INTRODUZIONE Da circa due anni il sistema economico-finanziario occidentale non 
gode né di buona salute, né di ottima fama. Il caos dei mutui sub-
prime e dei derivati a essi collegati ha scavato profonde ferite 
pressoché ovunque nel mondo. Non solo la finanza è crollata, ma 
anche l’economia reale, che dalla prima riceveva liquidità. 
Insomma, la crisi sistemica ha peggiorato lo stile di vita di 
milioni di persone, e rimarrà uno spettro con cui confrontarsi per 
molto tempo.
E’ naturale, in momenti di sfiducia, guardarsi intorno per cercare 
alternative. Per molti, esperti del settore e politici, 
imprenditori e semplici cittadini, è divenuta necessaria la 
ricerca di un sistema finanziario più equo, meno perverso nelle 
sue logiche, e che sia possibile governare. Non sappiamo se la 
ricerca avrà buon successo: più di si allontana dal dolore, più le 
ragioni del cambiamento diventano confuse.
E’ anche vero che alcuni modelli alternativi erano già presenti. 
In primis, il sistema economico-finanziario islamico. Al di là 
della vocazione prettamente religiosa, questo sistema si basa su 
un’idea di società di certo più armonica ed equa di quella 
liberista, in cui la finanza rimane un utile strumento di 
allocazione del credito. Negli ultimi anni, quindi, abbiamo 
assistito al fiorire di studi e analisi sulla finanza islamica, 
ormai reputata un fenomeno importante anche dai più scettici.
7
Perché una finanza islamica?
Quando parliamo di finanza islamica, ci riferiamo di un mercato da 
oltre 200 miliardi di dollari, che opera in circa settanta paesi, 
e che in venti anni non ha mai smesso di crescere (Warde, 2000, 
p.1).
1
 La finanza islamica è quindi una realtà finanziaria con la 
quale il mercato occidentale ha relazioni sempre più strette, come 
dimostrano le filiali Shari’a compliant d’istituti come Deutsche 
Bank, Citybank, HSBC.
Ma che cos’è la finanza islamica? In termini generali, è una forma 
di gestione e allocazione del credito regolata da prescrizioni e 
proscrizioni dettate dalla Shari’a, la Legge Islamica; la più 
importante di queste proscrizioni è la riba, la proibizione del 
concetto d’interesse. Da quest’ultimo concetto è possibile 
comprendere la differenza fra finanza islamica e occidentale: 
quest’ultima, infatti, pone le sue basi storiche ed economiche 
proprio sul concetto d’interesse. A prima vista, quindi, sembra 
che le due finanze siano per principio incompatibili.
Ma è proprio così? In verità no. Per capire però fino a che punto 
la finanza islamica sia isolata rispetto agli altri sistemi 
finanziari, è necessario compiere alcune considerazioni su di 
essa. La finanza islamica non è di certo un monolite: come la 
religione da cui deriva, è dinamica e muta secondo la latitudine e 
delle culture con cui entra in contatto, per non parlare delle 
necessità economiche, politiche e sociali degli attori che la 
compongono.
Considerato le grandi differenze nella composizione di questo 
mercato, le tensioni sotterranee, i paradossi, è necessario farsi 
1
 E’ molto difficile quantificare il volume di un segmento di mercato 
finanziario, e questa difficoltà è ancora maggiore nell’ambito della finanza 
islamica; questo perché spesso le banche e le istituzioni economiche islamiche 
usano procedure di contabilità diverse da quelle convenzionali, ed inoltre 
perché la finanzia islamica è presente, come vedremo, in paesi con differenti 
livelli di efficienza e chiarezza nello sviluppo di dati economici. Le cifre qui 
riportate provengono da differenti fonti, che però riportano quasi tutte le 
stesse cifre. Si veda Warde (ibid.), Henry e Wilson, (2004, p.2), e i dati 
dell’IDB (2008, p.4). Vox invece arriva a quadruplicare quella cifra, fino a 800 
miliardi di dollari (Hesse, Jobst, Solè, 2008)
8
un’altra domanda: perché si è sentita la necessità di creare una 
finanza islamica?
Le prescrizioni e proscrizioni coraniche esistono fin dalle 
origini dell’Islam. Ciò che è accaduto dagli anni ’70 in poi è 
differente. Si è voluto creare un nuovo sistema economico e 
politico che tenesse conto, appunto, di ciò che è scritto nel 
Corano e nelle altre fonti della religione islamica. Tutto questo, 
secondo molti autori, deriva dalla volontà di trovare un modello 
economico alternativo al capitalismo occidentale da una parte, e 
al sistema socialista dall’altra (Tripp, 2006, pp. 1-13). Questa 
necessità è avvertita soprattutto fra le elite delle monarchie 
mediorientali: questi paesi erano alleati degli Stati Uniti, 
soprattutto per ragioni strategiche regionali (ed erano 
contrapposte al blocco delle repubbliche, filosovietico, in cui 
una rivisitazione del centralismo di stampo socialista era 
dominante nell’economia), ma all’interno delle loro società 
cresceva un forte movimento di opposizione a una cultura 
economica, quella occidentale, che era percepita come un pericolo 
per la tenuta armonica della società. Non è un caso che negli 
stessi anni si registra, negli stessi paesi, la nascita del 
movimento islamista globale. Ciò che è vissuto come fattore 
disgregante è l’idea secondo cui lo sviluppo del benessere di una 
società sia raggiunto attraverso il perseguimento dell’interesse 
da parte di ogni individuo; inoltre parole, l’egoismo porta 
benessere per tutti.
2
L’economia islamica prima, e la finanza islamica poi, nascono 
quindi come risposta a un sistema economico inaccettabile. Riba e 
Zakat (la tassa religiosa sui possedimenti in eccesso) sono quindi 
strumenti utili a circoscrivere lo spazio di azione economico, e a 
2
 Questo è il concetto rivoluzionario introdotto da Adam Smith: “Every 
individual is continually exerting himself to find out the most advantageous 
employment for whatever capital he can command. It is his own advantage, indeed, 
and not that of the society,which he has in his view. But the study of his own 
advantage naturally, or rather necessarily leads him to prefer that employment 
which is most advantageous to the society.”
 (The Wealth of Nations, Book IV, Chapter II, pg.486)
9
fare in modo che finanza e commercio siano parte integrante della 
società islamica, e non nemici.
Le questioni aperte: una visione politica, economica e sociale.
 Molti autori islamici e osservatori internazionali tendono, però, 
ad analizzare il fenomeno esclusivamente in chiave giuridico - 
teologica. Da questo punto di vista, la finanza islamica è solo un 
insieme di regole più o meno complicate da gestire e seguire. 
Inoltre, si tende in questo modo a promuovere una visione a 
storica delle cause e delle conseguenze della finanza islamica, 
quasi che dagli albori dell’Islam a oggi nulla sia cambiato.
L’obiettivo di questa tesi sta proprio nel dimostrare che questa 
visione manca di profondità storica, politica ed economica. Per 
fare un esempio, basta citare il recente dibattito sulla relazione 
fra strumenti finanziari derivati e Islam, di cui poi si parlerà 
più ampiamente (Jobst, 2008, p.97). Così come l’Islam, anche la 
politica economica è un ambito vasto e dinamico. La creazione di 
un sistema economico non può che passare da esigenze sentite da 
parte di un gruppo di persone abbastanza influenti da poter 
modificare lo status quo. Questo è ciò che è accaduto per la 
finanza e l’economia islamica: non è un caso che si sia sviluppata 
proprio negli anni ’70, negli anni in cui in Medio Oriente si 
assestava una nuova classe media, e si assisteva al più grande 
colpo allo strapotere economico dell’Occidente, la 
nazionalizzazione del petrolio. Islamismo e finanza islamica non 
sono quindi uno la causa dell’altra: non è possibile studiare la 
seconda come semplice conseguenza economico-giuridica del primo. 
Sono, piuttosto, scaturiti dallo stesso milieu economico, politico 
e sociale (Kahf, 2004). 
Molto spesso, infatti, a ciò che è nato per esigenze politiche e 
sociali vene data una giustificazione ex-post, in modo che possa 
diventare parte dello status-quo. Questa forma di legittimazione è 
10
utilizzata molto spesso anche nella finanza islamica. I suoi 
strumenti nascono per dare un’identità e un’arma a nuove classi 
sociali, in modo che anche a esse sia permesso competere 
all’interno di un sistema economico sempre più globalizzato e 
competitivo. Solo in un secondo momento, quindi, arriva la 
legittimazione secondo la Shari’a. Questo è il motivo per cui, ad 
esempio, troviamo diversi concetti di riba in diversi paesi, in 
diversi periodi (Warde, 2000, pp.55-62) .
Inoltre, la finanza islamica è un fenomeno che interessa decine di 
paesi in aree completamente differenti l’una dall’altra. Il suo 
sviluppo in Medio Oriente, in paesi con sistemi economici e di 
governance clientelari e opachi, deve per forza presentare 
differenze rispetto a quello della finanza islamica nel Sud Est 
asiatico, soprattutto in Malesia, un paese che è stato capace di 
trovare una strada indipendente per lo sviluppo e che ha 
conosciuto un successo economico stabile e sicuro nel tempo.
La finanza islamica quindi si presenta come fenomeno pieno di 
sfumature. Per questo la sua trattazione deve tenere conto delle 
circostanze in cui essa è nata e opera oggi. In particolare, 
questa tesi vuole sviluppare un ambito ben poco preso n 
considerazione: quello dei legami fra finanza islamica, governance 
e sviluppo economico.
Il CAPITOLO 1: La storia della finanza islamica: le radici 
dell’Islamic Revival analizzerà la storia della finanza islamica, 
il “First Aggiornamento” e le ragioni politiche e sociali di 
questo. Anzitutto, cercherà di dare una ragione politica e sociale 
alla nascita di quello che è chiamato “Homo Islamicus”. Inoltre, 
si approfondirà il concetto di diverse finanze islamiche: ogni 
paese, con una particolare storia, tradizione sociale, rapporto 
con la shari’a, sarà caratterizzato da un sistema di economia 
11
morale completamente differente da quello di altri paesi. Infine, 
si parlerà di una delle più nuove e interessanti alleanze del 
mondo islamico: quella fra Ulama e imprenditori.
Il CAPITOLO 2: Finanza Islamica e Political Economy dell’Islam 
tratterà della relazione fra finanza islamica e politiche per lo 
sviluppo. Il primo obiettivo del sistema economico musulmano è 
infatti quello di garantire lo sviluppo armonico della comunità. 
Ma la moderna economia islamica è in grado di assolvere a questo 
compito?
In questo contesto, inoltre, è necessario comprendere come la 
finanza islamica si colloca all’interno dei vari paesi. E’ uno 
strumento che tutti possono utilizzare, e che, grazie all’accesso 
al credito da parte di molte persone,  andrà ad ampliare e 
irrobustire la classe media di questi paesi, oppure rimarrà uno 
strumento in mano ad un’elite rigida?
Nel CAPITOLO 3: Il contesto globale si collocherà la finanza 
islamica all’interno del sistema economico recente, soprattutto in 
relazione all’ultima globalizzazione finanziaria alla crisi del 
2008. Uno degli aspetti più interessanti rilevati dagli economisti 
è infatti che la finanza islamica ha retto decisamente meglio di 
altri sistemi alla crisi finanziaria internazionale, per 
differenti ragioni
3
.
In ultimo, si analizzeranno i possibili collegamenti politici fra 
economia islamica e politiche islamiste. Dopo gli attacchi dell’11 
settembre, infatti, il mondo della finanza islamica ha suscitato 
interesse come possibile sistema di allocazione delle risorse del 
terrorismo intorno al mondo (Warde, 2004, pp.52-47). In realtà, 
3
 Addirittura, il portale di economia Vox, in cui gli economisti più famosi del 
mondo analizzano l’economia internazionale, ha promosso il sistema islamico, 
considerandolo “molto promettente sul lungo termine”. Considerato quando 
solitamente gli economisti siano orgogliosi del loro mondo, è di certo un grande 
risultato. ( Hesse, Jobst, Solè, 2008)
12
dimostreremo come, negli ultimi trent’anni, finanza islamica e 
movimenti islamisti abbiano marciato su binari paralleli.
 Il CAPITOLO 4: Case studies: Arabia Saudita e Indonesia si 
occuperà, appunto di due case studies. In generale, questi due 
paesi non vengono mai studiati in dettaglio dalla letteratura 
sulla finanza islamica. Spesso sono preferiti paesi come la 
Malesia o l’Egitto, in cui la struttura economica islamica ha 
raggiunto una certa maturità.
Quello è, a mio avviso, è interessante di questi due paesi sta 
proprio nelle differenze. Il primo paese, l’Arabia Saudita, è 
quello da cui la nuova moral economy musulmana ha preso energia e 
risorse; allo stesso tempo, per ragioni economiche e di 
legittimità politica, rimane particolarmente chiuso alle banche 
islamiche, e i leader del paese hanno preferito utilizzare il 
sistema finanziario islamico al di fuori del paese.
L’Indonesia, invece, è un paese dall’Islam decisamente più 
sincretico. Di conseguenza, fino al 1998, non si è sentita 
l’esigenza di un vero e proprio sistema bancario e di credito che 
fosse Shari’a compliant . Solo dopo la crisi del 1997 e le 
successive privatizzazioni, nel paese incomincia a nascere l’idea 
della finanza islamica. L’Indonesia, quindi, rimane un paese 
relativamente giovane in questo contesto (Yumanita, 2008, pp.377).
Infine, si trarranno le conclusioni. E’ il sistema della finanza 
islamica una moral economy a tutti gli effetti? Quali sono le più 
importanti tensioni all’interno del sistema? La finanza islamica 
sembra essere promettente per il futuro?
Queste sono ovviamente domande cui è impossibile rispondere in 
maniera completa. Quello che si può fare, però, è tracciare una 
sorta di bilancio del sistema economico islamico in relazione ai 
problemi politici e sociali che esso porta con sé.
13
La tenuta dell’economia morale
Uno degli aspetti più interessanti del fenomeno della finanza 
islamica è quello della sua durata. Negli ultimi trent’anni essa 
ha goduto, al di là di tutto, di buona salute, come l’aumento 
costante degli asset può ben dimostrare. Il futuro, però, è tutta 
un’altra cosa. Davanti alla finanza islamica ci sono differenti 
bivi. Continuare a rappresentare un’alternativa poco conciliabile, 
o conformarsi ai sistemi finanziari convenzionali? Oppure 
sperimentare una via di mezzo? In fondo, uno dei limiti normativi 
della Shari’a è quello di non essere aggiornata: non esistono vere 
e proprie norme per i derivati, o un’opinione del Profeta su 
Basilea 2.
Il problema è che queste domande sono spesso state analizzate 
sotto due differenti punti di vista: uno giuridico ed uno 
teologico - filosofico. Non è negli obiettivi di questa tesi 
affrontare la questione seguendo questi due spunti. A mio avviso, 
infatti, il presente e il futuro della finanza islamica si 
determinano dal contesto politico, sociale ed economico entro cui 
essa è nata e si è sviluppata.
Il sistema economico-finanziario islamico, infatti, nasce con 
esigenze piuttosto concrete: quello di orientare la società 
musulmana verso uno sviluppo economico equo e armonico. Non è 
quindi un rito, un esercizio puramente religioso; non è neppure 
una serie di proscrizioni, di comportamenti da evitare. E’ la 
conformazione di uno strumento utile per tutte le società 
musulmane.
Questo vale per il passato, ma anche per il presente. Come abbiamo 
già detto, la rinascita dell’economia islamica negli anni settanta 
non è di certo un mero esercizio di islamic revival , né uno 
strumento dell’agenda islamista. L’aggiornamento della finanza 
islamica nasce per esigenze politiche, economiche e sociali. In 
14
primis, il tentativo da parte di un’elite di pensatori di dare 
alle società musulmane (in maggioranza o in minoranza, non è 
importante) un nuovo strumento per lo sviluppo economico da tanto 
tempo aspettato: la possibilità da parte di molti di accedere per 
la prima volta a forme di credito e a strumenti finanziari di 
base. Inoltre, la finanza islamica ha rappresentato, per molti 
paesi del Medio Oriente divenuti ricchi grazie alle materie prime, 
il primo tentativo di creare qualcosa di alternativo rispetto al 
sistema capitalistico occidentale: una sorta di creazione di 
orgoglio politico, capace di affermare l’importanza politico-
economica dei nuovi padroni del petrolio.
Queste ragioni sono tutt’altro che semplicemente religiose o 
morali. Sono frutto di visioni sociali, o interessi politici ed 
economici. Come abbiamo già detto, l’impronta morale è stata data 
ex post . Ma questo non è di certo una debolezza, anzi. Significa 
che l’economia islamica non è solo una fantasia, ma risponde alle 
reali esigenze di intere società, dai gruppi dominanti ai ceti più 
disagiati.
Se poi essa sia uno strumento valido e capace di centrare 
l’obiettivo, cercheremo di capirlo insieme.
15