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INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi tratta in maniera approfondita tutti gli aspetti
relativi al pellet di legno, un prodotto utilizzabile a fini energetici che
rappresenta una valida alternativa ai combustibili fossili, permettendo la loro
sostituzione con un vettore energetico rinnovabile di origine biologica.
Lo studio si apre con una parte generale nella quale vengono trattati
argomenti di carattere bibliografico:
normativa europea e italiana sul pellet di legno;
processo di produzione e materie prime utilizzate per la fabbricazione
del biocombustibile;
mercato del biocombustibile in Europa e in Italia.
La seconda parte, riguarda la descrizione dettagliata dell’impianto di
pellettizzazione di un’azienda (azienda agricola “Feudo dei Verità” sita in
Mariotto-Bitonto, prov. di Bari) e l’analisi tecnico-economica ad essa relativa,
effettuata per valutare la convenienza dell’investimento.
La suddetta azienda ha fornito tutte le tipologie di pellet da essa prodotte
necessarie per l’elaborazione della parte sperimentale del lavoro di tesi. Si è
proceduto, infatti, con la preparazione di campioni rappresentativi delle diverse
tipologie di biocombustibile e su di esse sono state effettuate le analisi
sperimentali, riassunte nei seguenti punti:
1. determinazione dell’umidità dei campioni di pellet;
2. realizzazione di prove di durabilità meccanica;
3. realizzazione di prove per la determinazione del contenuto di
ceneri;
4. realizzazione di prove di resistenza a compressione radiale e calcolo
del modulo di elasticità;
5. determinazione della densità dei pellet;
6. Analisi ed elaborazione dei risultati.
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La parte sperimentale dello studio ha avuto come obiettivo principale la
ricerca di correlazioni tra la durabilità meccanica del biocombustibile e altre
caratteristiche fisico-meccaniche dello stesso (densità, umidità, modulo elastico
e resistenza a compressione).
Il presente lavoro si sofferma maggiormente sulla durabilità in
ottemperanza alla norma UNI/TS 11263:2007 “Biocombustibili solidi -
Caratterizzazione del pellet a fini energetici” che fissa principi univoci per
consentire una facile caratterizzazione del pellet per usi energetici mediante
l’individuazione di quattro classi, definite in funzione della materia prima
d’origine e delle caratteristiche fisiche e chimiche del prodotto finito. Tra
queste, i principali indicatori della qualità fisica dei pellet sono la durabilità e la
densità (Temmerman et al., 2006). I pellet, infatti, sono soggetti, durante le
operazioni di produzione, trasporto e stoccaggio, ad usura meccanica con
conseguente produzione di particelle fini o polveri. Tale fenomeno non
rappresenta un inconveniente solo per il consumatore finale (perdita di prodotto)
ma anche un pericolo per la salute (Vinterbäck, 2004). Le particelle fini prodotte
dai pellet con tendenza a spolverare in seguito ad azioni meccaniche,
potrebbero, inoltre, disturbare i sistemi di alimentazione dei dispositivi di
utilizzo (stufe, caldaie) e portare ad una disomogeneità nei processi di
combustione (Lehtikangas, 2000).
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1. NORMATIVA SUL PELLET
Per normativa tecnica si intende un documento che definisce le
caratteristiche (dimensionali, prestazionali, ambientali, di sicurezza, di
organizzazione ecc.) di un prodotto, processo o servizio, secondo lo stato
dell'arte. L‟importanza di una normativa che guidi la produzione è determinante,
particolarmente quando si parla di pellet. Questo particolare biocombustibile è,
infatti, complementare agli impianti che va ad alimentare, in quanto solo un
pellet con un dato diametro, una data lunghezza, che produce un dato
quantitativo limite di ceneri è capace di non creare problemi di sorta agli
impianti utilizzatori, specialmente le piccole stufe; se, invece, il pellet è
destinato all‟utilizzo in impianti di media e grande potenza, è possibile un suo
utilizzo senza particolari problemi, anche se questo non presenta un livello
qualitativo ottimale.
L‟esistenza di una normativa che guidi la produzione e l‟utilizzazione di
pellet è, quindi, determinante in special modo per gli impianti di piccola
potenza, caratterizzati da elevate tecnologie costruttive e che, pertanto,
presuppongono la combustione di materiale quanto mai omogeneo.
1.1. LA NORMATIVA EUROPEA
A livello europeo la normativa che disciplina i biocombustibili solidi e, tra
questi, il pellet è rappresentata dalla specifica tecnica CEN/TS 14961:2005
“Solid biofuels - Fuel specifications and classes” che definisce criteri generali
per la classificazione dei biocombustibili. Gli obiettivi fondamentali della
specifica tecnica sono:
fornire dei chiari principi di classificazione dei biocombustibili evitando
ambiguità;
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essere uno strumento utile alla realizzazione di un commercio efficiente
dei biocombustibili;
creare un rapporto di chiara comprensione tra chi vende e chi acquista;
essere uno strumento di comunicazione con i costruttori di macchine ed
apparecchiature;
facilitare le procedure di autorizzazione da parte delle Istituzioni
interessate.
La CEN/TS 14961:2005 definisce le classi di qualità dei biocombustibili
solidi ottenuti dalle seguenti fonti:
1. prodotti agricoli e forestali;
2. rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;
3. rifiuti vegetali dell'industria agro- alimentare;
4. rifiuti di legno ad eccezione di quelli che possono contenere composti
organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento protettivo o di
rivestimento, inclusi in particolare i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai
rifiuti edilizi e di demolizione;
5. rifiuti vegetali fibrosi derivanti dalla pasta di carta grezza e dalla produzione
di carta, se il processo di coincenerimento viene effettuato sul luogo di
produzione e l'energia termica generata è recuperata;
6. rifiuti di sughero.
La classificazione si basa sull‟origine e sulle fonti dei biocombustibili.
Nell‟ambito di un sistema di classificazione gerarchica, sviluppato su quattro
livelli, sono individuati i seguenti gruppi principali di fonti di biocombustibili
solidi:
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biomassa legnosa;
biomassa erbacea;
semi e frutti;
miscele e miscugli dei precedenti.
Nell‟ambito di ognuno di tali gruppi principali è individuato un secondo
livello di classificazione in cui le biomasse sono ulteriormente distinte in
relazione al fatto che si tratti di prodotti delle attività colturali o forestali,
sottoprodotti, residui industriali o legno a fine vita, vergine o trattato. Le
biomasse sono poi ulteriormente suddivise nei sottogruppi del terzo e quarto
livello (si veda a titolo esplicativo la classificazione riportata in tabella 1,
relativa alle biomasse legnose).
Dei biocombustibili che da tali fonti derivano vengono specificate le qualità
caratteristiche e suddivise in classi. In tabella 2 sono riportate le caratteristiche
dei pellet. In realtà la specifica tecnica fornisce dei criteri generali e demanda ai
singoli Paesi la possibilità di definire delle classificazioni vere e proprie, anche
in relazione alle diverse disposizioni legislative nazionali vigenti in materia di
biomasse.
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Tabella 1. Classificazione della fonte “biomasse legnose” di biocombustibili solidi (UNI
CEN/TS 14961:2005).
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Oltre alle specifiche relative al materiale, il CEN (Comitato Europeo di
Normazione) ha emanato anche un pacchetto di norme che caratterizzano le
Tabella 2. Caratteristiche dei pellet3 (UNI CEN/TS 14961:2005).
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procedure di analisi per la determinazione dei principali parametri caratterizzanti
le qualità fisiche e chimiche dei biocombustibili solidi.
I Paesi Europei nei quali esiste una normativa in materia sono quelli in cui
si è sviluppato un cospicuo mercato.
In Austria la norma ÖNORM M 7135 definisce i requisiti per il legno
pressato (categoria HP) e per la corteccia (categoria RP) ad uso combustibile.
Nella sua ultima revisione (01/11/2000) prevede tre classi dimensionali per
ognuno dei due tipi di prodotto. Per quanto riguarda i pressati del legno esse
sono identificate come HP1, HP2 e HP3: si va dalla classe 1, che raggruppa il
materiale più minuto da impiegare per piccoli e medi impianti ad alimentazione
automatica, alla classe 3, che comprende il materiale di dimensioni maggiori,
bricchette usate in tutti i tipi di apparecchiature a caricamento manuale. Per il
pellet minuto (classe HP1) la normativa riporta i seguenti parametri
dimensionali:
diametro: da 4 a 10 mm;
lunghezza: max 5 volte il diametro;
ed altri parametri di carattere tecnico quali:
densità: ≥ 1,12 kg/dm3;
contenuto idrico: ≤ 10%;
contenuto di ceneri: ≤ 0,5% del peso anidro;
potere calorifico inferiore riferito allo stato anidro: ≥ 18,0 MJ/kg;
durabilità: ≥ 97,7%.
Come materia prima per la produzione del pellet la normativa stabilisce si
debba adoperare legno naturale, privo cioè di contaminanti o conservanti. È
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tuttavia ammesso l‟utilizzo, nella fase di fabbricazione, di leganti di origine
naturale, quali farina di frumento ed amido, purché non superino la quota del
2%.
La normativa tedesca (DIN 51731), valida anch‟essa per pellet e bricchette,
prevede per il pellet cinque classi dimensionali che vanno dalla HP1,
comprendente la categoria di dimensioni maggiori, alla HP5, relativa alla
categoria più minuta. Riferendosi a questa ultima la normativa riporta i seguenti
parametri:
diametro: da 4 a 10 mm;
lunghezza: max 5 volte il diametro;
densità: 1 - 1,4 g/cm3;
contenuto idrico: < 12%;
contenuto di ceneri: < 1,5%,
potere calorifico inferiore riferito allo stato anidro e in assenza di ceneri:
17,5 - 19,5 MJ/kg.
Per alcuni parametri questa normativa risulta più permissiva: il contenuto
massimo di ceneri è triplicato rispetto a quello previsto dalla normativa austriaca
e il contenuto massimo di zolfo è raddoppiato. La normativa tedesca risulta
invece molto più rigorosa per quanto riguarda la composizione chimica del
pellet, imponendo delle importanti limitazioni per tutti gli elementi
potenzialmente tossici: cadmio (0,5 mg/kg), cromo (8), mercurio (0,05), piombo
(10), rame (5) e zinco (100), nonché l‟arsenico (0,8 mg/kg).
Altra normativa è quella svedese (SS 18 71 20) che presenta tre gruppi
dimensionali distinti esclusivamente in funzione della lunghezza massima
riferita al diametro. Risulta più permissiva rispetto a quella austriaca per quanto
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riguarda il potere calorifico (≥ 16,9 MJ/kg), mentre per gli altri parametri è
sostanzialmente molto simile.
Richiesta invece, fatto unico fra tutte le normative, l‟indicazione delle
temperatura di fusione delle ceneri. Alle normative di più lunga esistenza si è
recentemente (marzo 2003) affiancata anche una normativa francese, redatta dal
Pellet Club francese, mirata a proteggere i mercati dalla possibile entrata di
prodotti combustibili di cattiva qualità.
La norma francese stabilisce quattro diverse categorie di pellet alle quali
vengono attribuiti dei differenti parametri dimensionali in base agli impianti di
combustione cui sono destinate.
Importante distinzione viene fatta per le dimensioni del pellet utilizzabile
nelle stufe ad uso domestico e quello impiegabile nelle caldaie. Riferendosi alla
categoria di pellet per stufe la norma riporta i seguenti parametri dimensionali:
diametro: 6 ± 1 mm;
lunghezza: da 10 a 30 mm.
Per la categoria destinata alle caldaie i parametri dimensionali sono:
diametro: da 8 a 10 ± 1 mm;
lunghezza: da 10 a 50 mm.
Per i parametri di carattere tecnico la normativa non stabilisce distinzioni per le
due categorie:
umidità: < 10%;
densità apparente: > 650 kg/m3;
densità specifica: da 1200 a 1400 kg/m3;
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contenuto di ceneri: < 1%;
contenuto di sodio: < 300%;
contenuto di cloro: <0,3 %;
contenuto di zolfo: 0,08%;
contenuto di azoto: < 0,3%;
contenuto di leganti naturali: massimo 5% con obbligo di contrassegno
per tipo e contenuto.
1.2. LA NORMATIVA IN ITALIA
La normativa italiana in materia di pellet è la più recente tra quelle fino ad
ora discusse. Solo nel novembre del 2007 è, infatti, entrata in vigore la norma
UNI/TS 11263:2007 “Biocombustibili solidi - Caratterizzazione del pellet a fini
energetici” che fissa principi univoci per consentire una facile caratterizzazione
del pellet per usi energetici, tenendo in considerazione aspetti tecnici, economici
ed ambientali. La caratterizzazione fatta dalla UNI/TS 11263 si basa sul metodo
di classificazione per il pellet definito nella specifica tecnica UNI CEN/TS
14961. Al fine di consentire un‟agevole e sintetica classificazione delle
caratteristiche del pellet, la norma caratterizza il pellet per usi energetici
mediante l‟individuazione di 4 classi, definite in funzione della materia prima
d‟origine e delle caratteristiche fisiche e chimiche del prodotto finito (tab. 3).
In particolare l‟esigenza di fissare dei limiti al contenuto di azoto, cloro e
zolfo è legata al fatto che questi elementi costituiscono degli indicatori della
qualità delle materie prime impiegate per la produzione. Ad esempio un elevato
contenuto di azoto potrebbe indicare presenza di corteccia, colla o plastica; un
elevato contenuto di zolfo potrebbe indicare presenza di corteccia o additivi
organici e inorganici; un elevato contenuto di cloro potrebbe indicare la
presenza di corteccia, di preservanti chimici o di sale proveniente dalle strade.