I
Introduzione
Diario di una scrittrice è il titolo della rubrica che Alba de Céspedes cura per la rivista
«Epoca» dal 1958 al 1960. In realtà, la collaborazione con la testata inizia già nel 1952,
anno in cui la scrittrice esordisce sul settimanale con la rubrica di corrispondenza con i
lettori intitolata Dalla parte di lei. Alba de Céspedes risponde. Il Diario è, invece, uno
spazio in cui la scrittrice può esprimersi con aneddoti, commenti e opinioni su fatti e
personaggi dell’attualità. La scelta di reimpostare la rubrica come un diario è del
direttore di «Epoca», Enzo Biagi, che nel 1958 decide di sopprimere Dalla parte di lei e
di sostituirla con: «un “Diario di una scrittrice” fatto, cioè, di brevi pezzi, incontri,
letture, riflessioni e pensieri: qualcosa di più vivo e più variato di quella che può essere
una corrispondenza coi lettori»
1
. La decisione del direttore si rivela molto dolorosa per
la scrittrice, costretta a rinunciare a un dialogo con i lettori che, pur costandole molta
fatica, le aveva consentito di essere sempre aggiornata sui problemi e le crisi della
società contemporanea e di soddisfare così quel bisogno di «capire» la realtà,
indispensabile al proprio lavoro di scrittrice.
Il brusco passaggio al Diario di una scrittrice causa, quindi, una prima crepa nei
rapporti tra de Céspedes e la direzione del settimanale, e allo stesso tempo accelera il
distacco della scrittrice dalla realtà politico-culturale italiana. Negli anni in cui si
pubblica la rubrica matura, infatti, la delusione di de Céspedes per la situazione di stallo
in cui si trovano la cultura e la politica italiana dopo il tramonto degli ideali di
rinnovamento e riforma che la stessa aveva sostenuto, pochi anni prima, nel corso della
Resistenza. Se, infatti, la carriera giornalistica della scrittrice raggiunge il traguardo più
importante con la collaborazione a «Epoca», è nella passata ideazione e direzione del
1
Lettera di Enzo Biagi ad Alba de Céspedes, 10 ottobre 1958, in ALBA ANDREINI, La scrittura giornalistica, in
Alba de Céspedes, a cura di Marina Zancan, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2005, p. 349n
II
mensile «Mercurio»
2
che il suo impegno nel rinnovamento della società assume la
forma concreta di pratica politica attraverso il giornalismo
3
. Gli anni della
collaborazione a «Epoca» corrispondono invece a una nuova fase di teorizzazione e di
analisi della nascente società dei consumi, nei confronti della quale de Céspedes si rivela
molto critica. Eppure il Diario di una scrittrice viene pubblicato su una rivista nata
appositamente per soddisfare le esigenze di un nascente pubblico di massa, che non si
riconosce nei contenuti «alti» di matrice esclusivamente politica e intellettuale e nel
linguaggio retorico e sofisticato dei quotidiani.
«Epoca, settimanale politico di grande informazione» esce nel 1950, anno in cui si
registra l’esplosione del fenomeno commerciale e culturale della stampa periodica
d’attualità, causato da una parte dalla volontà dell’industria culturale di ampliare il
mercato conquistando un pubblico più vasto e, dall’altra, dalle esigenze di una società
moderna e industrializzata in cui la scolarizzazione e la conseguente riduzione
dell’analfabetismo hanno consentito la crescita del consumo culturale. «Epoca», in
particolare, rappresenta la punta di diamante del programma di potenziamento tecnico
e produttivo avviato da Mondadori alla fine degli anni ’40, con l’obiettivo di garantire
alla casa editrice un posto di rilievo nel nascente mercato culturale di massa.
Il contesto giornalistico degli anni ’50, le caratteristiche del settimanale mondadoriano
e il pubblico al quale si rivolge sono argomento del primo capitolo del nostro lavoro
(par. 1.1), nel quale si descrive anche come si colloca, nella rivista, la prima
collaborazione di Alba de Céspedes, la rubrica Dalla parte di lei (par 1.2). La
collaborazione stabile della scrittrice ad un settimanale ad alta tiratura, quale è
«Epoca», deriva dal grande successo ottenuto con i romanzi Nessuno torna indietro
(1938) e soprattutto Dalla parte di lei (1949), al quale si rifà il titolo della rubrica, e
2
«Mercurio, mensile di politica, arte, scienze», Roma, 1944-1948, diretto da Alba de Céspedes
3
Da ricordare anche la rubrica La voce di Clorinda , che de Céspedes cura per la trasmissione «Italia combatte» su
Radio Bari, prima voce radiofonica della resistenza
III
rientra nella politica editoriale delle «grandi firme», finalizzata a conquistare il pubblico
attraverso la collaborazione alla rivista degli autori più importanti della casa editrice
Mondadori. Per la prima volta, quindi, nella lunga carriera di de Céspedes, l’attività
giornalistica non rappresenta più un mestiere attraverso il quale garantirsi
indipendenza economica e notorietà, ma un traguardo, un riconoscimento del successo
ottenuto in campo letterario
4
. Circa sei anni dopo viene chiesto alla scrittrice di
sostituire la corrispondenza con i lettori con uno spazio in cui esprimere liberamente le
proprie opinioni. Nel par. 1.3 della nostra ricerca si ripercorre, quindi, il difficile
momento di transizione alla nuova rubrica Diario di una scrittrice.
Il secondo capitolo ricostruisce invece il profilo del Diario: l’impaginazione, il pubblico
di riferimento, lo stile. Si discute, ad esempio, l’impostazione data alla pagina che, divisa
in brevi paragrafi titolati da date, ad esempio: «Parigi, 4 novembre»
5
, aspira ad essere il
più possibile simile a quella di un vero diario; da qui la riflessione sul rapporto di Alba
de Céspedes con la scrittura del privato, come appunto quella diaristica, intesa come
forma attraverso la quale descrivere e interpretare la realtà contemporanea e il difficile
rapporto tra individuo e società, tra storia personale e Storia. La riflessione della
scrittrice, infatti, qualunque sia il tema affrontato nella rubrica, parte sempre da un dato
concreto, reale, proveniente dall’esperienza personale o da un fatto di cronaca.
Il capitolo terzo della nostra ricerca passa in rassegna i temi portanti della rubrica, il
modo in cui vengono trattati e le reazioni dei lettori riportate sul Diario dalla scrittrice,
il cui obiettivo non è di ergersi a giudice del costume e della morale della società ma di
suscitare il dibattito, risvegliare nei lettori un consapevole senso critico, farli discutere
su argomenti ai quali spesso viene rivolta una scarsa e superficiale attenzione.
4
La carriera letteraria di Alba de Céspedes percorre i doppi binari della letteratura e del giornalismo fin dagli esordi
con la pubblicazione, nel 1934, del racconto Il segreto su «Il Giornale d’Italia». Su questo si rimanda ad ALBA
ANDREINI, La scrittura giornalistica, cit., pp. 330-349
5
ALBA DE CESPEDES,”Parigi, 4 novembre; 5 novembre; 10 novembre”, Diario di una scrittrice, in «Epoca», 16
novembre 1958, p. 84
IV
Nel par. 3.1 si descrive in che modo, sul Diario, la scrittrice cita i luoghi cui è più legata
la propria esperienza personale, nonché la propria produzione artistica.
Il par. 3.2 esplora il tema del difficile rapporto tra lo scrittore e la società in cui vive e
dai cui trae la propria arte. Si discute, ad esempio, il rapporto problematico dello
scrittore con la stampa, veicolo ingannevole della sua immagine al pubblico, e il difficile
equilibrio tra la concezione dell’opera letteraria come opera d’arte e, allo stesso tempo,
come «prodotto» dell’industria culturale, da vendere adoperando precise strategie
pubblicitarie.
Il par. 3.3 è dedicato all’analisi, condotta da de Céspedes sul Diario, del ruolo sociale
della donna, inteso come metro di misura del progresso della società. La scrittrice critica
più volte la condizione d’inferiorità, sia nella sfera pubblica che privata, in cui si trova la
donna italiana alla fine degli anni ’50 e propone alcuni esempi positivi di un nuovo
modello di donna, colta ed emancipata, in rapida affermazione nelle società più
progredite e speculare a quello italiano di «fata del focolare» e «regina della casa». De
Céspedes insiste infatti, più volte, sull’importanza del lavoro, dell’indipendenza
economica della donna come primo veicolo di emancipazione.
L’analisi del ruolo sociale della donna viene condotta, sulla rubrica, da diversi punti di
vista, prendendo in considerazione, ad esempio, il posto che la stessa occupa nella
produzione artistica, letteraria come cinematografica, del tempo (par. 3.3.1) o
prendendo come spunto notizie di cronaca che vedono le donne protagoniste (par.
3.3.2). In questo modo la riflessione della scrittrice sul tema dell’emancipazione della
donna scaturisce sempre da fatti concreti, da notizie che il pubblico apprende
quotidianamente dai giornali.
Dalla riflessione sul ruolo sociale della donna in Italia si passa ad analizzare, nel par.
3.4, tutti quegli aspetti della società che de Céspedes descrive e, spesso, critica: il falso
moralismo religioso e il perbenismo ipocrita dell’italiano piccolo-borghese; il
V
matrimonio e il diritto, non ancora conquistato in Italia, al divorzio; il razzismo; il
riflusso degli ideali di rinnovamento e riforma sociale, sostenuti durante la resistenza e
adesso soppiantati da un unico ideale di progresso economico; l’indifferenza del
pubblico di massa nei confronti dell’arte; il restringimento della cultura italiana in
confini nazionali se non regionali, quindi la questione dell’uso del dialetto in letteratura;
non ultimo il dibattito sostenuto con i lettori e ripreso più volte nella rubrica, sul
costume sessuale dell’uomo italiano e sul fenomeno del «gallismo».
Ultimo tema preso in considerazione è il ruolo sociale delle celebrità che, per mezzo
dei nuovi media, cinema e televisione, hanno assunto, nell’immaginario del pubblico, il
ruolo di nuovi miti (par. 3.5). Le copertine di «Epoca» raffigurano spesso i «divi»:
attori, attrici, principi e regine, ai quali è riservato un notevole spazio anche all’interno
del settimanale; de Céspedes affronta, però, l’argomento da un punto di vista diverso e
svela il volto umano delle celebrità, non attraverso i pettegolezzi e le confidenze della
cronaca rosa, ma criticando appunto il doppio ruolo di cui la stampa, complice il
pubblico vastissimo di lettori, ha investito i «divi», i quali, se da una parte
rappresentano dei modelli inarrivabili, dall’altra divengono i protagonisti di vicende
private: amori, separazioni, scandali, che permettono l’identificazione.
Tutti gli argomenti trattati nel Diario rientrano in un unico progetto di analisi critica
della società e di denuncia della crisi di valori causata dalla concezione del benessere
economico, del raggiungimento di uno status sociale elevato, come unico fine
dell’esistenza. La scrittrice invita l’italiano-medio, lettore di «Epoca» all’auto-critica,
necessaria al progresso morale della società, proponendo anche una maggiore apertura
della cultura italiana al confronto con altre realtà internazionali.
Nella sua rubrica de Céspedes elabora dunque un bilancio della società e della cultura
italiana su cui i lettori sono invitati a riflettere ma soprattutto a discutere, anche
polemizzando con le posizioni assunte dalla scrittrice, poiché la stessa considera il
VI
silenzio e l’indifferenza le basi del malessere di una società. Rileggendo oggi il Diario di
una scrittrice risulta sorprendente l’attualità di molti dei temi trattati, i quali sono
ancora oggi argomento di dibattito politico; possiamo arrischiarci a pensare, allora, che
la situazione italiana di pigrizia morale e di stallo della cultura e del progresso sociale,
denunciata dalla scrittrice 50 anni fa, non sia ancora pienamente superata.
1
I. LA COLLABORAZIONE A «EPOCA»
I.1. Il contesto giornalistico e il profilo della rivista
Il primo numero di «Epoca, settimanale politico di grande informazione» è in edicola il 14
ottobre 1950, anno in cui il mercato editoriale registra da una parte la crisi del settore
quotidiani e dall’altra il fenomeno commerciale, culturale e sociale della stampa periodica.
Tale fenomeno rappresenta la parte emergente e patinata di una cultura di massa che, se
da un lato soddisfa la volontà dell’industria culturale di ampliare il mercato raggiungendo
un pubblico più vasto possibile, dall’altra risponde alle esigenze di una società moderna e
industrializzata in cui l’aumento della ricchezza e del tempo libero, la scolarizzazione più
diffusa e quindi la riduzione dell’analfabetismo consentono la crescita del consumo
culturale, di cui la stampa è il settore più appariscente
1
.
Il successo del settimanale, in particolare, si deve alla capacità degli editori di cogliere le
necessità di un nascente pubblico di massa, che non si riconosce nel linguaggio retorico e
difficile, nei contenuti di matrice esclusivamente politica e intellettuale, in una parola nel
“grigiore” dei quotidiani. Tali capacità sono messe in atto, già nel secondo dopoguerra, da
editori milanesi con spirito d’iniziativa e impianti moderni ed efficienti. Il primo è Angelo
Rizzoli, che nel luglio del 1945 pubblica «Oggi», diretto da Edilio Rusconi, seguito da
Gianni Mazzocchi con l’«Europeo», diretto da Arrigo Benedetti, quest’ultimo proveniente
da «Omnibus» di Leo Longanesi, considerato il padre dei settimanali d’attualità; rinascono
«La Domenica del corriere» e «Illustrazione italiana», esce «Il Politecnico, settimanale di
1
ALBERTO PESCE, ANNA MASSENTI, L’immagine settimanale: il rotocalco, Brescia, La Scuola, 1983, p.5
2
cultura contemporanea», poi divenuto mensile, diretto da Elio Vittorini ed edito da
Einaudi; del ’49 è invece «Il mondo», edito da Mazzocchi e diretto da Mario Pannunzio,
sotto il nume tutelare di Benedetto Croce, che si caratterizza come settimanale
«aristocratico» del dissenso morale e politico. Nel 1950 esce invece «Settimana Incom»,
che prende il titolo dall’omonimo cine-giornale di successo. Questi sono solo alcuni dei
settimanali pubblicati tra il ’45 e il ’50, ai quali si affianca una vasta produzione di riviste
femminili, due esempi tra tutti le mondadoriane «Grazia» (1938) e «Confidenze» (1946) e
infine il successo dei settimanali d’evasione a fumetti come «Bolero film», edito da
Mondadori nel 1946
2
. Prediligendo come esempi le testate della casa milanese risulta
evidente il dinamismo e la capacità della casa editrice di coniugare l’offerta alla domanda
in un mercato culturale sempre più diversificato. La strategia mondadoriana è quella di un
grande complesso industriale che, rispetto ad altri fini culturali o politici, intende anzitutto
rispondere a una vasta domanda, e mira anzi a coprire i vari settori dell’intero mercato
culturale, da quello librario ai periodici e alla pubblicità
3
.
Il primato dell’innovazione nella produzione periodica spetta alla casa milanese, prima
ancora che per «Epoca», già per il settimanale «Tempo», di cui «Epoca» può considerarsi
discendente diretto e con il quale condivide il fondatore e direttore, nella persona di
Alberto Mondadori, figlio del Presidente dell’azienda Arnoldo. «Tempo», in edicola dal
1939 al 1943, si basa sul modello americano di «Life» ed è il primo settimanale italiano a
grande tiratura che usa la riproduzione tipografica a colori; è il primo in Italia impostato
sul lavoro a due dell’inviato e del fotoreporter e basato sulla funzione direttamente
2
PAOLO MURIALDI, La stampa italiana dalla liberazione alla crisi di fine secolo, Bari, Laterza 1995,
pp.99-101
3
ALBERTO MONDADORI, Lettere di una vita, a cura di G. C. Ferretti, Milano, Fondazione Arnoldo e
Alberto Mondadori, 1996, p. LXV
3
informativa dell’ immagine e su un’ accentuazione narrativa del servizio complessivo
4
.
«Tempo» si rivela un buon affare per la Mondadori, non solo per le alte tirature dovute alla
sua esclusività nel panorama editoriale dell’epoca, ma anche per i finanziamenti assegnati
dal regime fascista per il ruolo propagandistico assolto dalla rivista, soprattutto nei paesi
occupati dalle truppe tedesche e italiane
5
. A guerra conclusa Mondadori regala la testata a
un gruppo di socialisti milanesi e «Tempo», con l’aggiunta dell’ aggettivo «nuovo», viene
ripubblicato nel 1945 sotto la direzione di Arturo Tofanelli, ma con una limitata
diffusione
6
.
Intanto Alberto Mondadori pensa a una nuova rivista, che, in linea di continuità con
l’esperienza di «Tempo», gli consenta di conciliare i suoi interessi con le prerogative
dell’impresa di famiglia; infatti, a partire da Zavattini, già elemento di spicco di «Tempo»,
molti dei collaboratori del settimanale sono chiamati a ricoprire i loro ruoli anche nel
progetto «Epoca»: Bruno Munari alla direzione grafica, Lamberti Sorrentino inviato
speciale, Corrado Pavolini autore della rubrica teatrale, Aldo Palazzeschi di quella
cinematografica, Guido Pannain per la rubrica musicale, Augusto Guerriero che, oltre che
autore del commento settimanale di politica estera, cura con lo pseudonimo di
«Ricciardetto» la rubrica Memorie dell’epoca e ancora tra gli amici e i collaboratori più
stretti del Direttore, Remo Cantoni assume i Ragguagli sull’epoca, mentre curatore di una
rubrica di costume, Questa nostra epoca, è Manlio Lupinacci
7
. Anche tra i redattori in
servizio fin dai primi numeri troviamo ex collaboratori di «Tempo», ad esempio Roberto
Cavallari, Alfonso Gatto, Mino Monicelli e Adriano Ravegnani
8
.
4
Ibid., p. XXX
5
Ibid., p. XXXLV
6
PAOLO MURIALDI, La stampa italiana dalla liberazione alla crisi di fine secolo, cit.,p. 101
7
ENRICO DECLEVA, Arnoldo Mondadori,Torino, UTET, 1993, p. 405
8
Ibid,. p. 407