INTRODUZIONE
Tra la fine di ottobre e la metà di novembre 2005 un'ondata di sommosse ha scosso oltre cento
città della Francia. Scoppiate nel dipartimento della Seine-Saint-Denis a causa della morte di due
adolescenti che erano inseguiti dalla polizia, si sono rapidamente diffuse in tutto il paese.
Nel trattare le sommosse urbane in Francia del novembre 2005, la gran parte dei media stranieri
ha evidenziato soprattutto le questioni del multiculturalismo e del ruolo dell'islam come chiavi
interpretative degli eventi. La difficoltà della società francese ad integrare popolazioni
prevalentemente musulmane provenienti dall'immigrazione è messa insidiosamente sotto accusa. La
sfida che il multiculturalismo pone alla Francia rinvierebbe dunque a una dimensione religiosa,
quella dell'islam, che troverebbe difficilmente una sua collocazione in una società caratterizzata da
una cultura politica laica. In realtà risulterebbe più attinente intravedere in tali avvenimenti una
rivolta delle categorie più sfavorite, segnate da una profonda disperazione sociale, di fronte a un
“modello repubblicano francese” dal respiro ormai corto, che si mostrerebbe incapace di
riconoscere altre identità, di venire a patti con esse e di garantire un alto livello d'integrazione. Sono
tutti elementi di cui tener conto in modo da non cadere nell‟errore di ridurre le sommosse di
novembre, e più estesamente le tensioni sociali che hanno rivelato, alla sola questione religiosa o
multiculturale. È precisamente il suo intrecciarsi con una dimensione sociale che conferisce a tale
fenomeno la sua complessità. Sono investiti, infatti, elementi sociali, spaziali ed etno-razziali.
Tale analisi a più livelli permette di mostrare che le sommosse non si sono sviluppate soltanto
sulla base di differenze sociali e di età, ma che esse hanno posto al centro della contestazione la
precarizzazione della frangia proveniente dall'immigrazione, una stratificazione interna che rinvia a
posizioni diseguali di fronte alle risorse scolastiche, alle condizioni di vita e al lavoro. Tanto più
che, nel contesto francese, la differenziazione del sistema scolastico si riverbera anche sul piano del
reclutamento e della performance dei diplomi nel mercato del lavoro, opponendo grandes écoles e
università selettive da un lato, e università di massa dall'altro.
7
Il “modello d'integrazione repubblicano” non ha equivalenti negli altri paesi europei, né sul
piano politico né su quello simbolico. Tale modello è messo in crisi dalla disoccupazione giovanile,
dalla precarizzazione delle famiglie popolari, dalla segregazione urbana e scolastica e dalle
discriminazioni etno-razziali.
Processi comuni sono presenti in numerosi contesti urbani europei caratterizzati da tensioni
sociali ed etniche: disoccupazione, fallimento e perdita di valore del titolo di studio, alloggi
degradati, segregazione, discriminazioni razziali. Ma secondo i contesti nazionali e le condizioni
storiche e politiche, questi elementi si combinano diversamente producendo più o meno tensioni,
violenze e diseguaglianze, e mobilitando più o meno intensamente aspetti etnici e razziali.
La società francese si è strutturata su uno Stato centralizzato, con servizi pubblici poderosi,
un riferimento forte alla laicità, un'immigrazione di vecchia data legata ad una storia coloniale e
ad una decolonizzazione dolorose, per tradizione contraria a rispondere alle rivendicazioni che
hanno base etnica o culturale. L'insieme delle istituzioni pubbliche, ma anche le imprese e le
associazioni che pretendono di rivolgersi a un pubblico, devono mettere da parte ogni
riferimento etnico o religioso. Anche se nella realtà tutte praticano discriminazioni per ciò che
concerne l'impiego o la casa.
Nel quadro definito da questi grandi tratti, la coesione sociale in Francia si poggia su una
concezione di cittadinanza che unisce formalmente tutti gli individui attorno a una nazione, una
lingua, uno Stato, un insieme di diritti, indipendentemente dalle loro differenze sociali, religiose,
etno-razziali o territoriali. Fondato su una definizione politica forte della laicità, questo modello
d'integrazione rigetta le pratiche e le identità religiose al di fuori della sfera pubblica, dato che lo
Stato ha il solo dovere di garantire la libertà di culto. La scuola pubblica laica è pensata come
un'istituzione fondamentalmente d'integrazione sociale, che si presume possa garantire a ciascuno
l'uguaglianza di possibilità, indipendentemente dalla sua origine sociale e dalla sua confessione. Più
in generale, lo Stato sociale costituisce un pilastro fondamentale della solidarietà, che si traduce in
una forte presenza di servizi pubblici nei grandi campi della vita sociale: istruzione, sanità, famiglia,
8
trasporti, pianificazione e sviluppo urbano, casa. L'idea fondatrice è che essendo o diventando
francesi si accetta di appartenere a questa “comunità nazionale di cittadini”, rimettendo dunque alla
sfera intima e privata, relegata in secondo piano, le altre dimensioni della propria identità.
Vi è un riferimento forte alla nazione come spazio sociale di definizione dello Stato, della
cultura, dell'identità e dei diritti. La coesione sociale è così pensata, essenzialmente a livello
nazionale. Per questo motivo anche l'emergere di forme alternative a questo modello, come la
possibilità di riconoscere all'interno dello spazio nazionale un altro tipo di coesione sociale a livello
regionale o di quartiere, è rigettata in nome della nazione.
Il “modello d'integrazione repubblicano” francese si ritrova oggi a confrontarsi con contesti
storici ed economici che lo rendono meno efficace. Malgrado i conflitti legati alla decolonizzazione,
il periodo di benessere dei cosiddetti Trente Glorieuses successivi alla Seconda guerra mondiale ha
corrisposto all'epoca d'oro di questo modello. Crescita economica e sviluppo dello Stato sociale,
fiducia nel progresso, forte rappresentanza politica e sindacale della classe operaia, forte mobilità
sociale ascendente, sono stati tutti elementi che hanno favorito una grande integrazione.
La ricostruzione e la modernizzazione della Francia si sono tradotte immediatamente in un
appello alla manodopera che ha provocato l'arrivo alle prime generazioni di immigrati provenienti
dalle vecchie colonie, in particolare dal Maghreb. Questa ondata, all'inizio costituita essenzialmente
da uomini soli, giunge con il progetto di ritornare ai paesi di origine. Gli immigrati si accalcano
nelle bidonvilles e subiscono sulla loro pelle il rigetto di una società francese impantanata nella
guerra d'Algeria e, più in generale, nei conflitti e nelle tensioni legati alla decolonizzazione. Le loro
condizioni abitative e lavorative sono penose e la loro posizione di stranieri provenienti dalle ex
colonie ne fa dei cittadini di seconda categoria. Questa esperienza di umiliazioni e sfruttamento
della prima generazione di immigrati è costitutiva di una memoria collettiva. A partire dagli anni
Settanta, per la maggior parte di loro la prospettiva di ritorno nei paesi di origine si allontana, in
particolare in seguito ad un irrigidimento delle frontiere che li induce ad affrettarsi a farsi
raggiungere dalle proprie famiglie. La loro installazione e definitiva passa, così, per il
9
ricongiungimento familiare e l'arrivo della seconda generazione, nata, scolarizzata e socializzata in
Francia. Questi ultimi, cittadini francesi ma di origine immigrata, sono doppiamente penalizzati per
le loro caratteristiche etno-razziali e per l'esistenza di una congiuntura nettamente sfavorevole sul
piano della crescita economica e dell'impiego. Ancora più insopportabile per le generazioni
successive, principalmente le più giovani, poiché la disoccupazione, la segregazione e le
discriminazioni razziali di oggi ricordano loro le differenze di cui sono portatori, mentre essi sono e
si sentono francesi a tutti gli effetti.
Questa disgiunzione, tra ciò che il modello d'integrazione repubblicano implica in termini di
eguaglianza di opportunità, meritocrazia, diritti e cittadinanza, e la situazione reale di
stigmatizzazione, segregazione e discriminazione che fa leva sulla precarietà sociale dei loro
genitori e sulla loro origine immigrata, costituisce il cuore della frustrazione e del risentimento di
questa gioventù francese. Il ricorso alla violenza diviene allora per alcuni di essi un mezzo per
esprimere il proprio disagio e ritrovare una dignità e un'identità calpestate.
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PARTE 1
BANLIEUES, I MARGINI AL CENTRO DELLE CONTRADDIZIONI DELLO
STATO FRANCESE
CAPITOLO 1
IL NOVEMBRE FRANCESE
1. LE ÉMEUTES DEL 2005
1.1 Il 27 ottobre
Giovedì 27 ottobre 2005, Clichy-sous-Bois, banlieue
1
nel nord-ovest parigino situata nel
dipartimento
2
Seine-Saint-Denis, ore 17,30. Tre adolescenti, Zyed Benna di 17 anni, Bouna Traoré
di 15 e Muhittin Altun di 17 anni, tornano a casa insieme ai loro compagni dopo aver passato il
pomeriggio a giocare a calcio nel parco Vincent Auriol, situato nel comune limitrofo di Livry-
Gargan. Sulla strada del rientro, tagliano per i prati attraversando un vasto cantiere di un edificio in
costruzione, dove un residente, convinto di avere a che fare con dei delinquenti, chiama la polizia.
Dopo qualche minuto, giunge un veicolo con a bordo due poliziotti in divisa del commissariato di
Livry-Gargan; non capiscono bene quanta gente ci sia dentro il cantiere, forse hanno paura e
decidono di chiamare rinforzi. Giungono altre tre volanti, i poliziotti ora sono undici. Alla vista
della polizia, i ragazzi decidono di darsi alla fuga. Sei di loro vengono intercettati subito, altri due
sono arrestati nel cimitero vicino ad una piccola centrale dell'Edf, l'azienda elettrica francese. Ma è
proprio lì che trovano riparo Zyed, Bouna e Muhittin, che si nascondono accanto ad un grande
1
Il termine banlieue indica l'area periferica dei grandi agglomerati urbani francesi. Con questo termine si intende fare
riferimento ai comuni che si trovano nelle adiacenze di una metropoli, caratterizzati da forti legami socio-economici con
il centro di riferimento. Nella banlieue vi sono zone ricche ed agiate e zone povere, con una bassa qualità della vita ed
un'economia depressa.
L'etimologia del termine è oggetto di un dibattito da cui si possono estrarre due ipotesi principali. La prima è quella
secondo cui il suo significato letterale indicava l'area che circonda la città e che era sottomessa alla sua giurisdizione
(ban: potere di amministrare, lieue: luogo). La seconda invece fa riferimento al senso di esclusione che la periferia
evoca rispetto al centro cittadino e fa quindi risalire l'origine del termine alla messa al bando (lontano dalla città) degli
individui più poveri e ritenuti più pericolosi.
2
I dipartimenti sono circoscrizioni amministrative interne alle regioni
11
trasformatore elettrico. Alle 18,12 Clichy-sous-Bois precipita nel buio, a causa di un black-out
totale della luce. L'ora coincide con la morte di Zyed e Bouna, bruciati vivi da una scarica elettrica,
mentre Muhittin, per quanto gravemente ustionato, riesce a trarsi in salvo e a lanciare l'allarme.
Al dramma seguono ore estremamente confuse. Già dall'indomani dei fatti il Primo Ministro
Dominique de Villepin ed il ministro degli Interni Nicolas Sarkozy parlano di un tentativo di furto
da parte di tre adolescenti, ed addirittura negano che vi fosse un inseguimento da parte della
pattuglia della polizia. Bisognerà aspettare il 9 febbraio 2007, con la sentenza emessa dal Tribunale
di Bobigny, per chiarire alcuni punti cruciali della tragedia. Innanzitutto, i tre ragazzi vennero
realmente rincorsi dai poliziotti. Tra questi, Sébastien Gaillemin, giudice di pace presente sulla
scena del dramma, e Stéphane Klein, allora in funzione al centralino del commissariato di Livry-
Gargan, non ebbero la prontezza di interpellare i pompieri ed i responsabili di Edf per salvare i
ragazzi.
Ma la banlieue parigina non aspetta la sentenza del Tribunale. La notizia della morte dei due
ragazzi fa subito il giro di Clichy, diffondendosi in tutta la Seine-Saint-Denis. Hanno inizio le
émeutes, ossia le sommosse: diverse centinaia di giovani lanciano pietre e bottiglie Molotov contro
le forze della Polizia e contro i Vigili del Fuoco, incendiano una quindicina di autovetture e bidoni
dell'immondizia, e danneggiano edifici. La Polizia spara gas lacrimogeni contro i rivoltosi, e ferma
circa ventisette persone. Vengono feriti ventitre agenti di polizia ed un giornalista, mentre il numero
di rivoltosi e di passanti feriti non è noto.
1.2 Cronistoria di quindici giorni di sommosse
La banlieue parigina ormai è in fiamme. Inizia un ciclo di sommosse di ampiezza eccezionale,
che durerà tre settimane e resterà noto come “la sommossa di novembre”.
12
La notte successiva al tragico incidente, quella del 28 ottobre, nel quartiere di Chene-Pointu si
svolge una vera e propria guerriglia di piazza tra cinquecento ragazzi e due-tremila poliziotti, con
decine di feriti tra giovani e forze dell'ordine, una trentina di macchine e una decina di cassonetti
dati alle fiamme, nonché trenta arresti.
La mattina di sabato 29 ottobre viene organizzata una marcia silenziosa a cui partecipano anche
il sindaco di Clichy-sous-Bois ed i parenti delle vittime. Alla marcia partecipano circa un migliaio
di persone, e, nonostante le due notti di scontri, l'atmosfera sembra piuttosto tranquilla e molti sono
gli appelli da parte di rappresentanti della comunità musulmana alla calma e alla dignità. I
partecipanti al corteo indossano magliette stampate con la scritta mort pour rien.
Il sindaco chiede ufficialmente a Nicolas Sarkozy di aprire un'inchiesta ufficiale sui fatti, mentre
l'avvocato dei familiari dei ragazzi annuncia ai media di aver sporto denuncia contro ignoti per
“mancata assistenza a persone in pericolo”; infatti, dopo aver fermato gli altri ragazzi del gruppo, i
poliziotti hanno fatto ritorno al commissariato di Livry-Gargan come se non si fossero neanche
accorti della presenza degli altri tre giovani nascosti nella centralina Edf. Eppure l‟indagine interna,
avviata immediatamente anche dall‟Inspection Générale des Services (Igs), la “polizia della
polizia”, cita una registrazione delle comunicazioni radio fatte dagli agenti intervenuti sul posto in
cui un poliziotto parla di “due persone che sembrano sul punto di scavalcare il muro che protegge la
centrale elettrica”. Qualche minuto dopo, un suo collega replica dicendo che si tratta di un posto
molto pericoloso, “dove ci si può anche restare”
3
.
Dopo una notte di lutto e di maggiore calma, domenica 30 ottobre il Ministro Sarkozy interviene
al telegiornale delle ore 20 di TF1 affermando la necessaria “tolérance zéro” contro le violenze
urbane e ricordando che ha disposto l'invio di diciassette compagnie della Compagnie republicaine
de sécuritè (Crs)
4
e sette squadre di gendarmi per tenere sotto controllo Clichy-sous-Bois.
3
CALDIRON Guido, 2005, Banlieue. Vita e rivolta nelle periferie della metropoli, Roma, Manifestolibri, pp.10-11
4
Parte della polizia nazionale, è l‟equivalente del Reparto mobile della polizia in Italia
13
E proprio pochi minuti dopo queste dichiarazioni, si diffonde la notizia che è stata lanciata una
granata di gas lacrimogeno nella Moschea Bilal di Bousquets , in quel momento gremita di fedeli
raccolti in preghiera per celebrare la festa di Lyalat al-Qadr, la sacra notte del Ramadan. Il ministro
degli Interni confermerà più tardi che il tipo di granata ritrovato è dello stesso modello di quello
usato dai reparti antisommossa della polizia francese, senza fornire ulteriori spiegazioni sui fatti.
Le dichiarazioni forti del ministro
5
e l‟attacco alla moschea alimentano ulteriormente il fuoco
che incendia le periferie. La notte stessa gli incidenti si propagano in altri comuni, ad est e a nord
del dipartimento di Seine-Saint-Denis, Sevran, Tremblay, Bondy, Bobigny, Blanc-Mesnil,
Villepinte. A sudest del dipartimento, invece, nessuna città ancora viene toccata dalle rivolte, fatta
eccezione per il quartiere Fauvettes a Neully-sur-Marne; curiosità che può esser spiegata
osservando che qui il reddito pro capite è molto superiore alla media dipartimentale.
La stessa sera lo stesso ministro degli Interni fa un blitz scortato nelle periferie, affermando di
voler “éradiquer la gangrène” costituita da quei giovani nei cui confronti continua a rivolgersi con
espressioni dispregiative quali racaille o voyous
6
.
All'indomani di queste incendiarie dichiarazioni di Sarkozy le sommosse si estendono in altri
nove sobborghi di Clichy, dove vengono bruciati altri sessantanove veicoli, con un totale di
centocinquanta incendi che coinvolgerebbero anche garage ed edifici.
I disordini sono particolarmente intensi a Sevran, Aulnay-sous-Bois e Bondy, tutti nel
dipartimento Seine-Saint-Denis: a Sevran, dei giovani incendiano due stanze di una scuola
5
Ricordiamo che solo due giorni prima lo scoppio delle sommosse di novembre, il 25 ottobre, ad Argenteuil,
dipartimento della Seine–Saint-Denis, in un discorso rivolto agli abitanti del quartiere, chiama “feccia” i ragazzi che
stazionano come sempre negli spiazzi di erba e cemento tra le varie torri popolari di case, affermando « Vous en avez
assez de cette "bande de racailles" ? Eh bien on va vous en débarrasser!» ; mentre poche settimane prima, lo stesso
Sarkozy afferma pubblicamente che per “nettoyer les banlieues” si sarebbe dovuto utilizzare un “karcher”, nome con
cui in Francia sono conosciuti i grandi aspirapolvere professionali. E da alcune interviste in banlieue traspare lo stretto
legame tra lo scoppio di rabbia dei giovani banlieusards e le affermazioni del ministro, quasi che avessero avuto la
funzione di anticipatore e detonatore.
6
Il termine francese voyous viene comunemente utilizzato per definire quegli Stati alleati del terrorismo internazionale
che la dottrina di G.W.Bush ha definito canaglie, quasi a voler simboleggiare semanticamente la presenza di un nemico
interno che in realtà è portatore di quel terrore globale dell'epoca post-11 settembre
14
elementare, oltre ad alcune automobili, mentre tre agenti sono leggermente feriti; a Aulnay-sous-
Bois, i ribelli lanciano bottiglie Molotov contro il municipio e pietre alla caserma dei Vigili del
Fuoco.
Ma è nel corso di questa notte che il fuoco si estende all‟Île-de-France
7
. Si registrano scontri ad
Argenteuil, a Goussainville, a Villiers-le-Bel nel dipartimento della Val-d‟Oise, e nei comuni di Les
Mureaux e Trappes nel dipartimento Yvelines, ed incendi in varie città del dipartimento dell‟Hauts-
de-Seine, a Gennevilliers, Villeneuve-la-Garenne, Clichy-sur-Seine, Asnières.
Mercoledì 2 novembre, settima notte consecutiva di guerriglia urbana nelle periferie parigine: i
rivoltosi tentano un assalto ad una stazione della Polizia, mentre centosettantasette veicoli vengono
incendiati; due scuole elementari, un ufficio postale ed un centro commerciale sono danneggiati, ed
anche un grande showroom di automobili prende fuoco.
La sommossa ormai è radicata anche nell'area di Hauts-de-Seine, dove una stazione della Polizia
è stata bombardata con bottiglie Molotov artigianali.
I furgoni e le vetture della Polizia sono presi a sassate, mentre trapela che a La Courneve i
poliziotti sono presi di mira da colpi d‟arma da fuoco, che però non fanno vittime.
A Sevran-Beaudotes, una donna handicappata di 56 anni, viene cosparsa di benzina da un
giovane prima che il mezzo venisse bersagliato con bottiglie molotov. La donna, che non riesce a
fuggire come gli altri passeggeri, è salvata dall'autista e ricoverata in ospedale con gravi ustioni.
Dopo l‟attacco all‟autobus, i giovani responsabili continuano la loro opera distruttrice dando alle
fiamme il centro sociale di Sevran.
Nel frattempo Jacques Chirac, il Presidente della Repubblica Francese, interviene, dopo giorni
di silenzio, facendo appello alla calma e rivolgendosi in modo diretto ai “giovani dei quartieri
difficili, che qualunque siano le loro origini, sono tous les filles et les fils de la République”
8
;
7
Regione che comprende i dipartimenti di Paris, Seine-et-Marne, Yvelines, Essonne, Hauts-de-Seine, Seine-Saint-
Denis, Val-de-Marne, Val-d‟Oise.
8
“Un discorso a metà tra il paternalismo repubblicano (il continuo richiamo a “les infants” e alla condivisione dei
valori della Repubblica) e un briciolo di sensibilità sociale, “giustizia, fraternità, generosità” contro il “razzismo,
15
mentre il Primo Ministro Dominique de Villepin, in occasione di un incontro di gabinetto di
emergenza, dichiara "evitiamo di stigmatizzare le aree", che pare un rimprovero al suo rivale
politico, Nicolas Sarkozy, ed alla veemenza delle sue affermazioni.
Nell‟ottava notte della rivolta, quella del 3 novembre, vengono incendiati 593 veicoli, e si
riscontrano diversi incendi dolosi nelle località di Aulnay-sous-Bois, Neuilly-sur-Marne, Le Blanc-
Mesnil, e Yvelines. Sono sette le auto date alle fiamme a Parigi, mentre molte altre hanno avuto i
finestrini rotti vicino alla stazione della metro di La Chapelle.
A Trappes, nella banlieue ad ovest di Parigi, viene incendiato un deposito di autobus e
ventisette veicoli vanno distrutti tra esplosioni e fiamme alte decine di metri. Ma gli incidenti più
gravi si registrano ancora a Seine-Saint-Denise: cinque negozi dati alle fiamme, lancio di bottiglie
molotov e sassaiole contro municipi, commissariati, stazioni dei vigili del fuoco e scuole,
centocinquanta vetture bruciate.
A causa di uno sciopero proclamato dai sindacati, s‟interrompe il traffico sulla RER B, una linea
di pendolari che collega Parigi all‟aereoporto Charles De Gaulle. Secondo la polizia ferroviaria
Sncf, alcuni rivoltosi hanno attaccato due treni notturni presso la località di Le-Blanc-Mesnil,
picchiato un macchinista e rotto dei vetri, mentre un passeggero è stato leggermente ferito a causa
di un vetro rotto.
Per la prima volta la rivolta si estende anche ad altre città francesi, a Dijon con violenze
sporadiche presso la località di Bouches-du-Rhône a sud, e a Rouen nel nord-est della France.
Durante una sessione al parlamento francese, De Villepin si impegna nuovamente a ristabilire
l'ordine, riconoscendo la responsabilità del governo laddove ha fallito nel prevenire la violenza.
l‟intolleranza, l‟ingiuria, l‟oltraggio”. E come misura immediata “per meglio aiutare i giovani, specialmente i giovani in
difficoltà” la previsione di “un servizio civile volontario”. Una sorta di tentativo di arruolare ai “valori repubblicani”
quei giovani che si sentono francesi non accettati dalle istituzioni repubblicane.”, da ALLEGRI Giuseppe, Le banlieues
dei giovani cittadini invisibili d'Europa, 17 novembre 2005, disponibile in www.federalismi.it , Rivista telematica,
Anno III, n.21/05, p. 4
16
La violenza continua anche la notte successiva, venerdì 4 novembre, e si espande. È la prima
notte in cui si verificano incidenti anche in comuni della Val-de-Marne, un incendio in una palestra
di Champigny ed in un negozio di mobili ad Ormesson; dell‟Essonne, a Brétigny e nella citè
9
di
Tarterêts a Corbeil, e della Val-d‟Oise. Lo stesso giorno segna anche la diffusione delle sommosse
in provincia: vengono incendiati automobili ed autobus a Soissons, Rennes, Cléon e Dijon, dove gli
incidenti sono di portata eccezionale. La violenza si estende, per la prima volta, anche alle località
di Lille e di Toulouse.
Quella tra venerdì e sabato è la più lunga notte di scontri e violenze nella banlieue. Una notte di
incendi e devastazioni con quasi novecento veicoli dati alle fiamme e 253 fermi: il bilancio più
pesante dall‟inizio dei tumulti. Un centinaio di persone sono costrette a fuggire nella notte dagli
appartamenti in due edifici alla periferia nord di Parigi, sgombrati dalla polizia dopo che decine di
autovetture erano state incendiate nel parcheggio sotterraneo. In fiamme anche due laboratori tessili
ed un salone d‟auto nella periferia nordorientale; una scuola materna di Grigny, ed una elementare
della stessa zona; un impianto per il riciclaggio della carta a Vigneux sur Seine, con la distruzione
di ottocento metri quadrati di carta.
Per evitare attacchi simili a quelli perpetrati nelle notti precedenti, la compagnia dei trasporti
metropolitani Ratp sospende il 90% delle linee notturne nel dipartimento di Seine-Saint-Denis ed il
75% in quello di Val-de-Marne.
Sabato 5 novembre, decima giornata di rivolta. La Polizia fa irruzione in uno stabile di Evry, a
sud di Parigi, scoprendo circa centocinquanta bottiglie molotov, sessanta litri di benzina e
passamontagna, facendo sorgere l'ipotesi che le rivolte siano state pianificate in anticipo. Sei
minori, tra i tredici ed i sedici anni, sono arrestati.
Nel frattempo, la popolazione civile scende nelle strade a sfilare in silenzio ad Aulnay-sous-
Bois, che con i suoi ottantamila abitanti è una delle zone più calde della banlieue parigina. Circa
tremila persone di tutte le età sfilano per un‟ora nelle strade della città dove davanti ai palazzi
9
Le cité sono interi isolati composti unicamente di case popolari, riconoscibili come unità residenziali coerenti e come
spazio di vita a cui fanno riferimento gli abitanti delle banlieues, ed in particolare i giovani
17
popolari restano centinaia di carcasse d‟auto bruciate. “Non à la violence, oui au dialogue” è scritto
su uno striscione in testa al corteo, partito simbolicamente dalla caserma dei pompieri della città.
Le risposte del governo, invece, tardano ad arrivare, in quanto appare impantanato fra la
necessità di adottare la linea della fermezza contro le frange facinorose, e l‟opportunità di
neutralizzare all‟origine le ragioni del malcontento da cui le violenze sono alimentate. Nel
pomeriggio, il Primo Ministro Dominique de Villepin convoca otto ministri e Nicolas Sarkozy, il
quale, abbandonati gli iniziali atteggiamenti intransigenti, commenta con i giornalisti “La violenza
non è una soluzione. […] Una volta superata la crisi dovremo tutti renderci conto del fatto che in
alcuni quartieri esistono certe ingiustizie. Stiamo cercando di usare fermezza e di evitare
provocazioni. Ma dobbiamo evitare ogni pericolo di esplosione.”
La notte che segue, però, è caratterizzata da un‟escalation di violenza: in tutta la Francia,
vengono distrutti quasi 1.300 veicoli, sono duecento i comuni toccati dal fenomeno e 312 le persone
fermate.
A sud di Parigi, a Grigny gli scontri sono violenti: un gruppo di giovani apre il fuoco contro gli
agenti di polizia, ferendone dieci, ed altri duecento sono impegnati a lanciare pietre. Sempre a
Grigny, due scuole sono date alle fiamme, ed una a Vigneux. A Corbeil-Essonnes, un‟auto è usata
come ariete per sfondare l‟ingresso di un ristorante della catena McDonald, che vede le fiamme ed
il crollo del soffitto. Alcuni pompieri sono attaccati mentre soccorrono un malato presso la località
di Meaux; un asilo è incendiato ad Achères, ad ovest di Parigi. A Torcy, vicino a Disneyland Paris, i
rivoltosi incendiano una stazione della polizia ed un centro giovanile. A Drancy, nella banlieue
nord, due ragazzi di quattordici e quindici anni che tentano di incendiare un camion sono bloccati
dagli abitanti del quartiere e consegnati alla polizia. Una molotov viene lanciata contro una
sinagoga a Garges-les-Gonesse.
Ma le violenze, ormai, non riguardano solo Parigi. Fuori dell‟Île-de-France, gli epicentri della
rivolta si situano nel Midi-Pyrénées, a Toulouse e Pau, mentre Montpellier è meno mobilitata; ad
est, a Strasburgo, Mulhouse, Colmar, Belfort; ad ovest, soprattutto Rennes, Rouen, Le Havre ed
18
Evreux; ed a nord, ad Arras, Tourcoing, Lens, Lille, Mons-en-Baroeul. Nel centro della Francia,
Saint-Etienne, Clermont-Ferrand e La Ricamarie, Orléans e i comuni intorno sono toccati dagli
incendi, così come le città più agiate quali Tours e Blois.
Gli incendi e gli scontri sono spettacolari nella città di Evreux, in Normandia, dove più di
cinquanta automobili, un centro commerciale, un ufficio postale e due scuole vengono incendiate, e
la violenza dei lanci di sassi e di bocce della pétanque, un gioco francese simile alle bocce,
sorprende le forze dell‟ordine.
A Toulouse, nei quartieri de La Reynerie e Bellefontaine, si verificano numerose scaramucce,
bruciano decine e decine di veicoli, come anche un centro commerciale ed una biblioteca
pubblica.
10
Domenica 6 novembre, la rivolta giunge fin nel cuore di Parigi, nello storico terzo
arrondissement
11
: a Place de la Republique viene lanciata una bottiglia molotov, mentre quattro
vetture prendono fuoco.
In pieno giorno, una troupe giornalistica belga di RTBF è aggredita fisicamente a Lille, ferendo
un operatore, mentre una giornalista coreana della televisione KBS sviene sotto i pugni e calci
ripetuti che la colpiscono sul volto e sulla testa, ad Aubervilliers.
Il Primo Ministro De Villepin, convocato dal presidente per un vertice sulla sicurezza, annuncia
nelle banlieues “rinforzi delle forze di sicurezza”: 2.300 poliziotti sono dispiegati, mentre sette
elicotteri muniti di fari sorvolano i quartieri a rischio intorno alla capitale.
La notte vede 1.408 veicoli bruciati, di cui 982 all‟esterno di Parigi, 395 persone arrestate e 274
comuni coinvolti. I rivoltosi sparano proiettili di grosso calibro con pistole e fucili da caccia nel
sobborgo parigino meridionale di Grigny, ferendo trentaquattro poliziotti, tre dei quali gravemente.
10
LAGRANGE Hugues e OBERTI Marco, 2006, La rivolta delle periferie. Precarietà urbana e protesta giovanile: il
caso francese, Milano, Mondadori Bruno, pp. 40-41
11
Circoscrizione amministrativa interna ai dipartimenti o alle città
19
Per la prima volta, le chiese cattoliche sono attaccate con bottiglie molotov a Liévin, a Lens in
Pas-de-Calais, e a Sète in Hérault. Altri obiettivi sono un centro sociale, una tesoreria, un deposito
farmaceutico ed un magazzino di moto, ed un autobus turistico polacco parcheggiato a Maisons-
Alfort in attesa di riportare in Polonia un gruppo di turisti viene distrutto.
A questa notte risale anche il primo incidente all'esterno della Francia, a Saint-Gilles, in Belgio,
dove cinque autovetture sono state incendiate. Inoltre, la polizia tedesca sospetta che l'incendio di
cinque veicoli a Berlino possa essere connesso alle sommosse nei sobborghi di Parigi. Simili
incidenti sono stati registrati anche a Brema.
Il 7 novembre si apre con la prima morte della rivolta: un uomo di 61 anni, Jean-Jacques Le
Chenadec, un ex-dipendente della Renault, muore all'ospedale di Bondy a causa delle ferite subite
per le percosse ricevute il venerdì prima, quando stava andando ad ispezionare i danni ai cassonetti
della spazzatura incendiati nel sobborgo di Stains.
Le risposte politiche giungono all‟insegna della fermezza: De Villepin sulla TV TF1 annuncia il
dispiegamento di 18.000 poliziotti, di cui 1.500 presi dalla riserva; mentre il sindaco neogollista di
Raincy, nel dipartimento di Seine-Saint-Denis, Eric Raoult, dichiara di aver firmato un decreto che
instaura un “coprifuoco eccezionale” nel proprio comune alle persone minori di quindici anni
dall'una di notte all'alba. Tre partecipanti a un blog francese sono arrestati per istigazione alla
violenza.
Un segnale arriva anche dall'Union des organisations islamiques de France (Uoif), che emette
una fatwa, un decreto religioso, diretto a condannare le violenze, richiamandosi al Corano e al
profeta Maometto. “È formalmente vietato ad ogni musulmano che cerchi la grazia e la
soddisfazione divina partecipare a qualsiasi azione che colpisca ciecamente proprietà private o
pubbliche, o possa costituire un attacco alla vita di qualcuno”, recita la fatwa.
Durante la notte, la situazione appare più calma rispetto alle notti precedenti, essendoci solo un
terzo delle chiamate ai Vigili del Fuoco, ma sono 1.173 i veicoli dati alle fiamme, e le violenze
continuano nella provincia.
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