III
La domanda di etica dell’informazione – emergente al livello
dei destinatari e degli emittenti – è l’espressione di un bisogno di
qualità, di orientamento e di guida. Il lettore è spesso solo di fronte
alla massa di informazioni, che non sempre si rivelano essenziali alla
comprensione dei temi rilevanti per la sua vita come individuo e come
cittadino. Il paradosso della comunicazione contemporanea sta in ciò:
l’esposizione alle varie fonti di informazione, per quanto sia
massiccia, non sembra generare una maggiore comprensione.
La pratica dell’attività informativa è fondata su una serie di
concetti etici: libertà, responsabilità, oggettività, verità, onestà,
riservatezza o privacy.
Anche la democrazia, lo spazio in cui hanno luogo sia le attività
della professione giornalistica sia le discussioni sulle funzioni dei
media, è in realtà un termine etico, dal momento che si fonda sulla
forma più giusta o migliore di organizzazione sociale. L’etica è
pertanto inseparabile dal giornalismo, e la discussione etica deve far
parte di un giornalismo intelligente, della sua pratica e dei suoi
problemi.
La correttezza dell’informazione giornalistica, infatti, intesa nel
senso più estensivo del termine, è fondamentale nella società
contemporanea. Una società complessa che assuma la comunicazione,
in tutte le sue forme, ad emblema di civiltà e di convivenza realmente
partecipativa e democratica, non può e non deve rinunciare ad una
pratica informativa di elevato e riconosciuto spessore morale.
IV
La ricerca della qualità dell’informazione deve configurarsi
come un’assunzione di impegno da parte degli operatori del settore,
sulla base della riflessione sull’incidenza degli effetti dei mezzi di
comunicazione di massa sulla collettività e sui singoli.
Da questo punto di vista, un’informazione di qualità risulta
coincidente con un’informazione rispondente ai valori di verità e
oggettività. Tuttavia, l’obiettivo di raggiungere la verità e l’oggettività
non è esente da problemi, i quali sono legati, da un lato, alla
dimensione conoscitiva e alla finitezza umana e, dall’altro lato, alle
implicazioni soggettivistiche del lavoro dei giornalisti. Ciò non
significa necessariamente che il giornalismo implichi un assoluto
relativismo di opinioni e commenti, a discapito del riferimento dei
fatti. L’oggettività viene concepita come l’esito di una discussione
razionale, sulla base di una ricerca collettiva del vero. L’attività
giornalistica si configura come un’interpretazione dei fatti sociali
caratterizzata da precomprensioni dovute tanto alla cultura di chi
scrive quanto alla specificità della funzione esercitata – il
diritto/dovere di informare – che richiede necessariamente da parte dei
comunicatori attenzione e rispetto nei confronti della dignità dei
lettori.
La forza del giornalismo è strettamente correlata alla sua
capacità di rappresentazione simbolica, che si rivela funzionale alla
partecipazione a valori politici, sociali e ideali condivisi in specifiche
aree sociali.
V
L’obbligo – morale e giuridico – di tutelare il diritto della
collettività ad essere informata in maniera obiettiva, completa e onesta
discenderà da un’assunzione di responsabilità da parte dei giornalisti
(e della categoria istituzionalmente organizzata) che, da un lato, avrà
origine da una riflessione sulle conseguenze dell’informazione in
generale (intendendo con ciò la possibilità di produrre e
un’informazione buona e un’informazione cattiva), e, dall’altro lato,
terrà conto degli interessi della collettività. Si tratta per lo più di un
impegno che fa leva sull’autodisciplina e sull’autoregolamentazione
dei singoli e del sistema informativo.
La responsabilità morale va esercitata, non limitandosi a
definire gli obiettivi ideali, per quanto importanti, ma individuando
concretamente le modalità effettive per raggiungere tali obiettivi.
1
ELEMENTI DI TEORIA DELLE COMUNICAZIONI
DI MASSA
1. ALCUNE CARATTERISTICHE DEI MEDIA
Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa è
indissolubilmente intrecciato con le principali trasformazioni
istituzionali che caratterizzano il mondo moderno. I mass media
costituiscono un sistema su cui si struttura nel suo insieme l’intera
società. Si può comprendere l’impatto sociale dello sviluppo delle
comunicazioni di massa solo se si mette da parte l’idea intuitivamente
plausibile, secondo la quale i mezzi di comunicazione servirebbero a
trasmettere informazioni e contenuti simbolici, lasciando le relazioni
tra individui fondamentalmente immutate
1
.
1
Il modello comunicativo sotteso dalla definizione della comunicazione come trasmissione di dati
da un soggetto a un altro è la teoria ipodermica – bullet theory – la quale sostiene che l’azione
delle comunicazioni di massa consista in una sorta di iniezione di idee su un pubblico
sostanzialmente passivo. Nell’ambito della communication research, il paradigma si impone nel
periodo delle due guerre mondiali, periodo in cui le comunicazioni di massa cominciano a
diffondersi su larga scala, e vengono utilizzate per fini di propaganda politica. Limitando la
comunicazione alla trasmissione di un messaggio, il processo comunicativo si semplifica
notevolmente, consentendo di controllarne più efficacemente il funzionamento e di prevederne
l’esito. Tale paradigma si è rivelato straordinariamente efficace nell’imbrigliare i flussi
comunicativi entro coordinate teoriche assai semplici, mutuate dalla psicologia comportamentista,
conquistando negli anni ’50 una incontrastata egemonia culturale. Per un approfondimento al
riguardo, si veda M. WOLF, Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano, 1985, pp.
16-27, e U. VOLLI, Il libro della comunicazione, il Saggiatore, Milano, 1994, pp.211-13.
2
Dobbiamo riconoscere, invece, che l’uso dei mezzi di
comunicazione implica la creazione di nuove forme di azione e
interazione nel mondo sociale, di nuovi tipi di relazione e di nuovi
modi di rapportarsi a se stessi. Utilizzando i mezzi di comunicazione,
le persone entrano in forme di interazione che differiscono dal
modello di interazione faccia a faccia, che caratterizza la maggior
parte degli incontri nella vita quotidiana. Sono in grado di agire per
persone fisicamente assenti, o in risposta ad altre che si trovano in
luoghi lontani. L’uso dei mezzi di comunicazione trasforma
radicalmente l’organizzazione spazio-temporale della vita sociale,
creando nuove forme di azione e interazione.
Gli esseri umani si sono sempre impegnati nella produzione e
nello scambio di informazioni e di contenuti simbolici, in tutte le
società. Dalle prime forme di linguaggio e di gestualità fìno agli
sviluppi più recenti della tecnologia informatica, la produzione,
l’immagazzinamento e la circolazione di informazioni e contenuti
simbolici, cioè di materiali dotati di significato, hanno sempre
rappresentato aspetti centrali della vita sociale. In virtù degli sviluppi
delle comunicazioni di massa, le forme simboliche sono state
riprodotte su una scala più ampia; sono state trasformate in merci che
si vendono e si acquistano sul mercato, e rese accessibili ad individui
tra loro lontani nello spazio e nel tempo. Lo sviluppo dei media nel
mondo moderno ha trasformato la natura della produzione e dello
scambio simbolico in modo profondo e irreversibile.
3
Non bisogna sottovalutare il fatto che la comunicazione mediata
è sempre un fenomeno sociale contestualizzato, nel senso che è
immerso in contesti sociali strutturati in vari modi, contesti che a loro
volta esercitano un effetto modellante sulla comunicazione stessa. Dal
momento che la comunicazione mediata è in genere “fissata” su un
sostrato materiale di qualche tipo – parole su carta, ad esempio, o
immagini impresse su pellicola – è facile concentrare l’attenzione sul
contenuto dei messaggi, e trascurare il complesso insieme di
condizioni sociali che sono alla base della produzione e della
circolazione di questi messaggi.
La comunicazione è una forma di azione. Come rileva Austin
2
,
pronunciare una frase significa svolgere un’azione, e non
semplicemente riferire o descrivere qualche stato di cose. Il parlare è
un’attività sociale attraverso la quale gli individui intervengono sulla
realtà e la trasformano (funzione performativa del linguaggio), ovvero
stabiliscono e modificano le loro relazioni. Con le parole “si fanno
cose” molto più complesse di trasferire messaggi o riflettere
puramente la realtà sociale. Comunicando la realtà sociale, parlandone
o scrivendone, la si costruisce. L’enunciazione è l'atto col quale il
soggetto fa essere il senso
3
.
2
Austin contribuisce a un ampliamento dell’interesse nei confronti del linguaggio, tematizzando
non solo gli aspetti contenutistici (“locativi”) del linguaggio, ma anche quelli pragmatici
(“illocutivi” e “perlocutivi”), vale a dire le operazioni che si compiono nel dire (promettere,
minacciare, affermare, domandare) e quelle che si realizzano a causa del dire qualcosa (la
soddisfazione, lo spavento, la fuga, la reazione ecc. dell’interlocutore). Si tratta, cioè, di una
considerazione del linguaggio non più attenta esclusivamente agli aspetti semantici, ma anche a
tutta la situazione comunicativa e alle sue componenti fattuali. Cfr. J. L. AUSTIN, Come fare cose
con le parole, 1975, Marietti, Genova, 1987.
3
E. LANDOWSKI, La società riflessa, 1989, Meltemi Editore, Roma, 1999, p. 218.
4
L’attività simbolica – la capacità di produrre, trasmettere e
ricevere forme simboliche dotate di significato – è un aspetto
fondamentale della vita sociale. Le persone vi si impegnano
continuamente: esprimono se stesse in forme simboliche, e
interpretano le altrui espressioni; comunicano incessantemente l'una
con l'altra, scambiandosi informazioni e contenuti ai quali
attribuiscono un senso.
A tal proposito risultano pertinenti gli “assiomi della
comunicazione”, formulati da Watzlawick:
I1 comportamento non ha un suo opposto. In altre parole, non
esiste qualcosa che sia un non-comportamento o per dirla ancor più
semplicemente non è possibile non avere un comportamento. Ora,
se si accetta che l'intero comportamento in una situazione di
interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne
consegue che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare
4
.
Chiunque si trovi in una situazione sociale, cioè in contatto con
gli altri, è pur sempre la sorgente di un flusso informativo, e fornisce
continuamente indizi su di sé. La sua semplice presenza genera segni e
tracce: ogni individuo trasuda espressione.
La comunicazione, dunque, è un genere particolare di attività
sociale che comporta la produzione, la trasmissione e la ricezione di
forme e contenuti simbolici, e presuppone l’utilizzo di risorse di vario
tipo.
4
P. WATZLAWICK, J. H. BEAVIN, D.D.JACKSON, Pragmatica della comunicazione umana,
Astrolabio, Roma, 1971, p. 41.
5
Nel processo di comunicazione gli individui utilizzano un
mezzo tecnico, ovvero l’elemento fisico per mezzo del quale
l’informazione viene fissata e trasmessa dal produttore al destinatario.
Tutti i processi di scambio di informazione comportano un mezzo
tecnico di qualche tipo. Persino la comunicazione verbale faccia a
faccia presuppone alcuni elementi materiali – la laringe e le corde
vocali, le onde sonore, le orecchie e il timpano – grazie ai quali suoni
dotati di significato sono prodotti e ricevuti. Ma la natura del mezzo
tecnico varia da un tipo di comunicazione ad un’altra.
Il mezzo tecnico permette un certo grado di fissazione delle
forme simboliche, in modo che esse siano conservate e
immagazzinate. I1 mezzo tecnico, inoltre, consente la riproduzione
delle forme simboliche, ovvero la loro produzione in più copie. Da
questo punto di vista, le informazioni possono essere trasformate in
merci da vendere e acquistare sul mercato.
Un terzo aspetto dei mezzi tecnici è che consentono un qualche
grado di distanziazione spazio-temporale. Ogni processo di scambio
simbolico comporta la separazione della forma simbolica dal contesto
della sua emissione: viene separata da tale contesto spazialmente e
temporalmente, e reimmessa in nuovi ambienti situati anche in tempi e
luoghi diversi. Gli esseri umani sono in grado di comunicare
attraverso lo spazio e il tempo, e perciò di agire e interagire a distanza.
6
È loro possibile intervenire e influenzare il corso degli eventi
che accadono in tempi e luoghi lontani. L’uso dei mezzi tecnici
assicura agli individui nuovi modi di organizzare e controllare lo
spazio e il tempo e di utilizzarli per i loro scopi
5
.
Fin qui abbiamo considerato alcune delle proprietà dei mezzi
tecnici di comunicazione. Ma quando usiamo il termine “mezzi di
comunicazione” pensiamo spesso a un insieme più specifico di
istituzioni e prodotti che in genere viene fatto ricadere sotto l’etichetta
di “comunicazione di massa”.
Che cos’è la “comunicazione di massa”? Possiamo dare un
significato chiaro e coerente a tali parole?
Che l’espressione sia infelice lo si è detto spesso. È in
particolare il termine “massa” ad apparire fuorviante. Ci induce ad
immaginare un pubblico vasto, composto di molte migliaia e persino
milioni di individui. È possibile che tale immagine si riveli calzante,
nel caso di particolari prodotti, come i giornali più popolari, i film e i
programmi televisivi; ma non descrive certo in modo accurato la
situazione della maggior parte dei media. Il pubblico che fruisce i
contenuti dei media è circoscritto. Pertanto se si vuole utilizzare il
termine “massa”, non bisogna interpretarlo in termini quantitativi.
L’elemento rilevante a proposito delle comunicazioni di massa non è
tanto il fatto che un certo numero di individui riceva le informazioni,
quanto piuttosto che queste siano accessibili, in linea di principio, a
una pluralità di destinatari.
5
Per un approfondimento al riguardo si veda J.B. THOMPSON, Mezzi di comunicazione e
7
C’è un secondo aspetto per cui il termine “massa” può risultare
ingannevole, ed è dato dal fatto che esso lascia supporre che gli utenti
dei mezzi di comunicazione di massa siano un insieme indifferenziato
di individui passivi. Si tratta di un’immagine associata ad alcune
vecchie critiche nei confronti della “cultura” e della “società di
massa”, che in genere assumevano che lo sviluppo dei mass media
avesse avuto un effetto in parte negativo sulla vita sociale moderna, e
creato un genere di cultura insulsa e piatta, capace di intrattenere gli
individui senza sfidarli, e assorbire la loro attenzione senza impegnare
le loro facoltà critiche, di fornire una gratificazione immediata senza
mettere in questione i suoi fondamenti. Non si tratta di una linea
critica priva di interesse: ha sollevato alcune importanti questioni che
anche oggi meriterebbero di essere poste, per quanto in forma diversa.
Tuttavia, dobbiamo abbandonare la tesi secondo la quale i
destinatari dei prodotti mediali sono spettatori passivi, i cui sensi sono
stati definitivamente mortificati dalla continua ricezione di messaggi.
Così come dobbiamo respingere l’assunzione per cui lo stesso
processo di ricezione sarebbe non problematico e acritico. Le
assunzioni di questo tipo hanno poco a che fare con la vera natura del
processo di ricezione e i modi complessi in cui i messaggi sono accolti
dagli individui, interpretati e incorporati nella loro esistenza.
modernità. Una teoria sociale dei media, il Mulino, Bologna, 1998, pp. 32-40.
8
Il processo di ricezione è una vera e propria attività, nella quale
il pubblico conserva un margine non indifferente di autonomia e di
critica
6
.
Se il termine “massa” è ingannevole, quello di “comunicazione”
lo è altrettanto. I tipi di trasmissione in gioco nella comunicazione di
massa sono, infatti, assai differenti da quelli della conversazione
ordinaria. Negli scambi comunicativi che avvengono nelle interazioni
faccia a faccia, il flusso della comunicazione è in genere a due
direzioni: una persona parla, l’altra ascolta e risponde e così via. In
altri termini gli scambi comunicativi delle interazioni faccia a faccia
sono fondamentalmente dialogici. Viceversa nel caso della
maggioranza delle comunicazioni di massa, il flusso della
comunicazione è prevalentemente unidirezionale. I messaggi sono
prodotti da un insieme di individui, e quindi trasmessi ad altri collocati
in ambienti spazialmente e temporalmente lontani dal contesto di
produzione originario.
6
Nell’ambito della communication research, una prima teorizzazione sul processo di ricezione
come attività svolta da parte dei fruitori dei media è fornita dall’ipotesi detta degli “usi e
gratificazioni”, proposta da Katz, Blumer e Gurevitch negli anni ’70. L’assunto di base dell’ipotesi
è che gli spettatori/lettori usano i media in base alle gratificazioni che ne ricevono, in virtù della
soddisfazione dei loro bisogni. Cfr. M. WOLF, Teoria delle comunicazioni di massa, cit., pp. 69-
79. In seguito, negli anni ’80 la ricerca massmediologica concentra la sua attenzione sugli effetti
cognitivi e a lungo termine dei media stessi. Gli assunti di fondo dei modelli teorici prospettati
riguardano il fatto che i media contribuiscono alla costruzione sociale della realtà. In tale contesto,
i fruitori utilizzano le rappresentazioni dei fenomeni sociali fornite dai media come risorse per
orientarsi, per comprendere, per allinearsi nelle proprie interazioni quotidiane. Tuttavia,
l’influenza cognitiva attribuita ai media si realizza necessariamente attraverso il “filtro” degli
schemi propri dei fruitori, per mezzo dei quali essi organizzano e rielaborano informazioni
ricevute. In tal modo, l’influenza dei media non è diretta, immediata, subita passivamente dallo
spettatore. Cfr. M. WOLF, Gli effetti sociali dei media, Bompiani, Milano, 1992, pp. 115-23.
9
Di conseguenza, i destinatari dei messaggi non sono tanto
partner alla pari in una relazione di reciproco scambio, quanto
piuttosto parti coinvolte in un processo strutturato di trasmissione
simbolica. In riferimento ai messaggi dei media si può parlare di
“trasmissione” o “diffusione” generale, invece che di comunicazione
in senso stretto. Tuttavia, anche nelle circostanze strutturate della
comunicazione di massa, i riceventi mantengono una certa capacità di
intervenire e contribuire al corso e al contenuto del processo
comunicativo. Possono scrivere al direttore di una testata giornalistica,
per esempio, o telefonare alle compagnie televisive ed esprimere le
loro opinioni, o ancora rifiutarsi semplicemente di acquistare o
ricevere i prodotti relativi: per quanto il processo comunicativo sia
sostanzialmente asimmetrico, non è un monologo interamente
unidirezionale.
Ma l’espressione “comunicazione di massa” può oggi apparire
piuttosto inappropriata anche per un’altra ragione. La natura della
comunicazione mediata sta oggi cambiando in modo radicale. I1
passaggio dai sistemi analogici di codificazione delle informazioni a
quelli digitali sta creando un nuovo scenario tecnico il cui vantaggio è
quello di consentire usi dell'informazione e della comunicazione ben
più flessibili.
Pertanto l’espressione comunicazione di massa dovrebbe venir
usata con molta circospezione, ed è preferibile sostituirla con
“comunicazione mediata” o più semplicemente con “media”.
10
Ciò che definiamo, in modo piuttosto vago, come
“comunicazione di massa” consiste in una serie di fenomeni emersi
nel corso della storia – a partire dal XV secolo – grazie allo sviluppo
di istituzioni che hanno cercato di sfruttare nuove opportunità per
raccogliere e registrare informazioni, per produrre e riprodurre forme
simboliche, e per trasmettere informazioni e forme simboliche a una
pluralità di destinatari in cambio di un qualche tipo di compenso
finanziario. La definizione di “comunicazione di massa” adoperata da
Thompson si riferisce a “la produzione e la diffusione generalizzata di
merci simboliche attraverso la fissazione e la trasmissione di
informazioni e contenuti simbolici”
7
.
Una caratteristica molto importante delle comunicazioni di
massa è che esse istituiscono una separazione tra il momento della
produzione delle informazioni e la loro ricezione. Ciò comporta una
relazione asimmetrica tra mittenti e destinatari nel processo
comunicativo. Da un lato, i riceventi possono usufruire in modo
arbitrario dei messaggi, caricandoli di significati che possono differire
molto dalle intenzioni dei comunicatori, senza che questi abbiano la
possibilità di replicare o di correggere immediatamente alcuni
eventuali fraintendimenti. Dall’altro lato, i destinatari occupano una
posizione squilibrata nel processo comunicativo, poiché, rispetto agli
individui coinvolti nel processo di produzione, dispongono di
relativamente poco potere per determinare l'argomento e il contenuto
della comunicazione.
7
J. B. THOMPSON, op. cit., p. 44
11
Essi corrono il rischio, dunque, di essere oggetto di
manipolazione o di persuasione da parte dei comunicatori. Rischi da
non sottovalutare, dal momento che i media concorrono in misura
decisiva, assieme ad altre sfere e strutture della vita sociale, a definire
le rappresentazioni simboliche e gli schemi cognitivi mediante i quali
l’immagine della realtà si delinea agli occhi del pubblico. I mezzi di
comunicazione, dunque, non si limitano ad offrire una mediazione nel
rapporto con il reale, ma influenzano ed interpretano profondamente i
modelli di percezione ed interpretazione degli eventi del mondo. Certo
l’azione dei media va considerata tenendo conto che le loro
rappresentazioni sono usate dai destinatari con relativa autonomia,
come risorse per rielaborare i propri sistemi di conoscenze. Il
pubblico, in definitiva, non assiste passivamente ad uno spettacolo di
cui ha poco controllo
8
.
8
Cfr. M. WOLF, Gli effetti sociali dei media, cit., pp. 152-57.