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CAPITOLO I
I RIFLESSI DELLA CRISI CONIUGALE NEL RAPPORTO FRA GENITORI E FIGLI.
Premessa.
Nel corso dell’analisi che verrà proposta all’interno del presente capitolo si cercherà di
disegnare, concentrandosi sugli aspetti che maggiormente caratterizzano l’oggetto
dell’indagine, i modelli di struttura familiare ravvisabili nel contesto sociale attuale. In
particolar modo nella prime pagine, l’obiettivo sarà quello di tentare di rispondere al
quesito riguardante l’esistenza o la mancanza di un unico modello di riferimento, al
quale poter ricondurre le varie configurazioni relazionali facenti parte, per il fatto di
possedere delle qualità comuni, all’insieme di quei rapporti definiti familiari. In seguito,
si procederà alla descrizione delle relazioni che nascono all’interno del nucleo
domestico, facendo particolare riferimento alla distinzione fra rapporto coniugale e
rapporto genitoriale. Ci si concentrerà soprattutto, essendo la crisi della famiglia e i
provvedimenti riguardanti la prole a seguito della sua disgregazione, gli oggetti principi
della seguente ricerca, sui possibili effetti negativi che la traumatica cancellazione della
quotidianità delle relazioni di coppia potrebbe provocare nei confronti dei figli minori.
L’obiettivo sarà quello di sottolineare la dissolubilità del rapporto matrimoniale in
contrapposizione alla indissolubilità del rapporto genitore- figlio, relazione diretta
conseguenza, non della circostanza della nascita di quest’ultimo in costanza di
matrimonio, ma della procreazione.
Nella parte centrale del capitolo si procederà alla definizione di quello che ha
rappresentato per il legislatore uno dei principii guida, cui ha fatto riferimento
nell’elaborazione della legge di riforma riguardante i provvedimenti relativi alla prole
nelle situazioni di disgregazione familiare: il diritto del minore alla bigenitorialità. In
particolare, verranno citati i documenti di rilevanza internazionale ai quali il nostro
ordinamento si è dovuto uniformare modificando i provvedimenti vigenti in funzione
delle mutate esigenze sociali.
Si tratterà poi del problema riguardante l’individuazione di una soluzione uniforme
capace di dare una risposta concreta a quelle situazioni di disgregazione della cellula
sociale famiglia, al cui interno i minori risultano gli individui sottoposti maggiormente
ai danni conseguenti la fine della convivenza fra coniugi.
2
Le pagine finali della presente trattazione si concentreranno sulla descrizione di quelle
che sono state, nel corso dei decenni e fino alla recente riforma del 2006, le misure
riguardanti i provvedimenti indirizzati ai figli minori nelle situazioni di dissolvimento
del legame coniugale inteso sia come separazione personale fra coniugi sia come
scioglimento del rapporto fra questi ultimi.
3
1. La famiglia nell’originaria formulazione del Codice civile e il modello
familiare riconosciuto e garantito dalla Carta Costituzionale.
A partire dagli ultimi decenni del Secolo scorso la dottrina civilistica, tenuto conto delle
diverse domande che la società civile è andata progressivamente proponendo, si è
interrogata se, nell’ambito dell’ordinamento giuridico vigente sia configurabile un
modello unitario ed unico di famiglia o se non si debba, piuttosto, pervenire ad una
diversa rappresentazione di questo aggregato sociale fondamentale, identificandosi essa
con una molteplicità di categorie che, pur riconducibili ad un’unica denominazione,
siano espressione di realtà diverse sotto il profilo sociale e, di conseguenza,
diversamente qualificate dall’ordinamento.
1
Da una parte, si è affermata una cultura
riduzionista, intenta a salvaguardare l’idea di famiglia come unità naturale imperniata su
valori forti, ma rigidi, dall’altra, ha trovato la sua collocazione nel dibattito anche una
cultura progressista che invece pare incapace di proporre un qualsiasi disegno di
famiglia contemporanea, evidenziando la fatica ad uscire dall’empasse che considera la
famiglia alternativamente, da una parte come luogo sovraccaricato di simboli (la
famiglia come iperluogo), dall’altra come luogo vuoto (la famiglia come assenza).
2
¨
indispensabile affermare che, all’interno delle discussioni, riguardanti l’individuazione
di un potenziale modello familiare capace di inglobare in sØ quella moltitudine di
conformazioni sociali aventi caratteristiche analoghe all’aggregato collettivo
fondamentale tradizionale, si fronteggiano due distinti orientamenti. Il primo indirizzo,
strettamente correlato alla tradizione, soprattutto del Mondo occidentale, e connesso a
particolari norme consolidate all’interno delle Carte Costituzionali del secondo
dopoguerra, perviene alla riaffermazione della unitarietà del modello di famiglia, intesa,
secondo i dettami della nostra Carta Fondamentale, come società naturale fondata sul
matrimonio; il secondo filone indicato, al contrario, assumendo come determinante il
dato proveniente dalla società civile, estende la portata dei precetti ordinamentali,
rilevando che, lungo le linee da essi tracciate, è consentito all’interprete recepire le
istanze emergenti e, di conseguenza, delineare una molteplicità di modelli tutti
riconducibili alla generale e onnicomprensiva categoria di famiglia.
3
1
G. GIACOBBE, Famiglia: molteplicità di modelli o unità categoriale?, in Dir. Fam., 2006, p. 1219.
2
A. BONOMI, Agire nella zona grigia della famiglia delle moltitudini, Associazione Italiana dei Magistrati
per i Minorenni e la Famiglia, XXVIII Convegno Nazionale “Infanzia e diritti al tempo della Crisi: verso
una nuova giustizia per i minori e la famiglia”, Milano 13- 14 nov. 2009, in www.minoriefamiglia.it.
3
G. GIACOBBE, Famiglia: molteplicità di modelli o unità categoriale?, cit., p.1219.
4
Lo scopo della trattazione seguente è quello di cercare di descrivere il percorso
formativo attraversato dalla “agenzia educativa” fondamentale, la famiglia, a partire
dalla codificazione del secondo dopoguerra fino ai giorni nostri, in particolar modo
soffermandosi sulle misure legislative prescritte per l’affidamento della prole minorenne
nei casi di separazione personale o di scioglimento del vincolo coniugale fra i genitori.
A tale fine risulta indispensabile, nonchØ utile per la comprensione dei meccanismi di
interazione presenti oggigiorno all’interno dei varii nuclei sociali primarii, ripercorrere
l’iter formativo della categoria giuridica denominata famiglia. Quest’ultima, quale
società naturale così definita dall’art. 29 Cost., è una comunità essenziale allo sviluppo
della personalità individuale e, in quanto tale, “diritto inviolabile” dell’uomo. Come
situazione esistenziale, l’aggregato familiare assume connotazioni particolari per il suo
porsi come situazione inalienabile e, al contempo, quale strumento essa stessa di
realizzazione della persona. Nata dal reciproco sentimento di due individui, la famiglia
trova i suoi elementi qualificanti negli legami e nei rapporti umani che la
contraddistinguono.
4
Nonostante gli aspetti affettivo- relazionali siano quelli che
maggiormente caratterizzano l’unione familiare, risulta importante descrivere le
modalità attraverso le quali tali rapporti sono stati riconosciuti dall’ordinamento
giuridico per mezzo di specifiche disposizioni normative. ¨ necessario evidenziare che
si è assistito ad una evoluzione del concetto di famiglia, la quale, a partire dalla metà del
Secolo scorso ad oggi, è mutata non solo a causa dei cambiamenti inerenti le
competenze di ciascun membro, ma anche di conseguenza alle rivoluzioni intervenute
all’interno dell’organizzazione statuale. Occorre ricordare che la famiglia è
indubbiamente anche un luogo di contesa nell’arena politica, nella quale si sono
scontrate e ancora si scontrano, in modo anche aspro, visioni che faticano a misurarsi
con la complessità delle relazioni umane in divenire.
5
La codificazione del 1942, si caratterizza per aver delineato una nozione di famiglia
ancorata a principii rigorosamente gerarchici, espressivi di una concezione autoritaria
della struttura familiare orientati in primo luogo alla conservazione del patrimonio del
nucleo primario all’interno di esso, con esclusione di ogni apertura verso l’esterno. I
principii che caratterizzano tale disciplina determinano una realtà ordinamentale che si
riflette nella concreta operatività delle singole cellule sociali. Il marito è posto nella
posizione di capo della famiglia e rappresenta il soggetto preposto alla salvaguardia
4
F. RUSCELLO, La tutela del minore nella crisi coniugale, in Il Diritto Privato Oggi, a cura di P.
CENDON, Milano, 2002, p. 7.
5
A. BONOMI, Agire nella zona grigia della famiglia delle moltitudini , cit., p. 1.
5
dell’unitarietà del nucleo familiare e al mantenimento di una linea comune di indirizzo
per gli aspetti che interessano il funzionamento ordinario e eccezionale dell’aggregato.
Dalla lettura delle norme del Codice civile, è possibile individuare un modello di
famiglia caratterizzato dal vincolo tra un uomo e una donna, indissolubile, orientato alla
prole, definito in un contesto socio economico espressivo dell’unitarietà, anche sotto il
profilo patrimoniale, del nucleo familiare. ¨ importante sottolineare il dettato dell’art.
143 c.c., che impone ad entrambi i coniugi l’obbligo reciproco della coabitazione,
fedeltà e mutua assistenza. L’articolo citato definisce le posizioni soggettive dei
componenti della coppia utilizzando la categoria dell’obbligo senza individuare la
corrispondente categoria del diritto soggettivo. Si tratta di una particolare concezione
del vincolo coniugale, nel quadro dei vincoli familiari, nella quale il profilo della
doverosità risulta preminente rispetto a quello del diritto.
6
¨ necessario evidenziare come, nell’originaria formulazione del Codice, a differenza di
quanto indicato nella Costituzione repubblicana, non sia presente una scelta effettiva in
ordine al modello di famiglia che il legislatore dell’epoca ha acquisito. Necessario al
fine della chiarezza del discorso, è in particolare, ricordare che per lungo tempo
l’orientamento dottrinale prevalente circa la rilevanza giuridica della famiglia è rimasto
suggestionato dall’idea che l’assenza nel Codice civile di una definizione di famiglia
fosse dovuta non a mera casualità o dimenticanza del legislatore, ma derivasse da una
precisa scelta, quella, cioè, di rinunciare a definire “un istituto che è pregiuridico, che è
sorto prima che il concetto di diritto si isolasse da altri concetti affini, un istituto che
non è suo, che esso non può dominare, del quale può soltanto regolare certi aspetti”.
7
A prescindere dalle conclusioni che è possibile trarre analizzando le disposizioni
codicistiche, è innegabile che un modello di famiglia, anche se non esplicitamente
delineato, era ben presente ai codificatori, i quali ne hanno tradotto i contenuti in
specifiche disposizioni di legge. Riprendendo l’affermazione inerente la determinazione
paritetica degli obblighi coniugali è naturale connettervi il sistema normativo attinente
alle modalità di attuazione del rapporto fra coniugi e successivamente, quello relativo al
rapporto genitori- figli. ¨ evidente come, all’interno delle “misure operative” preposte
alla regolazione delle relazioni appena citate, sia presente una precisa visione di
famiglia, alla quale il legislatore sembra voler essere fedele. Si tratta di una concezione
al cui interno il marito è posto in una posizione di supremazia sia rispetto alla moglie,
6
G. GIACOBBE, Famiglia: molteplicità di modelli o unità categoriale?, cit., pp. 1221- 1222.
7
F. PROSPERI, La famiglia nell’ordinamento giuridico, in Dir. Fam., 2008, p. 791 ss.
6
sia nei confronti della prole. L’espressione “capo della famiglia” presuppone l’esistenza
di una organizzazione complessa, i cui fini debbono essere definiti da colui al quale la
posizione di supremazia è attribuita. La posizione di soggezione della moglie rispetto al
marito è sancita dall’art. 144 c.c., il quale, già nella sua intitolazione “Potestà maritale”,
definisce la condizione giuridica della donna. Quest’ultima perde la sua identità
personale, assume il cognome del marito, e non ha capacità di determinazione in ordine
alla definizione della vita familiare. Un altro aspetto meritevole di analisi, per definire
l’operatività della preminenza del marito nella determinazione dell’indirizzo di vita
familiare, si riscontra nel rapporto genitoriale. Secondo il Codice civile del ’42, il
rapporto di filiazione all’interno del matrimonio, impone ad entrambi i coniugi
l’obbligo di istruire, di mantenere e di educare i figli. Tuttavia, per quanto concerne la
disciplina della potestà esercitata sui figli minori emerge ancora una volta la posizione
di supremazia del marito. Pur essendo esplicitata la dissociazione fra titolarità ed
esercizio della potestà genitoriale (titolarità in capo ad entrambi i coniugi ed esercizio
prerogativa del capo della famiglia), tale distinzione risulta priva di rilevanza, il marito
è sempre in una posizione preminente rispetto alla moglie. Anche per quanto riguarda la
separazione fra coniugi (il vincolo matrimoniale è considerato ancora indissolubile) la
posizione del coniuge maschio risulta maggiormente tutelata.
Quello che emerge in definitiva dalle norme del Codice civile nella sua formulazione
originaria è una concezione di famiglia, secondo la quale l’esigenza di tutela
dell’ambito familiare è destinata a prevalere rispetto alla garanzia dei diritti
fondamentali della persona umana.
8
Vedere l’aggregato familiare collocato in una
posizione di dominanza rispetto alle esigenze dei singoli componenti della famiglia
comporta necessariamente un confronto con gli orientamenti che si sono andati
affermando attraverso le riforme attuate dal legislatore nei decenni successivi all’entrata
in vigore del Codice. All’importanza attribuita all’ambito familiare si è sostituita una
concezione di famiglia, nella quale ciò che è importante è la tutela dei diritti dei membri
che vivono al suo interno, con particolare riguardo al rispetto dei diritti di coloro che
sono piø deboli (prole minorenne).
9
La fonte normativa indispensabile, alla quale far rifermento, per rispondere al quesito
riguardante l’esistenza o l’assenza di un unico modello di famiglia, ravvisabile per
8
G. GIACOBBE, Famiglia: molteplicità di modelli o unità categoriale?, cit., pp. 1222-1227.
9
Relativamente alla tutela della posizione dei figli si tratterà in seguito.
7
mezzo della lettura e dell’interpretazione delle disposizioni legislative del nostro
ordinamento, è la Costituzione Repubblicana del 1948.
L’art. 29, comma 1, Cost., riconosce i diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio. Secondo una vasta corrente di opinione, la formula non soltanto
fornirebbe una definizione di carattere generale della famiglia, ma impegnerebbe altresì
il legislatore ordinario a non consentire altri modelli familiari.
10
In questa sede non
sembra opportuno disquisire riguardo alle diverse interpretazioni dei contenuti
normativi in esame, ma pare opportuno sottolineare l’impossibilità di considerare il
riconoscimento costituzionale dei diritti della famiglia fondata sul matrimonio come una
sorta di limite invalicabile, oltre il quale non possono essere meritevoli di tutela altre
forme di aggregazione sociale aventi caratteristiche affettivo- relazionali analoghe alla
famiglia legittima. Occorre sottolineare non la volontà dei Costituenti di disegnare un
modello rigido all’interno del quale devono necessariamente rientrare tutte le forme di
aggregazione di tipo familiare, ma la loro intenzione di dipingere la famiglia come un
punto di riferimento fondamentale per la garanzia dei diritti inviolabili dell’essere
umano. La determinazione dei Costituenti nel voler portare a compimento uno schema
costituzionale, nel quale i diritti fondamentali dei cittadini fossero garantiti anche
all’interno delle formazioni sociali entro le quali hanno luogo le loro scelte di vita, è ben
presente all’interno dell’art. 2 Cost. Quest’ultimo, appartiene a quell’insieme di
disposizioni che paiono essere state utilizzate dal legislatore per delineare la prospettiva,
nella quale si colloca la disciplina costituzionale della famiglia, ed alle quali il
legislatore ordinario deve ritenersi inevitabilmente vincolato. La norma in esame, nel
garantire e riconoscere i diritti inviolabili dell’uomo, ne proietta la configurazione non
soltanto riguardo all’individualità del soggetto , ma anche alla sua proiezione sociale, in
primo luogo a quelle formazioni al cui interno la personalità dell’individuo si forma e si
proietta. Il contenuto di questa norma costituzionale, pur non facendo parte del gruppo
di quegli articoli dedicati specificatamente alla famiglia inseriti nel titolo relativo ai
rapporti etico- sociali, rappresenta perfettamente l’orientamento dei redattori della
10
Tuttavia, che la Carta Fondamentale affermi la rilevanza esclusiva della famiglia fondata sul
matrimonio non trovava concordi neppure i costituenti. ¨ stato infatti di recente ricordato che i resoconti
dei lavori dell’Assemblea Costituente riportano la dichiarazione di Costantino Mortati, secondo cui il
riconoscimento dei diritti della famiglia legittima come società naturale fondata sul matrimonio doveva
essere inteso come rivolto non a fornire una definizione esclusiva di famiglia, ma a garantire a
quest’ultima una sfera di autonomia rispetto ai poteri dello Stato. In questo stesso senso si esprimeva
anche Aldo Moro, il quale esplicitamente affermava, sempre secondo quanto riferito dai resoconti
dell’Assemblea Costituente, che l’art. 29, comma 1 Cost. non esprime una definizione ma una
determinazione di limiti. Cfr., sul punto, F. PROSPERI, La Famiglia nell’ordinamento giuridico, cit.,
p.796.
8
nostra Carta fondamentale; la famiglia assume nell’ordine sociale una funzione
essenziale, è per mezzo della famiglia, intesa come formazione sociale, che si esplica la
personalità dell’individuo.
L’attenzione del Costituente riguardo ai rapporti familiari ravvisabile dalla
interpretazione dell’articolo 2 Cost., trova una ulteriore specificazione negli artt. 29 , 30
e 31, attraverso i quali viene definito quel modello di famiglia che assume il ruolo di
inderogabile norma precettiva, cioè di disposizione costituzionale nei confronti della
quale il legislatore ordinario deve sentirsi vincolato. L’art 29 Cost., mentre “riconosce i
diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” stabilisce che “il
matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti
stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Il primo comma, da un lato, sarà il
fondamento di gran parte della legislazione a favore della famiglia, dall’altro diverrà
uno dei punti di forza delle argomentazioni contrarie al riconoscimento dei modelli di
aggregazione sociale aventi caratteristiche analoghe alla cellula primaria famiglia ma
privi degli elementi giuridici necessarii al fine di poterli qualificare come meritevoli
delle tutele previste dalla nostra Carta Fondamentale. Il secondo comma è invece alla
base di tutta la legislazione a favore della parità fra marito e moglie in merito ai loro
diritti e ai loro doveri, sia reciproci sia nei confronti della prole. Il sostegno alla famiglia
viene ulteriormente approfondito agli artt. 30 e 31 Cost., in particolare il primo tratta
degli obblighi e delle prerogative che sorgono in capo alle figure genitoriali nei
confronti figli; questi ultimi, siano essi nati al di fuori del matrimonio o in costanza di
esso, vengono tutelati sia sul piano dei bisogni materiali che su quello della formazione
della personalità, e vengono previsti interventi speciali a favore dei minori i cui genitori
versano in situazioni indigenti. L’art. 31 Cost., in seguito, enuncia una sorta di impegno
da parte dell’istituzione statale nell’agevolare, attraverso le opportune misure
economiche e provvidenziali, la formazione della famiglia e nel favorire l’adempimento
da parte dei genitori dei compiti relativi all’organizzazione e alla conduzione del nucleo
sociale fondamentale.
11
Compresa l’importanza che hanno inteso attribuire i Costituenti alla formazione sociale
famiglia risulta opportuno sottolineare come, attraverso la lettura delle disposizioni
analizzate, sia possibile delineare quel modello primario di aggregazione sociale del
quale è risultato privo il codice originario. La garanzia costituzionale che risulta
11
P. UNGARI, Storia del diritto di famiglia in Italia 1796- 1975, Bologna, 2002, nuova edizione, pp. 240-
241.
9
riservata in modo esclusivo alla società naturale fondata sul matrimonio comporta
necessariamente l’allontanamento di ogni altro diverso modello di famiglia da
quell’insieme di tutele riservate esclusivamente a coloro che sono uniti in virtø del
vincolo coniugale. L’esistenza di un organico complesso di norme e principii che
impegna il legislatore ordinario nell’attuazione, attraverso il Codice civile, delle
protezioni che la Costituzione assegna alla famiglia formatasi come conseguenza del
rapporto matrimoniale, non esclude tuttavia che a tipi di convivenza diversi da quello
definito dalla Carta Fondamentale possano essere applicate discipline che siano dirette a
definirne effetti giuridici che siano, a seconda delle circostanze, ritenuti meritevoli di
realizzazione sul piano dei rapporti sociali.
12
2. La Riforma del 1975: un nuovo modo di concepire il diritto di famiglia.
Dopo aver citato e brevemente analizzato le disposizioni che nel secondo dopoguerra
hanno avuto il ruolo di delineare, dal punto di vista giuridico, un sistema familiare
capace di rappresentare al meglio il modo tradizionale di concepire la molecola sociale
primaria, è essenziale delineare le evoluzioni che sono susseguite alla codificazione del
’42 e ai dettami costituzionali del ’48. Esaminando le principali novità intervenute nel
nostro ordinamento a seguito della riforma del diritto di famiglia, approvata
definitivamente nell’aprile del 1975, la linea di indirizzo percorsa dalle Commissioni
Parlamentari dell’epoca appare chiara: ci si impegnò per trasformare le disposizioni del
Codice in funzione dei cambiamenti intervenuti all’interno dell’organizzazione
familiare; si cercò di disegnare i nuovi ruoli che avrebbero occupato i membri della
famiglia rispettando i contenuti delle disposizioni costituzionali ritenute
inequivocabilmente intangibili. Le modificazioni intervenute a seguito della riforma,
appunto, hanno consentito di veder finalmente consolidate, anche all’interno della
disciplina codicistica, le scelte costituzionali in ordine al modello unitario di famiglia
tutelato dalla Carta Fondamentale.
Occorre in merito sottolineare come l’evoluzione del diritto di famiglia abbia risentito
non poco del cambiamento della società italiana, che a partire dal boom economico
degli anni Sessanta, passando per i grandi mutamenti nei costumi giovanili avvenuti
intorno al cosiddetto ’68, fino al referendum sul divorzio del 1974, aveva chiaramente
12
G. GIACOBBE, Famiglia: molteplicità di modelli o unità categoriale?, cit., pp. 1226- 1231.
10
mostrato di essersi avviata nella direzione della secolarizzazione e del superamento
della concezione patriarcale della famiglia. Il legislatore si trovò impegnato su due
fronti: quello dell’adempimento del dettato costituzionale, da un lato; quello
dell’adeguamento del diritto di famiglia alla nuova realtà sociale e culturale che era
venuta crescendo nel paese, dall’altro. Fu un nuovo concetto di famiglia quello che si
andò affermando in quegli anni. Un concetto fondato sul principio di “responsabilità”. Il
legislatore si preoccupò, infatti, di dare una maggiore solidità all’istituto familiare
attraverso una maggiore responsabilizzazione delle scelte poste a fondamento sia della
nascita che della vita del nucleo primario.
13
Per quanto concerne i rapporti fra sposi, fu pienamente abbandonato lo schema che si
riassumeva nella figura del marito- capofamiglia, attraverso la concreta realizzazione
del principio di eguaglianza fra coniugi, divenuto poi il fulcro dell’intera operazione di
rilettura del diritto di famiglia. “Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli
stessi diritti e assumono i medesimi doveri”: così l’art 143 c.c., nel nuovo testo, definì il
rapporto coniugale in termini di assoluta parificazione, sottolineando la dicotomia
diritto- dovere che caratterizza il detto rapporto.
14
I principii dell’unità e
dell’eguaglianza, rapportati alle relazioni familiari, e precedentemente sanciti all’interno
del dettato costituzionale, si affermarono anche nella disciplina codicistica sottolineando
l’importanza, anche per il legislatore ordinario, delle prerogative facenti capo, in egual
misura, a entrambi i coniugi. Nell’indicato contesto, che sottolineò i profili personali
della nuova articolazione, secondo l’orientamento civilistico, dei rapporti familiari,
assunse una ulteriore connotazione il profilo di ordine patrimoniale, che emerge
dall’ultimo comma dell’art. 143 c.c., secondo il quale, in una visione unitaria dei
rapporti che sorgono all’interno del nucleo primario, entrambi i coniugi sono tenuti a
contribuire ai bisogni della famiglia. E’ da evidenziare l’equiparazione del lavoro
professionale al lavoro casalingo; quest’ultimo aspetto concorse a sottolineare la scelta
del modello familiare che, conformemente con il sistema costituzionale, fu adottata
anche dal legislatore ordinario. In realtà, la disposizione cui ci si è riferiti rappresenta
una sorta di norma di chiusura che segnò il definitivo superamento delle disparità di
trattamento all’interno della famiglia, in una visione unitaria del modello familiare
riassuntivo, nella unitarietà che lo caratterizza, dei diritti e degli obblighi che,
13
P. UNGARI, Storia del diritto di famiglia in Italia 1796- 1975,cit., p. 248.
14
G. CASSANO, Evoluzione sociale e regime normativo della famiglia. Brevi cenni per le riforme del
terzo millennio, in Dir. Fam., n. 3, 2001, p. 1160 ss.
11
pariteticamente, si riferiscono alla condizione giuridica di ciascuno dei suoi
componenti.
15
Ai fini della presente trattazione merita di essere menzionato anche l’art. 144 c.c., al cui
interno l’unitarietà dei rapporti familiari si esprime attribuendo il potere di indirizzo
della vita della famiglia ad entrambi i coniugi. Attraverso questa disposizione, oltre
all’abolizione della gerarchia previgente, venne implicitamente previsto che marito e
moglie avessero entrambi il diritto di decidere riguardo alle scelte ordinarie ed
eccezionali non solo inerenti l’abituale conduzione della vita dell’aggregato, ma anche
riguardo, in concordanza con l’art. 147c.c., all’educazione dei figli che sarebbero nati in
costanza di matrimonio.
Abbandonando per un istante l’analisi dei profili strettamente correlati alla relazione
coniugale, risulta opportuno concentrarsi sulle principali novità inerenti le norme
indirizzate alla regolamentazione del rapporto genitoriale. Nella tradizione civilistica, il
legame genitore- figlio è stato sempre considerato sotto il profilo del potere- dovere; in
tal modo, ritenendosi che il genitore avesse un potere di supremazia nei confronti del
figlio allo scopo di adempiere ai doveri di istruirlo, educalo e mantenerlo. Nell’art. 30
comma 1, Cost., si afferma che il rapporto derivante dalla procreazione, oltre che nel
profilo del dovere, si concretizza anche in quello del diritto. La posizione del genitore
nei confronti del figlio non è piø solamente di preminenza, in funzione dell’attuazione
di un dovere, ma un vero e proprio diritto, cioè un interesse proprio del genitore ad
istruire, educare e mantenere i figli. A fronte di ciò, esiste il diritto dei figli
all’attuazione dei tre poteri, indipendentemente dall’essere, essi stessi, nati in costanza
di matrimonio ovvero in sua assenza.
16
Coerentemente con gli indicati principii, il
nuovo testo dell’art. 147 c.c., definendo l’obbligo che deriva dal rapporto procreativo
nell’ambito della famiglia legittima, sottolinea l’emergere di un profilo che risultava
trascurato nel diverso modello di vita familiare che caratterizzava l’originaria disciplina
codicistica. Si tratta dell’esigenza di garantire, nei confronti della prole, la tutela dei
diritti involabili dell’uomo, secondo il modello normativo indicato all’art. 2 Cost., che si
proietta anche nella regolamentazione dei rapporti fra genitori e figli. Peraltro questa
disciplina propone una molteplicità di problemi che la qualificazione originaria del
15
G. GIACOBBE, Famiglia: molteplicità di modelli o unità categoriale?, cit. pp. 1240- 1241.
16
G. GIACOBBE, G. FREZZA, Ipotesi di disciplina comune nella separazione e nel divorzio, in Trattato di
Diritto di Famiglia, diretto da P. ZATTI, a cura di G. FERRANDO, M. FORTINO, F. RUSCELLO, (vol. I, tomo
II Separazione e Divorzio), Milano, 2004 , p. 1303.
12
rapporto non faceva emergere. Si tratta dei limiti che il diritto- dovere dei genitori di
istruire ed educare i figli incontra nell’esigenza di garanzia dei diritti involabili
dell’uomo che rientrano anche nella titolarità dei soggetti minori.
17
Il collegamento fra quanto prescritto dall’art. 30 Cost. e quanto stabilito dall’art. 147
c.c. esprime non solo il favor costituzionale per la famiglia fondata sul matrimonio e per
la conseguente cura della prole nell’ambito di un sistema stabile supportato
dall’assunzione di un impegno coniugale formalmente e pubblicamente assunto, ma
anche l’intenzione di garantire a tutti coloro che si trovano a ricoprire il ruolo di figlio,
la tutela di prerogative ritenute essenziali al sano sviluppo dell’essere umano. La
Costituzione pone al vertice dei valori la tutela della persona e non delle formazioni
sociali. Considerazione, questa, che impone di intendere il limite di compatibilità con le
esigenze della famiglia legittima non come posto a protezione generica della famiglia in
quanto istituzione sociale o politica, ma invece, come diretto a salvaguardare i diritti di
coloro che compongono la molecola sociale primaria.
18
Sulla base di quanto enunciato finora, la volontà innovativa di coloro che hanno
apportato le necessarie modifiche all’originario testo civilistico, si è espressa sia dal
punto di vista delle relazioni coniugali (proclamando la sostanziale uguaglianza fra
marito e moglie), sia riguardo ai “nuovi diritti” riconosciuti ai figli. Resta da individuare
il significato tecnico del contenuto dei tre verbi: mantenere, istruire ed educare la prole,
obblighi sanciti all’interno dell’art. 147 c.c.. Il verbo “mantenere” indica l’adempimento
di un dovere, il quale si traduce nel fornire ai figli i mezzi economici necessarii,
affinchØ essi possano realizzare e acquisire un grado di cultura personale e professionale
e quindi autonomia nella vita sociale. Il verbo “istruire” indica una attività diretta a far
acquisire al soggetto una capacità tecnico- professionale. La definizione ed
individuazione dei contenuti precettivi espressi con il verbo “educare” non appare
affatto agevole in quanto essa è propria di una considerazione di ordine morale: in sØ il
verbo significa attribuire al soggetto valori etici, per la realizzazione della personalità
del minore. Tale interpretazione è direttamente collegata all’art. 2 Cost., il quale tutela i
diritti involabili della persona umana, considerata singolarmente e all’interno delle
formazioni sociali. Ebbene, la famiglia rappresenta la prima delle formazioni sociali ove
si sviluppa la personalità del singolo e del minore attraverso l’esercizio della potestà
genitoria. In tal ordine di idee il minore rappresenta non già il soggetto passivo del
17
G. GIACOBBE, Famiglia: molteplicità di modelli o unità categoriale?, cit., pp. 1242- 1243.
18
F. PROSPERI, La famiglia nell’ordinamento giuridico, cit., pp. 807- 808.
13
rapporto educativo nell’ambito della famiglia, ma piuttosto il soggetto attivo, in quanto
persona umana titolare di diritti inviolabili.
19
Per quanto riguarda i contenuti della nuova potestà genitoriale disegnata dei riformatori,
è necessario non trascurare l’affermazione di un percorso educativo, al cui interno le
scelte operate dai genitori a favore dei figli devono avvenire tenendo conto
principalmente delle inclinazioni e delle attitudini del soggetto debole del rapporto.
Quest’ultima previsione è importante non solo per quanto riguarda il normale
svolgimento delle interazioni genitori- figli nel corso della quotidianità familiare, ma
risulta di rilievo soprattutto nei casi in cui la normale convivenza fra i genitori sia
interrotta e sopraggiunga una vera e propria disgregazione della struttura familiare. Il
contenuto delle disposizioni inerenti l’educazione e l’istruzione della prole nei casi di
dissolvimento del rapporto coniugale, dovranno ispirarsi esclusivamente all’interesse
morale e materiale della stessa, in particolare favorendo la valorizzazione diretta del
temperamento e della dignità umana del minore, secondo il principio costituzionale di
solidarietà.
3. Dissolubilità del rapporto coniugale e indissolubilità del rapporto
genitoriale.
Una novità trascurata nelle pagine precedenti, ma che merita di essere menzionata, ai
fini della comprensione dei meccanismi che si innescano all’interno del nucleo familiare
a seguito della sua crisi, riguarda l’introduzione, precedente alla riforma del 1975,
dell’istituto del divorzio nell’ordinamento giuridico italiano. All’interno del nostro
sistema normativo, che per lungo tempo ha accolto il postulato canonico
dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale, è contemplato, fin dal 1970, un complesso
di norme relative al divorzio. Questa terminologia è assente nella nostra disciplina
legislativa, che ricorre alle espressioni “scioglimento del matrimonio” e “cessazione
degli effetti civili del matrimonio”; con la prima si riferisce al matrimonio civile; con la
seconda, invece, al matrimonio concordatario, che non si può sciogliere, dato il
principio di indissolubilità, riguardo al quale, il giudice civile può pronunciarne
solamente la cessazione degli effetti civili. La normativa sul divorzio è racchiusa nella l.
n. 898/1970, ritoccata con la l. n. 436/1978 e ampiamente riveduta con la l. n. 74/1987.
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G. GIACOBBE, G. FREZZA, Ipotesi di disciplina comune nella separazione e nel divorzio, cit., pp. 1304-
1305.