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PREMESSA
Una delle meraviglie che il nostro paese offre a noi cittadini e al resto
del mondo, è di sicuro il buon cibo. Ben lungi dall’avvallare lo
stereotipo dell’Italia “pizza sole e mandolino”, tuttavia è da riconoscere
l’importanza della tradizione culinaria italiana. Tradizione che affonda
le sue radici in un’economia contadina che per secoli ha segnato la
nostra società, il nostro modo di vivere, il nostro lavoro, insomma la
nostra storia. E ancora oggi, nell’era della globalizzazione, continua a
farlo.
L’equazione è semplice:
prodotti agricoli di qualità = buon cibo
sappiamo che la cucina italiana è il risultato di materie prime che con
maestria ed esperienza sono fuse in un crogiolo di sapori unici.
Leggiamo su riviste e quotidiani dell’orgoglio “made in Italy”,
sentiamo parlare in tv o alla radio dell’eccellenza italiana nel settore
agroalimentare e di come questa sia a rischio e vada tutelata.
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6
La tutela del prodotto “made in Italy” è insomma un argomento
all’ordine del giorno, di cui si discute in dottrina, in giurisprudenza e tra
i seggi del Parlamento ormai da diversi anni. Tutelare il prodotto
italiano vuol dire proteggerlo dalle imitazioni e contraffazioni, ma
soprattutto significa mettere al sicuro noi consumatori. Renderci
immuni da pubblicità ingannevoli, indicazioni false o fallaci e darci la
possibilità di scegliere il prodotto sulla base di informazioni chiare ed
esaustive. Tra queste, largo peso ha l’indicazione sulla confezione
dell’origine geografica del prodotto agro-alimentare.
Obiettivo del presente lavoro è individuare l’importanza dell’obbligo di
indicare in etichetta l’origine geografica del prodotto, l’attenzione che il
diritto agroalimentare nazionale e comunitario riserva a questo
argomento, nonchØ la verifica della sua ammissibilità nel nostro
ordinamento.
Fondamentale è partire con il distinguere il marchio di origine da quelli
industriali e di qualità che la legislazione italiana e comunitaria
prevedono e regolano. Fatta questa distinzione, è possibile affrontare le
tematiche relative alle scelte del Legislazione italiano in materia di
origine e sulla loro legittimità alla luce della vigente disciplina
comunitaria in materia. A conclusione l’attenzione sarà focalizzata su
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un caso di studio: la tutela dell’origine dell’olio vergine ed extravergine
d’oliva italiano.
Nel primo capitolo trova spazio la descrizione della disciplina del
marchio industriale. Si analizzano definizione, funzione e requisiti del
marchio procedendo con la classificazione delle diverse tipologie di
marchio. Tra queste particolare rilievo sarà dato ai marchi di qualità e
alle indicazioni di specificità volute dal legislatore Comunitario.
Questo permette una trait d’union con il capitolo secondo, che rivolto
approfondisce la disciplina comunitaria dei marchi DOP, DOC,
DOCG, IGP, IGT, STG. Si analizza la ratio della normativa e gli
obiettivi che il legislatore comunitario si è posto nel lontano 1992, anno
in cui ha preso vita questo nuovo regime normativo. Si illustra
l’evoluzione normativa evidenziando i cambiamenti relativi ai rapporti
tra gli stati europei i terzi stati membri del WTO, le motivazioni che
hanno spinto la Commissione a sostituire nel 2006 il regolamento
comunitario n. 2081/1992 con il nuovo regolamento n. 510 relativo alla
protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni
d’origine dei prodotti agricoli e alimentari. A termine di tale excursus
sarà data attenzione alla reazione del legislatore italiano,
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all’accoglimento e all’attuazione del sistema delle denominazioni in
Italia.
Il terzo capitolo è dedicato alla trattazione del marchio d’origine
geografica. Distinguendo tra la normativa comunitaria e quella
nazionale in materia, è facile capire le diverse posizioni assunte da un
lato, in seno all’Unione Europea e dall’altro, in Italia rispetto
all’indicazione in etichetta dell’origine geografica del prodotto
agroalimentare. Si approfondisce la conoscenza delle scelte compiute
dal legislatore nazionale, il quale si è mosso in direzione di una piena
tutela del prodotto “made in Italy”, esponendosi a numerosi richiami
della Commissione Europea che ha formulato una serie di rilievi critici,
in ordine alla compatibilità di alcune norme italiane con il diritto
comunitario. A conclusione del capitolo si affronta la piaga della
contraffazione del prodotto agroalimentare italiano. Si riflette su
strumenti e mezzi attraverso cui le autorità Italiane cercano di contenere
questo insidioso fenomeno. Nuove tecniche di controllo emergono dal
brillante e ambizioso progetto FALSTAFF, ovvero di una banca dati
multimediale dei prodotti autentici inserita nel sistema informativo
AIDA (Automazione Integrata Dogane e Accise) dell’Agenzia.
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Infine, col quarto capitolo si analizza lo studio del caso specifico: la
tutela riservata all’olio vergine ed extravergine d’oliva. Di particolare
interesse è l’exursus normativo in materia, che ci porta al 2009 con il
nuovo regolamento comunitario volto a tutelare l’origine della materia
prima cioè dell’oliva, da indicare in etichetta. Un traguardo per tutti i
paesi membri dell’Unione Europea ma in particolar modo per l’Italia
che da anni si batte per l’etichettatura obbligatoria e ottiene la scritta
"Prodotto in Italia", riconoscimento di fatto riservato agli oli DOP.
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Capitolo primo
IL MARCHIO IN GENERALE
1.1 NATURA E FUNZIONE DEL MARCHIO
Il marchio è il segno distintivo attinente all’attività di impresa, assume
la forma di un particolare segno stampato sulle confezioni di prodotti e
merci.
La disciplina del marchio registrato è prevista dagli art. 2569-2574 del
codice civile e dagli art. 7-28,della sezione I, capo II del nuovo Codice
della Proprietà Industriale
1
.
L’art. 7 del codice della proprietà industriale disciplina l’oggetto della
registrazione, la norma statuisce che ”Possono costituire oggetto di
registrazione come marchio d'impresa tutti i segni suscettibili di essere
rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di
persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o
della confezione di esso, le combinazioni o le tonalita' cromatiche,
1
Il Codice della proprietà industriale è contenuto nel D.lgs n. 30 del 10 febbraio 2005, in seguito
modificato dal D.L. n. 35/2005 e dal D.lgs n. 140/2006.
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purche' siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da
quelli di altre imprese”.
Quanto invece al diritto di esclusività, l’art. 2569 c.c. prevede che “ha
diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per le
quali è stato registrato” il soggetto che abbia registrato nelle forme
previste dalla legge il nuovo marchio.
Il segno che si intende registrare come marchio deve possedere i
seguenti requisiti di tutela:
• capacità distintiva o originalità
2
: deve avere carattere
distintivo. Non possono pertanto essere registrati i segni
costituiti da denominazioni generiche di un prodotto o un
servizio. Allo stesso modo, non possono essere registrate come
marchio le descrizioni o i segni che indicano delle qualità
intrinseche del prodotto o del servizio come la sua specie, la
qualità, la quantità, la destinazione, l'epoca di fabbricazione o la
provenienza geografica (per indicare la quale si deve ricorrere
alla denominazione d'origine). La funzione del marchio infatti è
quella di contraddistinguere un prodotto o un servizio offerto da
un imprenditore o impresa, da quello di altri prodotti o servizi
2
Art. 13 del Codice della proprietà industriale.
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7
offerti da altri imprenditori o imprese. Pertanto è vietato
registrare come marchio una forma necessaria per conseguire
un risultato tecnico, imposta dalla natura stessa del prodotto o
che dia allo stesso un valore sostanziale
3
Le denominazioni
generiche in lingua straniera sono tutelabili come marchi solo
se la lingua non è nota in Italia;
• rappresentabilità grafica
4
: il segno deve essere
rappresentabile graficamente (es. disegni o parole), al fine di
essere individuato con esattezza dal consumatore. In astratto,
può essere anche una tonalità di colore, un suono (marchi
uditivi) o anche una fragranza (marchi olfattivi);
• novità estrinseca
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: non deve essere stato usato in precedenza
come marchio, ditta o insegna per prodotti o servizi identici o
simili a quelli per cui viene registrato;
• liceità
6
: non deve essere contrario alla legge, all'ordine
pubblico e al buon costume, non deve ingannare il pubblico,
in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o
sulla qualita' dei prodotti o servizi,il suo uso non deve
3
Art. 9 del Codice della Proprietà Industriale.
4
Art. 7 del Codice della Proprietà Industriale.
5
Art. 12 del Codice della Proprietà Industriale.
6
Art. 14 del Codice della Proprietà Industriale.
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costituire violazione di un altrui diritto di autore, di
proprieta' industriale o altro diritto esclusivo di terzi.
Volendo semplificare quanto detto sopra, si può dire che il marchio
sia l’insieme delle parole e/o i segni che l’imprenditore sceglie ed
utilizza per distinguere i beni e i servizi che produce dagli altri beni
e servizi presenti sul mercato. In realtà la sua funzione va al di là
dell’aspetto distintivo, esso risulta essere fondamentale per
“catturare” la clientela. Il consumatore non compie solo una scelta
commerciale e razionale, la sua è anche una scelta emotiva, proprio
perchØ prova maggiore curiosità e interesse rispetto ad un marchio
piuttosto che ad un altro e tende ad affezionarcisi. All’atto
dell’acquisto di prodotti dotati di marchio, il consumatore assegna
ad essi un determinato valore fondato su specifici requisiti
qualitativi, questi vengono riconosciuti dalla società come
sinonimo di un particolare stile di vita o di una certa personalità.
L’aumentare e il reiterarsi di questi comportamenti, sia da parte dei
consumatori, che in termini di reazione della collettività, determina
una piø o meno marcata fedeltà al marchio il quale,a sua volta,
vede lievitare il suo valore economico.
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1.2 CLASSIFICAZIONE DEL MARCHIO
Diverse sono le tipologie di marchio previste dalla legislazione
italiana.
Una prima distinzione da fare è quella tra il marchio individuale e il
marchio collettivo, disciplinato quest’ultimo all’art. 2570 c.c. ed
anche all’art. 11 del Codice della Proprietà Industriale. Il primo
collega in modo permanente un prodotto ad una determinata impresa,
per esso è esclusa la possibilità di un uso contemporaneo da parte di
piø imprese. Il secondo invece, è un segno distintivo usato da piø
soggetti, anche nello stesso momento, per contrassegnare prodotti
uguali o affini, esso garantisce l’origine, la natura o la qualità di
determinati prodotti o servizi
7
.
Il marchio collettivo può essere costituito da segni o indicazioni che
nel commercio possono servire per designare la provenienza
geografica di prodotti o servizi. In questo caso, l’Ufficio italiano
brevetti e marchi può rifiutare,con provvedimento motivato, la
registrazione quando i marchi richiesti possano creare “situazioni di
7
Es. Vero Cuoio Italiano, marchio collettivo gestito dal consorzio Vero Cuoio Italiano formato
da 12 concerie della provincia di Pisa.
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ingiustificato privilegio, o comunque recare pregiudizio allo sviluppo
di altre analoghe iniziative nella regione”
8
.
Una volta registrato il marchio collettivo costituito da nome
geografico, il titolare non è in diritto di vietare a terzi l’uso nel
commercio dello stesso nome, purchè tale utilizzo sia conforme ai
principi della correttezza professionale e cioè limitato alla funzione di
indicazione della provenienza
9
.
Le ulteriori distinzioni fatte dal Legislatore italiano e comunitario
prevedono altre categorie di marchi che possono brevemente
elencarsi:
• il marchio di fabbrica e il marchio di commercio. L’uno
apposto dal produttore, quindi chi costruisce il prodotto,
l’altro apposto dal rivenditore del prodotto ovvero colui il
quale mette in circolazione il prodotto;
• il marchio forte e il marchio debole. Il primo si
caratterizza per una spiccata originalità e notevole capacità
distintiva (ad esempio non deve avere attinenza con il
8
Art. 11 del Codice della Proprietà Industriale.
9
Art. 11 del Codice della Proprietà Industriale.
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11
prodotto o servizio a cui si riferisce)
10
. Invece, il secondo
presenta una minore originalità (ad esempio per una diretta
relazione con il prodotto o servizio che contraddistingue)
anche se detiene una minima capacità distintiva necessaria
per differenziarlo ed essere tutelato
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;
• il marchio di conformità
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. Esso certifica la conformità del
prodotto a specifici requisiti tecnici, affermati dalle Direttive
Comunitarie. Si tratta di requisiti fondamentali per la tutela
della salute e dell’ambiente, oltre che per la sicurezza dei
consumatori. Questo marchio è facilmente riconoscibile
dalla presenza sul prodotto stesso o sulla sua confezione
della sigla CE scritta con caratteri particolari. Il marchio di
conformità non certifica nØ la qualità, nØ l’origine del
prodotto ed è obbligatorio per molte categorie
merceologiche sul commercio.
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Es. Strega, famoso marchio di liquore.
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Es. Benagol, marchio di un prodotto farmaceutico.
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Introdotto nell’ ordinamento europeo con la decisione 93/465/CEE ,abrogata in seguito dalla
decisione n. 768/2008/CE relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti.
Le disposizioni relative alla marcatura CE figurano ormai nel regolamento n. 765/2008.
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