dell’universo moraviano, rivolge la
propria atenzione a quello che può essere considerato il periodo più oscuro della
vita di Moravia, gli Anni Trenta.
1
R. Paris, Moravia, una vita controvoglia , Firenze, Giunt, 1996, p.374.
2
A. Debenedet, Quegli amici smemorat di Moravia , in “Corriere della Sera”, A. 125, n.211, 6
Setembre 2000, p.1.
3
S. Veronesi, Per non dimentcare Alberto Moravia , in “Corriere della Sera”, A. 125, n.214, 9
Setembre 2000, p.35.
5
Il proposito che ci siamo prefssi è quello di fornirne una ricostruzione accurata
ed obietva, da un lato rapportando la personale esperienza dell’autore al clima
socio-culturale e politco in cui la sua vena creatva mosse i primi passi, dall’altro,
indagando anche, atraverso le testmonianze biografche di Moravia stesso e di
coloro con cui entrò in contato, i rapport, più o meno taciut, instaurat con
intelletuali e personalità dell’epoca e con tuta la fta trama di riviste del primo
Novecento. Numerosi sono, infat, gli artcoli pubblicat da Moravia su periodici e
quotdiani nel corso degli anni Trenta dimentcat, volutamente o meno, dallo
scritore romano e dai suoi critci: intervent che meritano di essere riportat alla
luce. Se si trata di prove acerbe, ben lontane dalla complessità di artcolazione e
dalla lucidità argomentatva dei saggi che Moravia raccolse nell’ Uomo come fne,
considerandoli degni di assurgere a quella notorietà che la circolazione in volume
tra il grande pubblico avrebbe consentto, tali prove testmoniano, tutavia, non
solo il clima culturale e politco in cui il giovane scritore mosse i primi passi, ma
anche l’evoluzione della sua poetca, tanto da costtuire un tassello
imprescindibile per una comprensione globale della sua opera.
6
1.1.1. Il giovane Moravia e la questione del romanzo.
Gli Indifferent , il romanzo che segna l’esordio narratvo di Alberto Moravia, viene
pubblicato nel mese di Maggio del 1929 presso la Casa editrice Alpes di Milano.
Con quest’opera
« Moravia si inseriva in una polemica o bataglia leteraria che dagli abbastanza labili
splendori del capitolo o dell’elzeviro stava portando ad una rinascita del romanzo in
Italia. Il giovane scritore si trovò così ad essere un esordiente e insieme un protagonista
per l’intensità del romanzo che aveva scrito e anche per la novità della lingua, cioè la
scarsa gradevolezza del suo stle tuto teso alla rappresentazione dell’oggeto piutosto
che ai preziosi echi interiori della prosa d'arte; e perciò inserito in un lessico tuto usuale,
un dialogato quotdiano, una sintassi rispetosa, in conclusione uno strumento che
appariva più come punto d’approdo di una scritura otocentesca che come apertura sui
già pur not modi novecenteschi» 4
.
L’ingresso di Moravia nel panorama narratvo italiano si colloca infat in quel
periodo, tra la fne degli anni Vent e i primi anni Trenta, in cui si assiste al
risorgere del gusto per il romanzo italiano, che induce gli scritori a ‘reinventare’
questo genere leterario «ricreandolo munito di tut i crismi di quella che allora
era considerata la buona, la seria, la colta, la responsabile leteratura».
5
Questa
rinnovata fducia di poter individuare nel romanzo uno strumento di piena
espressione artstca fu sopratuto avvertta da Giuseppe Antonio Borgese,
«allora principe della critca e teorico di un ritorno desanctsiano ad interessi
storici, morali e psicologici», che la esemplifcò con la formula tempo di edifcare 6
.
Borgese critca, nel libro, la sua generazione, perché essa era stata condizionata
dall’autorevolezza del magistero vociano e rondista che, esercitando un’azione di
controllo sulla leteratura contemporanea, aveva orientato il gusto leterario
verso la produzione lirica, a discapito del genere romanzo. Tale genere leterario
4
G. Manacorda, Per i posteri in Per Moravia , a cura di J. Jacobelli, Roma, Salerno, 1990, pp.103-
104.
5
G. Debenedet, Il romanzo del Novecento , Milano, Garzant, 1971, p.13.
6
C. Benussi, Il punto su Moravia , Bari, Laterza, 1987, p.6. Tale espressione compare come ttolo
di una raccolta, pubblicata a Milano nel 1923 dall’editore Treves, di artcoli e saggi del critco,
uscit tra il 1920 e il 1921, soto la rubrica “Le mie leture” della rivista “I libri del giorno”.
7
sviluppa il proprio messaggio con fgurazioni corpose, atraverso cioè personaggi,
fat e luoghi, decifrabili già con la “prima vista”, che percepisce la densità
concreta e tangibile delle cose; il romanzo non comporta, pertanto, la necessità
di ricorrere alla “seconda vista”
7
, la quale permete, invece, di cogliere gli
ulteriori soprasensi ed allusioni del detato narratvo; per questo viene relegato,
dai vociani, tra le forme narratve da “non leggere” (e quindi, evidentemente,
anche da non produrre), rispeto alla poesia, genere leterario supremo. De
Roberts proponeva, come alternatva al romanzo, la poesia pura, cioè liberata da
sovrapposizioni oratorie ed intelletualistche, realizzabile nel frammento, che
permeteva di concentrare perfezione formale e vibrazione del sentmento, e
nella prosa d’arte, che non si svolgeva in ampi moduli narratvi ma tendeva,
anch’essa, alla lirica. Con il mutato clima socio-culturale del dopoguerra, ed il
crollo della fducia nei confront dell’irrazionalismo e dei generi leterari che vi si
erano ispirat, Borgese intuisce, nel panorama narratvo italiano, l’esigenza di
proporre una nuova rappresentazione costrutva dell’umanità e suggerisce la
rivalutazione di quel genere che meglio poteva rappresentare l’uomo nella sua
complessità, il romanzo, proponendo, per la rinascita di esso, di seguire i modelli
di Verga, «l’edifcatore del vecchio tempo», e di Tozzi, «uno dei primissimi
edifcatori nella nuova giornata leteraria d’Italia» 8
. La sua opera, infat, poteva
essere considerata una sorta di itnerario esemplare dal frammento al romanzo,
dall’autobiografsmo, che si esprime in moduli lirici, all’oggetvazione e quindi
alla creazione di personaggi e di vicende con una loro realtà umana. Nella stessa
otca di rivalutazione del genere romanzo proposta da Borgese si colloca
l’intervento di Giovanni Tita Rosa sulla questone del romanzo pubblicato nel
1928; in esso il critco ricorda come questa ‘ars magna’, il romanzo appunto,
avesse perduto, tra crepuscolarismo e frammentsmo, buona parte del proprio
fascino. La generazione contemporanea, infat, aveva avuto una formazione
mentale e leteraria prevalentemente critca e meditatva e, per questo, aveva
7
Questa distnzione viene proposta da G. De Roberts, nell’artcolo Saper leggere pubblicato sulla
“Voce” (28 Febbraio-30 Marzo 1915), come ricorda Debenedet ne Il romanzo del Novecento , cit.,
pp.21-22.
8
G. A. Borgese, Tempo di edifcare , Milano, Treves, 1923, p.VII.
8
coltvato forme d’arte altretanto liriche e meditatve, più che narratve in senso
proprio, come il frammento e la poesia pura. Ma, rileva Tita Rosa: «venuta la
guerra, cresciuta l’esperienza umana e sociale, e fnita la stagione magra e amara
del frammento, era naturalissimo che questa generazione si trovasse in una
situazione di scontentezza e di crisi. E nasceva spontaneo in essa il bisogno di
considerare l’opera leteraria come una totalità; un tuto, in cui lo scritore,
rifatosi uomo, potesse calare in forme oggetve e distaccate la propria cresciuta
e rinnovata esperienza. Il romanzo è appunto cotesta forma leteraria: quella che
consente, più d’ogni altra, tale oggetvazione del pensiero, di fantasia, e di
esperienza umana nel vivo intreccio di una favola e nel concreto contrasto dei
carateri». L’esortazione a questa rinnovata forma narratva viene rivolta proprio
alla nuova generazione, che dovrà intendere il romanzo «come un intreccio di
forze morali espresse nella discriminata e piena concretezza della narrazione» 9
.
Se, dunque, l’invito al romanzo di Tita Rosa è del 1928, ed il 1930 è stato defnito
da Debenedet la data di partenza per il risorgere dell’atenzione nei confront di
questo genere leterario, a metà tra queste due testmonianze si colloca la prima
prova narratva moraviana, Gli Indifferent , che costtuisce una rappresentazione
tangibile di tale tendenza
10
. La base teorica di un così signifcatvo progeto viene
però antcipata da un Moravia appena ventenne in un artcolo del 1927, che fno
ad oggi può essere ragionevolmente considerato il suo vero e proprio esordio
sulla scena delle patrie letere. L’intervento, inttolato C’è una crisi del romanzo?
comparso su “La Fiera Leteraria” del 9 Otobre 1927, oltre a costtuire il primo
tentatvo del giovane scritore di partecipare al dibatto acceso in Italia sul
genere romanzo, in un periodo in cui si dedicava alla elaborazione della sua opera
prima, è anche l’unico frmato col suo primo cognome, Pincherle. Come rileva
Luciano Rebay Moravia non è, infat, uno pseudonimo, ma un secondo cognome:
9
G. Tita Rosa, Invito al romanzo , ne “Il Corriere Padano”, A. IV, n.40, 16 Febbraio 1928, p.3 (poi in
Id., Vita letteraria del ‘900 , Milano, Ceschina, 1972, pp.53-54).
10
Solmi, uno dei primi recensori dell’opera prima di Moravia, individua ne Gli Indifferent uno dei
«nuovi tentatvi di creare un romanzo italiano» (S. Solmi, Gli Indifferent , ne “Il Convegno”, A. X,
n.12, Dicembre 1929, p. 471, poi in Id., Scrittori negli anni , Milano, Il Saggiatore, 1963, p.92).
9
«Sul certfcato di nascita e sul passaporto egli fgura infat come Alberto Pincherle
Moravia, e Pincherle Moravia è appunto da più di un secolo il cognome della sua
famiglia, anche se va precisato che, a diferenza di suo padre che era conosciuto come
Pincherle, il fglio non ha quasi mai usato quello che in paesi anglosassoni si
chiamerebbe il suo “middle name”» 11
.
L’importanza dell’artcolo d’esordio, motvata già dalla sua precocità, è legata al
fato che aforano in esso «alcune delle costant essenziali della poetca
moraviana nella loro forma più “tecnica” e insieme più perentoriamente
rivelatrice di quello che potremmo defnire l’originario e costtutvo ant-
decadentsmo dello scritore romano».
12
In esso, atraverso la tessitura
metaforica delle immagini iniziali («questo ospedale di anemici che è la
leteratura di oggigiorno»; «è necessario per la maggiore efcacia della cura […]
metere gli infermi in celle separate onde esaminare i sintomi della malata» 13
), il
giovanissimo Moravia poneva al centro dell’atenzione il problema della malata
del romanzo e dell’urgenza di adeguate misure terapeutche per curarla.
11
L. Rebay, Moravia: storia e strascichi di uno “pseudonimo” in “Forum Italicum”, A. IV, n.1, 1970,
p.20. Oltre a precisare la questone del cognome, il critco si soferma anche sull’atribuzione,
fata a Moravia da Edoardo Sanguinet e da Oreste del Buono, nelle loro monografe sullo
scritore pubblicate entrambe nel 1962, (E. Sanguinet, Moravia , Milano, Mursia 1962 e O. Del
Buono, Moravia , Milano, Feltrinelli, 1962) di un volumeto, Diciotto liriche di Alberto Pincherle- in
memoria di Bianca Pesent-13 novembre 1920, che, interpretato dai due critci come la primissima
e precocissima prova del “fanciullo” Alberto (aveva 13 anni nel 1920), si è rivelato poi una
raccolta di poesie di un altro Alberto Pincherle, nato nel 1894, Professore di Storia delle Religioni
presso l’Università di Roma.
12
P. Voza, Nel ventsette sconosciuto: Moravia intorno al romanzo , in “Belfagor”, A.XXXVII, n.37,
1982, p.208.
13
A. Pincherle, C’è una crisi del romanzo? , ne “La Fiera Leteraria”, A. XIII, n.41, 9 Otobre 1927,
p.1, (poi in P. Voza, Nel ventsette sconosciuto: Moravia intorno al romanzo , cit., pp. 210-211).
10
Se, infat, «la crisi del romanzo fa parte di una crisi generale della leteratura»,
per il giovane Pincherle «il degente predileto è il Romanzo o quella forma di
prosa narratva che comunemente si nomina romanzo»; fn dagli esordi lo
scritore romano dimostra così la sua predilezione per questo genere leterario e
la volontà di ergersi a sostenitore e difensore di esso. La malata che afiggeva il
romanzo, secondo Moravia, consisteva in una sua difusa “cerebralità”, in uno
squilibrio vistoso tra il pensiero e l’azione, per una prevalenza abnorme del primo
sulla seconda, che ostacolava «una rappresentazione vera e sopratuto
convincente della vita. Tale ipertrofa del pensiero è esemplifcata dallo scritore
con una seconda serie di immagini metaforiche, questa volta non più incentrate
sul tema della malata ma su quello della «gran fera psicologica»; ad essa
partecipano i «pensieri colpevoli che passeggiano indisturbat per i lobi del
cervello umano» 14
, la «subcoscienza» 15
, che si intratene in piacevoli
conversazioni con «l’associazione delle idee», e anche la «fantasia» e la
«memoria», che danzano al ritmo della grancassa suonata dalla leteratura, «così
malridota, lacera, e miserabile, così…cerebrale» 16
. Moravia precisa, però, che i
suoi idola polemici non sono tanto «Pirandello, Joyce e Proust», che egli
considera «stelle di prima grandezza nel cielo leterario; stelle fsse», quanto
piutosto i “satellit” che ruotano intorno a quest astri, gli epigoni che hanno
fato degenerare l’insegnamento dei loro modelli. Per far rinascere il genere
romanzo Moravia indica due rimedi fondamentali: in primo luogo, restaurare «un
equilibrio rigoroso del pensiero e dell’azione, equilibrio che nei tempi passat ha
14
Ibidem.
15
Il termine subcoscienza indica l’insieme delle atvità psichiche che non entrano nei limit della
coscienza, ma cadono in una zona più marginale ed oscura, pur contribuendo a mantenere l’unità
del soggeto. Adotato già da Leibniz e Herbart, il conceto, usuale in psicologia e in
psicopatologia alla fne dell’Otocento, fu ripreso da Freud in alcuni dei suoi primi scrit, come
sinonimo di inconscio. Compare infat nell’artcolo pubblicato in francese, Alcune considerazioni
per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche (1893) e in un passo degli
Studi sull’isteria (1895). Il termine fu, in seguito, respinto dallo stesso Freud, poiché sembrava
implicare la nozione di una seconda coscienza che, per quanto atenuata, rimaneva in rapporto
con i fenomeni consci; fu così espunto dal vocabolario psicanalitco. L’adozione di esso da parte di
Moravia non implica necessariamente, quindi, la totale estraneità dello scritore alla dotrina
freudiana.
16
A. Pincherle, C’è una crisi del romanzo?, cit., p1.
11
permesso tut i capolavori della leteratura europea»,cioè rendere nuovamente
armonico il rapporto tra azione e commento nella strutura narratva del
romanzo. In secondo luogo, lo scritore suggerisce di creare «le fgure che
incarnano dei tpi immortali di umanità: i Sancio Pancia, gli Amlet, i Don
Abbondio», cioè personaggi dotat di una loro autonomia; anzi, dice Moravia,
«fgure più vive degli autori» 17
, fat di carne e sangue, insomma, non tut risolt
soltanto nell’interiorità 18
. Quest rimedi permeteranno così allo scritore di
resttuire al romanzo le sue funzioni costtutve, che «non sono solo flosofche e
didatche o religiose o sperimentali, ma solamente di testmonianza» 19
, lasciando
da parte fnalmente «l’inutle zavorra psico-analitca» che lo appesantsce,
nascondendone l’essenza più vera. L’esigenza di restaurazione del romanzo
tradizionale inaugura pertanto la bataglia di Moravia nell’agone leterario del
primo Novecento.
17
Ibidem .
18
E’ avvertbile, in queste parole, un’eco della poetca pirandelliana espressa sopratuto nei saggi
critci sul teatro; per esempio, ne L’azione parlata Pirandello si riferisce proprio all’esigenza di
«creare veramente carateri», ossia metere sulla scena «uomini e non manichini» capaci di
esprimere in ogni loro ato «un proprio essere e, insieme, una concreta specialità» (L. Pirandello,
L’umorismo e altri saggi , Firenze, Giunt, 1994, pp.315-316). Del resto Pirandello costtuirà
sempre un modello di riferimento per lo scritore romano.
19
A. Pincherle, C’è una crisi del romanzo?, cit., p.1.
12
1.1.2. Echi e reazioni dell’articolo d’esordio.
L’artcolo del giovane scritore, se era comparso in una rivista, come la “Fiera
Leteraria”, che faceva dell’ecletsmo il suo vessillo 20
, deve comunque aver
suscitato qualche tensione all’interno del pur non omogeneo gruppo, il quale,
sebbene non aderisse totalmente a nessuna tendenza leteraria precisa, non
nascondeva, però, la sua predilezione verso gli scritori de “La Ronda”. Per
questo, uno dei collaboratori della rivista, Giuseppe Sciortno 21
, si assume
l’incarico di difendere l’orientamento genericamente rondista del gruppo
rispondendo a questo Alberto Pincherle (da non confondere assolutamente, si
avverte in nota all’artcolo, con il più famoso, a quei tempi, Professore di Storia
delle Religioni all’Università di Roma) con l’intervento Ancora sul romanzo ,
pubblicato su “La Fiera Leteraria” esatamente un mese dopo quello di Moravia.
Dopo aver antcipato, in apertura, che la denuncia della malata della narratva
moderna fata da Moravia «non rifete in alcun modo la situazione odierna», il
critco annuncia al contrario l’avvento di «una fase eminentemente costrutva» 22
dopo il superamento del frammentsmo avanguardista del primo Novecento, vero
e proprio periodo di decadenza per le patrie letere. A seguito della fusione tra le
istanze tradizionali del mondo paesano e quelle rivoluzionarie delle avanguardie
del primo Novecento, nel nuovo clima di costrutvismo del dopoguerra il
romanzo trova un posto di prim’ordine, in quanto «forma d’arte che ofre larghe
possibilità». Lungi dal denunciare, quindi, una crisi efetva, Sciortno nota che
proprio questo stesso costrutvismo, riportando in auge «le forme complesse del
romanzo, ha determinato un contraccolpo nel campo della lirica». Essa è passata
in secondo piano, e coloro che vi si dedicano adotano una metrica ormai
desueta, oppure sono guardat sospetosamente dai critci, che li giudicano
20
A. Bonsant defnisce infat “La Fiera Leteraria” « una specie di piazza, o galleria o portco, nel
quale tut potevano recarsi a far due passi e a intratenersi senza per questo meritare partcolari
etchete» (A. Bonsant, La cultura degli anni Trenta , in “Nuova Antologia”, A. 113, vol.535, fasc.
2127, Otobre-Dicembre 1978, p.280).
21
Poeta siciliano, Sciortno è autore di Confdenza (Palermo, Edizioni del Ciclope, 1930), in cui
propone immagini di gusto avanguardista, e di Esperienze dannunziane (Palermo, Edizioni del
Ciclope, 1928) una raccolta di scrit critci, già sparsamente pubblicat, in cui trata di scritori
nietzschiani, come egli li defnisce, tra cui Angelo Cont, D’Annunzio, ed Edoardo Scarfoglio.
22
G. Sciortno, Ancora sul romanzo , ne “La Fiera Leteraria”, A. XIII, n. 45 , 6 Novembre 1927, p.1.
13
frammentst, sebbene siano fondamentalmente costrutvist. Pertanto, la vera
decadenza di cui è indispensabile prendere ato è quella della poesia; alla fne
dell’artcolo il critco sostene l’esigenza di risolvere tale crisi con «una maggiore
atenzione ai tentatvi di poesia nuova» per «preparare un’epoca eminentemente
poetca» 23
. Appare così come il vero intento di Sciortno, con il pretesto della
risposta a Moravia, fosse quello di denunciare una, per lui, più penosa crisi,
quella della poesia. Un intervento che risponde in modo più specifco alla
questone sollevata da Moravia nell’artcolo del 1927, senza, però,
paradossalmente, conoscerne l’esistenza, è quello pubblicato sul quotdiano
romano “La Tribuna” il 13 Luglio 1929, dopo l’uscita dell’opera prima moraviana.
23
Ibidem.
14
Nell’artcolo, incluso nella rubrica leteraria di terza pagina “Passaggi a livello ” 24
,
tenuta da ‘Il Guardiano’, l’autore de Gli Indifferent viene inserito nel novero della
nuova generazione di scritori proustani e joyciani contro i quali, invece, Moravia
si scagliava considerandoli i veri degeneratori del genere romanzo. L’intervento si
inttola Joyce + Freud, la moda della cattiveria; in esso, fn dalle prime batute,
l’idolo polemico del Guardiano è «l’uomo normale, l’Ulisse del nostro tempo, […]
quell’impasto di stupidità, prepotenze sessuali, di feroce e inconscio egoismo, di
bassezze, di delit, contro la morale corrente consumat nel doppio fondo della
coscienza, di cui Joyce ha minuziosamente narrato la giornata», dopo averlo
osservato «con gli occhiali del medico Freud»
25
. Questo nuovo modello di uomo
moderno, proposto dallo scritore irlandese nel suo romanzo, insieme alla
«perversità della psicanalisi freudiana» 26
ha iniziato a difondersi presso giovani
scritori, di cui si riconosce comunque la bravura e l’intelligenza. Il Guardiano
indica come esempi di questa nuova moda Gli Indifferent di Moravia , Salmace 27
di Soldat e Diana e il fauno di Gabriella Neri
28
: l’opera di quest scritori ha un
24
In essa ‘il Guardiano dei Passaggi a Livello fornisce risposte ai quesit di tpo culturale propost
dai letori, oppure espone le proprie considerazioni in merito a questoni leterarie sollevate da
altre riviste.
25
Il Guardiano, Joyce+ Freud, la moda della cattiveria, ne “La Tribuna”, A. XLVII, n.167,13 Luglio
1929, p.3.
26
Ibidem.
27
Si trata della prima prova narratva di Soldat; è una raccolta di raccont (pubblicata nel 1929
dalla Casa editrice La Libra) che ruotano intorno al tema della ‘metamorfosi’. Su tale tematca è
incentrato anche il brano che dà il ttolo al volume, in cui si descrive la trasformazione di un
giovane che, insoddisfato della propria vita, sogna di assumere fatezze femminili e diventa
donna veramente. Cesare Garboli, curatore della ristampa del volume, edita da Adelphi nel 1993,
defnisce quest raccont «un sesteto di storie gotche di aura magica e tetra, ambientate […] in
una Torino nebbiosa e vetusta, […] tratata come una realtà di provincia infestata da un demonio
sempre presente e sempre invisibile» (M. Soldat, Salmace , Milano, Adelphi, 1993, p.139). La
prima edizione di Salmace era stata recensita favorevolmente da G. A. Borgese nell’artcolo I
novaresi pubblicato sul “Corriere della Sera” il 20 Giugno 1929: in esso il critco, nonostante
riconosca il talento dello scritore esordiente, gli rimprovera, però, l’aria viziata e corrota dei suoi
raccont e il distacco indiferente dimostrato nei confront di argoment scabrosi.
28
Il romanzo, edito a Firenze da Bemporad nel 1929, narra, in chiave autobiografca, la
maturazione interiore della protagonista, Diana, raggiunta atraverso una serie di esperienze e di
incontri vissut in un arco di tempo che va dall’infanzia ai trentacinque anni di vita (tra cui quello
con Massimo, “il fauno” cioè la tentazione, come nel mito di Diana e Ateone, che la protagonista
alla fne sposerà). Tra le altre opere della scritrice forentna ricordiamo: La donna e il suo
demonio: parabole , Firenze, Quatrini, 1923; La donna e il suo demonio: parabole vecchie e nuove ,
Firenze, Bemporad, 1926; Il maestro meraviglioso: libro per ragazzi , Firenze, Bemporad, 1926; Il
nano e il gigante , Firenze, Marzocco, 1948.
15
fascino perverso, aferma il censore, e fa guardare con nostalgia alla «riposata
atmosfera della leteratura tradizionale» 29
.
Come difesa Moravia invia al quotdiano romano una letera di precisazione da
Davos, in data 16 Luglio 1929, che viene commentata nell’artcolo Indirizzi
dell’anima moderna ovvero: sia per non detto pubblicato su “La Tribuna” il 21
Luglio 1929, sempre nella rubrica del Guardiano “Passaggi a livello”, a tut’oggi
inedita in volume. Lo scritore romano si dimostra meravigliato per
l’accostamento, fato dal Guardiano, tra l’ Ulisse e Gli Indifferent , visto che il suo
romanzo voleva essere propriamente una «reazione all’andazzo joyciano» 30
. A
conferma di questa afermazione, lo scritore ricorda proprio l’artcolo d’esordio,
frmato, ci tene a dirlo, col suo vero nome; di tale intervento Moravia indica il
ttolo, la rivista in cui è comparso, ma non la data esata di pubblicazione, perché
lo fa risalire al 1928
31
. Tale autocitazione è motvata dalla volontà dello scritore
di dimostrare la sua buona fede, richiamando alla memoria dei letori de “La
Tribuna” le sue primissime argomentazioni sulla questone; esse, atestando la
sua opposizione alla degenerazione del romanzo operata da Joyce, Proust, ma
sopratuto dai loro epigoni, costtuiscono uno strumento indispensabile per una
correta interpretazione del suo primo romanzo 32
. La risposta de “La Tribuna” si
colloca in calce all’intervento di Moravia; il Guardiano si chiede: « I malat si
risentono? Segno che il medico ha afondato il bisturi nel vivo della piaga». Se lo
scritore romano si era proposto, nella letera di precisazione, come ‘antdoto’ o
meglio come esempio di reazione a Joyce, il censore ricorda però che ogni
reazione presuppone un dominio e sotolinea che la testmonianza principale
dell’imperio joyciano rimasta ne Gli Indifferent è il fato di considerare l’umanità
29
Il Guardiano, Joyce + Freud, la moda della cattiveria , cit., p.3.
30
A. Moravia. Lettera di precisazione nella rubrica Il Guardiano, Indirizzi dell’anima moderna
ovvero : sia per non detto, ne “La Tribuna”, A. XLVII, n.174, 21 Luglio 1929, p.3.
31
P. Voza nell’artcolo Nel ventsette sconosciuto: Moravia intorno al romanzo , cit., parlando
espressamente di questa risposta di Moravia a “La Tribuna”, immagina che l’errore di datazione
dipenda o da un semplice refuso tpografco o da un difeto di memoria dell’autore.
32
Oltre al Guardiano, infat, infussi sopratuto joyciani nell’opera di Moravia saranno riscontrat,
tra i primissimi recensori del romanzo, anche da C. Zavatni ne “L’Italia Leteraria” (21 Luglio
1929), e da P. Pancrazi ne “Il Convegno” (Agosto 1929); Pancrazi individua in Moravia un
naturalismo a metà tra quello di Zola e quello di Joyce, ispirato ai principi della psicanalisi.
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nei suoi carateri più meschini e volgari, con quella spietata indiferenza che è
peggiore del pessimismo, perché il pessimismo già signifca disperata
riprovazione del male. Quindi la condanna nei confront de Gli Indifferent viene
confermata ma il Guardiano riconosce anche che la sua critca, piutosto che
scagliarsi contro singole opere, voleva invece riferirsi a tuta la produzione della
narratva moderna. L’artcolo si conclude poi con «tante scuse del Guardiano» a
Moravia e con l’invito all’amico Frateili di esprimere un giudizio più sereno e
meditato sui libri degli scritori citat»; tale suggerimento appare curioso, dal
momento che il Guardiano non era altri che lo pseudonimo con cui Arnaldo
Frateili frmava gli artcoli della rubrica “Passaggi a livello” su “La Tribuna”
33
.
Il critco sembra seguire i consigli del suo alter ego, dal momento che torna ad
occuparsi, e in modo più difuso, de Gli Indifferent nell’artcolo Un romanzo del
nostro tempo , pubblicato il 13 Agosto 1929 sempre sulle pagine del quotdiano
romano. Nell’intervento Frateili esprime un grande apprezzamento per l’indole
innata di romanziere del giovane Moravia, che ne Gli Indifferent dimostra di
possedere un «piglio sicuro di narratore», una «sicurezza nel taglio essenziale
della storia e nel fermo disegno dei carateri», qualità «che non si acquistano con
l’età né con la pratca dello scrivere», ma che sono «fruto d’istnto, appoggiato
ad una intelligenza acuta e a un’autentca natura di scritore» 34
. Proprio la
precocità dell’esordio permete, secondo Frateili, di spiegare «la posizione
apparentemente negatva e quasi cinica, in realtà profondamente soferta e
combatuta» assunta da Moravia nei confront dei problemi morali della società.
Nel giovane scritore manca, infat, «quel tanto di fede e di indiferenza» che
permetono di comprendere la realtà e di difendersi da essa; per questo, di fronte
al vizio, l’unica soluzione possibile sembra a Moravia quella di «opporre male al
male, negazione a negazione, cinismo a cinismo», ed il suo romanzo appare
quindi connotato da una visione drastcamente negatva della vita. In realtà,
invece, i suoi personaggi sono più dei soferent che degli indiferent; essi, infat,
33
Frateili utlizzava anche lo pseudonimo ‘Fantasio’, col quale frmava gli artcoli di critca
cinematografca sul “Giornale della sera”.
34
A. Frateili, Un romanzo del nostro tempo , ne “La Tribuna”, A. XLVII, n.193, 13 Agosto 1929, p.3.
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facendosi portavoce della «coscienza giovineta» dello scritore, che «contnua ad
invocare [il] paradiso perduto di sentment sinceri» soto l’apparente «cuore di
pietra», non sono cinici e crudeli ma «anime inquiete, ciascuna delle quali si
consuma nel male di una propria idea fssa». Inoltre Frateili ricorda ‘l’accusa’,
mossa a Moravia dal ‘Guardiano dei Passaggi a livello’, di subire l’infusso joyciano
e freudiano e ‘la difesa’ dello scritore; il critco sostene che fossero ambedue
giustfcate, ma ammete anche che in Moravia, rispeto a Joyce, «lo spirito è
sempre presente e soferente in una pitura così brutale e disincantata della vita
moderna». Frateili conclude l’artcolo defnendo Gli Indifferent un vero romanzo,
o meglio «il romanzo del nostro tempo» e ammetendo che, con Moravia, «il
romanziere che si cercava oggi sembra trovato».
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