CAPITOLO I
CORTE COSTITUZIONALE E REGIONI 1. Profili storici e funzioni della Corte Costituzionale Sotto la rubrica “Garanzie costituzionali”, il titolo VI della
Parte Seconda della Costituzione disciplina, nella Sezione I, la
Corte Costituzionale. Si rileva come, nella topografia del testo
costituzionale, la stessa rigidità della Costituzione risulti assunta
quale “garanzia” della Costituzione medesima. Ed in certo senso è
vero che il principio della rigidità del testo costituzionale sta a
garantirne il contenuto da abrogazioni e modifiche, che si volesse
disporre con semplice legge del Parlamento: cioè, in termini
politici, in forza del mutevole arbitrio di una maggioranza
qualsiasi.
Questa medesima garanzia si estende, peraltro, anche alle
leggi formalmente costituzionali, autorizzate a modificare ed
integrare la Costituzione, strettamente intesa in senso documentale.
In altre, parole quella rigidità che si presenta come garanzia del
testo della Costituzione, diventa subito dopo, garanzia di tutte le
norme poste da fonti costituzionali: siano queste la stessa
Costituzione; siano le leggi di revisione e le altre leggi
costituzionali di cui all’art. 138 Cost., in quanto a loro volta
egualmente sopraordinate rispetto ad ogni altra fonte.
Ma una siffatta “garanzia” rimarrebbe astratta, se non fosse
in pari tempo precostituito un congegno diretto a renderla
operante,e questo congegno, consiste nella Corte costituzionale,
come appare subito chiaro ad una prima lettura dell’art. 134 Cost.
che ad essa attribuisce in primo luogo la competenza a giudicare
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“sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi
e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni”.
L’istituzione della Corte costituzionale risponde quindi,
sostanzialmente, ad esigenze ulteriori, che informano il nostro
ordinamento e alle quali, può a sua volta, ricondursi lo stesso
principio della preminenza delle fonti di ordine costituzionale nei
confronti di ogni altra fonte normativa e di qualsiasi altro atto di
pubbliche autorità, per supreme che siano 1
.
È il principio di legalità, che sta a fondamento così della
rigidità costituzionale, come della istituzione della Corte
costituzionale: le competenze della quale non si limitano, infatti, al
controllo sulla costituzionalità delle leggi, ma investono più
largamente e profondamente molteplici aspetti, suscettibili di dar
luogo a contestazioni e conflitti, della dinamica dei poteri politici.
A norma dell’art. 134 della Cost. spetta altresì alla Corte giudicare
“sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello stato e su quelli tra lo
Stato e le Regioni”; nonché sulle accuse promosse contro il Capo
dello Stato “per alto tradimento o attentato alla Costituzione”. E
spetta, infine, alla Corte giudicare sull’ ammissibilità del
referendum abrogativo, per quanto riguarda atti suscettibili di
essere sottoposti a tale referendum.
Alquanto complesso e intricato è il corpus delle norme che
regolano la struttura e l’esercizio delle funzioni della Corte:
emanate per tappe successive, non senza incertezze e disarmonie
lungo l’arco di tempo lungo un ventennio 2
.
Vengono in considerazione in primo luogo le poche
disposizioni nel testo della Costituzione, negli artt. 134 a 137:
quattro articoli in tutto ai quali resta da aggiungere l’art. 127,
relativo all’ impugnazione da parte dello Stato delle leggi delle
Regioni a Statuto ordinario. Disposizioni aventi ad oggetto analogo
1 V. CRISAFULLI, Corte costituzionale e principio di legalità in Lezioni di diritto
costituzionale , Cedam, Padova, 1984 p. 223.
2 T. MARTINES, Diritto costituzionale , Giuffrè Milano, 1994 – 2005.
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a quest’ultima si rinvengono poi, con riguardo all’impugnazione
delle leggi delle regioni a Statuto speciale e delle Provincie di
Trento e Bolzano, nei rispettivi statuti costituzionali, eccezion fatta
per quello della regione siciliana, che prevedeva, l’apposita Alta
Corte. Trova sede del pari fuori dal testo costituzionale la
disposizione che aggiunge, alle attribuzioni originariamente
spettanti alla Corte in base all’art. 134 Cost., anche quella di
giudicare sull’ ammissibilità delle richieste di referendum
abrogativo: art. 2 della legge cost. 2 marzo 1953, n. 1.
A loro volta, gli art. 135 e 137 Cost. Demandano a
successive leggi di completare la disciplina della materia, che è
stata altresì integrata in larga misura dalla stessa Corte con le
proprie disposizioni regolamentari, finché, a più di 10 anni
dall’inizio del funzionamento della Corte, sono ancora intervenute
la legge cost. n. 2 del 1967, sostituendo, tra l’altro, con una nuova
formulazione, il testo originario dell’ art. 135 Cost.,nonché le leggi
25 gennaio 1962, n. 20, 18 marzo 1976, n. 65, e la n. 170 del 1978.
Un primo rinvio alla legge ordinaria era contenuto nell’art.
135, e vi è rimasto anche nel testo modificato oggi in vigore,
quanto alle cause di incompatibilità con lo status di giudice
costituzionale .
Dal conto suo, l art. 137 Cost., primo comma, riserva ad una
legge costituzionale “di stabilire” le condizioni, le forme, i termini
e le garanzie di indipendenza dei giudici; a norma del successivo
secondo comma, invece, “con legge ordinaria sono stabilite le altre
norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della
Corte”. Certe cose possono farsi solo con legge costituzionale; altre
con semplice legge ordinaria 3
.
3 V. CRISAFULLI, Le leggi costituzionali del 1948 e del 1943 e la legge ordinaria 11 marzo
1953, n. 87 per la prima attuazione della Corte in Lezioni di diritto costituzionale , Cedam,
Padova, 1984.
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1.1. Le leggi costituzionali del 1948 e del 1953 e la
legge n. 87 per la prima attuazione della Corte Sul fondamento della riserva di cui al primo comma dell’art.
137 Cost. è intervenuta la legge cost. del 9 febbraio del 1948, n. 1,
che, nei suoi 4 articoli, regola succintamente il duplice modo di
accesso alla Corte (in via incidentale e in via di azione), dettando
altresì alcune norme a garanzia della indipendenza dei giudici.
È successivamente intervenuta la legge cost. 11 marzo 1953,
n. 1. che ha, tra l’altro, aggiunto alle competenze attribuite alla
Corte dall’ art. 134 Cost. quella di giudicare sulle richieste di
referendum abrogativo, rinviando la disciplina del relativo giudizio
alla legge ordinaria sul referendum: che sarà poi la legge del 25
maggio 1970, n. 352.
Evidentemente la legge cost. del 1953 deve considerarsi
interamente sganciata dalla riserva di cui all’art.137 Cost., che
nulla prevedeva a riguardo; e lo stesso vale per le disposizioni sui
giudizi di accusa, poiché tali giudizi non erano a loro volta
ricompresi nel rinvio a legge costituzionale contenuto nel primo
comma dell’ art.137. A tale rinvio, invece, essa si ricollega per la
parte concernente lo status di giudici costituzionali.
Ma la disposizione di maggior rilievo della legge cost. del
1953 è quella dell’art. 1 che fotografa la situazione normativa
concernente la Corte in quella data, nei termini seguenti: “La Corte
costituzionale esercita le sue funzioni nelle forme, nei limiti ed alle
condizioni di cui alla Carta costituzionale, alla legge cost. 9
febbraio 1948, n. 1, ed alla legge ordinaria emanata per la sua
prima attuazione delle predette norme” 4
.
4 G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale , Cedam, Padova, 2006.
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1.2. Le disposizioni regolamentari della Corte Il riferimento che abbiamo qui da ultimo (“alla legge
ordinaria emanata …”) ha un oggetto ben preciso: la legge 11
marzo 1953, n. 87, la quale parafrasando la dizione dell’art. 137
Cost., laddove questo affidava a legge ordinaria di porre “e altre
norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della
Corte”, si intitola, appunto, “Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale”.
È in questa legge, che indicheremo per brevità legge n. 87,
che si rinviene la maggior parte delle disposizioni sullo
svolgimento delle funzioni della Corte relativamente a tutte le
specie di giudizi, fatta eccezione soltanto per quelli sulle richieste
di referendum (contenute nella legge del 25 maggio 1970).
La legge n. 87 comprende, infatti: a) disposizioni sulla
organizzazione della Corte (norme, cioè, “necessarie alla
costituzione” dell’organo, di cui alla riserva di legge ordinaria del
secondo comma dell’art. 137); b) disposizioni che prescrivono
cause di incompatibilità dei giudici, oltre a quelle già fissate
nell’art. 135 Cost.; c) disposizioni disciplinanti i giudizi di
competenza della Corte, diversi da quelli in ordine ai quali il primo
comma dell’art. 137 pone una riserva di legge costituzionale (e
cioè: giudizi sui conflitti di attribuzione e giudizi sulle accuse); d)
disposizioni disciplinanti altresì quei giudizi di legittimità
costituzionale delle leggi, che lo stesso primo comma dell’ art. 137
riserva a legge costituzionale, ma che solo imperfettamente e molto
sommariamente, come pure si è detto, erano stati in realtà regolati
dalle leggi costituzionali del 1948 e del 1953.
Per quest’ultima parte, dunque, la legge n. 87 incide su
materia che poteva ritenersi, inizialmente, riservata a legge
costituzionale ma qui si rileva tutta l’importanza di quella specie di
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“ricognizione del terreno” operata dall’ art. 1 del 1953,
nell’elencare le disposizioni a norma delle quali la Corte “esercita
le sue funzioni”. La riserva di legge costituzionale scritta nel primo
comma dell’ art. 137 è stata, cioè, intesa dal legislatore in stretta
correlazione col comma successivo, che rinvia a legge ordinaria per
“le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento
della Corte”, e cioè come una riserva che incontra il limite della
“necessarietà” di ulteriore disciplina: necessarietà, può
soggiungersi, in rapporto al fine pratico di mettere la Corte in
condizione di poter cominciare a funzionare, com’è detto
chiaramente nell’ art 1 della legge cost. del 1953, dove la legge 87
è indicata, infatti, come la “legge ordinaria emanata per la prima
attuazione” delle norme sulla Corte. E, trattandosi di
interpretazione “autentica”, contenuta in una fonte formalmente
costituzionale, non rileva discutere se e fino a qual punto una
siffatta interpretazione sia sostenibile alla stregua delle disposizioni
“interpretate”. È noto, infatti, che la cosiddetta interpretazione
autentica non è vera interpretazione, e si impone comunque agli
operatori del diritto in forza dalla fonte normativa da cui è
espressa.
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In quest’ordine di idee, la legge n. 87, in quanto legge di
attuazione, deve ritenersi autorizzata a disporre anche oltre, purché
non contro, la normativa di fonte costituzionale, giustificandosi
così che ne abbia talvolta precisato e delimitato il significato,
esplicitando principi da questa sottointesi. Per altro verso, e con
esclusivo riguardo alle sue disposizioni concernenti i giudizi di
legittimità costituzionale delle leggi essa dovrebbe considerasi di
una speciale competenza attributiva al legislatore ordinario “una
tantum” , per rendere possibile il concreto avvio dell’attività della
Corte: competenza da ritenersi perciò esaurita una volta conseguito
5 V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, L’ ordinamento costituzionale italiano
( La Corte costituzionale ), Cedam, Padova 1984.
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lo scopo, per far nuovamente posto, in futuro, alla competenza
della legge costituzionale, così come originariamente previsto dall’
art. 137, primo comma.
La legge n. 87 non è soltanto quella che più analiticamente e
con maggior ampiezza disciplina l’esercizio delle competenze della
Corte, ma anche quella in cui si rinviene la previsione espressa
della potestà regolamentare a quest’ultima spettante. L’art. 14 (ora
sostituito senza sostanziali modificazioni dall’art. 4 della legge n.
265 del 1958) stabilisce, infatti, che la “Corte può disciplinare
l’esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a
maggioranza dei suoi componenti” (e cioè a maggioranza assoluta)
e pubblicato nella Gazzetta ufficiale. A sua volta, il successivo art.
22, dopo aver dichiarato, nel suo primo comma, che “nel
procedimento davanti alla Corte costituzionale, salvo per i giudizi
sulle accuse, si osservano, in quanto applicabili, anche le norme del
regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale“, soggiunge, nel secondo comma, che “norme
integrative possono essere stabilite dalla Corte nel suo
regolamento”. Si noti che è questa la prima volta nell’esperienza
giuridica italiana che ad un organo esplicante le sue funzione
secondo i moduli tipici della funzione giurisdizionale spetta
regolare autonomamente la procedura dei giudizi di sua
competenza 6
.
Più in generale, sono evidenti le analogie e le diversità
rispetto alla potestà regolamentare attribuita alle Camere dagli art.
64 e 72 Cost.: in entrambi i casi, abbiamo il riconoscimento di una
nuova normativa per quanto concerne l’organizzazione interna
dell’organo e lo svolgimento delle sue attività; in entrambi, è
prescritta per l’approvazione dei regolamenti la maggioranza
assoluta del collegio disposta, altresì, la pubblicazione in Gazzetta.
6 V. CRISAFULLI , Le disposizioni regolamentari della Corte in Lezioni di diritto
costituzionale , Cedam, Padova, 1984.
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Senonché nel caso delle Camere, si può senz’altro affermare la
presenza di una “riserva” di regolamento, costituzionalmente
stabilita e tale pertanto da escludere, sulla materia cui si riferisce, la
competenza della legge ordinaria; laddove, nel caso della Corte,
l’attribuzione di competenza regolamentare risulta espressa
formalmente in una legge ordinaria. Con la duplice conseguenza,
che non soltanto non ci sarebbe una “riserva”, escludente
l’intervento della legge ordinaria, ma altresì ed in primo luogo che
sarebbe sempre in facoltà di quest’ultima sopprimere la potestà
regolamentare della Corte o ridurne l’ambito.
Prevale, perciò, in dottrina la tendenza un diverso
fondamento alla potestà regolamentare della Corte, al di là del dato
testuale rappresentato dagli artt. 14 e 22 della legge n. 87: i quali,
allora, avrebbero valore meramente cognitivo e dichiarativo di un
principio, che, essendo implicito nella normativa dei testi
costituzionali, sarebbe da considerarsi costituzionalmente
anch’esso, non solo materialmente, ma altresì formalmente.
Sembra, infatti, che l’autonomia normativa, almeno sotto l’aspetto
di potestà di autorganizzazione, inserisca necessariamente alla
figura ed alla “posizione“ nel sistema di un organo, come la Corte,
al quale è demandato di giudicare della conformità alle norme
costituzionali di atti e di comportamenti dei supremi organi dello
Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento
e dalle Regioni. Le disposizioni dei testi costituzionali che
garantiscono la piena indipendenza dei membri della Corte
postulano e presuppongono il principio che sia garantita anzitutto
l’indipendenza della Corte, come istituzione complessiva e come
collegio, da ogni possibile ingerenza di estranei poteri: ciò implica,
a sua volta, che ad essa sia riconosciuta un’ampia potestà di
autodisciplinare, con proprie norme, il suo funzionamento 7
.
7 V. CRISAFULLI, La struttura della Corte in Lezioni di diritto costituzionale , Cedam
Padova, 1970
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In questo ordine di idee, d’altronde, si è orientata la stessa
giurisprudenza della Corte in due occasioni, diverse, ma, sotto certi
profili, analoghe. Così una, prima volta, quando ha ritenuto
desumibile dagli artt. 134 Cost. e dalle leggi cost. 9 febbraio 1948,
n. 1, e 11 marzo 1953, n. 1, il principio della gratuità degli atti dei
procedimenti davanti ad essa svoltisi, tuttavia formalmente
enunciato soltanto in legge ordinaria, e precisamente nell’ art. 21
della legge n. 87 e nell’art. 3 della legge n. 265 del 1958; ed una
seconda volta, quando ha giudicato costituzionalmente illegittima
la norma del codice penale che attribuiva al Ministro della
giustizia, anziché alla Corte stessa, di dare l’autorizzazione a
procedere per il delitto di vilipendio dalla Corte, argomentando,
anche qui, dalla “posizione” della Corte, riguardata nel complesso
delle sue funzioni, quale risulta dalla normativa della Costituzione
e delle leggi cost.
Più largamente, il convincimento della esistenza di una sfera
rimessa all’autonomia regolamentare della Corte appare
chiaramente condiviso dal costante comportamento di tutti gli
operatori giuridici. Di tale autonomia regolamentare la Corte ha
fatto largo uso, anche in deroghe a singole disposizioni della legge
n. 87 ovvero integrandone la normativa, senza incontrare resistenze
apprezzabili nella cerchia dei soggetti interessati, a cominciare
dagli organi parlamentari e dal Governo, che, in persona del
Presidente del Consiglio, è rappresentato processualmente nei
giudizi dinanzi ad essa dall’Avvocatura generale dello Stato. Ed
invero, da un lato, nessuna legge ordinaria è mai intervenuta a
contraddire alle norme autonomamente poste dalla Corte; né,
d’altro lato, la validità di alcuna tra esse è stata mai contestata dalle
parti in giudizio, pur se in qualche modo incidenti sui loro diritti,
obblighi ed oneri. È avvenuto, invece, che sia stato eliminato
(sempre con legge costituzionale) l’istituto della “ prorogatio ” dei
giudici costituzionali, che era previsto in disposizioni
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