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I. LA FINANZA ISLAMICA
1.1 La religione e le radici del diritto islamico
La rinascita dell‟interesse verso lo studio del diritto islamico è sia
determinata dal fenomeno dei flussi migratori di musulmani, sia dalla crisi
dei sistemi nazionali che si erano aperti all‟occidentalizzazione e che oggi
ripropongono al loro interno il diritto musulmano classico. La legge
religiosa in generale viene detta Sharia, il sentiero che l‟uomo in ogni tempo
deve percorrere per giungere alla salvezza. Essa è la legge di Dio che regola
ogni aspetto della vita umana
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. La Sharia, che è appunto la legge rivelata da
Dio per guidare il credente nell‟espressione pratica della sua fede e della sua
condotta in direzione della ricompensa finale dell‟aldilà‟, distingue tra ibadat
e mu’amalat. Le prime sono le norme attinenti alle manifestazioni del
rapporto tra uomo e Dio; le mu’amalat invece dettano le norme che
governano le azioni e le relazioni del credente con gli altri essere umani. Le
ibadat sono i cosiddetti arkan al-din, i cinque „pilastri della religione‟ e
rimangono eterne e immutabili,
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e sono: la testimonianza di fede; le cinque
preghiere quotidiane; il pagamento dell‟imposta coranica; il digiuno del mese
di Ramadan; il pellegrinaggio alla Mecca.
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L‟imposta coranica (Zakat)
costituisce il terzo pilastro dell‟islam. La Sharia impone ad ogni musulmano
con capacità contributiva di pagare un‟imposta a titolo di assistenza
pubblica. L‟efficacia di questa imposta deriva dal fatto che essa nasce da un
ordine divino: non si tratta di un contributo volontario o personale, ma di
un obbligo religioso del cui adempimento l‟individuo è responsabile davanti
a Dio. La misura dell‟imposta è pari a 2,5% del valore dei cespiti
patrimoniali che hanno un valore superiore al minimo imponibile pari al
valore di circa 85 grammi d‟oro. La funzione della Zakat è quella di
purificare sia la ricchezza posseduta sia il cuore del fedele. La mancata
prestazione della Zakat equivale a trattenere ingiustamente qualcosa che non
1
Giustiniani E., (2006), Elementi di finanza islamica, Marco Valerio, Torino, pag.19
2
Vercellin G., (2002), Istituzioni del mondo musulmano, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, pagg.10-11
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Anwar Chadli, I pilastri dell’islam, (in http://www.arab.it)
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appartiene al fedele.
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Mentre la preghiera è la manifestazione del rapporto
tra Dio e il credente, la Zakat è la manifestazione religiosa del rapporto tra il
credente e i suoi simili, legame che si manifesta attraverso la condivisione
dei beni. La Sharia dispone che, qualora la zakat non sia stata pagata nel
tempo dovuto, il bene su cui essa grava deve essere considerato haram,
illecito. Deve essere pagata una volta l‟anno in proporzione delle ricchezze
possedute dal fedele. Ricade su sei categorie di beni: denaro, oro e argento;
mercanzie di cui sia stato fatto commercio; minerali estratti dal suolo; tesori
scoperti sotto terra e risalenti prima dell‟islam; animali domestici; prodotti
agricoli da terre coltivate.
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Il fondamento primario della Sharia è il Corano
che riparte in cinque categorie le azioni umane: atti obbligatori (fard), atti
consigliati (mansu`h), atti proibiti (haram), atti sconsigliati (makruh) e ciò che
può essere liberamente compiuto in quanto lecito (mubah).
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Si riferisce alle
leggi e al modo di vivere prescritto da Allah per i suoi servi; all‟ideologia e
alla fede; al comportamento, all‟educazione e ai problemi quotidiani di
ordine pratico. La legge islamica si basa su quattro fonti principali (usul al-
fiqh):
1. il Corano. Tutte le fonti della legge islamica devono rispettare il Corano,
la fonte per eccellenza. Solo nel caso in cui il Corano non tratta
direttamente o in modo dettagliato un determinato argomento, i
musulmani ricorrono a fonti alternative della legge islamica.
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Esso
contiene l‟insieme delle rivelazioni che il profeta afferma di aver ricevuto
da Dio. Diversificate sono le materie che vengono prese in
considerazione, si va dal diritto di famiglia all‟usura, brevi cenni sulla
compravendita e sul prestito. Le disposizioni coraniche sono di diverso
tipo, ma solo il 3% dei versetti presenta un vero e proprio contenuto
giuridico. I versetti del libro sacro sono immodificabili, e non coprono
nemmeno una minima parte di tutte le relazioni umane.
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2. la Sunna. Il termine Sunna si riferisce alle tradizioni o alle abitudini
conosciute del profeta comprende molte delle cose dette, fatte o
accettate da Maometto e di come ha vissuto la sua vita mettendo in
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Giustiniani E., (2006), Elementi di finanza islamica, Marco Valerio, Torino, Pagg. 13-15
5
Vercellin G., (2002), Istituzioni del mondo musulmano, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, pag.220
6
Giustiniani E., (2006), Elementi di finanza islamica, Marco Valerio, Torino, 19
7
(2006), Le fonti della legge islamica, in “Shirkah finance”, n. 2,settembre-ottobre, pag.73
8
Giustiniani E., (2006), Elementi di finanza islamica, Marco Valerio, Torino, pag.20
3
pratica i precetti del Corano. La Sunna può chiarire i particolari di
quanto è stato definito in generale nel Corano.
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3. l’ijma. Indica il consenso in merito a questioni religiose. Nelle situazioni
in cui i Musulmani non sono stati in grado di trovare una regola
legislativa specifica nel Corano o nella Sunna, viene richiesto il consenso
della comunità.
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L‟accordo dei fedeli produce diritto sulla base di un
detto attribuito a Maometto secondo cui: “La mia comunità non si
troverà mai d‟accordo sopra un errore”.
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4. il qiyas. Anche detta deduzione analogica, risponde al bisogno di far
fronte a necessità crescenti di diversificazione e di esplicitazione della
legge divina, trovando soluzioni non previste e definendo regole
applicabili a situazioni nuove. Si manifestò un problema di fondo,
perché ricorrere all‟opinione personale di un singolo credente,
significava affermare, di fatto, un‟insufficienza del libro sacro. La
legittimità e l‟ammissibilità del qiyas hanno trovato non pochi oppositori
nelle diverse scuole di pensiero. Ad ogni modo il ragionamento per
analogia rimane sottoposto a cautela perché esercitato da un essere
fallibile e quindi è passibile di errore.
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Accanto alla Sharia è presente il Fiqh (diritto islamico) che significa
conoscenza, intelligenza e comprensione. Si riferisce alle regole degli
studiosi musulmani, basate sulla loro conoscenza della Sharia. La scienza del
fiqh è iniziata nel secondo secolo dopo l'Hijrah (emigrazione di Maometto
dalla Mecca a Medina che segnò l‟inizio dell‟era musulmana), quando lo
stato islamico si è ampliato e ha dovuto affrontare varie problematiche non
esplicitamente contemplate nel Corano e nella Sunna del Profeta. Le regole,
basate sull'unanimità degli studiosi musulmani e sull'analogia diretta, sono
vincolanti.
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Il fiqh è perciò in sostanza un‟interpretazione umana di un
ideale religioso i cui protagonisti furono dei giuristi. E‟ una dottrina dei
doveri basata non tanto sui codici nel senso occidentale del termine, ma
prima su responsi e poi su manuali riconosciuti nelle diverse correnti
interpretative.
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Le principali scuole sunnite ufficialmente accettate nel corso
9
(2006), Le fonti della legge islamica, in “Shirkah finance”, n. 2,settembre-ottobre, pag.73
10
(2006), Le fonti della legge islamica, in Shirkah finance”, n. 2,settembre-ottobre, pag.73
11
Giustiniani E., (2006), Elementi di finanza islamica, Marco Valerio, Torino, pag.23
12
Vercellin G., (2002), Istituzioni del mondo musulmano, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, pag.279
13
(2006), Le fonti della legge islamica, in “Shirkah finance”, n. 2,settembre-ottobre, pag.74
14
Vercellin G., (2002), Istituzioni del mondo musulmano, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, pag.272
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del tempo sono quattro e differenziavano non solo sulla regolamentazione
di singoli istituti, ma addirittura sulle stesse fonti costitutive del diritto ed in
particolare sulla legittimità, i limiti e i metodi del qiyas.
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Il diritto islamico
dei singoli Stati si richiama, ancora oggi, a queste scuole, spesso presenti in
diverse proporzioni con diverso peso nella medesima nazione. Il diritto
islamico non è quindi unitario. Le quattro scuole islamiche ortodosse hanno
continuato a dibattere i principi giurisprudenziali fino a quando si
interrompe lo sforzo razionale di elaborazione sulle fonti del diritto. In
seguito il diritto islamico restò generalmente immutato, anche se
eterogeneo. Le scuole islamiche portano il nome del loro fondatore.
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La scuola hanafita. Fondata da Abu Hanifa, la sua fama di „alim
(studioso) si diffuse tanto che numerosi allievi presero a radunarsi
intorno a lui. La scuola è caratterizzata dall‟importanza data al qiyas
(analogia) rispetto ai racconti del profeta (hadith) e privilegia il
giudizio personale (ra’y) all‟imitazione passiva.
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E‟ diffusa in Turchia,
India, Egitto, Pakistan, Giordania. E‟ la più liberale, perché tende a
sottolineare il carattere formale del comportamento del fedele ma,
una volta rispettata la forma, ammette che con le finzioni si possano
ammorbidire certe proibizioni del Corano;
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la scuola malikita. Fondata da Mlik Ibn Anas nato a Medina e autore
della più antica compilazione del diritto islamico, in cui riunì
moltissime tradizioni locali che presero il nome di “sunna di
Medina”. La suola malikita ha sempre fatto ampio ricorso alla sunna
rispetto al ra’y (giudizio personale) pur impiegando il qiyas. E‟ diffusa
in Maghreb e in Africa sub sahariana e riconosce importanza all‟ijmà;
la suola shafiita. Fondata da al- Shafi‟i cui spetta il merito di aver dato
una sistemazione razionale alla dottrina delle fonti islamiche. E` oggi
diffusa nel Bahrayn, nello Yemen, nel subcontinente indiano,
Indonesia e Africa orientale. Riconosce importanza alla sunna e
all‟ijmà;
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Vercellin G., (2002), Istituzioni del mondo musulmano, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, pag.285
16
Hamaui R., Mauri M., (2009), Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il mondo del profeta, Il
Mulino, Bologna, pag.18
17
Vercellin G., (2002), Istituzioni del mondo musulmano, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, pag.286
18
Hamaui R., Mauri M., (2009), Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il mondo del profeta, Il
Mulino, Bologna, pag.18
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la scuola hanbalita. Fondata da Ibn Hanbal, discepolo di al-Shafi‟i che
difese rigidamente il primato delle tradizioni tanto da respingere l‟uso
del qiyas e del ra’y, ed esige un rispetto assoluto della sunna e del
Corano. Tale scuola oggi sopravvive in alcune regioni del Golfo
Persico e soprattutto in Arabia Saudita.
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Tutte queste quattro scuole sono comunque considerate ortodosse
(osservanti una dottrina). Non vi è quindi rivalità tra loro poiché le
differenze che le separano sono presentate come doni di Dio ai credenti. Se
un musulmano appartiene a una delle correnti e ne segue i precetti, nulla gli
impedisce di passare a piacere ad un‟altra scuola.
1.2 I principi economici del corano
A differenza di altre religioni, l‟Islam ha sviluppato nei secoli regole
economiche e finanziarie fondate sul rispetto del Corano e della Sharia. I
testi sacri, infatti, impartiscono prescrizioni dettagliate circa alcuni aspetti
della vita economica:
il valore delle risorse naturali e il loro sfruttamento. Le risorse appartengono
ad Allah che le conferisce all‟umanità al fine di contribuire al loro
sviluppo;
la proprietà privata. Anche se garantita e ritenuta da molti un diritto
inviolabile, trova parecchie limitazioni: una prima legata al fatto che
tutti i beni sono donati agli uomini da Allah, il solo che può
rivendicarne la proprietà assoluta; una seconda limitazione dovuta al
rispetto della natura e del prossimo. Infatti, ogni membro della
comunità non deve mai essere privato dei beni necessari per poter
vivere dignitosamente. Ogni uomo ha un diritto all‟usufrutto dei beni
affidategli da Allah, ma non ha un diritto esclusivo a disporre di essi;
l’equa distribuzione della ricchezza. Secondo il Corano, Allah ha creato
ogni cosa nella giusta quantità per soddisfare i bisogni umani. La
scarsità delle risorse è frutto del comportamento umano, dell‟avarizia
e del desiderio di accumulazione. Tutto ciò ha importanti
ripercussioni dal punto di vista economico in quanto viene
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Vercellin G., (2002), Istituzioni del mondo musulmano, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, pag.286