5
Premessa
Nella definizione e nell‟attuazione delle sue politiche ed azioni, l‟Unione Europea si
propone di garantire un elevato livello di protezione della salute umana.
Tale obiettivo viene inserito tra gli indirizzi della politica dell‟Unione anche a seguito
dell‟entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1 dicembre 2009), il quale ha apportato
modifiche al Trattato sull‟Unione Europea (TUE) e al Trattato istitutivo della Comunità
Europea (TCE), quest‟ultimo sostituito dal "Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea" (TFUE)
1
.
Sia l‟art. 9 che l‟art.168 TFUE dimostrano l‟interesse dell‟Unione per il conseguimento
di un elevato livello di tutela della salute umana. A tal proposito la competenza dell‟UE
in materia di tutela della salute è controversa: stando al dettato dell‟art. 6 lett. a) TFUE,
l‟Unione ha, in tale materia, competenza per svolgere solo azioni intese a sostenere,
coordinare o completare l‟azione degli Stati membri
2
. Dunque quella dell‟Unione
rimane una funzione di impulso e coordinamento delle diverse politiche nazionali.
Tuttavia nei casi in cui l'adozione di misure da parte del Legislatore europeo in tale
settore sia necessaria per raggiungere finalità, quali la circolazione delle merci (così
come stabilito dall‟art. 26 TFUE) e la sicurezza dei cittadini (si veda la deroga stabilita
dall‟art. 168 par. 4), il Legislatore UE può adottare atti legislativi di armonizzazione tesi
a raggiungere gli obiettivi appena esposti.
Attualmente, nei Paesi dell'Unione Europea, il 27% degli uomini e il 38% delle donne,
fra cui più di 3 milioni di bambini, soffrono di obesità
o comunque di malattie associate
una dieta squilibrata come le malattie cardiovascolari e il diabete
3
.
Il bisogno di contrastare tale disagio sociale (che si tramuta anche in costi gravanti sul
sistema sanitario) ha più volte portato gli organi politici europei (Commissione e
Consiglio)
4
a sollevare la necessità di elaborare una strategia integrata di promozione,
1
Il Trattato di Lisbona è stato firmato dagli Stati il 13 dicembre 2007. Esso dota l'Unione del
quadro giuridico e degli strumenti necessari per far fronte alle sfide del futuro e rispondere alle
aspettative dei cittadini in maniere più efficiente e rapida, in particolare in quei settori di
massima priorità per l'Unione di oggi: sicurezza e giustizia, politica energetica, salute pubblica,
protezione civile, cambiamenti climatici, ricerca, la politica commerciale.
2
Il Trattato di Lisbona ha ridefinito in maniera innovativa il principio di sussidiarietà,
introducendo una classificazione generale delle competenze tra Unione e Stati. Queste si
dividono infatti in competenze esclusive (art. 3 TFUE), competenze concorrenti (art. 4 TFUE) e
azioni di sostegno, coordinamento e completamento (art. 6 TFUE).
3
Libro verde della Commissione dell'8 dicembre 2005, "Promuovere le diete sane e l'attività
fisica: una dimensione europea per la prevenzione del sovrappeso, dell'obesità e delle malattie
croniche".
4
V. il Libro Verde della Commissione “Promuovere le diete sane e l‟attività fisica: una
dimensione europea nella Prevenzione di sovrappeso, obesità e malattie croniche” del 2005; il
6
attraverso l‟intervento trasversale di più settori della legislazione comunitaria: politica
dei consumatori, politica sociale, agricoltura, ambiente e istruzione, ecc.
La legislazione alimentare rappresenta senza dubbio un settore di primario rilievo per
realizzare la tutela della salute e il miglioramento della qualità di vita della popolazione.
Per tale motivo, mai come negli ultimi anni il Legislatore comunitario ha sentito il
bisogno di affiancare agli obiettivi dell‟armonizzazione delle diverse normative
nazionali alimentari (al fine della realizzazione del mercato unico) e della tutela
economica del consumatore
5
-che si traduce nel principio generale di non
ingannevolezza-, quello della salvaguardia della salute dei consumatori. Consentendo
infatti al potenziale acquirente di avere informazioni veritiere e trasparenti, tutelandolo
da potenziali azioni ingannevoli del produttore, egli può compiere le proprie scelte
alimentari in modo consapevole, e se lo vorrà, salvaguardare la propria salute
adottando un regime alimentare sano ed equilibrato.
Così il Legislatore è intervenuto sempre più spesso nel settore alimentare, con una serie
di provvedimenti specifici nell‟ambito delle informazioni che obbligatoriamente o
anche facoltativamente possono essere riferite agli alimenti, integrando la normativa
generale sull‟etichettatura dei prodotti alimentari regolata dalla direttiva 13/2000:
pensiamo alla normativa in tema di etichettatura nutrizionale, di integratori, o di
alimenti destinati ad un‟alimentazione particolare, le quali, ciascuna nella propria
materia, statuiscono precisi obblighi di informazioni, arginando la libertà del
produttore e la possibile attività ingannevole.
Il regolamento 1924/2006 si pone come coronamento a questa strategia. Esso regola
l‟impiego facoltativo -nell‟etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti- delle
indicazioni nutrizionali e sulla salute, ossia di quelle affermazioni che mettono in
collegamento l‟alimento, o una sua componente, con un beneficio nutrizionale o
salutare.
La normativa ha come principale obiettivo quello dell‟armonizzazione delle diverse
legislazioni nazionali, al fine di eliminare ogni ostacolo alla libera circolazione delle
merci. Trasversalmente, dettando regole e condizioni che salvaguardano il diritto del
consumatore ad una informazione corretta e trasparente, il regolamento mira a
tutelarne la salute.
L‟esigenza di informazioni chiare e trasparenti si è resa necessaria in quanto gli
alimenti promossi mediante indicazioni possono essere percepiti dal consumatore
Libro bianco della Commissione del 2007 "Una strategia europea sugli aspetti sanitari connessi
all'alimentazione, al sovrappeso e all'obesità”; Risoluzione del Consiglio del 14 dicembre 2000
sulla salute e la nutrizione.
5
V. a tal proposito ad esempio l‟art. 2 della direttiva 13/2000 e l‟art. 16 del reg. 178/2002.
7
come portatori di un vantaggio nutrizionale, fisiologico o per la salute, rispetto ad altri
prodotti che non utilizzano tali indicazioni nell‟etichetta, presentazione o pubblicità
6
.
Tanto più che negli ultimi anni i consumatori dimostrano una forte sensibilità verso la
prevenzione delle malattie legate all‟alimentazione
7
.
Informazioni non veritiere, o comunque non comprensibili ad un consumatore medio
8
,
possono non solo trarre in inganno i potenziali acquirenti, inducendoli a compiere
scelte alimentari che altrimenti non avrebbero preso, ma anche ledere gli interessi
economici delle imprese alimentari concorrenti che non vantano tali benefici.
Il regolamento ha così disposto obblighi e divieti precisi in capo all‟operatore del
settore alimentare intenzionato ad utilizzare un‟indicazione salutistica, così da
costringerne l‟iniziativa entro limiti precisi. In particolare, se essi vorranno vantare
determinate caratteristiche nutrizionali e salutari, potranno farlo esclusivamente se ciò
risulta consentito dal regolamento. Per i vanti nutrizionali è stato elaborato un elenco
positivo contenente le indicazioni consentite e le relative condizioni d‟uso, ragion per
cui tutte le indicazioni non contenute in tale elenco risultano vietate. Stessa sorte per le
indicazioni sulla salute che esaltano effetti fisiologici (cosiddette “indicazioni
funzionali”), il cui elenco risulta però ancora in via di definizione. Per tutte le altre
indicazioni sulla salute, invece, occorre un‟apposita autorizzazione, caso per caso, che
passa prima attraverso il parere scientifico dell‟EFSA (Autorità Europea per la
Sicurezza Alimentare) e poi al vaglio finale degli organi politici.
Filo conduttore della normativa risulta il principio della fondatezza scientifica in base al
quale le indicazioni devono essere supportate da prove scientifiche generalmente
accettate che ne corroborino la veridicità, così da assicurare i reali benefici apportati
dall‟alimento.
Il regolamento 1924/2006, pertanto, da un lato si inserisce nel quadro del più ampio
tema della sicurezza alimentare tracciato dal regolamento 178/2002
9
, essendo la tutela
6
Considerando n. (10) del regolamento.
7
FABRIS G., “Il nuovo consumatore: verso il postmoderno”, Franco Angeli Editore, Milano,
2003, p.188.
8
Come stabilito da numerose sentenze della Corte di Giustizia consumatore medio è quello
“normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori
sociali, culturali e linguistici e, soprattutto, dell‟esistenza di gruppi di consumatori
particolarmente vulnerabili per età, malattia o istruzione”. V. considerando n. (16) reg.
1924/2006.
9
Il reg. 178/2002 stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, ha
istituito l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, e fissa le procedure nel campo della
sicurezza alimentare. La legislazione alimentare si prefigge i seguenti obiettivi (art.5):
protezione della vita e della salute dei cittadini, protezione degli interessi dei consumatori,
tenendo conto della protezione della salute e del benessere degli animali, della salute delle
piante e dell'ambiente; realizzazione della libera circolazione nella Comunità dei prodotti
8
della vita e della salute umana una delle sue finalità, dall‟altro intende integrare la
direttiva 13/2000, il cui art. 2 sancisce il principio generale di non ingannevolezza ai
danni del consumatore per ciò che riguarda le informazioni contenute
nell‟etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari.
alimentari e degli alimenti per animali. Tali obiettivi sono perseguiti tramite un sistema di
analisi del rischio che passa tramite la valutazione tecnica di un organo scientifico istituito ad
hoc (l‟Autorità per la sicurezza alimentare) e il principio di precauzione, che consente di
individuare e prevenire la possibilità di effetti dannosi per la salute.
9
Capitolo I
La direttiva n. 13/2000 in materia di etichettatura
dei prodotti alimentari
Sommario: - 1.1 Ambito di applicazione e definizioni.; - 1.2 Ratio e analisi
degli artt. 2 e 3; - 1.3 Le indicazioni nutrizionali e sulla salute come deroga e
integrazione della dir. 13/2000.
La direttiva 13/2000, recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. del 23 giugno 2003
n. 181, è tesa all‟armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative
all‟etichettatura, alla presentazione e alla pubblicità dei prodotti alimentari. Essa ha
codificato definitivamente la direttiva 79/112/CEE e successive modifiche.
La normativa in materia di etichettatura ha rappresentato lo sbocco normativo di una
rivoluzione del settore alimentare, iniziata con la storica sentenza “Cassis de dijon”
10
,
pronunciata dalla Corte di Giustizia CE nel 1979.
Prima di tale sentenza, durante gli anni ‟60 e ‟70 dello scorso secolo, il Legislatore
comunitario, per raggiungere l‟armonizzazione delle diverse normative nazionali
alimentari al fine della realizzazione del libero e comune commercio, così come
stabilito dall‟art. 14 del TCE (ora art. 26 TFUE), aveva optato per l‟adozione di misure
legislative di armonizzazione verticale, vale a dire normative concentrate nella
disciplina di uno specifico prodotto alimentare, di una parte di esso, oppure di una
singola categoria di prodotti. Tali misure, composte prevalentemente da norme
tecniche riguardanti le modalità di fabbricazione (vale a dire la “ricetta”), rischiavano di
sacrificare le diverse tradizioni produttive nazionali, creando euro-prodotti tutti uguali.
Per questo motivo solo alcuni prodotti (ad esempio le marmellate e i succhi di frutta)
vennero definitivamente regolati; altri (ad esempio la pasta, per la quale l‟Italia voleva
imporre la ricetta basata sul grano duro), non trovarono il consenso unanime di tutti gli
Stati per l‟emanazione di misure di armonizzazione verticale. Unanimità che, nel
passato, l‟art. 100 del TCE prevedeva come indispensabile al fine di adottare normative
10
Causa 120/78, Rewe Zentral AG c. Bundesmonopolverwaltung Fuer Branntwein [1979], in
Racc., 1979, I-649.
10
di armonizzazione delle legislazioni nazionali. Bastava quindi il voto contrario di uno
Stato per vanificare il tutto.
A risolvere il problema dell‟armonizzazione intervenne, nel 1979, la Corte di Giustizia
che, con la sentenza “Cassis de dijon”
11
, sviluppò il principio del mutuo riconoscimento,
in base al quale il prodotto legalmente fabbricato in uno Stato Membro (ossia
fabbricato secondo le norme tecniche di questo Stato) deve poter liberamente circolare
in tutti gli altri paesi della Comunità. Le uniche ipotesi di deroga a questo principio
sono rappresentate dai motivi indicati all‟art. 30 TCE (ora art. 36 TFUE), quali ad
esempio la sicurezza e la salute pubblica. Inoltre, secondo la Corte, l‟applicazione del
mutuo riconoscimento deve essere temprato da “esigenze imperative” attinenti
all'efficacia dei controlli fiscali, alla lealtà delle transazioni commerciali e alla difesa dei
consumatori. Solo in questi casi sono concepibili misure restrittive alle importazioni o
esportazioni dei prodotti.
Il principio del mutuo riconoscimento risolveva così il problema dell‟armonizzazione
delle diverse legislazioni nel settore alimentare senza dover addivenire ad una comune
normativa per ogni singolo prodotto o per categorie di questi. In conseguenza di ciò
regolamentazioni nazionali che imponevano norme tecniche di fabbricazione
(ricordiamo ad esempio il caso della birra in Germania e della pasta in Italia) vennero
considerate dalla Corte limitative della libera circolazione delle merci
12
.
Nello stesso anno in cui la Corte di Giustizia introduceva il principio del mutuo
riconoscimento, il Legislatore comunitario emanava la prima direttiva in materia di
etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari: la direttiva
79/112/CEE, la quale si limitava ad armonizzare alcuni aspetti della
commercializzazione dei prodotti, e non le norme tecniche di fabbricazione di questi.
Essa non era di tipo verticale ma orizzontale, in quanto applicabile a tutti i prodotti
alimentari.
Tale aspetto commerciale, si trova ora regolato dalla direttiva 13/2000 che ha
definitivamente codificato il testo originale della direttiva 79/112/CEE e le modifiche
successive. Essa contiene, come precisato dal considerando n. 4 della stessa, norme di
carattere generale, ed ha natura orizzontale, ossia si applica a tutti i prodotti alimentari
posti in commercio ad eccezione di quelli regolati specificatamente da normative di tipo
11
Tale sentenza riguardava la legittimità della legislazione tedesca, la quale vietava
l‟importazione in Germania di liquori con gradazione alcolica inferiore ai 32°: nel caso di specie
il liquore francese Cassis de dijon.
12
V. per la Germania Causa 178/84, Commissione Ce vs Repubblica Federale di Germania, in
Racc., 1987, p. 1262. Per l‟ Italia Causa 90/86, Procedimento penale a carico di Giorgio Zoni, in
Racc., 1988, p. 4285.
11
verticale. Queste deroghe -che si riferiscono a certi tipi di prodotti o categorie di essi-
sono prese in considerazione sia dal considerando n. 5 sia dall‟art. 4 paragrafo 1 e 2
della direttiva. Rientrano in tali ipotesi di deroga, per citarne alcune, la disciplina
dell‟etichettatura delle carni bovine (contenuta nel regolamento 1760/2000 e ispirata
ad una logica di rintracciabilità delle carni, visti i numerosi scandali che hanno colpito
questa categoria nell‟ultimo ventennio), la disciplina dei pesci, crostacei e molluschi
(regolamento 2065/2001, il quale mira a informare il consumatore riguardo il metodo
di produzione e la zona di cattura degli stessi, nonché a realizzare una sorta di
rintracciabilità), delle uova (regolamento 2295/2003), e dei prodotti alimentari
destinati ad un‟alimentazione particolare quali, ad esempio, gli alimenti per lattanti e
quelli destinati a diete ipocaloriche volte alla riduzione di peso, la cui speciale
etichettatura è regolata dalla direttiva 39/2009.
Queste normative speciali, di cui non abbiamo fatto un elenco esaustivo limitandoci ad
alcuni esempi, prevedono obblighi di informazione ulteriori e/o diversi rispetto a quelli
previsti generalmente dalla direttiva 13/2000, in quanto giustificati dalla particolarità
del prodotto: particolarità legata a motivi di sicurezza per la salute umana (come nel
caso ad esempio delle carni bovine o del pesce) o dal tipo di consumatore al quale sono
destinati (come nel caso degli alimenti destinati ad un‟alimentazione particolare).
L‟obiettivo perseguito dalla direttiva 13/2000 è duplice. Da un lato essa mira ad evitare
che la diversità delle normative nazionali in materia di etichettatura, presentazione e
pubblicità degli alimenti, si sostanzi in quelle che gli artt. 34 e 35 del TFUE chiamano
“misure ad effetto equivalente”
13
. Dunque primo obiettivo della direttiva è consentire il
funzionamento del mercato unico europeo nel settore degli alimenti. Dall‟altro lato,
essa mira a tutelare il consumatore dal punto di vista contrattuale, ovvero a garantirne
il diritto all‟informazione. L‟etichetta, la presentazione a la pubblicità rappresentano
uno strumento comunicativo ed informativo fondamentale. E‟ attraverso queste che il
consumatore può conoscere la caratteristiche del prodotto e dunque essere in grado di
fondare il proprio consenso all‟acquisto.
Ma l‟etichettatura, la presentazione a la pubblicità dei prodotti alimentari costituiscono
anche uno strumento persuasivo nelle mani delle industrie alimentari. Di conseguenza
il Legislatore comunitario vuole evitare che si sviluppino situazioni tali per cui il
produttore, al fine di rendere il proprio prodotto più competitivo sul mercato, utilizzi
questi mezzi per ingannare il consumatore. Per questo motivo l‟intera normativa,
13
Vale a dire misure non direttamente atte ad ostacolare il libero mercato, come sono le misure
restrittive delle importazioni e delle esportazioni, ma in grado comunque di ottenere lo stesso
risultato.
12
costruita sulla base del principio di non induzione in errore del consumatore, statuisce
in capo al produttore specifici divieti e obblighi, limitandone il libero arbitrio. Tale
ingerenza, che va a discapito della libera iniziativa economica del produttore, è
giustificata dalla tutela che si vuole accordare al consumatore, il quale, attraverso le
informazioni che legge in etichetta (denominazione, ingredienti, quantità,
caratteristiche particolari, ecc.), fonderà il proprio consenso, concludendo così il
contratto, o al contrario, deciderà di lasciare il prodotto sullo scaffale.
L‟etichetta rappresenta dunque una proposta contrattuale che, in quanto rivolta a
carpire l‟accettazione del consumatore -elemento debole della contrattazione- deve
ispirarsi ad un principio di correttezza e trasparenza.
Questa breve introduzione alla direttiva 13/2000 ci è utile per descrivere il contesto
entro il quale si inserisce il regolamento 1924/2006 che disciplina l‟utilizzo delle
indicazioni nutrizionali e sulla salute nell‟etichettatura, presentazione e pubblicità degli
alimenti.
Anche il regolamento 1924/2006 si inquadra tra quelle misure comunitarie di
armonizzazione delle legislazioni alimentari nazionali di tipo orizzontale, e si occupa di
un aspetto specifico della commercializzazione dei prodotti: l‟apposizione nell‟etichetta,
presentazione e pubblicità dei prodotti di indicazioni nutrizionali e sulla salute (in
generale definite anche col nome inglese, claims), vale a dire quelle diciture che
mettono in collegamento il prodotto, o una sua componente, con un vanto nutrizionale
o con la salute.
Tali indicazioni sono facoltative, in quanto non compaiono nell‟elenco delle indicazioni
obbligatorie di cui all‟art. 3 della dir. 13/2000, ma qualora il produttore decida di
utilizzarle, egli deve rispettare le condizioni e le modalità sancite dal regolamento.
Dunque anche questa normativa, al fine di tutelare il consumatore, interviene in senso
restrittivo sulla libertà del produttore ispirandosi ad una logica di verità e trasparenza
delle indicazioni.
La tutela del consumatore però, non si ferma, come fa la direttiva 13/2000, alla sfera
contrattuale di quest‟ultimo, ma ricopre anche una sfera più importante, quella della
salute. Il regolamento 1924/2006 infatti ribadisce il principio di non ingannevolezza,
al quale devono ispirarsi le indicazioni nutrizionali e salutistiche, non solo per motivi
di lealtà contrattuale ma anche per motivi che concernano la salute e il benessere del
consumatore
14
. Tematiche quest‟ultime non nuove alla Legislazione alimentare
europea degli ultimi dieci anni: si pensi alle normative in tema di vitamine, minerali e
14
V. considerando n. (1), (10) e (11) del regolamento.
13
sostanze nutritive aggiunte ai cibi, in tema di integratori alimentari o di allergeni, fino
ad arrivare al regolamento 178/2002 che per la prima volta istituisce un organo
indipendente dagli organi politici comunitari, l‟EFSA (European Food Safety
Authority), con compiti di consulenza scientifica in materia di rischi (esistenti ed
emergenti) associati alla catena alimentare al fine di garantirne la sicurezza per la
salute dei cittadini
15
.
1.1 Ambito di applicazione e definizioni.
L‟art. 1 della direttiva 13/2000 circoscrive l‟ambito di applicazione della stessa,
stabilendo che essa “riguarda l'etichettatura dei prodotti alimentari destinati ad essere
consegnati come tali al consumatore finale, nonché determinati aspetti concernenti la
loro presentazione e la relativa pubblicità. La presente direttiva si applica anche ai
prodotti alimentari destinati ad essere consegnati a ristoranti, ospedali, mense ed altre
collettività analoghe, in appresso denominate collettività”.
L‟art. 2 del regolamento n. 178/2002
16
definisce prodotto alimentare “qualsiasi
sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato,
destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere
ingerito, da esseri umani. Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi
sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della
loro produzione, preparazione o trattamento.” Sono esclusi invece i mangimi, i
cosmetici, i vegetali prima della raccolta, gli animali vivi, a meno che siano preparati
per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano, i medicinali, il tabacco e le
sostanze stupefacenti
17
.
Per prodotto alimentare preconfezionato si intendono quei prodotti contenuti in un
imballaggio tale per cui nel momento in cui vengono posti in vendita il contenuto non
15
V. in merito all‟EFSA, infra Cap. II, par. 2.2.3.
16
Regolamento (ce) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002
che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità
europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.
17
Art. 2 lett. a)-h) reg. 178/2002. La definizione di alimento qui contenuta individua un concetto
fondamentale non solo nell‟ambito del reg. 178/2002, ma per l‟intera legislazione alimentare di
fonte comunitaria. Infatti, tale definizione ha lo scopo di circoscrivere l‟ambito di applicazione
del regolamento in commento, che nella sua prima parte definisce “i principi e i requisiti
generali della legislazione alimentare”: proprio in considerazione della portata generale delle
regole in esso contenute, nell‟ottica di un revisione e di un ampliamento europea, la definizione
del concetto di alimento, costituisce il punto di riferimento per delimitare l‟intero raggio di
azione della legislazione alimentare.
14
può essere modificato senza che l'imballaggio sia aperto o alterato (art. 1.3 lett. b) della
dir. 13/2000).
Per consumatore finale la direttiva intende non solo la persona fisica che consuma per
fini privati il bene, ma anche i ristoranti, gli ospedali, le mense ed ad altri servizi
analoghi che utilizzano tale prodotto ai fini della ristorazione di collettività (art. 1.2 dir.
13/2000).
La direttiva 13/2000 si occupa di un particolare aspetto dei prodotti alimentari, vale a
dire la loro commercializzazione sul mercato, prevedendo norme comuni in merito alla
loro etichetta, presentazione e pubblicità.
Per etichetta si intendono le “menzioni, indicazioni, marchi di fabbrica o di commercio,
immagini o simboli riferentesi ad un prodotto alimentare e figuranti su qualsiasi
imballaggio, documento, cartello, etichetta, anello o fascetta che accompagni tale
prodotto alimentare o che ad esso si riferisca” (art. 1.3 lett. a) dir. 13/2000).
Per presentazione si intende la forma o l‟aspetto conferito ai prodotti alimentari o al
rispettivo imballaggio, il materiale utilizzato per l‟imballaggio, il modo in cui i prodotti
sono disposti e l‟ambiente nel quale sono esposti (art. 2.3 lett. a) dir. 13/2000).
Mancando nella direttiva una definizione pubblicità, non si potrà, almeno in questo
momento, che fare riferimento alla definizione contenuta nella direttiva 2006/114/CE
18
sulla pubblicità ingannevole che la definisce come “qualsiasi forma di messaggio che
sia diffuso nell‟esercizio di un‟attività commerciale, industriale, artigianale o
professionale, allo scopo di promuovere la fornitura di bene e servizi compresi quelli
immobili, i diritti e gli obblighi” (art. 2.1 lett. a). Le definizione fornite in questo
paragrafo valgono allo stesso modo per il regolamento 1924/2006.
La direttiva non individua i soggetti sui quali far ricadere la responsabilità
dell‟applicazione delle norme sancite. A tal proposito occorrerà far riferimento al già
menzionato regolamento 178/2002 che, come già detto sopra, esprime l‟intento di voler
codificare i principi generali della legislazione alimentare
19
, di cui la direttiva 13/2000
fa parte. L‟art. 3 n. 3) del regolamento definisce “operatore del settore alimentare” la
persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della
legislazione alimentare (dunque anche della direttiva in materia di etichettatura)
nell‟impresa alimentare posta sotto il suo controllo. Impresa che, secondo lo stesso
articolo, non è solo quella svolge attività di produzione del prodotto ma anche quella
impegnata nella trasformazione e distribuzione dello stesso.
18
Direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006,
concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (versione codificata).
19
V. nota 17.
15
1.2 Ratio e analisi degli artt. 2 e 3.
Gli articoli che andiamo ora ad esaminare esprimono appieno l‟intento del Legislatore
comunitario di salvaguardare l‟interesse contrattuale del consumatore e il suo diritto
all‟informazione.
L‟etichetta è, per il produttore, un mezzo attraverso il quale unire, al fine della vendita
del proprio prodotto, una comunicazione informativa a una persuasiva
20
. Rappresenta
uno spazio fondamentale per poter veicolare un messaggio verso il potenziale
acquirente e incidere sulle sue scelte. Per questo, se da un lato l‟etichettatura consente
al produttore di esprimere il suo diritto all‟attività economica
21
-giocando questa un
ruolo fondamentale nel marketing dell‟impresa-, dall‟altro è il mezzo più adeguato per
permettere al consumatore di essere informato circa quello che sta acquistando
22
e
dunque di consentirgli di effettuare scelte consapevoli. Che tali informazioni siano
veritiere è importante perché è sulla base di queste che il consumatore fonderà o meno
il proprio consenso all‟acquisto.
L‟etichetta rappresenta, dal punto di vista giuridico, una proposta contrattuale alla
quale il Legislatore europeo ha inteso dare regolamentazione a fronte del fatto che essa
è rivolta ad un soggetto che, all‟interno della contrattazione, è il più debole. A tale scopo
ha imposto precisi divieti e obblighi in capo al produttore.
L‟art. 2 della direttiva 13/2000 impone il divieto di indurre in errore il consumatore,
sancendo il principio di non ingannevolezza. Ovvero l‟etichettatura, la presentazione e
la pubblicità dei prodotti alimentari devono assicurare la corretta e trasparente
informazione del consumatore, in una logica di lealtà contrattuale. Sicché esse non
devono indurre in errore circa le caratteristiche del prodotto (natura, identità, qualità,
composizione, quantità, conservazione, origine, metodo di fabbricazione), non devono
attribuire ad esso effetti o proprietà che non possiede, o suggerire che il prodotto
possiede caratteristiche particolari quando tutti i prodotti alimentari dello stesso tipo
possiedono caratteristiche identiche (art. 2 lett. a). E‟ fatto ulteriore divieto di attribuire
al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana
né accennare a tali proprietà, fatte salve le disposizioni comunitarie applicabili alle
acque minerali naturali e ai prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione
20
DI LAURO A., “Comunicazione pubblicitaria e informazione nel settore agro-alimentare”,
Milano, Giuffrè Editore, 2005, p.303.
21
DI LAURO A., “Comunicazione pubblicitaria e informazione nel settore agro-alimentare”,
Milano, Giuffrè Editore, 2005, p. 308.
22
DI LAURO A., “Comunicazione pubblicitaria e informazione nel settore agro-alimentare”,
Milano, Giuffrè Editore, 2005, p.328.
16
particolare (art. 2 lett. b). Qui, diversamente dalle ipotesi indicate alla lettera a) dello
stesso articolo, il divieto non sta nell‟ingannevolezza delle affermazioni, ma è in re ipsa.
Ossia le affermazioni che attribuiscono al prodotto proprietà curative, o anche soltanto
alludono a queste, sono vietate a prescindere dal fatto che siano veritiere. E‟ il fatto in
sé ad essere vietato, fatte le dovute eccezioni tassativamente indicate dalla norma (vale
a dire le disposizioni comunitarie che regolano le indicazioni sulla salute riferibili alle
acque minerali naturali e ai prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione
particolare).
L‟art. 3, invece, impone determinati obblighi informativi all‟operatore, il quale deve
inserire in etichetta determinati elementi (nell‟elenco dei quali compaiono, tra gli altri,
la denominazione di vendita, gli ingredienti, il termine minimo di conservazione o la
data di scadenza) considerati necessari affinché il consumatore possa fondare
consapevolmente il proprio consenso all‟acquisto. L‟art. 3 può essere visto come un
corollario dell‟art 2: imponendo come obbligatorie determinati elementi, il legislatore
comunitario sembra ritenere che l‟informazione al consumatore sia adeguata e
l‟inganno evitato. Le informazioni che non rientrano nell‟elenco tassativo dell‟art. 3
sono facoltative e non sono vietate se rispettose dei divieti di cui all‟art 2 lett. a) e b).
1.3 Le indicazioni nutrizionali e sulla salute come deroga e
integrazione della direttiva 13/2000.
Come è stato visto in precedenza, la direttiva 13/2000 si occupa di regolare
l‟etichettatura dei prodotti alimentari indicando all‟art. 3 quali sono le indicazioni
obbligatorie. Le indicazioni non contenute in questo elenco sono facoltative ma devono
comunque rispettare il principio di non ingannevolezza di cui all‟art. 2. Esse cioè non
devono essere tali indurre in errore il consumatore su certe caratteristiche del prodotto
e non devono attribuire all‟alimento proprietà atte a prevenire, curare o guarire una
malattia umana.
Certi tipi di indicazioni facoltative possono però avere una rilevanza maggiore rispetto
ad altre, nel senso che per il loro particolare riferimento a proprietà nutritive o
medicamentose, possono attirare maggiormente il consumatore e dare spazio ad
comportamenti poco corretti da parte degli operatori del settore alimentare.
Per evitare questo abuso all‟interno di un settore, che proprio per il tipo di bene che
tratta, abbisogna di maggiori garanzie, si è sentita l‟esigenza di integrare i principi della
direttiva 13/2000 -troppo generali per addivenire ad una tutela efficiente- con una
17
normativa che regoli nello specifico questo particolare aspetto della
commercializzazione degli alimenti
23
. Nella relazione presentata dalla Commissione
alla proposta del Parlamento europeo e del Consiglio in merito al regolamento sulle
indicazioni nutrizionali e sulla salute, si legge : “Relativamente alle indicazioni sui
prodotti alimentari vige una disposizione di base secondo cui tali indicazioni non
possono indurre in errore il consumatore. Inoltre, l'articolo 2, paragrafo 1, lettera b),
della direttiva 2000/13/CE sull'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari,
nonché la relativa pubblicità, vieta di attribuire ai prodotti alimentari proprietà atte a
prevenire, curare o guarire una malattia umana. Una corretta attuazione di tali
disposizioni generali sarebbe un notevole progresso verso la prevenzione degli abusi nel
settore. Tuttavia, gli Stati membri e le parti in causa del settore hanno indicato che tali
principi generali si prestano a diverse interpretazioni e pertanto non risultano
soddisfacenti quando si tratta di determinate indicazioni specifiche”
24
.
Il regolamento 1924/2006 integra dunque la direttiva 13/2000 sancendo specifici
divieti ed obblighi atti a contenere la discrezionalità dell‟operatore del settore
alimentare qualora decida di inserire nell‟etichetta, nella presentazione o nella
pubblicità dei prodotti, indicazioni che vantano benefici sulla salute.
Al tempo stesso il suddetto regolamento deroga alla direttiva in questione, ponendosi
come regola speciale rispetto alla normativa generale in materia di etichettatura.
Infatti, in deroga al principio contenuto all‟art. 2 lett. a) iii della direttiva 13/2000
(secondo il quale è vietato “evidenziare caratteristiche particolari quando tutti i
prodotti alimentari analoghi possiedono le stesse caratteristiche”), il regolamento
consente di evidenziare determinate caratteristiche nutrizionali e sulla salute anche
quando queste caratteristiche siano comuni a prodotti analoghi, a patto però che siano
rispettate le condizioni stabilite dal regolamento: obiettivo è quello infatti di consentire
al consumatore un‟informazione adeguata evitando che venga tratto in inganno sulle
virtù nutrizionali e salutari degli alimenti
25
.
23
Considerando n. (3) reg. 1924/2006.
24
COM /2003/0424 def.
25
Il regolamento 1924/2006 viene così ad assumere una funzione di specificazione dei principi
generali, finalizzata a distinguere le comunicazione nutrizionale rispetto a tutti gli altri profili
commerciali del prodotto che resterebbero assoggettati all‟art. 2 della direttiva. Secondo parte
della dottrina però tale interpretazione non deve essere eccessivamente estesa, onde evitare la
compressione di beni giuridici come la lealtà commerciale che sia il regolamento sia la direttiva
intendono tutelare. Occorre poi ricordare che l‟art. 3.1 del regolamento, disponendo che
l'impiego delle indicazioni nutrizionali e sulla salute non può essere falso, ambiguo o fuorviante,
fa salva in modo esplicito l‟applicabilità della direttiva 13/2000, e dunque trova conferma
l‟affermazione secondo la quale l‟art. 2 della direttiva conserva la sua piena efficacia anche nei
confronti delle indicazioni nutrizionali e sulla salute. Per tale filone interpretativo, dunque, il
problema del rapporto fra il regolamento 1924/2006 CE e la l‟art. 2 della direttiva 13/2000 CE