2
snellimento dei procedimenti, finalizzate a soddisfare la domanda di
maggiore efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa
(1)
.
Al secondo gruppo appartengono la crisi del “circuito partitico-
elettorale"
(2)
e del suo metodo d’azione autoritativo, il correlato sviluppo
del “circuito rappresentativo” (formato da gruppi d’interesse, associazioni
e movimenti) con cui il primo si vede costretto ad interagire ricercandone
il consenso.
2. Gli strumenti della concertazione
Molto probabilmente la svolta decisiva sulla via del consensualismo
si è avuta con l’emanazione delle leggi 8 giugno 1990 n.142, e 7 agosto
1990 n.241, le quali hanno introdotto nel nostro ordinamento nuovi
strumenti convenzionali e ne hanno generalizzati altri che erano stati
previsti solamente da alcune leggi settoriali.
L’art.15 della legge n.241/1990 prevede i cosiddetti “accordi
organizzativi”
(3)
ovvero gli accordi che “le amministrazioni pubbliche
possono sempre concludere tra loro…..per disciplinare lo svolgimento in
collaborazione di attività di interesse comune”.
(1)
A tal proposito si veda A. PREDIERI, Gli accordi di programma, in Quaderni
Regionali, 1991.
(2)
Sull’argomento R. FERRARA, Intese, convenzioni ed accordi amministrativi, in
Digesto discipline pubblicistiche, VIII, 1993; E. STICCHI DAMIANI, Attività
amministrativa consensuale ed accordi di programma, Milano, 1992.
(3)
Termine proposto nel testo della Commissione Nigro, incaricata della stesura della
legge n.241.
3
Secondo alcuni autori
(4)
questa norma, insieme all’art.11 della legge
n.241/1990, introduce nel nostro sistema giuridico la figura del “contratto
di diritto pubblico”; vi è comunque una certa convergenza in dottrina nel
considerarla norma di principio più che di diretta applicabilità, norma che
introduce il genus degli “accordi fra pubbliche amministrazioni”, entro cui
si possono ordinare le varie species previste dalle leggi settoriali.
L’art.11 della stessa legge prevede i cosiddetti “accordi
procedimentali”
(5)
tra amministrazioni e privati. Più precisamente
vengono contemplati gli “accordi integrativi”, ovvero quelli che
“l’amministrazione procedente può concludere …. con gli interessati al
fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento
finale”, e gli “accordi sostitutivi”, ovvero quelli che “l’amministrazione
procedente può concludere……con gli interessati….., nei casi previsti
dalla legge, in sostituzione di questo”.
L’art.14 della legge n.241 (così come modificato dalle leggi
n.537/1993 e n.127/1997) prevede infine l’istituto della “conferenza di
servizi”. La conferenza può essere indetta da un’amministrazione in più
casi: per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti
in un procedimento amministrativo o in più procedimenti connessi
riguardanti stesse attività e risultati; per acquisire a vantaggio della
propria attività, o anche dell’attività dei privati, intese, concerti, nullaosta,
assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche. Le
decisioni prese dalla conferenza sostituiscono a tutti gli effetti i detti
assensi o intese.
Sotto il profilo della materia urbanistica risulta interessante notare
che il ricorso alla conferenza, secondo l’art.14 bis legge n.241, non è più
facoltativo ma obbligatorio qualora essa abbia ad oggetto la
programmazione e la realizzazione di opere pubbliche o programmi di
intervento di importo iniziale molto elevato (superiore a 30 miliardi di
(4) Fra questi ricordiamo G. MANFREDI, Modelli contrattuali nell’azione
amministrativa: gli accordi di programma, in Le Regioni, 1992.
(5)
L’espressione è di E. STICCHI DAMIANI, op. cit. supra a nt. (2).
4
lire), oppure quando si tratti di opere di interesse statale o che interessino
più regioni.
Gli strumenti concertativi previsti dalla legge n.142/1990 sono
contenuti nel capo VII, rubricato: “Forme associative e di cooperazione.
Accordi di programma”
(6)
.
L’art.24 della legge n.142 contempla “convenzioni” che comuni e
province possono stipulare fra loro, aventi ad oggetto l’esercizio
coordinato di funzioni e servizi determinati. Trattasi indubbiamente di una
delle più tipiche species del genus “accordi fra pubbliche
amministrazioni” previsto dal già citato art.15
(7)
.
Nell’art.25 vengono disciplinati i “consorzi”, cui i suddetti enti
territoriali hanno facoltà di dar vita, per gestire in maniera associata uno o
più servizi.
L’art.26 prevede poi che due o più comuni contermini della stessa
provincia, ciascuno con popolazione non superiore a 5000 abitanti,
possono, in vista di una loro fusione, costituire una “unione” per esercitare
insieme una pluralità di funzioni o servizi.
Da ultimo l’art.27 disciplina l’istituto che sarà oggetto di questo
studio: gli “accordi di programma”.
Deve farsi menzione che, fra le “ Misure in materia di servizi di
pubblica utilità e per il sostegno dell’occupazione e dello sviluppo”,
contenute nella legge 23 agosto 1996 n.662, è stata introdotta una nuova
disciplina della “Programmazione negoziata” (risultando abrogata quella
contenuta nella legge n.104/1995). Nel nostro ordinamento hanno fatto
ingresso così nuovi istituti negoziali, altamente flessibili
(8)
, idonei a
(6)
Per una disamina dettagliata di questi strumenti si consultino: A. TRAVI, Le forme
di cooperazione interlocale, in Rivista di dir. amministrativo, 4/1996; F.
STADERINI, Diritto degli enti locali, Padova, 1997.
(7)
In senso conforme SCIULLO, Sintonie e dissonanze fra le leggi 142/’90 e 241/’90,
in Foro amm., 1990.
(8)
Sulla flessibilità insiste la delibera del CIPE 21-3-1997, Disciplina nella
programmazione negoziata.
5
programmare e realizzare tutti gli interventi che, da un lato vedono la
partecipazione di una pluralità di soggetti pubblici e privati, dall’altro
necessitano di decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico dello
Stato, delle regioni, delle provincie e degli altri enti locali. L’art.2, comma
203, prevede a tal proposito i seguenti accordi: l’ “intesa istituzionale di
programma”, l’ “accordo di programma quadro”, il “patto territoriale”, il
“contratto di programma” e il “contratto d’area”
(9)
.
(9)
R. GALLIA, La nuova disciplina della “Programmazione negoziata”, in Rivista
giur. del Mezz., 1/1997.
7
Gli accordi di programma:
aspetti generali ed urbanistici
Sommario: 1. Definizione e finalità
2. Origini e sviluppi
3. Caratteri distintivi degli accordi di programma
4. Accordi di programma e accordi fra pubbliche amministrazioni
5. Accordi di programma e materia urbanistica
1. Definizione e finalità
Cerchiamo ora di offrire un quadro generale, e in particolare una
definizione, dell’istituto degli accordi di programma. Trattasi di accordi
posti in essere da pubbliche amministrazioni nell’esercizio delle loro
potestà amministrative (e quindi nell’ambito delle loro competenze) con
funzioni di coordinamento e di programmazione.
Coordinamento significa “…unificazione di condotte,
coinvolgimento di più figure soggettive finalizzato ad un’armonizzazione
dell’azione amministrativa”
(1)
. Che tale funzione sia caratterizzante degli
accordi di programma è confermato dal Consiglio di Stato, il quale nel
parere n.7 del 1987 afferma espressamente che “Attraverso tali accordi
(nella prassi denominati accordi di programma) ciascuna amministrazione
autolimita la propria discrezionalità in vista di ottenere che la sua
competenza si sviluppi in armonia con quelle parallele”.
(1)
Così E. STICCHI DAMIANI, op. cit. supra a nt. (2), Cap. I.
8
A tal proposito potremmo parlare ancora meglio di
“autocoordinamento”
(2)
, nel senso che le amministrazioni si coordinano
tra loro non secondo rapporti di gerarchia ma, almeno formalmente, di
pariordinazione. Questa esigenza di armonizzazione nasce dalla presenza
nel nostro ordinamento di un gran numero di centri decisionali, assai di
frequente ugualmente competenti e responsabili, sia finanziariamente che
politicamente, in ordine allo stesso oggetto. Ciò è tanto più vero nella
materia urbanistica, perché la realizzazione delle opere pubbliche richiede
notevoli sinergie da parte di soggetti che hanno competenze territoriali
concorrenti.
La seconda funzione caratterizzante gli accordi di programma è la
programmazione, da non intendersi come semplice “programmaticità”
(3)
,
cioè produzione di vincoli giuridici alla successiva azione amministrativa
(caratteristica questa di tutti gli accordi amministrativi), ma come “ vera”
programmazione, ossia costituzione di effetti giuridici.
Risulta di fondamentale importanza notare che l’accordo di
programma può essere diretto sia alla formazione di un atto di
programmazione, cioè ad individuare degli obiettivi, sia all’attuazione di
una programmazione già decisa, vale a dire a determinare le modalità
procedimentali per il raggiungimento di quegli obiettivi. Sotto il primo
profilo possiamo citare come esempio, in materia urbanistica, l’art.11
della legge n.398/1993: esso regola la stipula di un accordo di programma
ai fini dell’approvazione dei programmi di recupero urbano; sotto il
secondo profilo ricordiamo, tra le molte ipotesi, l’art.4 della legge
n.305/1989, ove è prevista la possibilità di concludere l’accordo di
programma per l’attuazione del “Programma triennale per la tutela
dell’ambiente”.
(2)
L’espressione è proposta da G. FALCON, Il coordinamento regionale degli enti
locali. Gli. strumenti consensuali, in Regione e governo locale, 1990.
(3)
Sul profilo della differenza tra programmazione ed atti programmatici si veda M. S.
GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1985.
9
Recentemente la dottrina ha evidenziato come la concertazione
diretta all’attuazione programmatica sia entrata nella cultura
amministrativistica proprio in relazione alla pianificazione urbanistica e,
in particolar modo, parallelamente alla diffusione di una nuova teoria:
“l’urbanistica degli interventi”. Questa, in contrapposizione all’
“urbanistica dei piani” e al modello di pianificazione detto “a cascata”
(4)
,
identifica il momento principale dell’azione urbanistica nella fase
dell’attuazione delle opere più che in quella di approvazione dei piani.
L’attuazione, da non confondersi con la realizzazione, “...non è una
procedura burocratica, bensì una procedura politico-amministrativa
complessa per la costruzione di accordi partecipati decisionalmente e
finanziariamente dagli operatori”
(5)
.
Se la legge n.1150/’42 ci presenta la disciplina del territorio come
il formale risultato di un sistema pianificatorio di tipo piramidale, ove al
vertice stanno i piani territoriali di coordinamento (secondo il modello
regionale gli atti di indirizzo e coordinamento) mentre alla base si trovano
i piani particolareggiati, un sistema governato dai principi della
atemporalità dei piani e del vincolo gerarchico fra gli stessi, la
legislazione speciale mostra invece come effettivamente l’assetto del
territorio sia: “…la risultante di una serie di spinte e controspinte
orizzontali di una pluralità di centri di potere pubblici, semipubblici e
privati”
(6)
. Fondamentale risulta allora il coordinamento fra questi centri
di potere, coordinamento che, per i sostenitori dell’urbanistica degli
interventi, deve avvenire attraverso strumenti quali gli accordi di
programma, caratterizzati dalla consensualità e dall’attuatività.
(4)
Sulla pianificazione urbanistica si veda MAZZAROLLI, I piani regolatori
urbanistici nella teoria giuridica della pianificazione, Padova, 1966; CERULLI
IRELLI Urbanistica in Dizionario amministrativo, Milano, 1983; MORBIDELLI,
(voce) Piano territoriale, in Enc. Dir., 1983.
(5)
Osserva G. RADAELLI, Verso progettazioni complessive, Milano, 1985.
(6)
F. SALVIA e F. TERESI, Diritto urbanistico, Padova, 1998.
10
2. Origini e sviluppi
I precedenti degli accordi di programma vanno ricercati, al di fuori
del nostro ordinamento, nei “contratti di piano”
(7)
previsti dalla legge
francese 29 luglio 1982, n.653, e nei “contratti di programma”
(8)
previsti
dal legislatore comunitario con i regolamenti n.1787 del 1984 e n.2088 del
1985. Questi istituti sono nominalmente e strutturalmente dissimili dai
nostri accordi, ma sostanzialmente loro affini per quanto riguarda il loro
porsi quali strumenti diretti a garantire coordinamento ed efficienza nella
realizzazione di un’opera o di un obiettivo, quando sullo stesso insistano
disarticolate competenze ripartite fra più amministrazioni. Anch’essi
inoltre si pongono quali strumenti attuativi di una programmazione, più
precisamente del “Piano nazionale francese” i primi, e rispettivamente dei
“Programmi di sviluppo regionale” e dei “Programmi integrati
mediterranei” i secondi.
Nella legge italiana il precedente più illustre è dato dall’intesa
Stato-regione di cui all’art.81, comma 3, del D.P.R. n.616/1977: trattasi di
un accordo per la localizzazione di opere pubbliche di interesse statale in
difformità alle prescrizioni dei piani urbanistici ed edilizi dei comuni, che
può essere sostituito da un atto autoritativo del Consiglio dei Ministri
qualora l’accordo non si realizzi entro novanta giorni (ex comma 4).
Gli accordi di programma, propriamente detti, sono stati introdotti
nel nostro ordinamento con la legge n.210 del 1985 istitutiva dell’ente
“Ferrovie dello Stato”. La loro “vocazione urbanistica” si manifesta fin
dall’inizio, infatti l’art.25 di questa legge li prevede al fine della
costruzione e dell’ampliamento d’impianti ferroviari non conformi ai piani
urbanistici delle regioni, delle province o degli altri enti locali; la loro
(7)
Sull’istituto si veda FIORITTO, I contrats de plan, in Rivista giuridica del
Mezzogiorno, 1989.
(8)
In tal senso e sull’istituto si consulti G. CARTEI, Gli accordi di programma nel
diritto comunitario e nazionale, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario,
1991.
11
stipulazione equivale all’approvazione delle varianti ai piani (cosiddette
“varianti automatiche”). Negli anni successivi gli accordi di programma
vengono contemplati quali strumenti di settore da numerose altre leggi, fra
cui ricordiamo per la loro valenza urbanistica: la legge 1° marzo 1986,
n.64 “Disciplina organica dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno”,
la legge 1° febbraio 1988, n.19 “Misure urgenti in materia di opere
pubbliche e di personale degli enti locali in Sicilia”, la legge 28 agosto
1989, n.305 “Programma triennale per la tutela dell’ambiente”. Con la
legge n.142/1990 gli accordi di programma diventano infine strumento di
generale applicazione.
3. Caratteri distintivi degli accordi di programma
Gli accordi di programma si distinguono dagli altri strumenti di
concertazione per una serie di caratteristiche peculiari.
Rispetto alle “convenzioni” previste dall’art.24 della legge
n.142/’90, essi possono coinvolgere una più ampia categoria di soggetti
pubblici, hanno un ambito funzionale più vasto e tendono a realizzare un
coordinamento procedimentale.
Anche rispetto ai “consorzi” (art.25) l’ambito funzionale è più
vasto, inoltre gli accordi non danno vita ad un’autonoma persona giuridica
con proprie strutture e personalità, o non sono a ciò finalizzati come
invece avviene per le “unioni di comuni” (art.26)
(9)
.
(9)
In generale sul tema hanno scritto: G ALBANESE, Il procedimento amministrativo e
la riforma delle autonomie locali, Padova, 1993; F. CAIAFFA, Le nuove frontiere
dell’attività amministrativa consensuale: gli accordi di programma, in Nuova
rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 1993; A. TRAVI, Le forme
associative tra gli enti locali verso i modelli di diritto comune, in Le regioni, 1991.
12
Il distinguo più interessante si pone però con la “conferenza di
servizi”, di cui all’art.14 della legge n.241/’90, in considerazione della
vicinanza alla materia urbanistica dei due istituti.
Infatti, sia gli accordi che la conferenza possono essere impiegati
per l’approvazione o l’attuazione di opere pubbliche, programmi ed
interventi, anche se il legislatore sembra guardare con preferenza alla
conferenza quando le opere siano di interesse sovraregionale o abbiano un
importo iniziale superiore ai trenta miliardi (ex art.14 bis). Mentre la
conferenza agisce allo stesso modo di un organo collegiale provvisto di
poteri di diretta variante urbanistica, l’accordo, essendo destinato a
confluire in un atto finale di natura provvedimentale, solo qualora presenti
la forma di decreto del presidente della regione sarà idoneo ad apportare
variante automatica agli strumenti urbanistici, necessitando negli altri casi
delle distinte delibere delle competenti autorità
(10)
. Un’altra differenza
fondamentale sta nel fatto che l’accordo è sempre frutto del consenso
unanime delle amministrazioni interessate, mentre per la conferenza sono
previste:
- diverse ipotesi di silenzio-assenso delle amministrazioni coinvolte;
- la possibilità che una decisione del Presidente del Consiglio tenga
luogo dei pareri dissenzienti;
- una sorta di referendum tra i rappresentanti dei comuni, per approvare
le delibere della conferenza aventi ad oggetto le opere pubbliche ex
art.14 bis.
(10)
Concordano: S. CIVITARESE e P. URBANI, Diritto urbanistico, 1994; N. ASSINI,
Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1991; R. GALLI, Corso di diritto
amministrativo, Padova, 1994; PERICU, L’accordo di programma nella legge sulle
autonomie locali, in Diritto amministrativo II (a cura di L. Mazzarolli), Bologna,
1998.
13
4. Accordi di programma ed accordi fra pubbliche
amministrazioni
Le leggi n.142 e n.241 del 1990 presentano uno dei più importanti
elementi di sintonia nelle norme che disciplinano gli accordi di
programma (art.27 della legge n.142) e gli accordi fra pubbliche
amministrazioni (art.15 della legge n.241).
L’art.15, come già accennato all’inizio di questo lavoro, introduce
un vero e proprio modello organizzativo, talché nel testo predisposto nella
Commissione Nigro si parla di “accordi organizzativi”, mentre alcuni
autori parlano di “accordi endoprovvedimentali”
(11)
; esso individua un
genus entro cui ricomprendere le varie species che le amministrazioni
possono concretamente applicare. Una di queste species è rappresentata, a
giudizio di chi scrive, dagli accordi di programma, stante la
riconducibilità di quest’ultime fattispecie di accordi all’amplissima
formula adoperata per gli accordi fra pubbliche amministrazioni
dall’art.15: “…accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di
attività di interesse comune”. Con questa soluzione concorda anche il
Consiglio di Stato nel fondamentale parere n.7 del 1987
(12)
.
D’altra parte la riconducibilità all’art.15 non esclude certamente
elementi di specificità degli accordi di programma, ravvisabili in breve:
dal punto di vista della struttura, nella loro minore libertà per quanto
riguarda l’oggetto e il procedimento di conclusione; dal punto di vista
della funzione, nella loro ricerca di una vera programmazione (secondo
quanto espletato nel primo paragrafo di questo capitolo); infine, dal punto
di vista degli effetti, nella loro fungibilità soggettiva, attraverso gli
(11)
Così R. FERRARA, Gli accordi di programma, Padova, 1993.
(12)
Concordano anche: G. CORSO e F. TERESI, Procedimento amministrativo e
accesso ai documenti, 1991; V. CERULLI IRELLI, Corso di diritto
amministrativo, Torino, 1997.
14
eventuali interventi sostitutivi previsti nei casi di inadempimento, e nella
loro eventuale attitudine ad apportare effetti urbanistico-edilizi.
Si è fatta attenzione al tema della riconducibilità degli accordi di
programma all’art.15 perché il comma 2 dello stesso articolo postula che
per gli accordi organizzativi “…si osservano, in quanto applicabili, le
disposizioni previste dall’art.11, commi 2, 3 e 5”.
Ciò implica che, se è corretta la soluzione qui proposta,
argomentando ex art.11 comma 2, gli accordi di programma devono essere
stipulati in forma scritta ad substantiam e che ad essi, salva diversa
disposizione di legge, si applicano, secondo un giudizio di compatibilità, i
principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti. La
stipulazione per atto scritto risponde ad una esigenza di certezza dei
rapporti giuridici che discendono dall’accordo, mentre le norme del c.c.
intervengono a colmare i vuoti normativi evidenziati dalla prassi.
Nell’eventualità che gli accordi di programma sostituiscano dei
provvedimenti, essi divengono sottoponibili agli stessi controlli previsti
per questi ultimi (ex art.11, comma 3).
L’art.15, comma 2, non ritiene invece applicabile agli accordi tra
pubbliche amministrazioni il comma 4 dell’art.11. Ciò comporta
l’inammissibilità della clausola rebus sic stantibus per questi accordi, cioè
l’impossibilità di recesso unilaterale per sopravvenuti motivi d’interesse
pubblico, perlomeno dal momento in cui l’accordo viene recepito nel
provvedimento finale del soggetto promotore.
Infine, interpretando il comma 5, qualora sorgano controversie circa
la formazione, la conclusione o l’esecuzione degli accordi di programma,
sarà il giudice amministrativo ad avere competenza esclusiva sulla loro
soluzione. Da notare che proprio di recente la Cassazione Civile, a sezioni
unite, ha espressamente affermato la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo in rapporto ad una controversia circa l’attuazione di un
15
accordo di programma, stipulato in base alla legge n.396 del 1990 su
“Roma capitale”
(13)
.
5. Accordi di programma e materia urbanistica
Gli accordi di programma stanno riscuotendo una certa fortuna in
materia urbanistica, ed il legislatore sembra quantomai fiducioso nelle
potenzialità dello strumento.
Fra i principali motivi di questo successo vi è innanzitutto la crisi
del sistema previsto dalla “legge urbanistica” del 1942. Il principio
dell’obbligo di conformità per le opere pubbliche alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici, già previsto dall’art.29 della legge n.1150/’42,
avrebbe dovuto trovare contemperamento, secondo la stessa legge, in una
serie di previsioni procedurali atte ad assicurare il coordinamento dei
piani con le esigenze degli enti realizzatori di opere pubbliche. La loro
mancata attuazione (in particolare l’assenza dei p.t.c. e, in seguito al
trasferimento alle regioni delle principali potestà urbanistiche, degli atti di
indirizzo e coordinamento riservati allo Stato) ha determinato una
domanda di coordinamento preventivo cui gli accordi di programma
sembrano poter dare risposta.
Per definizione poi, i piani urbanistici già redatti non possono
tener conto dell’emersione postuma e continua di esigenze legate alla
realizzazione di opere o interventi. Ove a ciò si aggiunga la sempre
maggiore completezza e rigidità dei piani, cioè la carenza di quella
flessibilità che permetterebbe l’inserimento di opere senza una loro
variazione, ben si può comprendere (ma non giustificare) come il
(13)
Cass. Civ., Sez. U., sent. n. 91 del 4 gennaio 1995, Soc. Galeria c. Soc. Lamaro
Appalti.
16
legislatore si sia cimentato nella continua emanazione di leggi ad hoc
(14)
,
volte a risolvere le contingenti situazioni di “emergenza” mediante
procedure e strumenti di coordinamento e di semplificazione, fra i quali
spiccano per frequenza ed importanza gli accordi di programma.
Ricordiamo infine fra le ragioni di successo dell’istituto, quanto
scritto già all’inizio di questo lavoro circa la diffusione degli strumenti
concertativi nel diritto amministrativo (vedi supra al par. 1, Cap. I).
(14)
Fra queste leggi ad hoc ci preme ricordare: negli anni ottanta la n. 441/’87 sullo
smaltimento dei rifiuti, la n. 373/’88 per le Colombiadi, la n. 556/’88 sui Mondiali
di calcio, la n. 99/’88 sulle opere pubbliche in Sicilia; negli anni novanta la n.
380/’90 per il sistema idroviario padano-veneto, la n. 385/’90 sulle opere
ferroviarie, la n. 396/90 per Roma capitale, la n. 152/’91 in tema di lotta alla
criminalità, la n. 498/’92 in materia di finanza pubblica.