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Premessa
L’articolo 3 della dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (10 dicembre ’48)
recita:“Tutti gli individui hanno diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza personale”. È
proprio sul termine sicurezza che andremo a trarre alcune considerazioni.
Nei quindici Paesi che costituivano l’Unione europea prima degli ultimi due allargamenti, gli
incidenti stradali verificatisi tra il 1953 e il 2005, hanno determinato circa 2,9 milioni di morti
e 87,3 milioni di feriti.
Il numero di vittime è cresciuto costantemente fino all’inizio degli anni ‘70, passando da
41.000 a oltre 81.000 morti / anno e da 1,0 a 2,1 milioni di feriti ogni anno.
Dal 1973 il numero di vittime comincia a ridursi fino ad arrivare a circa 31.000 morti e 1,5
milioni di feriti per anno nel 2005.
Figura 1 Elaborazione RST su fonti varie
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Figura 2 Elaborazione RST su fonti varie
In tutti i Paesi dell’UE15 il numero di vittime cresce negli anni ’50 e ’60 a causa dell’aumento
del numero e dell’ampiezza degli spostamenti di persone e merci ma, soprattutto, a causa del
passaggio della mobilità delle persone dal collettivo all’individuale.
Negli anni ’60 si avviano importanti programmi di ampliamento e miglioramento della rete
stradale e l’industria automobilistica comincia a curare maggiormente il fattore sicurezza del
veicolo. A volte gli obiettivi dei costruttori non riguardavano la sicurezza quanto tale ma il
comfort e la riduzione dei tempi di percorrenza ma, la situazione di partenza era tale che
anche azioni poco mirate alla sicurezza stradale si traducono in un sostanziale miglioramento.
Infatti, tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 si determina un’inversione di
tendenza che si protrae fino agli anni ’90.
Il nostro paese, che fino agli anni 80 era tra i primi 4 Paesi europei con i più elevati indici di
sicurezza stradale mostra oggi un tasso di mortalità (9,2 morti per 100.000 abitanti)
leggermente superiore alla media dei paesi dell’UE15 (8,1 morti per 100.000 abitanti) e
notevolmente inferiore a quello dei dodici Paesi di nuovo accesso (nonché degli USA e della
Federazione russa).
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Figura 3 Elaborazione RST su fonti varie
Nel 1997 la Commissione europea diffonde il secondo programma per il miglioramento della
sicurezza stradale, con l’obiettivo della riduzione del numero di vittime degli incidenti stradali
del 40% entro il 2010.
Quattro anni dopo (nel 2001), la Commissione europea diffonde il Libro Bianco sulle
politiche di trasporto europee che aggiorna l’obiettivo indicato dal precedente programma e
propone per il 2010 un dimezzamento del numero di vittime ed una riduzione del 20% del
numero di feriti.
L’avvio della pianificazione della sicurezza stradale in Italia risale alla prima Relazione al
Parlamento sullo stato della Sicurezza stradale, trasmessa al Parlamento nell’estate 1998. In
particolare, detta Relazione chiedeva al legislatore nazionale di istituire il “Piano Nazionale
della Sicurezza Stradale” e di indicarne le finalità generali e le modalità attuative.
Il Piano consiste in un sistema articolato di indirizzi, di misure per la promozione e
l’incentivazione di piani e strumenti per migliorare i livelli di sicurezza da parte degli enti
proprietari e gestori, di interventi infrastrutturali, di misure di prevenzione e controllo , di
dispositivi e organizzativi, finalizzati al miglioramento della sicurezza secondo gli obiettivi
comunitari.
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1. SICUREZZA STRADALE
1.1 Azioni Prioritarie
Per favorire il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento della sicurezza stradale, la
Commissione europea evidenzia la necessità di attribuire una maggiore priorità alle politiche
comunitarie relative alla sicurezza stradale e indica la convenienza a realizzare investimenti
atti a:
- Incentivare l’uso delle cinture di sicurezza;
- Sollecitare le aziende a realizzare veicoli più sicuri;
- Ridurre la velocità media dei veicoli;
- Ridurre la quota di conducenti in stato di ebbrezza o sotto l’influsso di droghe o
medicinali;
- Migliorare le infrastrutture.
I contenuti del PNSS sono stati definiti in relazione a quanto indicato dalla norma istitutiva
(legge 144/99) e specificato nel documento “Indirizzi generali e linee guida di attuazione”,
approvato il 29 marzo 2000. Questi definiscono anche i campi prioritari di intervento, sui
quali appare indispensabile intervenire con la massima tempestività poiché individuano
situazioni ad alto rischio.
Tutto ciò fa si che la prima parte del Piano (Azioni Prioritarie) si scinda in due livelli di
attività:
a) I livello: individua gli interventi puntuali che possono determinare la maggiore
riduzione di vittime e che possono essere avviati nei tempi più brevi;
b) II livello: crea condizioni e presupposti necessari per lo sviluppo di nuove modalità di
intervento per migliorare la sicurezza stradale.
Il quadro legislativo del nostro paese fa riferimento oltre al PNSS anche alle linee guida per le
analisi di sicurezza, redatta con il supporto dell’università di Napoli Federico II, di Firenze, di
Palermo e della Commissione strade del CNR. In essa troviamo la seguente definizione di
analisi di sicurezza:
“quell’esame formale di un progetto di una nuova strada, di un piano di traffico, di una
strada esistente, o di qualsiasi progetto che interagisca con gli utenti della strada, in cui un
indipendente e qualificato gruppo di esperti riferisce sui potenziali pericoli di incidenti e sulle
prestazioni in termini di sicurezza”.
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L’adozione di misure in favore della sicurezza presuppone che si sia in grado di riconoscere e
valutare le condizioni di rischio che si accompagnano ad una determinata configurazione
infrastrutturale.
Le analisi preventive di sicurezza si dividono in:
Road Safety Audit riferite ai progetti;
Road Safety Review riferite alle strade in esercizio.
Queste possono aiutare ad individuare la presenza in un tracciato stradale di situazioni di
rischio per la circolazione.
L’analisi preventiva di sicurezza applicata alla verifica di un progetto stradale viene effettuata
ai tre livelli di approfondimento previsti dalla normativa vigente, progetto preliminare,
definitivo, esecutivo. La procedura prevede anche una fase conclusiva da effettuare sull’opera
finita prima dell’apertura al traffico, finalizzata a verificare se le indicazioni inserite nelle fasi
progettuali siano state bene interpretate in fase costruttiva.
Un progetto stradale è un processo complesso finalizzato a definire quella situazione che
meglio riesce ad interpretare e combinare le diverse e a volte contrastanti esigenze poste dalla
necessità di soddisfare la domanda di mobilità e di accessibilità con quelle di garantire
adeguati livelli di sicurezza della circolazione, di rispetto dell’ambiente, di sviluppo sociale e
di qualità di vita, il tutto commisurato alle risorse economiche.
La procedura di analisi preventiva mira a verificare, mediante un giudizio esperto, attento ed
indipendente, che gli aspetti connessi con la sicurezza siano stati valutati correttamente, nella
convinzione, sancita dalle direttive europee dal PNSS, che l’obiettivo della riduzione
dell’incidentalità stradale sia ormai giunto ad essere prioritario.
L’applicazione della procedura alle strade in esercizio è finalizzata all’individuazione degli
aspetti dell’ambiente stradale che sono maggiormente e con immediatezza, suscettibili di
miglioramento al fine della riduzione del livello di incidentalità attuale.
L’analisi di sicurezza delle strade esistenti risulta essere uno strumento di immediata
attuabilità ed economico e, può essere condotta anche in assenza di informazioni preliminari
(incidenti, traffico, caratteristiche geometriche,ecc.).
La procedura affianca la tradizionale analisi dei punti neri che, partendo dall’individuazione
dei siti ad elevata concentrazione di incidenti, consente di correggere localmente le anomalie
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riscontrate, ma si effettua solo dopo che si è registrato un livello di incidentalità
particolarmente elevato in siti specifici e rischia, di trascurare le caratteristiche dei tronchi
stradali adiacenti e di sottovalutare la coerenza del contesto nel suo insieme.
Nell’ambito della Classificazione delle strade in esercizio, la procedura di analisi preventiva
può essere utile dove sussistono le condizioni che richiedono la verifica del livello di
sicurezza ai fini della classificazione in deroga delle strade esistenti, secondo quanto stabilito
dal CNR nei “Criteri per la classificazione della rete delle strade esistenti ai sensi dell’art. 13,
comma 4 e 5 del Nuovo C.d.S. difatti, i suddetti criteri richiedono che, nel caso di strade che
rispettano i requisiti derivanti dall’art. 2 comma 3 del Nuovo C.d.S., ma che presentino
difformità localizzate rispetto ai requisiti delle nuove “Norme funzionali e geometriche per la
costruzione delle strade” è possibile la classificazione in deroga subordinandola alla verifica
delle condizioni di sicurezza. In tale documento si prevede che sull’itinerario stradale in
oggetto si debba effettuare un’analisi aggregata dell’incidentalità in modo da individuare i
tronchi a debole, media e forte incidentalità. Su questi ultimi si richiede un confronto tra
difetti esistenti e difetti possibili.
L’individuazione dei difetti possibili richiede un’analisi dettagliata degli incidenti, sia dal
punto di vista quantitativo che dal punto di vista tipologico, al fine di individuare l’incidente
critico (tipo di incidente che si ripete nello stesso luogo).
L’individuazione dei difetti esistenti richiede invece un’analisi in sito dei difetti
infrastrutturali, delle deviazioni degli utenti dai comportamenti previsti e delle circostanze
ambientali sfavorevoli al fine di registrare ogni scostamento dei valori osservati da quelli
prescritti dalle Norme Tecniche ovvero ogni deviazione dagli standard che la regola d’arte
suggerisce per la classe di strada in considerazione.
L’analisi preventiva di sicurezza delle strade esistenti, si configura proprio come una delle
metodologie che è possibile attuare per l’individuazione dei difetti esistenti, in quanto tiene
conto sia degli aspetti relativi all’infrastruttura sia dell’interazione tra utenti ed ambiente
stradale, aspetto quest’ultimo all’origine di molti incidenti.
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1.2 Strade a rischio
Il sistema stradale si sviluppa per 479613 km e può essere suddiviso in due comparti:
1. Rete di interesse nazionale, comprende 357 infrastrutture, per un’estensione di 22177
km;
2. Rete di interesse regionale e locale, hanno uno sviluppo complessivo di 457396 km.
Oltre il 65% delle vittime è stata determinata da incidenti sulle strade urbane. L’aspetto
interessante riguarda il fatto che mentre nel 2005 il numero complessivo di vittime si riduce,
le vittime in area urbana aumentano, con conseguente aumento del peso relativo
dell’incidentalità urbana che passa dal 64% nel 2004 al 66% nel 2005.
Per quanto riguarda il sistema stradale extraurbano si nota che il costo sociale delle vittime
generate da incidenti autostradali si riduce complessivamente del 3,8% mentre quello delle
vittime da incidenti sulla rete stradale statale, regionale, provinciale e comunale si riduce
complessivamente del 6,8%.
Tabella 1 Vittime di incidenti stradali in funzione del tipo di strada
URBANE 2417 44,60% 228109 72,70% 20158 65,80%
AUTOSTRADE 577 10,60% 23857 7,60% 2560 8,40%
ALTRE STRADE 2432 44,80% 61761 19,70% 7936 25,80%
TOTALE 5426 100,00% 313727 100,00% 30654 100,00%
URBANE 2310 41,10% 227545 71,90% 19967 64,10%
AUTOSTRADE 648 11,50% 23901 7,50% 2662 8,50%
ALTRE STRADE 2667 47,40% 65184 20,60% 8516 27,40%
TOTALE 5625 100,00% 316630 100,00% 31145 100,00%
URBANE
AUTOSTRADE
ALTRE STRADE
TOTALE
URBANE
AUTOSTRADE
ALTRE STRADE
TOTALE -3,50% -0,90% -1,60%
-11,00% -0,20% -3,80%
-8,80% -5,30% -6,80%
-199 -2903 -491
4,60% 0,20% 1,00%
-71 -44 -102
-235 -3423 -580
MORTI, FERITI E COSTO SOCIALE PER TIPO DI STRADA. 2004
MORTI FERITI COSTO SOCIALE
VARIAZIONE % 2005 - 2004
107 564 191
MORTI FERITI COSTO SOCIALE
MORTI, FERITI E COSTO SOCIALE PER TIPO DI STRADA. 2005
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1.3 Utenze deboli
Le categorie di utenti che presentano i più elevati tassi di rischio sono:
- Anziani (oltre 65 anni);
- Giovani (con meno di 29 anni);
- Pedoni;
- Ciclisti;
- Conducenti di motocicli;
- Conducenti di ciclomotori.
Figura 4 Istogramma che mostra gli utenti a rischio
I decessi per incidente tra la popolazione giovane costituiscono il 34,7% del totale. Di questa
quota, il 6,1% è costituito da pedoni, ciclisti, conducenti di veicoli a due ruote; il residuo è
costituito da conducenti e trasportati.
I decessi per incidente tra la popolazione anziana costituiscono invece, il 20,9% del totale. Di
questi, il 12% è costituito da pedoni, ciclisti, conducenti di veicoli a due ruote; il residuo è
costituito da conducenti e trasportati.
Morti tra gli utenti a rischio
giovani con meno di 29 anni
anziani
pedoni, ciclisti,conducenti di
veicoi a due ruote (meno di 29
anni)
pedoni, ciclisti,conducenti di
veicoi a due ruote (più di 64
anni)
pedoni, ciclisti,conducenti di
veicoi a due ruote (adulti)
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Ne consegue che, nell’aggregato costituito dai pedoni, ciclisti, conducenti di motocicli e
ciclomotori morti per incidenti stradali (rappresentante il 27,1% del totale), il 18,1% è
costituito da giovani ed anziani, il restante 9% da adulti di età compresa tra 29 e 64 anni.
Per la messa in sicurezza di queste utenze il Piano delle Priorità individua, come obiettivo, lo
sviluppo di un sistema di azioni di informazione, sensibilizzazione e controllo differenziato in
funzione delle specifiche caratteristiche delle diverse tipologie di utenti.