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INTRODUZIONE
Badante, un termine che solo quindici anni fa non esisteva, oggi fa parte del vocabolario
corrente, una figura sempre più presente nelle case degli anziani.
Il mio interesse per le problematiche degli anziani e di chi si occupa di loro in qualità di
caregiver, formale o informale, si è sviluppato nel tempo, per esperienze familiari e
attraverso collaborazioni con i servizi sociali del Comune di Padova e con numerose
Associazioni dedicate all’Alzheimer.
Il presente lavoro è strutturato in nove capitoli, i primi cinque fanno parte della sezione
teorica, i successivi quattro appartengono alla sezione empirica.
Utilizzando i presupposti teorici di riferimento propri della psicologia sistemico-
familiare, nel primo capitolo ho analizzato la famiglia come unità, la relazione
familiare, la cura familiare, la famiglia come sistema, gli eventi critici e l’attivazione
delle risorse, la malattia come evento critico familiare. Il secondo capitolo è focalizzato
sulle trasformazioni strutturali e di processo nella famiglia e le politiche sociali, il
lavoro di rete, il diritto alla domiciliarità.
I successivi tre capitoli sono incentrati sulla triade di cura, oggetto della mia indagine.
In particolare, nel capitolo III analizzo la figura dell’anziano non autosufficiente: le
concezioni della vecchiaia nei secoli, la definizione e le implicanze
dell’invecchiamento, i dati ISTAT sull’invecchiamento della popolazione, le definizioni
di non autosufficienza e di disabilità, i bisogni di questa tipologia di soggetti. Il capitolo
IV è dedicato alla figura dell’assistente familiare, le caratteristiche del suo progetto
migratorio, i suoi vissuti, i problemi di formazione. Il capitolo V è orientato a conoscere
la figura del caregiver informale, i suoi vissuti, le difficoltà organizzative e il suo ruolo
di tutor.
I restanti capitoli fanno parte della sezione empirica. Caratteristiche, problematiche e
risorse di questo sistema di cura spesso “fai da te”, costituiscono l'oggetto di studio della
mia indagine esplorativa condotta con tre differenti questionari costruiti ad hoc,
somministrati a 80 anziani, 80 famiglie e 80 assistenti in quattro città del Veneto
diversamente caratterizzate per contesto socio-economico-culturale.
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CAPITOLO I
L'IDENTITA' FAMILIARE
1.1. LA FAMIGLIA COME UNITÀ
L'amore genera la comunicazione. L'amore non permette che chi ama
rimanga in se stesso, ma lo obbliga ad uscire, a donarsi al mondo.
Dionigi Aeropagita
“Gli uomini vivono in gruppi: ciò è inerente alla condizione umana.” (Minuchin, 1976,
p. 49). L'inclusione della famiglia tra i piccoli gruppi è un classico della psicologia
sociale a partire dagli anni '50.
La famiglia costituisce il “gruppo primario” per eccellenza. Essa è universale, propria di
ogni tempo e di ogni stadio di sviluppo, è caratterizzata da intima associazione come
“fusione delle individualità in un insieme comune”, in un “noi” (Cooley, 1963, p. 23).
Per Lewin (1951), si tratta di una “totalità dinamica”, caratterizzata dalla processualità,
in cui il cambiamento di una parte interessa tutte le altre e modifica le modalità di
funzionamento del sistema stesso; è “qualcosa di più o, per meglio dire, qualcosa di
diverso dalla somma dei suoi membri”. La famiglia è l'esempio più significativo di
gruppo naturale, “ha struttura propria, fini peculiari e relazioni particolari con gli altri
gruppi” (ibidem, p. 125), possiede una dimensione temporale a sé, avendo una sua storia
ed un suo futuro.
Come evidenzia Watzlawick (1971) nel modello pragmatico-relazionale
1
, la famiglia
condivide con la dimensione gruppale l'interdipendenza tra i membri, per cui il
comportamento di ognuno dipende ed è strettamente legato a quello di tutti gli altri. È
quindi considerata dall'autore come un sistema capace di autoregolarsi secondo le
caratteristiche proprie di ogni sistema.
Selvini Palazzoli (1988) ricorre alla “metafora del gioco”: tutti i membri della famiglia
sono coinvolti in una partita comune nella quale propongono la parte che ritengono più
adatta rispetto a se stessi ma anche rispetto al gioco, che è vitale per tutto il sistema; la
sua rottura comporterebbe infatti una perdita della propria identità, venendo a mancare
proprio quell'unità che dà senso al singolo.
1 Nella prospettiva relazionale, la natura umana e l'ordine sociale vengono considerati prodotti della comunicazione; in modo
implicito ed esplicito, nei rapporti sociali, si definisce costantemente la natura delle relazioni tra le persone.
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1.2. LA RELAZIONE FAMILIARE
Tutti noi, dalla nascita alla morte, siamo al massimo della felicità quando la nostra vita è
organizzata come una serie di escursioni, lunghe o brevi, dalla base sicura fornita dalle
nostre figure di attaccamento.
Bowlby, Una base sicura, 1988
La relazione familiare, come spiega Manoukian (1983), è caratterizzata dall' “essere al
tempo stesso punto di appoggio e di sostegno, momento di solidarietà ma anche veicolo
fondamentale di divieti, di limitazioni e di condizionamenti irreversibili” (ibidem, p. 7).
Il legame che unisce i membri familiari è molto intimo (Marc et al., 1996). “La famiglia
è l'unico luogo nel quale le persone stanno, si legano, si mettono in gioco, mettono in
comune non qualche aspetto di sé, ma sè” (Scabini, 2001, p. 15). Da ciò emerge la
densità del legame, o vincolo
2
, motore di un surplus, che Rossi (2001) definisce
“eccedenza generativa” della famiglia.
Secondo il paradigma relazionale-simbolico
3
di Scabini e Cigoli (2000), la famiglia
“unifica le differenze originarie e fondamentali dell'umano, quella tra i generi (maschile
e femminile), tra le generazioni (genitori e figli) e tra le stirpi (ovvero l'albero
genealogico, materno e paterno). […] Essa inoltre esprime e produce legami sociali
(legame famiglia-comunità)” (Scabini e Iafrate, 2003, p. 45-46).
RELAZIONE
FAMILIARE
Figura 1, tratta da Scabini (2001, p. 18): la relazione familiare
Lo scambio relazionale ha una duplice connotazione: da una parte esso è ciò che re-liga
(legame dato dall'intersoggettività) e dall'altra costituisce ciò a cui si re-ferre (senso e
portato simbolico legato all'interazione stessa) (Cigoli, 1992).
2 Vincolo (da vincire, legare) connota i rapporti di natura affettiva, morale, sociale, in quanto se ne sottolinea il carattere
impegnativo (Il dizionario della lingua italiana, 1990, Le Monnier). Il vincolo familiare trae origine dalla relazione servile
(famiglia deriva infatti da famulus, servitore). Il legame familiare è un vincolo implicante fedeltà.
3 “Il relazionale specifica e definisce il punto di osservazione dell'oggetto famiglia, il simbolico identifica e definisce le categorie
di senso basilari che qualificano le relazioni familiari” (Scabini, 2001, pag. 16).
LEGAME
TRA STIRPI
TRANSGENERAZIONALE
LEGAME
DI INTERMEDIAZIONE TRA FAMIGLIA
E COMUNITA'
LEGAME
CONIUGALE
LEGAME
INTERGENERAZIONALE
10
Il livello interattivo riguarda l'interazione
4
, il presente, la routine quotidiana.
L'interazione rimanda e riferisce a qualcosa che va al di là del qui e ora, alle relazioni
familiari
5
.
Il livello relazionale concerne i legami, le transizioni familiari, le cerimonie, i rituali, il
passato, il presente ed il futuro. “La relazione precede logicamente l'interazione perchè
ne è il contesto. Interazione e relazione si implicano a vicenda, perchè l'interazione
“riempie” la relazione e la relazione fa da asse portante dell'interazione.” (Scabini,
1995, p. 83).
Nella relazione, anche il ruolo
6
riveste fondamentale importanza: “la relazione, senza la
mediazione del ruolo e la concretezza dell'interazione
7
, si vanifica in una espressività
inefficace” (Scabini, 2001, p. 17).
La dimensione orizzontale si integra così con quella verticale, andando a costituire la
dimensione storico-evolutiva della prospettiva familiare che, includendo almeno tre
generazioni, si può definire trigenerazionale (Bowen, 1978).
Attraverso le generazioni si snoda la trasmissione della propria storia familiare, ossia
tutto ciò che “si è sedimentato e si sedimenta continuamente in quanto a valori, riti, e
modelli di funzionamento” (Scabini, 2001) (p. 18) che la famiglia stessa ha individuato
per far fronte agli eventi della vita, dando loro quello specifico significato che va a
connotare la sua peculiare tradizione.
La famiglia, “soggetto fatto di relazioni, di legami e che genera legami connettendo tra
loro le persone” (Scabini e Iafrate, 2003, p. 48), è una “forma sociale primaria”, che sta
“all'origine della stessa civilizzazione in quanto garantisce il processo generativo da un
punto di vista biologico, psicologico, sociale e culturale” (ibidem, p. 19).
“Lo scambio simbolico tipico delle relazioni familiari consiste dunque nel dare all'altro
ciò di cui si suppone abbia bisogno: esso è mosso dalla fiducia che l'altro ricambierà con
una moneta simile, quando potrà” e, come sottolinea Scabini (2001), “la reciprocità è
nei tempi lunghi e può realizzarsi se è sostenuta da una tenace fiducia e speranza nel
legame” (p. 23).
4 Tratto distintivo dell'interazione tra persone è che esse si rispondono in maniera reciproca (Asch, 1958).
5 Cigoli (1992) spiega che mentre nell'interazione emergono il contrasto e la discordanza (nella famiglia riguardano il sesso, la
generazione, il ruolo), nella relazione si può cogliere il legame, l' “intreccio”.
6 Tessarolo (1993) spiega che il ruolo concerne un insieme di atteggiamenti stabili e ripetuti riconducibili ad un modello generale
di condotta di una determinata persona. Si pensi al ruolo di madre, di padre, di figlio, ad esempio.
7 L'interazione ed il ruolo sono osservabili, la relazione ed il simbolico non sono visibili e perciò emergono dagli scambi della
vita familiare (Scabini, 2001).
11
La dimensione simbolica
8
, che attraversa le diverse forme storiche di famiglia ed è
tipica della specie umana, manifestandosi tramite il linguaggio, è connotata da aspetti
affettivi (la fiducia e la speranza, matris munus, dono della madre che dà la vita, la
protegge e la contiene) ed etici (la giustizia e la lealtà, patris munus, dono del padre, che
guida e regola) che vanno rispettati e incrementati perchè ci sia veramente famiglia.
Come spiegano Scabini e Iafrate (2003, p. 45-46), “Il famigliare, cioè la matrice
simbolica del legame tra i sessi, le generazioni e le stirpi, dà sostanza psichica alle
singole famiglie e alle varie forme familiari.”. Perciò, per essere in grado di catturare “il
famigliare”, occorre sapersi elevare al di sopra del presente e della propria vita,
mantenendo il legame tra le generazioni passate e quelle presenti e future (Scabini,
2001).
Registri inferibili la relazione guida lo scambio
rinegoziazione delle relazioni
Registro osservabile
Figura 2, tratta da Scabini (1995, p. 84): i livelli interattivo, relazionale e simbolico
Godbout (1993), assumendo una prospettiva di stampo antropologico-sociologico,
ribalta la posizione che vedeva l'obbligo e il debito come primari ed individua con forza
il dono come costituitivo del legame familiare
9
, che viene alimentato e rinnovato nel
circolo del dare, ricevere, contraccambiare, legando, nel tempo, più generazioni. Infatti
“il dono, una volta restituito, non finisce lì. Fa parte di una catena ininterrotta” (p. 39),
al cui interno ciò che circola è al servizio del legame.
8 Il simbolo, dal verbo greco mettere insieme, accostare, era un segno di riconoscimento costituito
dall'incontro delle due metà di un unico oggetto. Esso dunque è ciò che connette.
9 Il legame presenta l'aspetto di vincolo ma il rovescio della medaglia è dato dagli aspetti di risorsa (Scabini, Donati, 1995).
Livello relazionale
Natura del legame tra gli
individui
Livello
interattivo
Scambi
comunicativi
nel “qui e ora”
Livello
simbolico
Bisogni e compiti
universali
12
“La possibilità di donare”, come spiega Scabini (2009, p. 6), “è una qualità
squisitamente umana, che riflette dunque la fiduciosa gratuità di chi dona e interpella la
capacità di riconoscimento e di libera accoglienza di chi riceve il dono. La famiglia è il
luogo elettivo in cui il dialogo che anima il dono può trovare piena espressione.” Infatti,
è proprio nella relazione familiare che ritroviamo quel quid gratuito e quella dedizione
verso l'altro, che stanno alla base del dono incondizionato.
L'aspetto di lealtà sottolinea il versante etico delle relazioni e nel legame familiare
riveste fondamentalmente la forma di impegno
10
tra le generazioni, nel dare e avere
passato, presente e futuro, in una prospettiva di reciprocità, in cui lo scambio di
giustizia/ingiustizia si comprende nell'area delle generazioni (Scabini, 1995).
Boszormeny-Nagy e Spark (1988) definiscono gli impegni di lealtà come “fili invisibili
ma solidi” che mantengono unite parti complesse del comportamento relazionale nelle
famiglie e nella società.
“Gli impegni di lealtà si esprimono in termini di aspettative condivise tra i componenti
della famiglia e orientano la comprensione delle modalità del legame tra i membri delle
famiglie d'origine e, di riflesso, del legame tra i coniugi” (Bramanti, Regalia 1995, p.
157).
In base al principio di lealtà, ci si aspetta che i figli saldino i debiti con i genitori che
hanno donato la vita e che si sono presi cura di loro (Togliatti, Lavadera, 2002).
1.3. LA CURA FAMILIARE
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore, dalle ossessioni, dalle tue
manie. Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti
invecchiare. E guarirai da tutte le malattie, perchè sei un essere speciale, ed
io, avrò cura di te.
Battiato, La cura, 1996
Bramanti e Regalia (1995, p.156) spiegano che “la cura familiare è interessata
soprattutto a costituire e mantenere il legame: le azioni di cui è composta non si
esauriscono al livello della prestazione fornita, ma hanno fondamentalmente un valore
relazionale”.
A seconda del tipo di relazione familiare vi è una forma specifica di cura. I tre compiti
simbolici sono la cura della reciprocità riguardante la relazione coniugale (adulto come
coniuge), la cura responsabile nel rapporto genitori-figli (adulto in quanto genitore) e la
10 Lealtà si rifà alla radice francese di loi, legge e quindi riguarda gli obblighi tra le generazioni.
13
cura delle eredità che riguarda le relazione tra stirpi (Scabini, Iafrate, 2003).
dono
debito
polo affettivo
polo etico
Figura 3, tratta da Scabini (2001, p. 23): i tre compiti simbolici nella famiglia
Nel linguaggio psicologico, la cura è stata a lungo considerata come espressione
dell'attaccamento del bambino alla madre, all'interno di una teoria che ha preso vita
dagli studi di Bowlby (1989) sulle modalità materne di accudimento e che è stata
successivamente ampliata e sviluppata, in una prospettiva per cui in età adulta il legame
di attaccamento
11
si arricchisce evolvendosi (Bramanti, 1995).
In termini più strettamente relazionali il termine cura può essere, invece, inteso nel
senso più globale del “prendersi reciprocamente cura”. La cura si può esprimere ma non
si esaurisce nel comportamento di aiuto, né si attiva solo in caso di pericolo; essa è
piuttosto, come ricorda Scabini (1995), una qualità specifica delle relazioni primarie
(costitutive del nucleo dell'identità) lungo tutto il loro sviluppo
12
.
Sono due i livelli attraverso cui si esplica la cura familiare. Essi possono essere applicati
allo schema AGIL, costituito da due assi: L-G è il primo, l'asse referenziale, implica il
livello essenziale della relazione; il secondo, A-I, asse strutturale, sta ad un livello
fenomenologico (Rossi, 2001).
Nell'asse L-G ritroviamo il farsi carico e l'essere responsabile, attraverso la scelta
13
e
con l'obiettivo di rinsaldare le relazioni; vengono messi in gioco in gioco i registri del
11 L'attaccamento adulto prevede un rapporto simmetrico in cui entrambi i partner offrono e ricevono supporto. La
complementarietà caratterizzante l'attaccamento infantile si ripropone in tarda età quando condotte di cura specifiche, come, ad
esempio, quelle del figlio nei confronti del genitore anziano, sono interpretabili come comportamenti di protezione verso
l'originaria figura di attaccamento (Carli, 1995).
12 Tale concezione rimanda al concetto di generatività che Erikson (1984) definisce come il prendersi cura “delle persone, dei
prodotti e delle idee che ci siamo impegnati a curare”(ivi, p. 64).
13 La possibilità di scelta per chi si fa carico è affermata come valore, tale per cui il vincolo si trasforma in risorsa.
Patto di
reciprocità
Cura
responsabile
Cura delle
eredità
Relazione
coniugale
Relazione genitoriale
Relazione tra stirpi
14
dono e del debito e le aspettative di lealtà e di gratuità tra i sessi e le generazioni
(Scabini, 1995).
Nell'asse A-I, la cura si intende come azione di sostegno e di supporto nei confronti di
uno dei suoi membri (Bramanti, 1995; Bramanti, 2001b), rispondendo ad una regola
generale che è insieme integrativa e regolativa. È integrativa in quanto deve permettere
ai soggetti di essere “tenuti dentro”, resi parte integrante della comunità familiare – si
pensi ad esempio all'accoglienza in famiglia delle persone anziane non più
autosufficienti; è regolativa in quanto con questa funzione la famiglia svolge un compito
di controllo sociale altrimenti demandato ad istituzioni pubbliche.
Figura 4, tratta da Rossi (2001, p. 169): schema AGIL applicato a relazione di cura in famiglia
1.4. LA FAMIGLIA COME SISTEMA
Tutte le parti dell’organismo formano un cerchio. Perciò ogni
parte è sia il principio che la fine.
Ippocrate
Nella prospettiva socioevolutiva, la famiglia è stata considerata come un sistema, inteso
come insieme di elementi talmente interrelati tra loro che una modificazione dell'uno
comporta un conseguente cambiamento negli altri (Marc. et al., 1996).
Secondo la teoria generale dei sistemi di V on Bertalanffy
14
(1971), le caratteristiche
proprie della famiglia, così come di ogni altro organismo vivente, sono: la non
sommatività (è diversa dalla somma delle sue parti), la causalità circolare (complesso e
costante processo di influenzamento reciproco), l'equifinalità (le condizioni iniziali di
un sistema non determinano rigidamente il suo stato finale), l'omeostasi (meccanismi
14 La teoria dei sistemi è una prospettiva interdisciplinare nata negli anni '40 in opposizione al riduzionismo e al settorialismo,
considera la complessità degli organismi viventi evidenziando rapporti significativi tra le parti e le funzioni, e tra gli organismi
ed i loro contesti ambientali (sovrasistemi).
15
stabilizzatori dei cambiamenti che vengono riportati entro una fascia contenuta di
oscillazioni) e la morfogenesi (capacità di produrre cambiamenti organizzativi stabili e
profondi).
L'omeostasi e la morfogenesi, apparentemente in antitesi tra di loro, danno vita al
concetto di “omeostasi evolutiva”. La famiglia, per adeguare la propria organizzazione
ai mutamenti che incontra nel suo sviluppo, mette in atto movimenti di ristrutturazione,
tendendo allo stesso tempo a conservare la propria identità.
Minuchin (1976) ribadisce il concetto di famiglia come “sistema socio-culturale aperto,
in trasformazione” che, pur nel cambiamento e nella molteplicità, “mantiene se stesso”,
garantendo stabilità e continuità ed assicurando “crescita psico-sociale a ciascuno dei
suoi membri”. Le modalità con cui essi interagiscono reciprocamente sono determinate
da “modelli transazionali” derivanti da “ripetute richieste funzionali” che costituiscono
l'organizzazione interna (ivi, p. 54-55). Anche Walsh (1988) considera la famiglia “un
sistema aperto che funziona in relazione al suo contesto socioculturale e si evolve
durante il ciclo di vita” (ivi, p. 53).
1.5. GLI EVENTI CRITICI E L'ATTIVAZIONE DELLE RISORSE
Qualche volta una scossa straordinaria è in grado di strapparci da uno
stato di morte a un sentire vivo.
Kandinsky, Punto, linea, superficie, 1968
“Ogni evento critico inaugura, infatti, una nuova fase del ciclo di vita familiare” (Gilli,
Rosnati, 1995, p. 139).
Poiché, come Epitteto affermava, “gli uomini non vengono turbati dalle cose in sé, ma
dalla loro idea delle cose”, l'evento cambia, a seconda dello spessore (esso può incidere
più o meno intensamente), della comprensibilità (può essere spiegabile o inspiegabile) e
del trattamento (a seconda che venga rifiutato, negato o elaborato) (Scabini, 1995).
Nella definizione di Cigoli (1992, p. 28), “L'evento (fuori da, separazione) fa emergere,
fa venir fuori.” Esso fa emergere le risorse, facendosi motore del dinamismo familiare
ed induttore di un potenziale sviluppo.
La “risorsa”
15
costituisce un “mezzo materiale o morale che consente di operare e di
15 Il termine “risorsa”, etimologicamente, rimanda a resurgere, risollevarsi, rinascere (re-surgere) (Dizionario della lingua latina,
2000). La radice etimologica sottolinea due aspetti fondamentali. Prima di tutto, è nella condizione negativa, di difficoltà, di
sofferenza o di sfiducia, che opera la risorsa “sorreggendo dal basso”; inoltre, la risorsa ri (re)-conduce indietro, ad uno stato
precedente, a cui si allude come positivo (Avviamento all'etimologia italiana, 1968).