INTRODUZIONE
I comportamenti aziendali che, attraverso l’adozione
di prassi e modelli, tendono ad integrare il valore
economico con quello sociale costituiscono l’area della
Responsabilità Sociale. Negli ultimi anni è in continuo
aumento l’interesse per le iniziative che legittimano
l’impresa agli occhi della società civile. La volontà di
tradurre in programmi concreti i principi dettati dallo
sviluppo sostenibile e l’evoluzione delle dinamiche
economiche hanno portato ad un profondo radicamento
dei principi etici, dell’attenzione all’ambiente e al sociale,
nelle imprese moderne.
In particolare i fattori critici da considerare sono la
globalizzazione dei mercati, l’abbattimento delle barriere
per gli scambi internazionali, la standardizzazione dei
prodotti e del consumo, dovuta ad un diverso
comportamento d’acquisto dei consumatori, che vivono il
processo d’acquisto come una vera e propria “esperienza
d’acquisto” ed infine la volontà di soddisfare le esigenze
di tutti gli stakeholder dell’impresa e di creare valore
allargato nel lungo periodo per tutta la rete degli stessi.
L’idea che oggi si ha di questo approccio è che non
consiste in un fenomeno passeggero, ma costituisce il
comportamento dell’impresa del futuro. In tal senso si
vuole far riferimento non solo alle grandi multinazionali,
ma anche e soprattutto alle imprese di medie e piccole
dimensioni fortemente radicate in un territorio e inserite in
un network costituito da un insieme di attori quali autorità
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pubbliche, imprese profit e non profit, scuole, università,
centri di ricerca etc..
La sfida del futuro sta nel riuscire a diffondere in
questo tipo di imprese l’approccio alla RSI. A tal fine gli
studi in materia si stanno concentrando su un approccio
basato su un “network coordination”, ovvero su forme di
collaborazione tra gruppi di imprese a livello settoriale o
di area territoriale o di distretto idonee ad individuare reali
priorità di intervento locale e volte a rimuovere fattori in
grado di condizionare lo sviluppo armonico del territorio.
In un simile scenario il presente lavoro si è posto
l’obiettivo di analizzare le dinamiche evolutive della RSI
fino ad esprimere quali potranno essere le prospettive
future del tema.
Pertanto, particolare attenzione viene posta nel
primo capitolo all’evoluzione del pensiero teorico in tema
di responsabilità sociale, partendo da una primo approccio
del 1953 di H. Bowen, definito il padre della CSR, il quale
ritiene che la Responsabilità Sociale sia il “dovere degli
uomini d’affari di perseguire quelle politiche, di prendere
quelle decisioni, di seguire quelle linee di azione che sono
desiderabili in funzione degli obiettivi e dei valori
riconosciuti dalla società”.
Si cercherà inoltre di esplicitare la teoria degli
stakeholder, ovvero di coloro i quali per qualsiasi motivo
entrano in contatto con l’impresa, per definire
l’importante ruolo che gli stessi hanno nelle imprese
orientate alla RSI.
Pur trattando delle tematiche di tipo strettamente
volontarie, è necessario evidenziare l’impegno
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dell’Unione Europea alla diffusione dell’adesione
volontaria da parte delle organizzazioni alla RS al fine di
migliorare le condizioni ambientali e di aumentare la
trasparenza dei propri comportamenti nei confronti di tutti
gli stakeholder. Necessarie ai fini di questa
regolamentazione sono le iniziative proposte in ambito
internazionale e nazionale.
Quando si parla di RSI non si può non tener conto
del termine “accountability”, ovvero dell’attitudine a
raccontare, ad essere trasparenti e ad informare i soggetti
che in qualche modo intessono relazioni con l’impresa. In
un sistema di rendicontazione così inteso il fine è creare
una “relazione” tra l’impresa e i suoi portatori di interessi
generali attraverso un processo di comunicazione
biunivoca. Si va quindi verso una “stakeholder
relationship”.
L’impresa nel lungo periodo mira a creare valore
non piø solo per gli azionisti, ma anche per la società
civile nel suo insieme.
Nel secondo capitolo, invece, si pone l’attenzione
sui principali strumenti di cui l’impresa può disporre per
implementare la RS.
In primo luogo del codice etico, quale “Carta
Costituzionale” dell’impresa che esplicita il “contratto
sociale” tra l’impresa e i diversi gruppi di individui che
con essa interagiscono. Nonostante rimane ancora molto
da fare in ambito sociale, questo documento a partire dagli
anni ’90 ha registrato una notevole intensificazione.
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La necessità di analizzare poi il bilancio ambientale
viene dalla considerazione che oggi l’impresa sia un
sistema aperto, ovvero trae la sua vitalità dai continui
scambi con l’ambiente esterno. Essa prende dall’esterno
risorse che una volta trasformate in prodotti reimmette
nell’ambiente sotto diverse forme. La consapevolezza
della limitata “carrying capacity” del pianeta, ovvero della
contenuta attitudine di cui i sistemi ecologici sono dotati
nel sostenere la presenza degli esseri viventi, ha spinto le
organizzazioni ad integrare la variabile ambientale nei
sistemi di gestione ambientale. A tal fine il bilancio
ambientale rappresenta lo strumento che meglio riesce a
garantire il controllo a consuntivo di questa variabile.
Un altro modello che le imprese possono adottare
per diffondere la CSR è il Cause Related Marketing. Esse
attraverso l’implementazione di forme di partnership con
organizzazioni non profit mirano alla promozione dei
prodotti/servizi offerti e della propria immagine. La
particolarità di questo approccio è che garantisce ad
entrambe le parti di trarne beneficio. L’esigenza di
adottare queste pratiche nasce dal diverso comportamento
d’acquisto del consumatore moderno rispetto al passato,
egli infatti è sempre piø attento alle iniziative in ambito
sociale adottate dalle imprese e tende a mettere il
comportamento etico alla base delle sue scelte.
L’ultimo paragrafo rivolge l’attenzione alla carta dei
valori dell’impresa, ovvero una “raccolta di
comandamenti aziendali” che costituisce parte integrante
della mission e che definisce il comportamento
dell’impresa stessa.
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Un’impresa socialmente responsabile non può non
porre attenzione a temi quali lavoro minorile, lavoro
forzato, salute e sicurezza dei lavoratori, libertà di
associazione e diritto alla contrattazione collettiva,
discriminazione, procedure disciplinari, orario di lavoro e
livello salariale minimo. Punti questi, trattati dalla SA
8000 un modello gestionale ad uso volontario certificato
da enti terzi accreditati.
Ed infine un’attenzione particolare verrà rivolta alla
norma ISO 26000:2010 che rappresenta il vero futuro
della RSI. Essa ha il compito di aiutare le organizzazioni a
contribuire allo sviluppo sostenibile.
L’ultimo capitolo del presente lavoro può essere
suddiviso in due parti. In una prima parte si tratterà il tema
della rendicontazione in una prospettiva evolutiva,
mettendo in evidenza il ruolo del principale strumento
della RSI, il bilancio sociale. A tal riguardo un’analisi dei
principali standard sia di processo che di contenuto che
mirano alla redazione di un buon documento si
renderanno utili ai fini del presente lavoro. Data
l’importanza assunta dalle organizzazioni non profit, nella
trattazione si farà cenno anche al documento di
rendicontazione che meglio si addice a questo tipo di
organizzazioni, ovvero, il bilancio di missione.
Documento che mira a rendicontare come è stata
perseguita la missione definita nello statuto, missione che
non può che essere sociale.
Nell’ottica dello sviluppo sostenibile e in una logica
di “triple bottom line”, le imprese hanno a disposizione un
altro strumento per comunicare all’esterno; l’impegno da
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esse assunto per la sostenibilità, il bilancio di sostenibilità;
di cui nel presente lavoro ne saranno evidenziate le
caratteristiche e i benefici.
La seconda parte del capitolo, invece, si concentra
sulla rendicontazione territoriale e sul rapporto tra le PMI
e la responsabilità sociale.
La spiccata diffusione di questa tipologia di imprese
sul territorio, ha spinto gli studiosi in materia a rivolgere
l’attenzione sul rapporto che esse hanno con la RS. Il loro
attaccamento al territorio e l’innata presenza di valori etici
dell’imprenditore fanno pensare che per questa tipologia
di organizzazioni sia molto piø semplice adottare pratiche
di responsabilità sociale. L’indubbio problema dei costi in
una simile struttura, però, lascia immaginare che questa è
una enorme sfida per il futuro.
Particolare attenzione si porrà alle reti formate da
imprese, autorità pubbliche e altre istituzioni presenti sul
territorio che grazie alla sostenibilità mirano allo sviluppo
del territorio stesso. A tal fine gli studi in materia vanno
sempre piø concentrandosi su approcci “network
coordination” che vedono un ripensamento del concetto di
CSR.
Il lavoro si conclude, quindi, con l’approccio alla
responsabilità sociale di territorio - nuova frontiera della
RSI - e con una descrizione del Bilancio di Network
Territoriale che mira a render conto dei risultati ottenuti
dalla rete.
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CAPITOLO PRIMO
LA RESPONSABILITA’ SOCIALE
D’IMPRESA: DINAMICHE EVOLUTIVE
«… Occorre che alla progressiva mondializzazione
dell’economia corrisponda sempre piø la cultura
globale della solidarietà, attenta ai bisogni dei piø
deboli …» Giovanni Paolo II
1.1 LA RESPONSABILITA’ SOCIALE DELLE
IMPRESE: QUADRO CONCETTUALE
L’aumento della competizione tra le imprese e la
globalizzazione dei mercati spinge sempre piø le
organizzazioni a ricercare l’integrazione della creazione
del profitto con la tutela dell’ambiente e la coesione
sociale.
La responsabilità sociale d’impresa impone alle
organizzazioni di assumere “volontariamente” impegni
talvolta vincolanti e sebbene spesso non sul piano
strettamente giuridico, comunque almeno limitatamente
osservabili e verificabili da parte di coloro che li adottano.
Essa indica l’esigenza che l’impresa assuma tali
impegni nei confronti di soggetti diversi dai proprietari,
Capitolo I: La Responsabilità Sociale d’Impresa: dinamiche
evolutive
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per comportamenti conformi alle esigenze di uno sviluppo
ambientale sostenibile e alla tutela dei diritti fondamentali.
Si va progressivamente affermando, inoltre, una
concezione della responsabilità sociale d’impresa che si
basa sulla consapevolezza della crescente interdipendenza
tra i risultati economici e i risultati sociali, una concezione
che si oppone alle tesi tradizionali dell’irresponsabilità
sociale dell’impresa. Questa tesi, che si inquadra nella
prospettiva della scelta razionale, sostiene che il
comportamento razionale consiste esclusivamente nella
creazione di valore e che la sua funzione sociale si
esaurisca nel perseguimento del profitto.
Il superamento del pensiero neoclassico
dell’impresa intesa come una funzione di produzione
senza una organizzazione interna, ha portato all’idea di
impresa come una istituzione volta a governare le
relazioni tra gli stakeholder.
Nonostante il termine Corporate Social
Responsibility sia diventato di uso comune nelle aziende
solo nell’ultimo decennio, le sue origini vanno ricercate
già negli anni ’20 del secolo scorso grazie ad alcuni autori
che negli anni hanno provato a darne una definizione e ad
identificarne le dinamiche evolutive.
Negli anni ’20 in America gli uomini d’affari erano
tenuti a reagire, con risposte propositive, alle prime forme
di pressione democratiche da parte di organizzazioni
sindacali e autorità morali.
Capitolo I: La Responsabilità Sociale d’Impresa: dinamiche
evolutive
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Ma è nel 1953 grazie a H. Bowen, definito il padre
della CSR, che viene data una prima definizione del
concetto di RSI. Bowen ritiene che la Responsabilità
Sociale sia il “dovere degli uomini d’affari di perseguire
quelle politiche, di prendere quelle decisioni, di seguire
quelle linee di azione che sono desiderabili in funzione
degli obiettivi e dei valori riconosciuti dalla società”(1).
Gli uomini d’affari dovevano tenere degli
atteggiamenti etici e morali e assumersi una propria
responsabilità nei confronti dei valori condivisi della
società. Dovevano, dunque, al di là dell’attenzione al
lavoro, dare una particolare attenzione al sociale per
rafforzare l’immagine aziendale verso l’esterno(2).
In questa prima fase, come si è ben potuto vedere,
gli studi focalizzano la loro attenzione non tanto
sull’impresa in quanto organizzazione, ma sugli uomini
d’affari, i “businessman” che la gestiscono e sulle
esternalità positive e negative delle loro decisioni. Sarà
solo negli anni ’60 che andrà ad affermarsi il concetto di
Corporate Social Responsibility.
Nel 1960 infatti Keith Davis affermava che il
termine responsabilità sociale fa rifermento alle azioni e
decisioni prese per ragioni che vanno oltre l’interesse
economico o tecnico delle azienda(2). Egli con la sua
ferrea legge della responsabilità “iron law of
responsibility”, affermava che non può esistere
responsabilità senza potere e quindi una erosione della
prima comporta inevitabilmente una erosione del secondo.
Capitolo I: La Responsabilità Sociale d’Impresa: dinamiche
evolutive
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Le imprese dovranno essere attori attivi e propositivi
anche in ambito sociale, solo in questo modo potranno
uscire da un sistema chiuso di norme e vincoli(3). I
governi e i sindacati sono, invece, gli “attori” che sfidano
il business sul terreno della responsabilità sociale
Successivamente, negli anni ’70, si andarono
delineandosi diverse teorie sulla RS. Da un lato c’erano
coloro che ritenevano superfluo e costoso qualsiasi cosa
che compromettesse l’efficienza dell’impresa, dall’altro vi
erano coloro che vedevano si, la RS come un costo, ma un
costo necessario per l’impresa ai fini dell’ottenimento del
profitto. L’impresa deve adottare delle pratiche che le
consentono di differenziarsi dai concorrenti e allo stesso
tempo di soddisfare i clienti.
Le critiche alla RS non sono mancate, Friedman
sosteneva che “la sola ed unica responsabilità del business
è usare le risorse e impegnarsi in attività per aumentare il
piø possibile i profitti, nel rispetto delle regole del gioco
che sono quelle dell’aperta e libera competizione”(4).
L’impresa adotta comportamenti responsabili solo perchØ
risponde agli incentivi provenienti dal mercato in cui
opera. Ma nonostante tutto il tema della RS ha continuato
a svilupparsi e a prendere sempre piø piede nelle realtà
aziendali e numerosi altri autori hanno dato il loro
contributo per la sua evoluzione.
Nel 1971 il Committee for Economic Development
(CED) nel rapporto Social Responsabilities of Business
Corporations mostra come il contratto sociale tra imprese
Capitolo I: La Responsabilità Sociale d’Impresa: dinamiche
evolutive
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e società sia cambiato e introduce “l’approccio dei tre
cerchi concentrici”. Il cerchio piø interno comprende la
responsabilità dello svolgimento efficiente della funzione
economica dell’azienda (crescita, produzione e lavoro); il
cerchio intermedio comprende la responsabilità di essere
attenti ai valori e alle priorità sociali mentre si cerca di
perseguire il primo obiettivo di efficienza economica; il
cerchio piø esterno rappresenta la propensione
dell’impresa di farsi carico di responsabilità che non
sarebbero proprie e di agire per lo sviluppo della società
(fig. 1) (2).
Figura 1: L'approccio dei tre cerchi concentrici per il CED 1971 (2)
AffinchØ la CSR possa essere adottata è necessario
che comprenda tutte le responsabilità dell’impresa. In tal
senso è stata fondamentale la distinzione che A. B. Carroll
nel 1991ha proposto della responsabilità imprenditoriale.
L’impresa ha in primo luogo una responsabilità
economica, poi legale ed infine etica e filantropica. Per
3
2
1
RESPONSABILITA' DELL'AZIENDA
LEGATE ALLE FUNZIONI
ECONOMICHE
RESPONSABILITA' DELL'AZIENDA
NEI CONFRONTI DEI VALORI E
DELLE PRIORITA' SOCIALI
RESPONSABILITA' DELL'AZIENDA
PER MIGLIORARE L'AMBIENTE
SOCIALE
Capitolo I: La Responsabilità Sociale d’Impresa: dinamiche
evolutive
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rappresentare graficamente questa suddivisione, Carroll ha
utilizzato una piramide, suddivisa in quattro livelli. Alla
base della figura ci sono le responsabilità economiche
sulle quali si fonda tutto il resto. E’ doveroso sottolineare
che storicamente le imprese furono create come entità
puramente economiche il cui scopo principale era quello
di fornire beni e servizi alla comunità e fare profitti era
l’interesse primario, con il passare degli anni poi quel
profitto si trasformò in massimo profitto e fu ancora
questo per molti anni il solo obiettivo da raggiungere dalle
organizzazioni.
Il secondo gradino della piramide è rappresentato
dalle responsabilità legali. Dall’impresa ci si aspetta che si
attenga alle leggi perchØ essa è la codifica dei
comportamenti ritenuti accettabili e inaccettabili dalla
società. Le responsabilità legali sono al secondo gradino
della piramide ma solo per rappresentare una evoluzione
storica, in realtà, però, coesistono con le responsabilità
economiche.
Al terzo gradino della piramide ritroviamo le
responsabilità etiche. I cambiamenti dell’etica precedono
l’instaurazione della legge e la società infatti li proibisce
anche se le leggi sono state rispettate. Comprendono i
nuovi valori e le norme emergenti che la società si aspetta
che vengano adottati dalle aziende. La responsabilità etica
porta insomma ad un allargamento delle responsabilità
legali.