I NTRODUZIONE
Nel 2002 uno tra i più famosi uomini d'affari del pianeta, mr . Warren
Buffett, si esprimeva nei confronti degli strumenti derivati definendoli “armi
finanziarie di distruzione di massa” 1
. L'inquadramento fortemente pessimista
proposto sembrerebbe essere stato avvalorato dai fatti della recente crisi dei
mutui subprime , nella quale (non è comunque questa la sede per una, sovente
inopportuna, semplificazione) la massiccia circolazione di prodotti altamente
rischiosi, imperscrutabili quanto al contenuto e del tutto svincolati dalle
operazioni sottostanti, ha alimentato la nota catena di effetti disastrosi per
investitori, investment banks e sistema nel suo complesso.
Tuttavia, un approccio scientifico alla materia sconsiglia di classificare o
giudicare uno strumento per i danni che ne può causare (o ne ha
effettivamente causato) un uso distorto. Il fatto che i credit default swap siano
stati impiegati dagli intermediari per svolgere attività di fatto assicurative anche
oltre i parametri di vigilanza prescritti, rappresenta sicuramente un'ipotesi di
cattivo uso: non per questo lo strumento merita una integrale censura,
potendo in potenza soddisfare esigenze di allocazione del rischio di
controparte. Stesso discorso vale per quanto accaduto in Italia con gli interest
rate swap 2
, presentati come lo strumento non plus ultra per la gestione delle
esposizioni debitorie (verso le banche o la Cassa Depositi e Prestiti): si è
assistito ad un'opera di collocazione intensiva, indiscriminata ed in molti casi
illecita, perché effettuata in violazione dei presidi di diligenza, correttezza e
1 “ The derivatives genie is now well out of the bottle, and these instruments will almost certainly multiply
in variety and number until some event makes their toxicity clear. […] In our view, however, derivatives
are financial weapons of mass destruction, carrying dangers that, while now latent, are potentially
lethal”. - da Berkshire Hathaway Inc. 2002 Annual Report , in berkshirehathaway.com.
2 Cfr., seppure in termini necessariamente giornalistici, Report “ Il banco vince sempre ” del
14.10.07 e “Speculando si impara ” del 8.4.08.
trasparenza che impone il Testo Unico dell'intermediazione finanziaria all'art.
21. Ad oggi, i l valore dell'esposizione in derivati degli enti locali è pari,
secondo il ministero dell'Economia, a 36 miliardi di euro, ripartiti tra oltre 600
enti 3
(nel 2007-08 gli enti coinvolti erano oltre 900, per cui si è verificata una
rilevante “fuga”, non senza spese, dai contratti).
Le problematiche che si pongono all'attenzione del giurista, sia in ottica
rimediale a tali situazioni ma anche, preferibilmente, preventiva delle stesse,
sono molteplici e bisognose di approfondimento. Si sosterrà sin dall'inizio
un'impostazione del rapporto tra intermediari e investitori in termini non
antagonistici (con riferimento alla causa mandati che connota il c.d. contratto
quadro), così da evitare che l'assolvimento degli oneri informativi (e relativa,
puntuale disciplina) possa ritenersi una mera formalità a carico della parte
naturalmente più competente.
Lo scopo di questa analisi è primariamente quello di riportare la
qualificazione degli strumenti derivati su tasso d'interesse nella sfera loro più
congeniale, quella contrattuale, verificando l'applicabilità delle categorie
classiche agli elementi recentemente emersi nella prassi.
Tra questi spiccano, per importanza e per implicazioni, i concetti di
mark to market e di up-front , che vengono entrambi in considerazione nella
delicata fase di rinegoziazione degli interest rate swap . Si dovrà innanzitutto
verificare la natura di tali fenomeni e la loro originaria valenza, per tentare
successivamente di inquadrarli in una prospettiva rigorosa, che tenga
certamente conto delle argomentazioni offerte finora dalla dottrina ma non
degli stati di allarme recentemente generatisi.
3 Da “ Banche, comuni e derivati una guerra da 36 miliardi ” - in La Repubblica – Affari e
Finanza del 14.2.11.
Verrà spesso fatto riferimento alla prassi negoziale, ma senza tralasciare
l'importanza di un'astrazione che permetta di cogliere l'essenza dei contratti,
depurandoli dagli elementi accessori di volta in volta suggeriti o imposti dal
mercato. A tal proposito si confronteranno le tesi dottrinali sulla natura dei
contratti derivati per poi concentrare l'attenzione sulla tipologia degli interest
rate swap . Le divergenze emerse nell'ultimo ventennio riguardano gli elementi
definitori del genus contratti derivati: dalla centralità della ricerca del
differenziale all'applicabilità dell'eccezione di gioco ex art. 1933, fino alle
questioni su aleatorietà e commutatività della fattispecie.
Meno risalente è invece il dibattito in ordine ai due termini “critici” di
mark to market e up-front : il fatto che esso possa comportare uno sconfinamento
in campo matematico-finanziario ha forse dissuaso dall'intervento alcuni
osservatori arroccati sulle categorie e sui temi tradizionali. Tuttavia, anche
evitando i complessi algoritmi spesso connaturati alle operazioni su strumenti
finanziari, sarà possibile smascherare una serie di prassi poco trasparenti e
poco corrette da parte degli intermediari, che la recente giurisprudenza ha
cominciato a sanzionare con una certa continuità.
A tal proposito va rilevato però come non manchino certo le pronunce
a favore di banche, S.i.m. o soggetti abilitati, che portano quindi una certa dose
di alea anche in fase processuale: questo, se da un lato contribuisce alla
creazione di uno scenario a tratti poco decifrabile, dall'altro avvalora
l'importanza di una ricostruzione scientifica delle fattispecie più
problematiche.
I
C ONTRATTI DERIVATI E INTEREST R ATE S WAP.
[1. Cenni storici sui contratti derivati. 2. La funzione dei contratti derivati: La finalità di
copertura. 2.1. La finalità speculativa. 2.2. La finalità di arbitraggio. 2.3. Rilevanza della
distinzione tra hedging e trading . 3. Il contratto di swap . 4. Il contratto di interest rate swap . 5. L a
teoria del vantaggio comparato. 6. Il funzionamento di un contratto di interest rate swap . 7.
Aleatorietà del contratto. 8. Applicabilità dell'eccezione di gioco o scommessa ex art. 1933
c.c. 9. Il recesso dai contratti di swap e l'applicabilità del concetto di multa penitenziale. 10.
Nostra opinione. 11. Il mercato over the counter. 11.1. Il conflitto di interessi nella
contrattazione over the counter . 12. Le alternative agli interest rate swap : I forward rate agreements.
12.1 L'opzione cap . 12.2. Le opzioni floor e collar . 12.3. Possibili varianti sul mercato degli swap .
12.4. La swap option .]
1.CENNI STORICI SUI CONTRATTI DERIVATI.
Per comprendere adeguatamente le questioni e gli scenari attuali,
nonché le ragioni alla base dei ripetuti interventi legislativi in materia di mercati
finanziari e investimenti, è necessario ripercorrere le prime fasi di vita degli
strumenti ai quali è stata addebitata più di una responsabilità della recente crisi.
Vero è che la regolamentazione di un fenomeno non può mai
prescindere da una sua precisa identificazione sul piano giuridico 4
: aver lasciato
a lungo una così rilevante massa di strumenti nella “zona grigia” dell'atipicità
(in senso sostanziale, non solo intesa come mancanza di espressa disciplina) e
aver preteso che il mercato fissasse delle regole ottimali, anche dal punto di
vista del comportamento degli operatori, ha sicuramente alimentato, se non
causato, la proliferazione delle condotte più pericolose; la questione, che ha
avuto risalto in Italia, dell'impiego dei derivati più sofisticati per investitori
inesperti o Enti Locali è solo una sfaccettatura della crisi globale, partita dagli
Stati Uniti con le vicende legate ai mortgage subprimes e alle Banche d'affari. Per
4 G IRINO, I contratti derivati , Milano , 2010, p. 6.
1
analizzare gli esiti odierni è opportuno risalire alla nascita di questi strumenti,
chiarendo il significato (non sempre univocamente interpretato) del concetto
di derivazione.
Oltreoceano già nel 1865, durante la guerra di secessione americana, al
Chicago Board of Trade , si speculava sul grano e altre commodities ; in Italia, nel
1925 alla Borsa merci di Milano si introduce il metodo della liquidazione del
differenziale ( cash settlement ) del prezzo in luogo della consegna del bene
(delivery ). Da questi due riferimenti storici emerge uno dei concetti
fondamentali del campo finanziario: l'indifferenza riguardo la materia prima
sottostante un'operazione di investimento. Non tanto cosa si compra, dunque,
ma a quanto si riesce a rivendere; e tra queste due fasi sparisce
progressivamente il momento della materiale apprensione dell'entità. Le
esigenze che alimentano questa evoluzione dei mercati sono principalmente
quella di far fronte alla volatilità dei prezzi (intuitiva se si parla di materie prime
o commodities ) e, possibilmente, quella di lucrare su tali differenze sapendo - o
imparando - a leggerle in anticipo. Sin dall'inizio, quindi, le finalità di copertura
e di speculazione degli investimenti viaggiano parallelamente, potendo
distinguersi solo nella mente degli operatori e nei loro diversi backgrounds .
Anche al giorno d'oggi, il tentativo di separare queste due finalità, nella fase di
contrattazione degli strumenti, si rivelerà infruttuoso.
I primi swap nascono, all'inizio degli anni '80, relativamente ad
operazioni in valuta estera: nel Regno Unito con i parallel o back to back loans
(per evitare i “premi” imposti sull'acquisto di valute estere) e in America con la
swap transaction tra la IBM e la Banca Mondiale; la situazione vedeva le due parti
(bisognose di finanziamenti nella loro valuta) incrociare dei prestiti
obbligazionari in valuta della controparte, sfruttando così i migliori rates che
venivano loro proposti dalle banche centrali (IBM emetteva bonds in franchi e
2
Banca Mondiale emetteva bonds in dollari, per poi scambiarsi i flussi monetari).
Dapprima vi fu un notevole sviluppo di scambi privati su base negoziale;
successivamente, le istituzioni finanziarie si interessarono al fenomeno e
cominciarono ad interporsi nelle operazioni, facilitando l'incontro tra posizioni
simili (ma di segno opposto): nasce così la figura dello swap dealer , che altro non
è che un market maker disposto sia a incrociare domanda e offerta che ad
assumere di volta in volta la posizione di venditore o compratore.
In Italia, è del 1988 il primo tentativo di definizione del concetto di
strumento derivato. Sono prodotti derivati “I contratti che insistono su
elementi di altri schemi negoziali, quali titoli, valute, tassi di interesse, tassi di
cambio, indici di borsa ecc.; Il loro valore deriva da quello degli elementi
sottostanti” 5
. La dottrina si esprime similmente: “I derivati [possono definirsi]
come contratti il cui valore deriva (cioè dipende) dal prezzo di una “attività
finanziaria sottostante”, ovvero del valore di un parametro finanziario di
riferimento (indice di borsa, tasso di interesse, cambio)”
6
.
Parlando però di “contratti derivati” si fa riferimento a qualcosa di
ulteriore sia rispetto ai prodotti derivati sia agli accordi negoziali che
precedono la prestazione dei servizi di investimento. Il concetto attiene tanto
al momento di creazione (il contratto) quanto al risultato del processo creativo
(lo strumento derivato): perciò la peculiarità del fenomeno consiste
propriamente nella compenetrazione istituzionale fra atto negoziale ed entità
finanziaria generata
7
.
5 Art. 3, aggiornamento 112 del 23/06/94 alla Circolare della Banca d’Italia n. 4 del 29
marzo 1988.
6 F ERRARINI, I derivati finanziari tra vendita a termine e contratto differenziale , in I derivati finanziari , a
cura di R IOLO , 1993, p. 27.
7 G IRINO, op. cit., p. 14.
3
In Italia è dall'inizio degli anni '90 che le varie tipologie di operazioni
(futures e opzioni su indici) si fanno notare per l'aumento del volume di scambi,
sollecitando così il dibattito in ordine alla dignità e meritevolezza ex art. 1322
c.c. di questo genere di contratti.
Il mercato viaggia molto più velocemente delle dispute dottrinali
(specie quella sull'applicabilità dell'eccezione di gioco o scommessa) e della
legislazione di riferimento; si diffondono in misura rilevante il Fib30 ( future
sull'indice di borsa Mib30, con oltre 10.000 scambi giornalieri nel 1996) e il
Mibo30 (opzione sullo stesso indice). Successivamente è la volta del boom dei
contratti Over The Counter 8
, il cui nozionale totale (il complessivo capitale di
riferimento per tali derivati) passa dai 1.400 miliardi di dollari del 2000 ai
10.896 miliardi del 2008, per scendere nel 2009 a 9.984,5 miliardi. In
percentuale, la tipologia più scambiata è di gran lunga quella dei derivati su
tassi (circa 80% del totale), rispetto a quelli su valute o su merci e azioni.
In Italia
9
, i derivati su tasso d'interesse rappresentano oggi il 86% del
totale dei derivati finanziari; al loro interno prevale la tipologia degli interest rate
swap , con il 70,6%, rispetto a opzioni (15,6%) e forward rate agreements (13,8%).
Considerando dunque, da un lato, il successo riscosso da questi contratti nel
mercato (che spiega l'ovvia impraticabilità di un veto tout court ) e dall'altro la
diffidenza se non l'ostilità mostrata dagli operatori del diritto, è il caso di
ripercorrere il più risalente dibattito dottrinale ed economico sulla natura del
fenomeno e sulle finalità con cui gli investitori vi si sono nel tempo accostati.
8 Negoziati fuori borsa; della tipologia OTC si darà conto infra , par. 10.
9 Banca d'Italia, “Rilevazione sui prodotti derivati over-the-counter a fine dicembre 2010 ” , in
bancaditalia.it.
4
2. L A FUNZIONE DEI CONTRATTI DERIVATI: LA FINALITÀ DI COPERTURA .
Il concetto di copertura esprime intuitivamente l'attività volta al
controllo dell'evento futuro e incerto, nella specie la fluttuazione di valore di
un bene o di una grandezza economica
10
. In pratica, operando nella stessa
direzione, ma con segno algebrico inverso rispetto all'evento temuto (ad es. il
rialzo del prezzo del bene o di una valuta), il rischio risulterà neutralizzato.
La funzione di hedging corrisponde ad un modello di tutela finanziaria
ispirato a quello assicurativo. Per gli strumenti la cui struttura si può ricondurre
alle opzioni ( interest rate caps , floors e collars 11
), l'assimilazione è abbastanza
plausibile. Tuttavia, in uno swap , anche di tipo plain vanilla (la modalità più
semplice, che non contempla cioè combinazioni di strumenti), l'operatore non
paga un premio per proteggersi contro l'evento futuro e incerto, bensì pone in
essere un accordo che, ad un tempo, lo espone al possibile vantaggio di una
copertura totale del rischio così come all'eventualità della sopportazione totale
del rischio di segno opposto 12
.
2.1. L A FINALITÀ SPECULATIVA .
Mentre gli hedgers vogliono evitare di essere esposti a movimenti
sfavorevoli dei prezzi di un'attività, gli speculatori desiderano assumere una
posizione sui mercati 13
. Possono “scommettere” che il prezzo salirà o che
scenderà, in base alle previsioni in loro possesso. Nel caso delle opzioni la
perdita potenziale sarà limitata al premio, mentre per futures o swaps
l'esposizione al rischio, che non preesiste al contratto ma è creato dallo stesso,
è notevolmente più elevata. Per fare un esempio in tema di interest rate swap , è
10 G IRINO, op. cit., p. 24.
11 Sui quali infra , par. 11.
12 G IRINO, op. cit., p. 25.
13 H ULL , Opzioni, futures e altri derivati , 2009, Prentice Hall, p. 12.
5
concluso con finalità di trading quel contratto totalmente indipendente da una
situazione debitoria a tasso variabile in essere per il contraente: egli prevede un
certo scenario per i tassi di interesse e mira ad ottenerne un profitto. Se la
previsione è rialzista, si impegnerà a pagare un tasso fisso ( fixed rate ) e ricevere
un variabile ( floating rate , così assumendo la stessa veste di chi “compra” la
protezione); se, al contrario, ipotizza una discesa dei tassi, si offrirà di pagare
un floating in cambio di un fixed (interpretando qui il ruolo del venditore di
protezione).
Dal punto di vista economico l'operazione ha evidentemente natura
diversa dalla negoziazione di uno strumento di copertura: resta da verificare se
questa diversità si possa riflettere anche nel campo giuridico, giustificando
eventualmente una disciplina ad hoc per le due categorie.
2.2. L A FINALITÀ DI ARBITRAGGIO .
Dopo hedgers e speculatori, altra categoria di operatori è quella degli
arbitraggisti. La loro attività consiste nel bloccare un profitto privo di rischio
entrando simultaneamente in transazioni su due o più mercati, sfruttando
disallineamenti, su diverse piazze, tra prezzi futures e prezzi spot di un'attività 14
.
Si consideri un'azione trattata al New York Stock Exchange al prezzo di $200 e al
London Stock Exchange a £100, mentre il tasso di cambio è di $2,03 per £. Un
arbitraggista potrebbe comprare 100 azioni a New York e rivenderle a Londra
per ottenere senza rischio un profitto di 100 * ($2,03 * 100 - $200)= $300 (i
costi di transazione potrebbero annullare del tutto il profitto per il piccolo
investitore, non però per le banche d'investimento che quindi possono
sfruttare questa opportunità).
14H ULL , op. cit., p. 15.
6
Tuttavia, è la stessa presenza degli arbitraggisti a limitare la possibilità di
tali scenari, per l'effetto sul prezzo (nel caso, un aumento della quotazione a
New York) che ha la loro domanda, conseguente alla rilevazione della
discrepanza tra i prezzi. La distinzione accolta dalla Consob
15
e quella
contenuta negli IAS 39
16
è solo tra hedgers e traders ; ai fini di questa analisi,
pertanto, si considereranno solo investitori che operano per finalità di
copertura di un rischio pregresso o per finalità di speculazione.
2.3. R ILEVANZA DELLA DISTINZIONE TRA HEDGING E TRADING .
La differenziazione tra le finalità di hedging e di trading trovava un
riscontro normativo nell'abrogato Regolamento Intermediari (reg. 11522 del
1998). Nel caso di gestione di portafogli, il contratto doveva indicare se gli
strumenti finanziari detenuti potevano essere utilizzati “ per finalità diverse da
quelle di copertura dei rischi connessi alle posizioni detenute in gestione ” 17
.
Il testo attuale
18
non menziona il termine “copertura”, ma si limita a
imporre all'intermediario la precisa indicazione della facoltà di utilizzo di
strumenti derivati. Gli “obiettivi della gestione” ed il “livello di rischio”,
menzionati alla lettera b ), saranno sì indicati, ma il loro corretto perseguimento
non sembra idoneo ad influire sulla validità delle operazioni concluse.
Nel vigore del precedente Regolamento, si richiesero alla CONSOB
chiarimenti su quali potessero essere i requisiti per definire uno strumento di
copertura. Secondo la Commissione
19
, le operazioni su strumenti finanziari
hanno finalità di copertura quando:
15Comunicazione 2.3.2009 n. 9019104.
16 Principio contabile internazionale di cui si dirà infra .
17 Art. 37, comma 1°, lett. c ), reg. n. 11522 del 1998 – Regolamento Intermediari.
18 Art. 38, comma 1°, lett. a ), reg. n. 16190 del 2007 – Regolamento Intermediari.
19 Comunicazione n. 99013791 del 26.2.99.
7
a ) siano esplicitamente poste in essere al fine di ridurre la rischiosità di altre
posizioni detenute dal cliente;
b ) sia elevata la correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie (scadenza,
tasso d'interesse, tipologia etc.) dell'oggetto della copertura e dello strumento
finanziario utilizzato a tal fine;
c ) siano adottate procedure e misure di controllo interno idonee ad assicurare
che le condizioni di cui sopra ricorrano effettivamente.
Riguardo al punto a ), sembra richiedersi una specifica menzione, nel
contratto che sottoscriveranno le parti, della preesistente esposizione al rischio:
il contenuto dell'accordo investirà quindi anche i motivi che portano la parte
alla conclusione del contratto? Se così fosse, qualora la finalità fosse dichiarata
in fase di trattativa, il successivo mancato rispetto della stessa dovrebbe essere
elevato a causa di invalidità del contratto.
Per non derogare al principio di tendenziale irrilevanza dei motivi della
stipulazione ex art. 1345 c.c.
20
, si deve più correttamente ritenere che tale
fattispecie configuri una violazione delle regole di diligenza, correttezza e
trasparenza poste a carico dell'intermediario dal Testo Unico della Finanza
21
, e
non vada ad incidere sul nucleo causale del contratto.
A questo proposito potrebbe creare qualche frizione l'adozione del
concetto di causa concreta
22
, intesa come sintesi degli interessi che il contratto
è diretto a realizzare
23
: fino a che punto l'intento di coprirsi da un rischio (che
abbiamo visto connotare fortemente l'operazione dal lato pratico-economico)
20 Art. 1345 c.c. “ Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente
per un motivo illecito comune ad entrambe ”.
21 Art. 21, d. lgs. 24.2.98, n. 58 (T.U.F.): “Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i
soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e
per l'integrità dei mercati ”.
22 Accolto dalla Suprema Corte, si veda Cass. 8.5.06 n. 10490, in dircomm.it .
23 BIANCA , Il contratto , Milano, 2000 , p. 454.
8
può essere relegato nella sfera personale del contraente? Sembra difficile
ritenere che la funzione economico-individuale sia del tutto insensibile allo
scopo che si prefigge la parte nel porre in essere l'operazione in strumenti
derivati 24
.
Guardando però al funzionamento dei mercati, si nota come
l'intermediario non operi in funzione protettiva o speculativa, ma imposti le
negoziazioni in base all'esigenza di riequilibrare posizioni già detenute,
limitando il profitto allo spread di prezzo tra la domanda e l'offerta. Agendo in
veste di market maker , l'intermediario cercherà quindi di concludere coppie di
operazioni omogenee (per importo e orizzonte temporale), a nulla rilevando
(né potendosi permettere discriminazioni a riguardo) lo scopo di volta in volta
perseguito dalla clientela. Per questa ragione pare necessario limitare le ipotesi
patologiche ai casi in cui l'intento speculativo sia espressamente escluso all'atto
della negoziazione, quando cioè il cliente non accordi minimamente alla
creazione di un nuovo rischio 25
; nella maggior parte dei casi l'incontro delle
volontà concernerà quindi la sola creazione dello strumento.
Riguardo al punto b ), la “elevata correlazione” tra le caratteristiche dello
strumento e quelle delle posizioni detenute dal cliente permette, sulla base di
un criterio quantitativo, di accertare la rispondenza del contratto alla finalità di
hedging . Prendendo l'esempio di un interest rate swap concluso a copertura di un
mutuo a tasso variabile, il capitale nozionale dovrà essere pari o simile a quello
oggetto di finanziamento (possibile anche la previsione di ammortamento, c.d.
24Si dovrà verificare in che modo l'operazione sia effettivamente agganciata al rischio
esterno; il tema della causa concreta si approfondisce infra , cap. III, par. 6.
25 Se nel contratto si fa esplicita menzione della finalità di copertura si potrebbe ritenere che,
qualora la successiva operazione si riveli di fatto speculativa, si possa configurare un (se
non giuridico sicuramente economico) aliud pro alio ; quando il prodotto finale risulta
radicalmente diverso da quello voluto, l'applicazione delle sanzioni di invalidità è da
ritenersi pacifica.
9
amortizing swap ), così come la durata e il tasso variabile di riferimento. La
mancanza di codesti agganci quantitativi e, a maggior ragione, l'assenza di una
retrostante esposizione, saranno indizi di una finalità di trading da parte
dell'acquirente. La distinzione mantiene rilevanza nelle attività negoziali per
conto altrui (nel caso in cui si richieda di astenersi dal porre in essere
operazioni speculative): la materia sarà quindi quella della responsabilità degli
amministratori ( ex art. 2392), del mandatario, del gestore di portafogli, o di chi
opera in rappresentanza dell'ente locale.
Va ricordato come, se dal lato civilistico si è sancita l'irrilevanza degli
scopi perseguiti dalle parti, le esigenze di ordine pubblico emerse recentemente
quanto ai bilanci degli enti locali che si erano avventurati nel mondo dei
derivati hanno fatto riemergere la distinzione: l'intervento legislativo sul punto
ricollega una nuova previsione di nullità 26
alla stipulazione di operazioni in
violazione della disciplina. È i noltre fatto divieto per un anno (dalla data di
entrata in vigore del decreto) di stipulare contratti relativi agli strumenti
finanziari derivati, salvo possibilità di ristrutturare il contratto mantenendo “ la
corrispondenza tra la passività rinegoziata e la collegata operazione di copertura ” 27
. La
norma ha evidente carattere eccezionale (è dettata per porre un argine agli
effetti negativi che ha avuto, sui bilanci degli enti locali, un avventato ricorso ai
derivati), e conferma così, per altra via, il superamento (dottrinale, legislativo e
giurisprudenziale
28
) della categorizzazione per finalità perseguite in seno alla
famiglia dei contratti derivati.
26 Art. 62 d.l. n. 112/2008, modificato dalla l. n. 133/2008 e da ultimo sostituito dall'art. 3
della legge n. 203/2008 (Finanziaria 2009). “ Il contratto relativo a strumenti finanziari derivati
[...] stipulato dagli enti [...] in violazione delle disposizioni previste dal regolamento [...] o privo
dell'attestazione di cui al comma 4, è nullo. La nullità può essere fatta valere solo dall'ente ”. Il
regolamento MEF cui si fa riferimento (sul quale infra , cap. II, par. 7) deve ancora essere
emanato. L'attestazione, da rendersi per iscritto , riguarda la comprensione dei rischi e
delle caratteristiche degli strumenti.
27 Art. 62 d.l. n. 112/2008, comma 6°.
10