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Introduzione
L’idea di realizzare una tesi sull’influenza dei media e sulle forme di
promozione della partecipazione del pubblico teatrale nasce da un’esperienza
personale di tirocinio svolta nell’agosto 2008 presso The Edinburgh Fringe
Festival, come assistente all’ Ufficio Stampa dell’agenzia di spettacolo Sweet
Entertainments.
Da quella esperienza empirica sono nate molte domande,
considerazioni e confronti con il sistema teatrale italiano, in particolare a
proposito delle differenze che la comunicazione assume in questo settore nel
nostro Paese, determinando atteggiamenti diversi di partecipazione del
pubblico.
Tra i vari quesiti che l’esperienza scozzese ha fatto sorgere in me, uno fra
tutti costituisce anche il filo conduttore del presente lavoro: che ruolo svolgono i
media nel processo di costruzione della partecipazione del pubblico e quanto
influisce il rapporto dei nuovi media su questo processo?
L’idea di “ribalta”, presente nel titolo, dunque, più che come spazio fisico
vuole essere intesa come una metafora di tutto ciò che si inserisce tra il palco e il
pubblico in termini di comunicazione, dal lavoro dell’ufficio stampa a quello
della promozione, fino ad arrivare alle relazioni che si intrecciano tra spettatori
e spettacolo teatrale.
Per quanto riguarda le tipologie delle nuove forme di comunicazione,
saranno presi in considerazione, in particolare, i nuovi media, i social network e
la loro influenza sul pubblico dal punto di vista della promozione della
partecipazione alla cultura in generale e al teatro più nello specifico. Vedremo
che conseguenze porta tra i giovani lo sviluppo di queste nuove forme
comunicative e che influenza possono avere i comportamenti nati da tali forme
se coinvolti nella promozione della partecipazione del pubblico teatrale.
Saranno presi in considerazione gli elementi distintivi dei contesti
partecipativi dei nuovi media, per conoscerne punti di forza e di debolezza e per
capire in che modo sfruttarli per avvicinare i giovani al teatro e promuovere la
frequentazione di luoghi teatrali.
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1. Strumenti
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1.1 Premessa
Comprendere cosa s’intende per Promozione è un passo fondamentale
per procedere con l’analisi dell’intero lavoro. Scopo di questo primo capitolo
sarà, quindi, delineare le caratteristiche di questo concetto con riferimento ai
suoi processi di interazione, per dimostrare l’importanza che, grazie ad esso,
l’evoluzione dei media ha assunto nel settore teatrale fino ad oggi.
Termini quali ‘promozione’ e ‘pubblico’, infatti, sono spesso utilizzati con
accezioni diverse, secondo la situazione in cui sono inseriti, appare quindi
necessario chiarire cosa si intende con l’espressione ‘promozione della
partecipazione’ e quali forme essa assume nell’attuale contesto teatrale italiano
(par. 1.2). Per far ciò, ci si soffermerà sul concetto di spettatore mettendolo in
relazione con gli altri termini utilizzati dalle varie letterature, specificando le
conseguenze che può apportare l’applicazione di un approccio piuttosto che un
altro (par. 1.3).
Per quanto concerne il contesto italiano, il paragrafo 1.4 cercherà di
presentare una fotografia della situazione attuale riguardante la promozione
teatrale e i principali Enti Istituzionali che se ne occupano.
L’influenza dei media sul pubblico sarà analizzata, inoltre, anche dal
punto di vista delle teorie principali dell’economia della cultura, come la teoria
dell’impossibilità informativa e quella della ‘cultural addiction’ (par. 1.5)
cercando di capirne i limiti e le opportunità.
Infine, il modo di lavorare dell’ufficio stampa ed il suo ruolo nel processo
di promozione, distribuzione e valutazione di uno spettacolo teatrale saranno
affrontati nel paragrafo 1.9, anche qui con l’obiettivo di verificarne punti di forza
e di debolezza.
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1.2 Promozione: una parola, diversi significati
Come si può dedurre dal titolo, più che parlare di promozione culturale in
senso lato, il presente lavoro riguarda soprattutto il concetto di promozione
della partecipazione del pubblico teatrale. Tuttavia, è necessario analizzare le
differenze semantiche che da sempre questo concetto porta con sé, più che per
una questione stilistica e terminologica, per scioglierlo da tutte quelle ambiguità
che lo accompagnano da sempre nei dibattiti relativi al settore culturale. Per
poter far ciò, bisogna prima di tutto chiarire cosa s’intende in questo lavoro con
il termine Promozione. Il concetto di promozione che questo lavoro vuole
prendere in considerazione, infatti, è quello di «forma di comunicazione»
avente come caratteristica fondamentale «produrre le condizioni per la
realizzazione di altre forme di comunicazione» [Iervese 2003, p. 28]. In questo
contesto, ciò che decreta l’applicazione della promozione in un ambito piuttosto
che in un altro è proprio l’accezione che acquista il termine che la segue, nel
nostro caso i termini ‘culturale’ o ‘teatrale’.
1.2.1 Significato di promozione culturale
Possiamo distinguere due accezioni di ‘promozione culturale’, una
attinente al settore dell’economia della cultura e connessa al concetto più
specifico di marketing culturale l’altra legata più in generale alla progettazione
e al sostegno dei processi culturali.
1) Nel primo caso, il campo in cui si parla di promozione culturale (come
sinonimo di marketing culturale [Argano 2004]) è quello più strettamente
legato all’economia della cultura e prende in considerazione un prodotto
culturale x (nel nostro caso lo spettacolo teatrale), applicando ad esso un
approccio di tipo gestionale, economico/culturale [Sciarelli 2009]. Molti studi si
sono concentrati sull’analisi delle strategie di marketing che un teatro utilizza, o
dovrebbe utilizzare, per pubblicizzare un evento teatrale. Questi studi si basano
soprattutto su indagini di tipo quantitativo e qualitativo [Gallina 2001] e
8
prendono in considerazione anche i bisogni e le aspettative degli spettatori
riguardo l’esperienza teatrale. Le tecniche del marketing culturale generalmente
tentano di applicare la strategia del marketing mix
1
per «colmare la mancanza
di soddisfazione che la ricerca di mercato ha riscontrato» [Foglio 2005, p. 185],
sono, insomma spesso orientate a fare marketing per un ‘prodotto’ o ‘servizio’
culturale, che è profondamente diverso dal promuovere la cultura. Tuttavia,
sono molti i dibattiti attraverso i quali gli stessi studiosi di economia della
cultura si dissociano da questa applicazione dei principi di management al
campo della cultura, alla quale contrappongono un marketing culturale inteso
come:
«quell'insieme di attività volte a identificare e raggiungere un pubblico
appropriato per la creazione artistica, senza condizionarla, cercando da
un lato di soddisfare i bisogni e i desideri di tale pubblico nel modo più
efficiente ed efficace possibile, dall'altro di ottenere il miglior risultato
economico-finanziario possibile.»
2
.
Chi fa riferimento alla promozione culturale in quest’accezione analizza
prevalentemente le scelte organizzative e la struttura finanziaria del settore
culturale [Trimarchi 2002], ma gli aspetti che ci interessano ai fini di questo
lavoro, e che analizzeremo più avanti, riguardano le forme che il processo di
scelta dello spettatore assume, in base alle informazioni ricevute.
2) Nell’altro settore in cui si parla di ‘promozione culturale’ (da ora in poi
‘progettuale’) l’espressione è normalmente usata per intendere uno dei sei tipi di
azioni attraverso le quali un processo di progettazione culturale si compie
(insieme a tutela, conservazione, valorizzazione, gestione e fruizione) [Amari
2006]. Inoltre, si può dire che nel contesto generale della progettazione intesa
come strumento per favorire il passaggio dalle decisioni politiche agli interventi
empirici [Iervese 2007-2008], l’aspetto della promozione cerca di diffondere la
conoscenza delle varie forme di comunicazione di un progetto culturale.
1
Analisi del mercato culturale Prodotto, prezzo, distribuzione, promozione, altri plus
2
http://www.fizz.it/strumenti/glossario/termini/mkc.htm
9
Questo modo di intendere la promozione è ampiamente affrontato
soprattutto dalla letteratura riguardante le politiche giovanili e trova spazio nel
settore della promozione della partecipazione sociale. In questo contesto, il
concetto di partecipazione è una ‘azione pubblica che riguarda una collettività’
[Iervese 2003 p. 21] e può essere orientata sia alla conservazione (approccio
secondo il quale partecipare significa «prendere parte alle attività di un gruppo
o di un’associazione» [Ibidem]); sia al cambiamento (aproccio che «contempla
la possibilità di intervenire nel/sul governo di una collettività» [Ibidem]).
Uno degli aspetti più interessanti di questo approccio ai fini della nostra analisi
è il suo essere partecipativo. Le tecniche di Progettazione Partecipata che
vengono messe in pratica ai fini di incentivare una promozione dell’agio versus
una prevenzione del disagio, generano, infatti, «una particolare concertazione
tra le competenze adulte e la creatività bambina. […] Nella Progettazione
Partecipata l’adulto è un tecnico che mette a disposizione il proprio sapere.»
[Iervese 2003, p. 35].
1.2.2 Significato di Promozione Teatrale
Tra i significati di promozione che abbiamo esaminato finora, quello della
promozione teatrale è senza dubbio il più specifico e circoscritto. Nella
definizione di Argano: «I processi di promozione e divulgazione comprendono
quelle iniziative che mirano alla più ampia diffusione della cultura e delle
differenti forme artistiche e comprendono la formazione professionale, il
perfezionamento, la critica, la saggistica, la formazione e promozione di nuovo
pubblico, la valorizzazione di nuovi talenti, i concorsi.» [Argano 2003, p. 25].
Rientrano in questa definizione, quindi, tutti quei progetti che includono
laboratori di formazione teatrale, corsi di specializzazione, progetti di teatro in
collaborazione con il mondo universitario e scolastico in generale, gli incontri
con gli artisti e la creazione di prodotti editoriali. A tale proposito analizzeremo
più avanti (par. 1.4) quali sono gli Enti Pubblici che si occupano di promozione
teatrale in Italia e che tipo di progetti realizzano.
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Si può dunque dire che il concetto di promozione della partecipazione su
cui si sofferma questo lavoro ingloba un po’ tutte le forme di promozione citate
finora, in quanto i suoi processi comprendono tutte le funzioni e le forme di
comunicazione che i media
3
attuano per attirare (ed in certi casi per costruire
ex-novo) il pubblico teatrale, spesso influenzando la qualità di un progetto
artistico.
1.2.3 Il ‘caso Baricco’ tra Progettazione e Marketing culturale
Tra i numerosi dibattiti sorti in merito al settore culturale va analizzato
l’intervento dello scrittore Alessandro Baricco sui fondi pubblici al teatro
[2009a] che ha sollevato un polverone di polemiche.
L’autore, dichiarandosi a favore di politiche che promuovessero la
diffusione del teatro in Italia piuttosto che di quelle che ne prevenissero la
scomparsa dei finanziamenti e suggerendo di:
«Non aver paura di lasciare campo all'iniziativa privata e lavorare,
piuttosto, per metterla in condizione, con l'aiuto del denaro pubblico, di
andare a lavorare nella direzione della qualità e della diffusione più
ampia e giusta possibile.» [Baricco 2009b],
ha utilizzato un’accezione parziale, ma convenzionale di promozione. Si tratta,
infatti, di un’idea schiacciata prevalentemente sul lato economico. Il dibattito è
sicuramente un interessante spunto di riflessione, così come lo è la velocità con
cui si sono venute a creare le forti polemiche da parte dei principali esponenti
della cultura italiana, soprattutto perché ne emerge il bisogno (almeno) di
parlare della cultura e dei suoi problemi. Tuttavia, rispetto alle diverse accezioni
di promozione che abbiamo analizzato finora, quella introdotta dall’autore ha
più a che fare con il marketing che con la promozione culturale nel suo
significato ‘progettuale’, o con la promozione teatrale. E’ un’idea, quella
3
In questo contesto per media si intendono sia quelli “interni” e quindi operanti tramite gli
uffici stampa delle compagnie teatrali o dei teatri, sia quelli “esterni”, compresa la critica di
settore e le recensioni.
11
baricchiana, che non approfondisce la complessità degli ambiti a cui fa
riferimento, non specifica quali siano i soggetti coinvolgibili, manca di suggerire
i contenuti da sostenere e da promuovere, e non precisa quali possano essere le
forme o i canali di questo sostegno. Nonostante l’obiettivo di questa tesi non sia
quello di stabilire il detentore della verità sull’argomento, c’è da dire che
nessuna delle polemiche suscitate dall’autore suggerisce degli interventi volti a
sostenere, rendere visibili e favorire soggetti, forme e processi culturali esistenti,
ma non autosufficienti.
Se gli interventi pubblici mirano, infatti, a proteggere e conservare una
situazione già esistente, spostarli per creare i teatri nelle scuole può essere una
bella iniziativa, ma resta comunque un approccio che vede gli studenti come
destinatari passivi di un intervento di tipo top-down, non di tipo inclusivo, che
introduce delle soluzioni dall’alto senza la partecipazione di tutti i soggetti
coinvolti.
Spostando tale ragionamento sulle politiche culturali [Bobbio 2004, p.
90], ed in particolare su quelle relative al mondo del teatro, ciò che suggerirebbe
un orientamento di tipo ‘progettuale’ è un investimento in fiducia, in nuovi
orizzonti ed in relazioni, partendo da un’analisi oggettiva della situazione
attuale, e rendendo il più possibile partecipi al progetto i soggetti coinvolti.
1.2.4 Conclusioni
Riassumendo, tra le diverse accezioni del termine ‘promozione’ fin qui
analizzate (economica, progettuale e teatrale), questo lavoro cercherà di
concentrarsi su quella ’progettuale’, intesa come forma di comunicazione in
grado di produrre altre forme di comunicazione. Tra le forme di
comunicazione prodotte, ci s’interrogherà sulle tipologie di forme partecipative
promosse in ambito teatrale e sulle modalità con cui queste vengono attivate dai
media. In altre parole, ciò che questo lavoro intende analizzare sono tutti quei
tentativi di promozione che più che far riferimento alla partecipazione del
pubblico intesa come una semplice ‘fruizione di un prodotto’, hanno come
12
obiettivo il coinvolgimento dello spettatore, come soggetto attivo e
partecipante.
1.3 Il pubblico e la partecipazione: distinzione tra audience, pubblico e spettatore
Il teatro non è un medium di massa. Non potrebbe
esserlo neanche se lo volesse. In questo luogo siamo
pochi, ma dentro di noi c’è Atene.
Pier Paolo Pasolini
Nel corso delle mie ricerche bibliografiche per questo lavoro mi sono resa
conto che quando si parla di ‘spettatore teatrale’ si utilizzano indifferentemente
i termini più disparati come: ‘consumatore’, ‘fruitore’, ‘audience’, ‘pubblico’ e
‘spettatore’. Proseguendo nella lettura ho potuto notare, inoltre, che ognuno di
questi vocaboli, non possiede soltanto delle sfumature di significato diverse, ma
fa anche riferimento ad un altro modo di intendere il teatro, cosa che, a sua
volta, nasconde un approccio metodologico differente all’argomento. A questo
proposito, trovo utile iniziare questo paragrafo con una breve analisi dei termini
citati, per spiegare il perché nel presente lavoro si è preferito l’uso della parola
‘spettatore’ alle altre.
1.3.1 Fruire e Consumare teatro
I primi due termini (‘fruitore’ e ‘consumatore’) sono riscontrabili
soprattutto nel campo del marketing teatrale e, in riferimento alla figura dello
spettatore, si inseriscono perfettamente in quel discorso in base al quale
l’attività teatrale è un prodotto di cui fruire. Come abbiamo già detto, il
marketing culturale si pone come obiettivo quello di realizzare una campagna di
promozione del ‘prodotto culturale’ adottando, a volte, la strategia del
marketing mix. Si tratta, quindi, di una definizione di spettatore legata più al
settore dell’economia della cultura che a quello socio-antropologico. In questo
tipo di letteratura i due termini vengono di solito usati scambievolmente, come
sinonimi, nonostante si tenda a fare un’ulteriore distinzione all’interno del
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concetto stesso di consumatore. A questo proposito, le discipline economico-
culturali distinguono il ‘consumatore abituale’ dal ‘consumatore occasionale’ (o
anche ‘nuovo’ consumatore).
Come si può facilmente dedurre, da queste due tipologie differenti di
consumatori derivano atteggiamenti totalmente diversi. Nel caso di una
rappresentazione teatrale, ad esempio, potremmo identificare lo spettatore
‘abituale’ in una persona che sceglie di andare a vedere Crave di Sarah Kane
perché è un appassionato della drammaturga e ne ha letto il testo, oppure
perché ha apprezzato lo spettacolo tradotto in italiano ed è curioso di vederlo in
lingua originale. Si tratta, insomma, di una scelta consapevole del ‘prodotto’ di
cui si vuole ‘fruire’; scelta dettata dalle conoscenze e dalle informazioni che lo
spettatore possiede sullo spettacolo e che lo spingono ad apprezzare
maggiormente l’opera. Ovviamente sulla raccolta delle conoscenze e delle
informazioni di una persona influiscono moltissimi fattori, dei quali
l’esposizione ai media è soltanto una, e tra i quali svolge un ruolo importante
anche l’istruzione (in particolare se di tipo artistico). Lo spettatore abituale è, sì,
abituato ma non, diversamente da come suggerisce la parola ‘abituale’ ad
andare a teatro, bensì a pensare al teatro come ad un’esperienza formativa, un
luogo in cui aumentare le proprie conoscenze, sviluppare il proprio senso critico
e pensare.
Viceversa, il consumatore ‘occasionale’ vede il teatro come una forma di
intrattenimento tra le tante, e non essendo un appassionato o anche soltanto un
conoscitore della magia teatrale, attua «una valutazione di tipo dicotomico, che
privilegi[a] criteri di intrattenimento generico (per quanto ‘impegnato’) rispetto
a canoni di approfondimento culturale.» [Trimarchi 2002, p. 122]. Tra i «criteri
di intrattenimento generico» a cui si riferisce Trimarchi in questa definizione di
consumatore occasionale il principale è quello della ‘notorietà’ (o anche
‘popolarità’), che si contrappone al principio di ‘novità’ utilizzato dai
consumatori più competenti. Vedremo più nel dettaglio nel prossimo paragrafo
che tipo di meccanismi innescano questi diversi atteggiamenti, e che ruolo
svolgono i media e l’informazione in quest’ottica.
14
1.3.2 Audience e pubblico teatrale
Nonostante si tenda sempre di più attualmente a confonderli, i termini
‘audience’ e ‘pubblico’ contengono nelle loro definizioni originali una
distinzione fondamentale. Al di là dei dibattiti tra ‘audience attiva’ o ‘passiva’,
legati soprattutto alle teorie della comunicazione [Ball-Rokeach, DeFleur 1995],
quello che in questa sede ci interessa sottolineare è il carattere assolutamente
casuale della formazione delle audience, che si contrappone dunque a quel
carattere di ‘consapevolezza’ presente e fondamentale nel pubblico teatrale.
Inoltre, c’è da aggiungere che solitamente la parola audience è associata ad un
pubblico di massa, e se, come nel nostro caso, si considera lo spettacolo come
«evento qui ed ora tra attori e spettatori (in qualsiasi forma essi si
manifestino)» [Pizzo 2003, p. 10] è difficile pensarlo come ad un prodotto di
massa.
Essere parte di un’audience non è (sempre) una scelta, essere parte di un
pubblico (specialmente di un pubblico teatrale) sì. Ne derivano comportamenti
diversi, molto più frammentati ed imprevedibili nel primo caso, più relazionali e
collettivi nell’altro. Non a caso, quando si parla di pubblico e se ne studiano i
comportamenti, si parla di una «forma istituzionalizzata di comportamento
collettivo» [Capecchi 2004], , perché è un gruppo formato da individui che
scelgono in modo consapevole (nel prossimo paragrafo vedremo più nello
specifico come avviene tale scelta) di partecipare ad uno spettacolo, rispettando
le regole sociali che il luogo di rappresentazione gli impone.
1.3.3 Pubblico o spettatori?
Resta ancora da stabilire la differenza tra gli ultimi due termini:
‘pubblico’ e ‘spettatore’. Si tratta, in effetti, di una distinzione più sottile e
specifica, ampiamente alimentata dai dibattiti socio-antropologici del teatro.
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Per spiegare tale differenziazione può essere opportuno partire da una citazione
di Piergiorgio Giacchè:
«Si tratta non solo di nomi diversi ma di due fenomeni distinti che
comportano una differenza di approccio e di obiettivi. Il pubblico dei
consumatori o degli avventori si offre e si affronta come un oggetto
sociale, mentre lo spettatore si propone e si offre come un soggetto
teatrale.» [Giacchè 2004, p. 09]
Nelle affermazioni dell’antropologo emerge la chiara intenzione di specificare
che l’attività teatrale non va intesa come prodotto, ma come processo. Inoltre,
l’autore oltre a voler specificare il ruolo attivo dello spettatore versus un ruolo
più passivo o comunque collettivo del pubblico, introduce un ulteriore
elemento, quello dello spettatore partecipante. Il termine è una citazione
esplicita e fa riferimento alla figura dell’osservatore partecipante, espressione
coniata dall’antropologo Malinowski [Malinowski 2004] secondo la quale
l’etnografo deve partecipare attivamente alle attività della società che vuole
analizzare, per poterne dare una lettura più dettagliata ed ‘empatica’.
Giacchè prende questo concetto antropologico e lo applica al concetto di
spettatore capovolgendolo: «Lo spettatore a teatro esercita molto
probabilmente proprio il ruolo e il modo contrario dell’osservatore
partecipante.»
[Giacchè 1991, p. 30]. Se l’etnografo si immerge volontariamente
e consapevolmente in una realtà sociale, con il preciso scopo di riuscire a
documentare nel modo più veritiero possibile un processo culturale, lo
spettatore è cosciente soltanto in parte della sua situazione. Il ruolo è ‘capovolto’
perché lo spettatore teatrale prima ancora di osservare sta già partecipando
all’avvenimento teatrale: lo spettatore è pertanto impegnato in un’azione di
‘partecipazione osservante’.
Le forme di partecipazione dello spettatore teatrale analizzate negli anni
dalle discipline antropologiche sono numerose. De Marinis [1994 p. 93] parla a
tale proposito di una vera e propria «sociologia della ricezione teatrale» e tra gli
elementi fondamentali presenti all’interno delle strategie ricettive dello