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INTRODUZIONE
1. Oggetto della ricerca
Amo la Boxe perché possiede
i fondamenti della scienza, la
magia della geometria: il colpo
lungo, quello corto, il raggio
d‟azione, le angolazioni, le
schivate. Insomma come una
mente applicata alla scienza.
Come L‟uomo di Leonardo da
Vinci. (Walter Chiari in Creti,
Marafioti, 1996)
Al centro di questa tesi antropologica, vi è la volontà di descrivere una
personale esperienza iniziata diversi anni fa all‟interno di una palestra di
pugilato, la società Pugilistica Padana Vigor. Una palestra nata nel 1956, nel
cuore del centro storico della città di Ferrara. Studiare questa palestra, ha
voluto dire ripercorrere sessant‟anni di boxe a Ferrara, di cui gli ultimi quaranta
hanno visti come protagonisti, prima come pugili e poi come allenatori,
un‟intera famiglia. Il papà, giovane pugile argentino emigrato in Italia, e i due
figli che hanno scalato la tortuosa montagna del pugilato, arrivando così a
conquistare la sua vetta più alta, ovvero il titolo mondiale. Così titola uno dei
tanti articoli affissi alle pareti della palestra:
Duran: cinquant‟anni da signori del Ring
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Questa tesi è anche un esperimento scientifico, che attraverso un lavoro
metodico e minuzioso, di rivelazione e registrazione, di decriptaggio e scrittura,
vuole trasmettere il sapore e il dolore dell‟azione, il mondo sociale di una
pratica prettamente corporea. Vuole altresì abbattere quelle definizioni che lo
dipingono come una pratica barbara, violenta e pericolosa. Dimostrando come,
sottoporsi ad una disciplina così complessa ed esigente, come è quella della
boxe, significa riadattare le proprie abitudini, rispettare le regole, avere rispetto
dell‟altra persona, condurre uno stile di vita equilibrato. Caratteristiche che poi
vengono talmente incorporate da essere estese anche al di là della palestra e
cioè nella vita di tutti i giorni.
Il mio intento è quello di presentare e descrivere la Nobile Arte in termini
squisitamente antropologici, poiché è soprattutto attraverso questa disciplina
che possono essere analizzati i rapporti sociali e simbolici, i significati e le
relazioni sociali che si tessono all‟interno di una palestra di pugilato, fulcro e
motore nascosto dell‟universo pugilistico. Così come la definisce il sociologo
Wacquant, la palestra è:
Un‟istituzione complessa e polisemica, sovraccarica di
funzioni e rappresentazioni che non si svelano a prima vista
all‟osservatore, per quanto consapevole della natura del luogo.
(Wacquant, 2002)
Per questo la necessità di raccontare gli eventi mediante l‟osservazione
partecipante e la ricerca sul campo, è stata primaria ed essenziale. La prima
difficoltà che si è presentata, è stata quella di rispondere ad un interrogativo:
come rendere conto antropologicamente di una pratica così intensamente
corporea, di una cultura profondamente cinetica, di un universo nel quale ciò
che è più essenziale si trasmette, si acquisisce e si dispiega al di la del
linguaggio e della coscienza? Interrogativo, questo, che sarà sempre presente
ed accompagnerà l‟intero elaborato.
In più, al fine di fornire una pluralità d‟informazioni ed evitare, quindi, che
l‟elaborato prodotto soffrisse di un carattere autoreferenziale, la mia indagine e
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ricerca, si è spostata sia in un‟altra palestra di boxe presente in città, sia in una
società sportiva di Ravenna.
Questo bisogno è nato dalla volontà di condurre questa ricerca, non
privilegiando solamente un punto di vista ed un modo di intendere il pugilato,
ma prendendo in considerazione anche altre realtà e modi di praticare questa
disciplina.
Attività che si è rivelata non facile dato che, la competizione, soprattutto tra le
due palestre presenti in città, va ben al di la della sana e giusta rivalità sportiva.
Notevoli, infatti, sono state, soprattutto all‟inizio, le difficoltà nel riuscire ad
ottenere un‟intervista con il responsabile della palestra rivale, dopo che un mio
conoscente mi aveva annunciato come un pugile che frequenta la pugilistica
Padana Vigor.
L‟organizzazione di questa tesi, per coinvolgere ed appassionare il lettore al
quotidiano morale e sensuale del pugile ordinario, alterna generi e modi di
descrivere, concilia analisi, racconti, immagini ed annotazioni personali.
Nel primo capitolo, vengono chiariti alcuni aspetti fondamentali
dell‟antropologia che nasce come “scienza delle società primitive”. Viene
messo in evidenza il legame tra antropologia e sport, o meglio, di come si
possa analizzare una pratica sportiva, con tutto quello che ne concerne,
applicando i principi della ricerca sul campo e dell‟osservazione partecipante.
Utile per fornire alcune prime e fondamentali nozioni per comprendere meglio
il lavoro che segue nei capitoli successivi.
Questo approccio, basato sull‟osservazione partecipante in una palestra di
pugilato, ha evitato che i materiali prodotti fossero vittima del “paralogismo
ecologico” che affligge la maggior parte degli studi e dei resoconti disponibili
sulla Nobile Arte.
Una volta chiariti questi concetti, si ha una ricostruzione storica del pugilato in
generale. Un piacevole viaggio alla scoperta delle radici più profonde di questo
sport, radicate nei tempi più remoti. Attraverso tappe storiche, vengono
declinate le variazioni che hanno caratterizzato la Noble Art, dalla sua prima
arcaica rappresentazione, fino ai giorni nostri.
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Il primo capitolo, si conclude con il rapporto Etica-Pugilato, prima
dimostrazione che vuole sfatare il luogo comune secondo cui il pugilato è uno
sport violento e barbaro.
Nel secondo capitolo, lo sguardo di ricerca è rivolto alla palestra Pugilistica
Padana. Anche in questo caso, grazie all‟uso di appunti personali ed interviste,
vi è una ricostruzione storica di quello che è stato questa disciplina a Ferrara,
quali furono i suoi protagonisti e cosa è cambiato nel tempo.
In questo contesto, viene presentato l‟atleta/pugile, quali sono le sue
aspettative, quali i suoi obiettivi e i motivi che lo hanno spinto ad iniziare
questo sport. Vengono indagate le aspirazioni individuali di un gruppo di pugili
che si allenano abitualmente alla pugilistica Padana, i legami che hanno con la
palestra e con i loro frequentatori. Viene fatta un‟attenta descrizione sul
numero abituale dei frequentatori, sulla loro età, ma anche sugli spazi che
ognuno di loro occupa all‟interno della palestra, durante gli allenamenti.
Il secondo capitolo, si conclude con la descrizione della figura dell‟allenatore,
quali spazi occupa all‟interno della palestra, il suo metodo di insegnamento ed
il rapporto che instaura con i propri pugili.
Nel terzo capitolo, la lente di ingrandimento della ricerca, penetra in quella che
può essere definita l‟essenza del pugilato, viene puntigliosamente descritto un
tipico pomeriggio di allenamento alla pugilistica Padana. Dal riscaldamento al
vuoto, dalle figure allo sparring, attività sempre presenti e che sono alla base
della pratica pugilistica ed indispensabili per il suo apprendimento.
Un fortuito sguardo viene rivolto, successivamente, allo spogliatoio, universo a
parte, nel quale ci si presta a scherzi e nel quale vengono ammessi
comportamenti che non sarebbero tollerati in allenamento. Luogo di riflessione
e di confronto con i propri compagni, nonché campo aperto e neutro per
conversazioni e battute.
La fine del capitolo e dell‟elaborato tocca, una questione che in Italia è una
realtà riconosciuta a partire dal 2001 e cioè, la figura femminile all‟interno
della palestra. Vengono analizzate le opinioni di allenatori e giornalisti in
merito a questa presenza. Successivamente vengono analizzate le idee delle
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protagoniste che quotidianamente prendono parte agli allenamenti. Il metodo è
quello dell‟intervista diretta, con domande simile a quelle che sono state
sottoposte ai loro compagni, anche in questo caso di enorme supporto si sono
rivelate le numerose annotazioni personali che religiosamente consegnavo ai
miei appunti alla fine di ogni seduta. Viene preso in considerazione il loro
status sociale, la loro dislocazione spaziale all‟interno della palestra e del
perché si occupi sempre quella determinata posizione durante tutta la fase
dell‟allenamento. Due mondi diversi all‟interno dello stesso spazio che
difficilmente vengono a contatto tra di loro.
2. Obiettivi
L‟obiettivo principale della ricerca è quello di descrivere la palestra, con tutto il
suo carico emozionale ed umano, dalla nascita ad oggi. Luogo simbolico e
spazio fisico, la sua organizzazione sociale, i tempi e gli spazi che la
caratterizzano. Ed ancora di come il pugilato produca senso nel momento in cui
si prende la briga di avvicinarsi abbastanza da afferrarlo con il proprio corpo.
3. Metodologia
Nel condurre la ricerca, ho utilizzato diversi strumenti legati alla pratica
etnografica. Da subito ho aperto un diario etnografico, dove quotidianamente
scrivevo, aneddoti, fatti ed avvenimenti che scandivano la durata degli
allenamenti. Come anche le osservazioni, le fotografie e le interviste condotte
in parecchi mesi di ricerca, sono state di fondamentale importanza, fornendo la
materia prima dei testi che seguono.
Infine, ho preferito cogliere l‟aspetto meno conosciuto e spettacolare della
boxe: la grigia e lancinante routine degli allenamenti, la lunga e ingrata
preparazione, i ritmi intimi ed infimi della vita della palestra. Tutto questo per
evitare di ricorrere all‟esotismo prefabbricato dal versante pubblico, di
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definizioni già date, della figura straordinaria del grande campione che gran
parte della letteratura e del cinema dipingono.