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INTRODUZIONE
“Il trauma non sta tanto negli avvenimenti esterni, quanto nell’essere lasciati soli con i
propri interrogativi e il proprio dolore”.
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È proprio attraverso l’ascolto, argomento centrale di questa trattazione, che si può dare
voce alle sofferenze, alle paure, ai bisogni del minore, vittima di abuso sessuale,
garantendogli uno spazio nel quale egli riesca ad esprimersi liberamente e a sentirsi
accolto e supportato.
Questo lavoro nasce dall’interesse emerso durante l’esperienza di tirocinio. Ha come
obiettivo quello di mettere in luce come dall’ascolto si può attivare un progetto di tutela nei
confronti del minore, vittima di abuso sessuale, dal punto di vista sociale e giuridico-
penale. Inoltre si vuole sottolineare come il mancato ascolto, l’ascolto superficiale o non
attento porta l’intero processo di aiuto a favore della piccola vittima a rivelarsi poco
efficiente nell’intento di proteggerla e il non comprendere quindi quale sia l’intervento
giusto da attivare.
Ascoltare vuol dire prestare attenzione, essere capaci di accogliere e di percepire quei
messaggi che spesso il minore tende a nascondere, trattenere, ma in particolare consiste
nel comprendere empaticamente i suoi significati, nell’interpretare i suoi vissuti, le sue
aspettative, le sue emozioni, il suo disagio interiore.
Affinché ci sia un buon ascolto è necessario che ciascun operatore che interviene nei casi
di abuso, possieda delle competenze specifiche relative alle condizioni psicologiche,
cognitive ed emotive del minore, rispetto alla fase evolutiva in cui egli si trova. Una delle
figure professionale chiamata ad intervenire in queste situazioni è l’assistente sociale che
può rappresentare un “fattore di protezione”. Il suo intervento infatti, volto unicamente al
benessere del minore, consiste nel trasformare la rivelazione della presunta vittima, in
segnalazione o denuncia presso le autorità giudiziarie competenti. Se questo non avviene
si può perdere l’unica preziosa occasione per aiutarla.
Inoltre in questo lavoro, viene esaminato l’ascolto in ambito penale, facendo particolare
riferimento all’audizione protetta in cui il minore oltre ad essere vittima è anche testimone
dell’esperienza traumatica vissuta. L’audizione risulta psicologicamente complessa e
delicata. Sarà comunque l’esperto ad accompagnare la testimonianza del minore,
1
A. MILLER “Il bambino inascoltato” Bollati Bolinghieri editore, Torino 1990.
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utilizzando protocolli di intervista e adattando il proprio linguaggio in relazione all’età dello
stesso. Durante l’audizione protetta vi è comunque la necessità di accogliere le fragilità, i
disagi, le perplessità che possono sorgere nel minore, rispettare i suoi tempi, le sue
esigenze, le sue caratteristiche.
In sintesi questa tesi parla dell’ascolto inteso come base necessaria per avviare il
processo di aiuto a favore del minore vittima di abuso. La fase dell’ascolto è fondamentale
e non deve essere trascurata poiché può fornire un’opportunità al minore che fino a quel
momento non ha avuto voce di crescere, esprimersi e appunto di essere ascoltato.
Nel primo capitolo si parla di ascolto del minore nel diritto, viene descritta la legislazione
nazionale e internazionale. Si elencano inoltre le principali misure legislative in materia di
violenza sessuale sul minore, in ragione del fatto che ogni operatore che venga a contatto
con la realtà dell’abuso sessuale deve aver acquisito conoscenza e competenza in ambito
giuridico penale.
Nel secondo capitolo si parla dell’ascolto del minore come necessario strumento di tutela e
protezione. Si fa riferimento agli indicatori dell’abuso sessuale, sottolineando l’importanza
di un ascolto empatico da parte degli operatori che vengono a contatto con tale realtà e
che devono riconoscerla e affrontarla con la cautela necessaria, che la stessa richiede.
Inoltre si evidenziano i meccanismi di difesa e resistenza da parte degli stessi (psicologi,
ass.sociali, educatori ecc.) e come questi influenzano l’andamento dell’intero processo di
aiuto.
Il terzo capitolo tratta del ruolo dell’assistente sociale, in particolare del colloquio con il
minore e della “costruzione di un rapporto di fiducia basato sulla reciprocità, la
comunicazione e sul dire la verità”
2
. Si evidenzia inoltre l’importanza della segnalazione al
T.M., come base per la protezione da attivare nei confronti del minore .
Il quarto e quinto capitolo descrivono il procedimento penale di accertamento dell’abuso
sessuale( indagini preliminari, nomina del CTU, la fase dell’accompagnamento giudiziario
da parte del’assistente sociale ecc.) le modalità dell’audizione protetta e le caratteristiche
della testimonianza del minore (interviste, attendibilità ecc.)
Infine nel sesto capitolo si presenta la storia di una minore presunta vittima di molestie
sessuali e il processo di aiuto, di tutela e protezione messo in atto dall’assistente sociale
incaricata dell’affidamento. In particolare si vuole evidenziare la costruzione del rapporto di
fiducia, la complessità degli interventi attivati e le criticità emerse.
2
M. PITTALUGA “L’estraneo di fiducia” Carocci Faber, Roma 2003.
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CAPITOLO I
Ascolto del minore nel diritto
1.1 L’ascolto del minore nella normativa internazionale
Fino al secolo scorso, le concezioni riguardanti l’infanzia definivano il minore come chi per
la sua essenza debole si presentava come immaturo, incapace di distinguere il bene dal
male, che doveva essere guidato poiché incapace di autogestirsi e determinarsi. Veniva
preso in considerazione non come soggetto di diritto ma come oggetto su cui gli adulti
erano chiamati ad esercitare diritti propri.
Nella normativa internazionale l’ascolto del minore è sancito da diverse convenzioni
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, tra le
prime la Convenzione Aja del 25 ottobre 1980, relativa alla sottrazione internazionale di
minori (art.13 2°comma) la quale prevede che l’autorità giudiziaria possa rifiutare di
disporre il rientro del minore, pur in presenza di presupposti per il rientro “se accerta che
questi si oppone e se egli abbia raggiunto un’età e una maturità tale da tenere in
considerazione la sua opinione”.
In seguito di notevole importanza viene adottata dall’assemblea dell’ONU il 20-11-1989 la
Convenzione di New York, ratificata dall’Italia con la legge n.176 del 1991. Tale
Convenzione, affonda le sue radici nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
(1948), la quale ha proclamato che l’infanzia ha diritto ad un aiuto, ad un’assistenza e ad
una protezione particolare e appropriata sia prima che dopo la nascita.
La Convenzione di New York ha inserito tra i diritti del minore, oltre a quello di essere
ascoltato dalle istituzioni e dagli organismi preposti, la partecipazione dello stesso ai
processi che lo riguardano secondo la sua capacità di discernimento. Tale recente
ordinamento ha introdotto negli uffici giudiziari, personale competente ad ascoltare il
minore tra cui psicologi, consulenti, ecc. Si è reso necessario quindi in ambito giudiziario,
“dar voce” all’infante, sia in sede civile (affidamento familiare, preadottivo, adozione,
separazione e divorzio ecc.) che in sede penale (es. l’audizione protetta del minore, vittima
di violenza sessuale).
Analizzando gli articoli
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della Convenzione di New York nell’art. 3 si legge che:
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A. DELL’ANTONIO “Le convenzioni internazionali sui diritti dei bambini” SEAM, Formello1998.
4
www.unicef.it
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“In tutte le decisioni relative ai fanciulli di competenza sia delle istituzioni pubbliche o
private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi
legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere considerazione preminente”.
In particolare nell’art.12:
“Gli stati parti garantiscono al fanciullo, capace di discernimento, il diritto di esprimere
liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa, prendendo in
considerazione le sue opinioni in base alla sua età e grado di maturità.”
A tal fine si darà al fanciullo “la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria
o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o organo
appropriato…”.
Inoltre nell’art.13 si evince che:
“Il fanciullo ha la libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, di
ricevere e divulgare informazioni idee di ogni specie sotto forma orale, scritta o con altro
mezzo a scelta del fanciullo.”
Altra convenzione è quella di Strasburgo del 1996 che ha previsto un vero e proprio
ascolto informato al minore (art.3), considerato dalla legge nazionale come avente
sufficiente capacità di discernimento e per questo titolare di una serie di diritti che gli
devono essere riconosciuti quali:
il diritto a ricevere informazioni, ad essere consultato e ad esprimere la propria opinione
nel corso della procedura, il diritto ad essere informato sulle possibili conseguenze di ogni
decisione, il diritto di chiedere la designazione di un rappresentante speciale nei
procedimenti che lo riguardano (art.5).
Per quanto riguarda la capacità di discernimento del minore, questa categoria è ancora in
definizione nel nostro ordinamento sebbene il suo utilizzo è stato introdotto in ambito
penale dal Codice Zanardelli (1889) art. 54, con limite di età (dai nove ai quattordici) per
l’imputabilità minorile, termine poi sostituito dal codice Rocco (1930) con il concetto di
capacità d’intendere e di volere, tradotto dagli interpreti nella categoria di “maturità del
minore”. Il concetto di maturità è correlato alla capacità del minore di comprendere il
significato dei propri e altrui atti, di autodeterminarsi; mentre il concetto di discernimento
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è
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A. LIUZZI “L’ascolto del minore tra Convenzioni internazionali e normativa interna” Famiglia e diritto, 2001 -
n.675