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CAPITOLO I
LA SECONDA GUERRA DEL
GOLFO
Attaccando l’Iraq o mandando in esilio Saddam Hussein
1
( in arabo: ﻥﻱ ﺱﺡ ﻡﺍﺩﺹ ), la fine
del raís sembrava comunque segnata dato che, erano passati ormai tanti anni da
quando, nel 1979, prese il potere. George W. Bush e la sua amministrazione volevano
chiudere la partita con il dittatore iracheno e poco importava se a farlo fossero le bombe,
i corpi speciali anglo-americani o la diplomazia di tutto il mondo, compresa quella araba.
Per 11 anni Saddam fu Vice Presidente dell’Iraq, presieduto da Ahmad Hasan al-Bakr
2
(
in arabo: ﺭﻙ ﺏ ﻝﺍ ﻥﺱﺡ ﺩﻡﺡﺃ ), leader del Partito Ba’th, ma le sue intenzioni furono ben chiare
sin dall’inizio, infatti, uno dei suoi primi obiettivi di governo fu quello di creare un
elaborato sistema di polizie segrete con il tassativo compito di controllare e,
puntualmente, eliminare i dissidenti del regime. Un’ intricata rete in cui cadde lo stesso
al-Bakr. Ma le purghe dovute al passaggio di poteri non si esaurirono, anzi, ai vecchi
dissidenti si sostituirono i nuovi, nati dalla guerra tra Iraq e Iran e da quella del Golfo.
Nonostante le sconfitte e la micidiale campagna di comunicazione che lo fecero
diventare la reincarnazione di Satana e di Hitler, Saddam Hussein rimase al potere e
Bush padre, nel 1990, non volle oltrepassare quella linea di sabbia che disse di aver
tracciato quando lanciò l’operazione “Desert Shield”
3
; il figlio, invece, era pronto a farlo,
1
Il nome completo del dittatore iracheno è Saddām Husayn Abd al-Majīd al-Tikrītī ( in arabo: ﺩﻱ ﺝﻡﻝ ﺍ ﺩﺏ ﻉ ﻥﻱ ﺱﺡ ﻡﺍﺩﺹ
ﻱﺕ ﻱ ﺭﻙ ﺕ ﻝ ﺍ ). In arabo, Saddām significa "intrepido". Ḥusayn non è (come si potrebbe pensare) un cognome, bensì il
nome del padre, sottintendendo il termine ibn, "figlio". Non è pertanto corretto riferirsi a Saddam Hussein
semplicemente usando il nome Ḥusayn. Abd al-Majīd è il nome del nonno e al-Tikrītī si riferisce al luogo di origine,
essendo egli nato e cresciuto nella cittadina irachena di Tikrīt, situata sul Tigri a 160 km a nord di Baghdad. Nella
sezione Esteri del sito internet www.repubblica.it, il 28 aprile 1937 è considerata la data di nascita ufficiale di
Saddam.
2
Cugino di Saddam Hussein e quarto Presidente della Repubblica d’Iraq dal 1968 al 1979.
3
Operazione militare USA preparatoria della Prima Guerra del Golfo. Comandata dal generale N. Schwartzkopf,
fu avviata dall'amministrazione Bush in risposta all'invasione del Kuwait da parte dell'esercito iracheno.
Ufficialmente finalizzata alla difesa di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti dalla minaccia di ulteriori attacchi da
parte dell'Iraq, avviò la più grande mobilitazione di forze convenzionali e strategiche degli Stati Uniti dall'epoca
della guerra del Vietnam. Il precoce annuncio (7 agosto) dell'invio di unità militari terrestri nel golfo Persico, con
l'appoggio di forze navali e aeree, come parte di una più ampia forza multinazionale di difesa, dimostrò la scelta
americana di non limitare l'intervento al ripristino della sovranità del Kuwait ma di fornire una manifestazione di
potenza capace di agire da deterrente più vasto per l'affermazione della sicurezza e dell'equilibrio nell'area.
15
ammassando, con l’aiuto inglese, uomini, mezzi, navi e aerei ai confini dell’Iraq.
4
L’odierno Iraq ha nelle sue viscere ben 115.000 milioni di barili di petrolio e 110.000
miliardi di piedi cubi di gas naturale: Saddam, dunque, gestiva la seconda maggiore
riserva del mondo
5
. Ma se il petrolio e il gas guidavano la classifica delle motivazioni
addotte dai sostenitori della guerra, gli USA, o meglio il Presidente Bush Jr., voleva la
guerra anche per: la sicurezza nazionale interna messa in crisi dagli attentati catastrofici
dell’11 settembre
6
; la lotta al terrorismo internazionale
7
; la paura diffusa della
proliferazione delle WMD (weapons of mass destruction, armi di distruzione di massa)
8
;
le lobby d’affari
9
; il riequilibrio nel Medio Oriente, ovvero l’importanza geo-politica di un
Iraq laico piazzato nel centro del Medio Oriente per avvicinarlo ai costumi e alla cultura
occidentali; l’abbattimento del demone Saddam, e la sostituzione del regime iracheno
con un governo democratico che avrebbe migliorato l’immagine degli USA nel Vicino
Oriente, fornendo un esempio da imitare alle popolazioni della regione, generalmente
governate in modo autocratico; la necessità degli USA di riaffermare il loro ruolo di
superpotenza militare, economica e tecnologica su tutto il mondo; la disistima degli
americani verso l’elefante burocratico ONU, visto, a differenza degli europei, come un
organismo troppo filo-terzomondista; la necessità di contenere la Cina, unico vero rivale
degli USA; la possibilità di usare l’Iraq, una volta conquistato, come base per attaccare e
L'annuncio dato dal presidente George H. W. Bush il 9 novembre di un massiccio incremento dell'impegno
americano, con lo spostamento di truppe e mezzi dal teatro europeo, per assicurare un'adeguata opzione militare
offensiva, segnò il passaggio da una strategia difensiva a una strategia di attacco, destinata a portare nel golfo
oltre 400.000 uomini. Vedi: http://www.globalsecurity.org/military/ops/desert_shield.htm
4
U. Rapetto, R. Di Nunzio, Attacco all’Iraq 100 ragioni segrete, incredibili, ovvie, RCS Libri S.p.A, Milano, 2003.
5
Dopo Arabia Saudita con 264.300 milioni di barili di petrolio, e Iran con 137.500 milioni di barili di petrolio.
6
Vedi il testo completo (in inglese) della National Security Strategy of the United States of America, settembre
2002, cap.V in http://www.globalsecurity.org/military/library/policy/national/nss-020920.pdf in cui Bush proclamò
dapprima la cosiddetta “guerra al terrorismo” poi enunciò la “dottrina della guerra preventiva” per cui gli Stati Uniti
non avrebbero atteso gli attacchi nemici, ma avrebbero usato la propria potenza militare per prevenirli. Inoltre, l’ex
direttore dell’ antiterrorismo degli Stati Uniti Richard Clarke e l’ex ambasciatore britannico a Washington
Cristopher Meyer riferirono che Bush, immediatamente dopo gli attentati alle Twin Towers, pensò subito all’Iraq,
cambiando però idea quando si rese conto che, invece, erano stati compiuti dal gruppo terrorista Al-Qaeda ( in
arabo: ﺓﺩﻉﺍﻕﻝ ﺍ , la Base ) capeggiato dal saudita Osāma Bin Lāden, con base in Afghanistan. Nonostante la
campagna afghana non fosse ancora conclusa, l’amministrazione Bush spostò rapidamente la propria attenzione
ad altri stati ritenuti pericolosi per la sicurezza statunitense, infatti, nel discorso sullo Stato dell’Unione, del
gennaio 2002, il Presidente americano parlò del cosiddetto “asse del male” formato da “paesi-canaglia” quali Iran,
Iraq e Corea del Nord, cui occorreva contrapporsi; vedi:
http://archiviostorico.corriere.it/2002/gennaio/31/Bush_asse_del_male_minaccia_co_0_0201312102.shtml
7
L’Iraq avrebbe potuto fornire armi atomiche ad altri gruppi terroristici da impiegare in un attentato, inoltre, il
vicepresidente americano Dick Cheney, fautore dell’invasione dell’Iraq, sosteneva l’esistenza di legami tra il
paese e al-Qaeda.
8
Nell’ottobre 2002, una National Intelligence Estimate (NIE) statunitense dedicata all’argomento dichiarava che
l’Iraq aveva proseguito i suoi programmi nel campo delle WMD disobbedendo alle restrizioni dell’ONU. Il mese
precedente Bush dichiarò che l’Iraq voleva produrre armi di distruzione di massa in grado di mettere in pericolo la
sicurezza dell’intero Occidente.
9
Numerose compagnie americane desideravano partecipare allo sfruttamento delle risorse petrolifere irachene,
alla “ricostruzione” dell’Iraq, o anche solo alla fornitura degli armamenti per la guerra. Inoltre, si pensò che dopo la
guerra un aumento della produzione irachena avrebbe abbassato il prezzo del greggio, favorendo l’intera
economia occidentale.
16
rovesciare i regimi di Siria e Iran; la violazione delle no-fly zones istituite dopo la Prima
Guerra del Golfo (1991) da Stati Uniti, Regno Unito e Francia per proteggere le
operazioni umanitarie nel nord dell’Iraq e nel sud sciita
10
; le sistematiche violazioni dei
diritti umani e i numerosi crimini di cui il regime iracheno era responsabile, fra cui le due
guerre da esso provocate (Guerra Iran-Iraq e Prima Guerra del Golfo), le atrocità nei
confronti della popolazione curda (anche se con l’imposizione delle no-fly zones le aree
abitate dai Curdi erano de-facto indipendenti dal governo centrale) e della popolazione
irachena in generale
11
; l’eliminazione di uno dei più acerrimi avversari di cui Israele
(stretto alleato degli USA con cui l’Iraq era formalmente in guerra da decenni) avrebbe
beneficiato. Così come i fautori della guerra condividevano tali ragioni, i principali
oppositori, tra cui il governo francese, tedesco, russo e cinese si opposero all’invasione
non soltanto per motivi di prestigio, ma più probabilmente anche per timore
dell’instabilità che una guerra avrebbe potuto portare nella regione medio-orientale.
Bisogna, ovviamente, aggiungere inconfessate ragioni di opportunità economiche, in
quanto diverse compagnie di questi Paesi oppositori avevano stipulato accordi
vantaggiosi per lo sfruttamento delle risorse petrolifere irachene, che sarebbero entrati
in vigore quando le sanzioni internazionali, imposte all’Iraq, fossero state abolite
12
. Alla
fine della Prima Guerra del Golfo, infatti, tra le varie condizioni imposte all’Iraq dalla
risoluzione 687 (1991) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
13
, vi era quella di
accettare incondizionatamente la distruzione, sotto la supervisione internazionale, di
tutte le armi chimiche, biologiche e dei missili balistici di portata superiore ai 150
chilometri. Al fine di accertare l’ottemperanza di tali obblighi, con risoluzione 699
(1991)
14
, il Consiglio istituì una speciale commissione di ispettori, l’UNSCOM (United
Nations Special Commission), ma dopo una collaborazione di oltre sette anni, nel 1998,
Saddam Hussein decise di interrompere ogni tipo di cooperazione. E quando nel 1999,
con risoluzione 1284
15
, venne istituita una nuova commissione per il controllo del
disarmo, l’ UNMOVIC (United Nations Monitoring Verification and Inspection
Commission), ancor prima che gli ispettori partissero per l’Iraq, il governo iracheno
10
Vedi: http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/1175950.stm.
11
Vedi: http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=36948
12
Cfr. n. 4.
13
Il testo completo (in inglese) della risoluzione è disponibile sul sito internet delle Nazioni Unite: http://daccess-
dds-ny.un.org/doc/RESOLUTION/GEN/NR0/596/23/IMG/NR059623.pdf?OpenElement
14
Il testo completo (in inglese) della risoluzione è disponibile sul sito internet delle Nazioni Unite: http://daccess-
dds-ny.un.org/doc/RESOLUTION/GEN/NR0/596/35/IMG/NR059635.pdf?OpenElement
15
Il testo completo (in inglese) della risoluzione è disponibile sul sito internet delle Nazioni Unite: http://daccess-
dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N99/396/09/PDF/N9939609.pdf?OpenElement
17
dichiarò di non essere disposto ad accettare ulteriori limitazioni della propria sovranità
nazionale. Intanto le Nazioni Unite avevano alleggerito le restrizioni economiche imposte
all’Iraq ampliando il programma oil-for-food
16
, al fine di aiutare la popolazione irachena
provata da anni di embargo. Stati Uniti e Gran Bretagna fecero, però, notare che questi
alleggerimenti di pressione, senza controlli adeguati, avrebbero potuto portare ad un
riarmo indisturbato della dittatura irachena
17
. Quando, nell’agosto 2002, l’Iraq invitò gli
ispettori a ritirarsi, gli Stati Uniti affermarono che Saddam Hussein non si trovava, certo,
nella posizione di dettare condizioni, e iniziarono a minacciare un intervanto armato nel
Golfo
18
. Ma l’Unione Europea ed una parte della stessa amministrazione americana
premerono affinché gli USA riconducessero le loro azioni sotto la responsabilità
dell’ONU; il 31 agosto, infatti, si riunì ad Elsinore (Danimarca) un vertice informale
dell’UE che si concluse ribadendo tale posizione, seguito dall’azione dei Ministri degli
Esteri dell’Unione Europea che chiesero all’Iraq di autorizzare immediatamente la
ripresa delle ispezioni. Un mese dopo, il 23 e 24 settembre, si riunì a Copenaghen il IV
Vertice UE-Asem (Asia-Europe Meeting), cui parteciparono 15 paesi dell’Unione e
dell’Asia, ma alla chiusura dei lavori, anche se tutti i partecipanti concordarono sulla
necessità di un approccio multilaterale e sulla totale cooperazione che Saddam Hussein
doveva dare agli ispettori delle Nazioni Unite, le divergenze dei leader europei furono tali
da non riuscire ad arrivare all’elaborazione di una dichiarazione congiunta. Il 24
settembre, il Primo Ministro britannico Tony Blair
19
presentò alla Camera dei Comuni il
dossier “Le armi di distruzione di massa dell’Iraq. La valutazione del Governo
britannico.”, un documento governativo che metteva in risalto l’estrema pericolosità del
regime iracheno per la comunità internazionale, in quanto questo Paese disponeva di 20
missili balistici “al-Hussein” con un raggio di 650 chilometri che potevano colpire diversi
stati limitrofi, compreso Israele, e poteva armare ordigni biochimici in soli 45 minuti.
16
Vedi il testo completo (in inglese) della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 986 (1995) istitutiva del
programma oil-for-food in: http://daccess-dds-
ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N95/109/88/PDF/N9510988.pdf?OpenElement e le successive risoluzioni 1293
(2000) e 1330 (2000) con le quali si ampliavano i beni che l’Iraq poteva importare e si estese a 600 milioni di
dollari la cifra che poteva essere spesa per il mantenimento dell’industria petrolifera in: http://daccess-dds-
ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N00/372/27/PDF/N0037227.pdf?OpenElement ed in: http://daccess-dds-
ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N00/782/89/PDF/N0078289.pdf?OpenElement
17
S. Murphy, Contemporary practice of the United States relating to international law, in American Journal of
International Law, 2002, p. 956.
18
A proposito delle minacce di guerra USA, il 9 agosto 2002, Saddam Hussein affermò: “L’oscurità sarà
sconfitta”. “Le forze del demonio caricheranno le proprie bare sulle spalle, moriranno nel loro insuccesso
fallimentare, portando con sé i loro intrighi, o scavando le proprie tombe”. Dichiarazione estratta dal sito internet
www.ansa.it.
19
Anthony Charles Lynton Blair detto Tony Blair è stato il primo ministro del Regno Unito dal 2 maggio 1997 al 27
giugno 2007 e attualmente ricopre l'incarico di inviato per la pace nel Medio Oriente su mandato di ONU, Unione
europea, USA e Russia.
18
Senza contare che in mancanza di un sollecito intervanto, Saddam poteva disporre in
breve tempo, al massimo due anni, di armi nucleari
20
. Il 16 settembre, l’Iraq si disse
disposto ad accettare incondizionatamente l’ispezione ONU e il primo ottobre, a Vienna,
si ratificò il primo accordo tra Iraq e ONU
21
in cui il Paese accettava la ripresa delle
ispezioni entro due settimane, sulla base delle precedenti risoluzioni del Consiglio di
Sicurezza, escludendo, però, gli otto siti delle residenze del raìs. Gli Stati Uniti si
dichiararono contrari e il 10 ottobre la Camera dei Rappresentanti diede, a larga
maggioranza, pieno mandato al Presidente Bush di ricorrere all’uso della forza contro
l’Iraq, se tale Paese avesse continuato a non collaborare. L’8 novembre, il Consiglio di
Sicurezza dell’ONU, anche dopo le decisioni di una serie di organismi UE, approvò
all’unanimità la risoluzione 1441
22
che può essere così riassunta: l’Iraq, vista la mancata
collaborazione con gli ispettori dell’ONU e dell’IAEA, rimaneva in violazione sostanziale
dei suoi obblighi conseguenti alla risoluzione 687 (1991); le ispezioni dovevano essere
riprese in un “regime rafforzato”; l’Iraq doveva dichiarare entro 30 giorni dalla data della
20
La Bbc mette a disposizione l’intero dossier sul proprio sito internet:
http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/politics/2277791.stm.
21
Siglato dai membri della delegazione irachena e quelli dell’UNMOVIC e dell’IAEA (International Atomic Energy
Agency).
22
Estratto della risoluzione il cui testo completo (in inglese) è disponibile sul sito internet delle Nazioni Unite:
http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N02/682/26/PDF/N0268226.pdf?OpenElement;
[…] Acting under Chapter VII of the Charter of the United Nations,
1. Decides that Iraq has been and remains in material breach of its obligations under relevant resolutions,
including resolution 687 (1991), in particular through Iraq’s failure to cooperate with United Nations inspectors and
the IAEA,
and to complete the actions required under paragraphs 8 to 13 of resolution 687 (1991);
2. Decides, while acknowledging paragraph 1 above, to afford Iraq, by this resolution, a final opportunity to
comply with its disarmament obligations under relevant resolutions of the Council; and accordingly decides to set
up an enhanced inspection regime with the aim of bringing to full and verified completion the disarmament
process established by resolution 687 (1991) and subsequent resolutions of the Council;
3. Decides that, in order to begin to comply with its disarmament obligations, in addition to submitting the required
biannual declarations, the Government of Iraq shall provide to UNMOVIC, the IAEA, and the Council, not later
than 30 days from the date of this resolution, a currently accurate, full, and complete declaration of all aspects of
its programs to develop chemical, biological, and nuclear weapons, ballistic missiles, and other delivery systems
such as unmanned aerial vehicles and dispersal systems designed for use on aircraft, including any holdings and
precise locations of such weapons, components, subcomponents, stocks of agents, and related material and
equipment, the locations and work of its research, development and production facilities, as well as all other
chemical, biological, and nuclear programs, including any which it claims are for purposes not related to weapon
production or material;
4. Decides that false statements or omissions in the declarations submitted by Iraq pursuant to this resolution and
failure by Iraq at any time to comply with, and cooperate fully in the implementation of, this resolution shall
constitute a further material breach of Iraq’s obligations and will be reported to the Council for assessment in
accordance with paragraphs 11 and 12 below;
5. Decides that Iraq shall provide UNMOVIC and the IAEA immediate, unimpeded, unconditional, and unrestricted
access to any and all, including underground, areas, facilities, buildings, equipment, records, and means of
transport
which they wish to inspect, as well as immediate, unimpeded, unrestricted, and private access to all officials and
other persons whom UNMOVIC or the IAEA wish to interview in the mode or location of UNMOVIC’s or the
IAEA’s choice pursuant to any aspect of their mandates; further decides that UNMOVIC and the IAEA may at their
discretion conduct interviews inside or outside of Iraq, may facilitate the travel of those interviewed and family
members outside of Iraq, and that, at the sole discretion of UNMOVIC and the IAEA, such interviews may occur
without the presence of observers from the Iraqi Government; and instructs UNMOVIC and requests the IAEA to
resume inspections no later than 45 days following adoption of this resolution and to update the Council 60 days
thereafter;[…]
19
risoluzione, in un documento ufficiale, la consistenza, l’ubicazione dei suoi armamenti
chimici, biologici, nucleari e missilistici e tutti gli aspetti dei programmi di sviluppo ad essi
relativi; la mancata collaborazione e/o ogni falsa dichiarazione costituivano ulteriore
violazione sostanziale degli obblighi iracheni; l’Iraq doveva fornire all’UNMOVIC e
all’IAEA accesso immediato senza restrizioni a tutti i siti anche sotterranei, edifici,
attrezzature, documenti e mezzi di trasporto che gli ispettori volevano verificare;
UNMOVIC e IAEA avevano ugualmente diritto sia di distruggere armi proibite sia di
chiudere impianti diretti alla produzione di WMD; all’Iraq erano concessi 7 giorni per
dichiarare l’accettazione di tale risoluzione. Puntualmente il 12 novembre, il Parlamento
iracheno respinse all’unanimità la risoluzione delle Nazioni Unite, ma già il giorno dopo i
media comunicarono la notizia che il Ministro degli Esteri dell’Iraq, Naji Sabri Ahmad al-
Hadithi ( in arabo: يثيدحلا دمحا يربص يجان ), aveva scritto sia al Segretario generale
dell’ONU, Kofi Annan, sia ai membri del Consiglio di Sicurezza
23
, dichiarando che l’Iraq
accettava, senza condizioni, gli obblighi della risoluzione 1441
24
. Il 7 dicembre, l’Iraq
consegnò alle Nazioni Unite un sostanzioso dossier che conteneva la prova
schiacciante che il Paese non possedeva WMD
25
, ma nei rapporti stilati e consegnati al
Consiglio di Sicurezza, il 9 e 27 gennaio 2003, Hans Blix, capo degli ispettori ONU sul
disarmo, affermò che gli iracheni non avevano fornito adeguate risposte sul proprio
armamento anche se, in centinaia di ispezioni a sorpresa, non era stata trovata la
cosiddetta “smoking gun”
26
. Il 6 febbraio, il Segretario di Stato americano, Colin Powell,
presentò al Consiglio delle immagini scattate dai satelliti, intercettazioni di conversazioni
tra militari iracheni e informazioni di disertori, fornite dall’intelligence americana, che
indicavano palesemente gli sforzi compiuti dall’Iraq al fine di ingannare la ispezioni
27
.
Stati Uniti e Gran Bretagna, stanchi dei continui tira e molla con il dittatore iracheno,
iniziarono una intricata attività diplomatica per ottenere la maggioranza dei voti tale da
avere una legittimazione morale all’uso della forza (Francia e Russia dichiararono che
23
Nella parte finale della prima lettera, vennero evidenziate le misure e le procedure che apparivano contrarie al
diritto internazionale; nella seconda lettera, del 24 novembre, vennero elencate alcune osservazioni sulla
risoluzione 1441: visto che né USA né ONU avevano esibito alcuna prova che l’Iraq possedesse armi di
distruzione di massa, l’accertamento delle violazioni si basava soltanto sulla “presunzione” di tale detenzione,
quindi, gli iracheni temevano che gli USA si fossero serviti della dichiarazione “esaustiva” di tutti gli aspetti dei
programmi iracheni di sviluppo degli armamenti, come scusa per attaccare.
24
Cfr. n. 4.
25
Vedi: R. Chandrasekaran, Baghdad delivers weapons data to U.N., in Washington Post, 8
Dicembre 2002.
26
Vedi il testo integrale (in inglese) della conferenza stampa tenuta a Baghdad, il 9 febbraio 2003, da Hans Blix
ed il Direttore Generale dell’IAEA, Mohamed Al-Baradei, in:
http://www.iaea.org/NewsCenter/Focus/IaeaIraq/pressconf_09022003.pdf
27
Vedi: R. Weisman, Powell, in U.N. speech, presents case to show Iraq has not disarmed, in New
York Times, 6 Febbraio 2003.
20
avrebbero opposto il veto). Quando apparve evidente che non sarebbe stato possibile
ottenere alcuna maggioranza, gli anglo-americani optarono per l’intervento armato
unilaterale e il 17 marzo 2003 il Presidente George W. Bush parlò così alla nazione:
"Cittadini, gli eventi in Iraq hanno raggiunto i giorni della decisione finale. Per più di una
decade gli Stati Uniti e altre nazioni hanno perseguito sforzi pazienti e onorevoli per
disarmare il regime iracheno in maniera pacifica. […] Gli sforzi di disarmare l'Iraq in
maniera pacifica sono falliti continuamente perché non ci siamo trovati a trattare con
gente pacifica. L'intelligence dei diversi governi non lascia dubbi sul fatto che il regime
iracheno continui a possedere e a nascondere alcune delle armi più letali mai costruite.
[…] Il regime ha una storia di spietate aggressioni nel Medio Oriente. Ha un odio
profondo verso l'America e verso i nostri alleati e ha aiutato, istruito e protetto terroristi,
compresi quelli di Al-Qaeda. Il pericolo è chiaro: i terroristi riusciranno a soddisfare le
loro ambizioni e a uccidere centinaia di migliaia di persone innocenti nel nostro e in altri
paesi usando le armi chimiche, biologiche e, un giorno, nucleari ottenute con l'aiuto
dell'Iraq. Gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno fatto nulla per meritare queste minacce,
ma faranno tutto il possibile per respingerle. […] Non è una questione di autorità, è una
questione di volontà. […] Le decadi di crudeltà hanno raggiunto la fine. Saddam Hussein
e i suoi figli devono abbandonare l'Iraq entro 48 ore. Il loro rifiuto di farlo si tradurrà in un
conflitto militare che inizierà quando meglio noi riterremo. […]”
28
. Saddam respinse
immediatamente l’ultimatum e il 19 marzo Bush annunciò l’inizio della guerra, lanciando
la cosiddetta Operazione “Iraqi Freedom”, guerra praticamente iniziata alle ore 18.48
irachene del giorno successivo, 20 marzo 2003. La coalizione disponeva di un esercito
di circa 260.000 uomini, cui si aggiungevano alcune decine di migliaia di componenti
della milizia curda dei peshmerga. L'esercito iracheno contava, invece, poco meno di
400.000 uomini (di cui circa 60.000 guardie repubblicane), più circa 40.000 paramilitari
dei Fedā'iyyīn Saddām e ben 650.000 uomini ufficialmente parte della riserva. L'esercito
iracheno era però male armato e scarsamente motivato; anche i reparti di élite della
guardia repubblicana avevano mezzi piuttosto malconci (le sanzioni avevano impedito
l'importazione di pezzi di ricambio). In effetti, gran parte delle unità irachene si
disintegrarono prima di incontrare il nemico, per via dei bombardamenti, e
dell'incompetenza o delle diserzioni dei loro comandanti (spesso corrotti dalla CIA).
Durante l’invasione, il 27 marzo, la Casa Bianca diffuse un elenco dei membri della
28
Per il discorso completo (in italiano) vedi: http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqtrentasei/testo/testo.html; per
il discorso originale (in inglese) vedi: http://edition.cnn.com/2003/WORLD/meast/03/17/sprj.irq.bush.transcript/
21
coalizione, allora composta da 49 paesi, il cui livello di coinvolgimento andava dalla
partecipazione militare (Stati Uniti, Gran Bretagna, Polonia, Australia) al supporto
logistico, al semplice appoggio politico. Bush definì questi paesi (molti dei quali inviarono
poi in Iraq contingenti militari) “coalition of the willing” ovvero, la “coalizione dei
volenterosi” anche se molti fecero notare l’assenza di paesi importanti come la Francia e
la Germania e lo scarso contributo del mondo islamico, presente soltanto attraverso il
Kuwait, che voleva ricambiare l’aiuto ricevuto 12 anni prima rendendosi base principale
per l’attacco, la Turchia, che permise l’uso del proprio spazio aereo ma non il transito
della fanteria statunitense, l’Afghanistan, l’Azerbaijan e l’Uzbekistan, che diedero
contributi meramente simbolici. Il motto della campagna bellica era “shock and awe”
tradotto con “colpisci e terrorizza”, il cui secondo termine si riferiva, più propriamente, al
reverenziale ed annichilente timore che l’essere umano prova dinanzi a ciò che è grande
e sublime: la coalizione si identificava, cioè, in un’entità superiore, quasi divina, in grado
di provocare negli iracheni questo stato d’animo. All’alba del 20 marzo, iniziò l’offensiva
aerea anglo-americana su Baghdad ( in arabo: ﺩﺍﺩﻍﺏ ), bombardandola, mentre le truppe
di terra, dal Kuwait, penetrarono a Bassora ( in arabo: ﺓﺭﺹﺏﻝﺍ ﺓﻥ ﻱ ﺩﻡ ), Umm Qasr ( in arabo:
ﺭﺹ ﻕ ﻡﺃ ) e Nassirya ( in arabo: ﺓﻱ ﺭﺹ ﺍﻥﻝﺍ ) dopo accaniti combattimenti
29
. Intanto, iniziarono
scontri anche a nord, nel Kurdistan, intorno a Mosul (in arabo: ﻝﺹ ﻭﻡﻝﺍ ) e Kirkuk ( in
arabo: ﻙﻭﻙ ﺭﻙ ). La Lega araba dichiarò di opporsi alla guerra e, nei paesi arabi, la
protesta popolare, dopo mesi di silenzio, esplose proprio al momento dell’attacco all’Iraq
con dimostrazioni spontanee di massa, spesso represse dai rispettivi governi alleati o
succubi di Washington. A Il Cairo, i manifestanti, nel tentativo di raggiungere
l’ambasciata americana, furono dispersi dalle forze antisommossa: più di 800 persone
arrestate, alcune di loro maltrattate in prigione, mentre il Presidente Mubarak
30
( in arabo:
ﻙﺭﺍﺏﻡ ) concesse alla coalizione lo spazio aereo egiziano e il passaggio attraverso il
canale di Suez. A San’a, nello Yemen, la polizia sparò su un nutrito gruppo di
manifestanti che intendeva raggiungere l’ambasciata americana, causando due morti e
numerosi feriti. In Giordania la polizia represse brutalmente le manifestazioni sia nella
capitale che altrove, mentre il governo aveva già concesso le basi alle forze speciali
americane. Anche la Siria fu teatro di consistenti manifestazioni. Solo in Kuwait la
popolazione manifestò in senso filoamericano. Fuori dal mondo arabo, in Pakistan, i
29
Saddam Hussein, sul primo giorno dell’invasione USA affermò: “Il piccolo criminale Bush ha commesso un
crimine contro l’umanità”. Dichiarazione estratta dal sito internet www.ansa.it.
30
Muhammad Ḥosnī Sayyid Ibrāhīm Mubārak ( in arabo: كرابم ميهاربٳ ديس ينسح دمحم ), quarto Presidente
dell’Egitto dal 14 ottobre 1981 al febbraio 2011.
22
partiti islamici egemonizzarono le dimostrazioni contro l’invasione dell’Iraq; lo stesso
avvenne in Kenya e in Nigeria, dove le ambasciate americane furono evacuate. A
Giakarta, in Indonesia, manifestarono contro la guerra più di 200.000 persone senza
distinzione d’appartenenza politica; la Presidente Megawati
31
chiese una riunione
straordinaria del Consiglio di sicurezza dell’ONU per condannare l’aggressione all’Iraq,
richiesta che ovviamente non trovò seguito alcuno, nemmeno nelle capitali europee che
più si opposero alla guerra. Anzi, il Presidente della Francia, Jacques Chirac
32
, assicurò
da subito il passaggio dei bombardieri americani nello spazio aereo francese
augurando, inoltre, un “rapido successo” alle forze della coalizione, seguito
immediatamente dal Ministro degli Esteri tedesco Fischer
33
e dal Presidente russo
Putin
34
, che formularono analoghi auspici. Intanto, il 22 marzo, Baghdad, pesantemente
bombardata, era ormai senza luce e moltissime abitazioni furono distrutte, mentre il
Presidente Bush affermava: “Niente mezze misure”, avvertendo che la guerra “potrebbe
essere più lunga e difficile del previsto”. Il giorno dopo, “Al Jazeera” mostrò le immagini
di cinque americani fatti prigionieri dagli iracheni a Nassiriya, ragion per cui il ministro
americano della Difesa Donald Rumsfeld
35
si appellò, indignato, alla Convenzione di
Ginevra che proibiva di mostrare prigionieri umiliati
36
. A Baghdad i missili continuano ad
abbattere abitazioni civili e mercati provocando una strage, intanto in una fattoria alla
periferia della città, morirono undici bambini. Il 31 marzo, dieci missili caddero sull’ hotel
“Palestine”, che ospitava giornalisti di vari paesi mentre, molti iracheni, immigrati in
Giordania, tentarono di tornare in patria per combattere e numerosi ayatollah, in esilio,
denunciarono la guerra come ingiusta e immorale dichiarando sacrilega la
collaborazione con gli USA anche se si trattava di combattere Saddam Hussein.
Secondo il "Washington Post", le truppe americane avevano arrestato molti civili
iracheni che, accusati di terrorismo, furono portati a Guantanamo. Il primo aprile, un
missile cadde su Hilla ( in arabo: ﺓﻝ ﺡﻝ ﺍ ), l’antica Babilonia, provocando 33 morti; le truppe
31
Diah Permata Megawati Setiawati Sukarnoputri, quinto Presidente dell’Indonesia dal 23 luglio 2001 al 20
ottobre 2004.
32
Eletto Presidente della Repubblica Francese nel 1995 e nel 2000 con un mandato terminato il 16 maggio 2007.
33
Joseph Martin Fischer, detto Joschka, è stato Ministro degli Affari Esteri della Germania e Vice-Cancelliere nel
Governo di Gerhard Schröder dal 1998 al 2005.
34
Vladimir Vladimirovič Putin è stato Primo Ministro della Russia dall'8 agosto 1999 al 7 maggio 2000, su nomina
di Boris El'cin. Svolse le funzioni di Capo dello Stato dopo le dimissioni di El'cin, dal 31 dicembre1999, e poi fu
eletto Presidente della Federazione Russa dal 2000, riconfermato in carica nelle elezioni del 14 marzo 2004.
Impossibilitato ad un terzo mandato per il dettame della Costituzione Russa, ha favorito la vittoria del
suo delfino Dmitrij Medvedev, che l'ha nominato nuovamente Primo Ministro il giorno stesso del suo
insediamento, il 7 maggio 2008.
35
Donald Henry Rumsfeld, Segretario della Difesa degli Stati Uniti sotto l'amministrazione del Presidente Gerald
Ford dal 1975 al 1977 e successivamente sotto il presidente George W. Bush, dal 2001 all'8 novembre del 2006.
36
Su questo torneremo nel terzo capitolo.
23
americane aprirono il fuoco su un furgone a Najaf ( in arabo: ﻑﺝﻥ ﻝﺍ ) uccidendo 11 donne
e bambini e a Nassiriya i rastrellamenti casa per casa, secondo “Al Jazeera”, si
tradussero in un vero e proprio massacro. Lo stesso giorno, il Segretario della Lega
araba Amr Moussa
37
( in arabo: ﻯﺱﻭﻡ ﻭﺭﻡﻉ ), parlando alla tv greca, si dichiarò convinto
che la vera guerra sarebbe iniziata il giorno dopo la caduta di Baghdad, manifestando
preoccupazione per il possibile allargamento del conflitto a tutto il Medio Oriente e il
Mediterraneo e affermando che "la democrazia non viaggia su un B 52". Il 2 aprile, nella
capitale, fu bombardato l’ ospedale, in particolare fu colpito il reparto maternità e, in
Giordania, il Fronte d’azione islamico intimò al governo di espellere dal Paese i soldati
americani, sostenendo che dar loro appoggio nella guerra contro l’Iraq costituiva un
tradimento dell’Islam e della nazione araba. Re Abd Allah II ibn al-Husayn
38
( in arabo:
نيسحلا نبٳ يناثلا الله دبع ), in difficoltà tra pressioni interne e fedeltà atlantica, si difese
ricordando di aver negato lo spazio aereo giordano alla coalizione e definì come una
“aggressione” la guerra contro l’Iraq. Il 3 aprile, a Baghdad, si combatteva ferocemente
nei pressi dell’aeroporto mentre il segretario della Difesa britannico, Geoff Hoon
39
,
ammetteva l’uso di cluster bomb ed il governo inglese sollecitava caldamente il premier,
Tony Blair, a non consegnare i prigionieri iracheni agli USA, che li avrebbero deportati a
Guantanamo. Il 4 aprile la tv irachena mostrò Saddam Hussein, rilassato, in un bagno di
folla mentre ad un posto di blocco presso Baghdad, due ragazze (una era incinta)
compirono un attentato suicida in cui morirono 3 marines. Bassora, anche senza acqua,
resisteva ancora agli inglesi. Intanto il Congresso USA stanziò 79 miliardi di dollari,
chiesti da Bush, per vincere la guerra ma che bastarono solo per il primo mese di
attacco. Il 5 aprile, due colonne di mezzi blindati entrarono a Baghdad sparando e
provocando la morte di 1000 soldati iracheni. Saddam Hussein continuava ad incitare gli
iracheni ad attaccare l’invasore, ma la guardia repubblicana sembrava dissolta e
moltissimi civili si misero in fuga, anche se la battaglia in città continuava. Bush
trionfante declamò: "La liberazione dell’Iraq si va estendendo di villaggio in villaggio, di
città in città". In effetti, il 6 aprile, le truppe britanniche entrarono a Bassora, quelle
americane presero Kerbala ( in arabo: ء.ﺏ ﺭﻙ ) e l’aeroporto di Baghdad; l’assedio della
capitale continuò fino al 9 aprile, giorno in cui la città cadde mentre le immagini che
mostrarono l’abbattimento della statua di Saddam in piazza del Paradiso, cominciarono
37
Ancora in carica dalla sua elezione nel maggio del 2001.
38
Abd Allāh II ibn al-Husayn ( in arabo: نيسحلا نبٳ يناثلا الله دبع ) è l'attuale monarca del Regno Hascemita di
Giordania, sul trono dal 7 febbraio del 1999.
39
Geoffrey "Geoff" William Hoon, Segretario di Stato della Difesa, della Gran Bretagna, dall’ 11 ottobre 1999 al 5
maggio 2005.
24
ad essere ossessivamente trasmesse dai teleschermi di tutto il mondo.
Immediatamente, gli USA imposero alla guida dell’Iraq postbellico Jay Gardner,
generale in pensione amico di Rumsfeld e strettamente legato alla lobby ebraica,
dirigente di una società di alta tecnologia missilistica che aveva come maggior cliente il
Pentagono. La massima autorità civile dell’Iraq fu, così, un ex militare legato all’industria
delle armi la cui società aveva appena bombardato lo sventurato Paese, ma dopo
nemmeno un mese Gardner fu opportunamente sostituito da Paul Bremer, un civile, per
quanto sicuramente “falco”. Accanto al viceré americano che esercitava il potere reale,
una serie di iracheni anti-baatisti ampiamente finanziati dagli USA e dalla reputazione
dubbia, come il bancarottiere Ahmed Chalabi e il collaborazionista Kanaan Makiya
(sostenitore fin dal 1991 dell’occupazione permanente dell’Iraq da parte degli USA),
entrarono a far parte di una istituzione senza poteri autonomi, che in qualche modo
appariva "rappresentativa" del popolo iracheno. Nel contempo, per far fronte alle
richieste internazionali di una gestione ONU dell’Iraq postbellico, Bush e Blair ricorsero,
concordemente, all’ambigua formula del "ruolo vitale dell’ONU", spiegando che ruolo
vitale voleva dire "aiutare il popolo iracheno a vivere liberamente, cioè cibo, medicine,
aiuti, contributi" e anche "aiutare il governo ad interim a stare in piedi finché non salterà
fuori il governo reale": Bush prospettava, con tali affermazioni, un governo
d’occupazione a tempo indeterminato, con l’ONU a fare da copertura e a distribuire un
po’ di generi di sussistenza. Il Vice Presidente americano Dick Cheney si applicò, subito,
ai calcoli sulla produzione petrolifera ottenibile entro la fine dell’anno ritenendo che
sarebbe stato possibile estrarre 2.500.000 barili al giorno, come nel 1988, e mettendo le
mani avanti affermando che l’ONU non era attrezzata per la gestione dei medesimi e
che si limitasse, quindi, a fornire aiuto umanitario. Il 13 aprile, tutti i campi petroliferi
furono portati sotto il controllo americano, e, il 16, la Casa Bianca si premurò di
chiedere all’ONU la sospensione delle sanzioni all’Iraq, ora che era libero, e lo sblocco
del petrolio iracheno a vantaggio degli invasori. Intanto, gli occupanti consentirono di
fatto, e probabilmente favorirono, appropriazioni, saccheggi e devastazioni indiscriminati
mentre le truppe statunitensi si premurarono di proteggere solo il Ministero del Petrolio.
Anche il Museo nazionale, in cui erano esposti i cimeli più preziosi delle civiltà fiorite sul
territorio iracheno dal 7000 a.c. al 1000 d.c., fu invaso dai vandali, dopo che la
cannonata di un tank USA ne distrusse il portone d’ingresso: i marines americani,
chiamati in soccorso, si rifiutarono di intervenire e 1700 reperti furono, così, distrutti e