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Introduzione
In Italia abbiamo avuto nel corso del tempo varie tipologie di strutture di
intelligence, sempre facenti capo al potere esecutivo. Strutture, soprattutto
nei primi anni di Stato unitario, composte quasi sempre da personale
proveniente da ambienti militari. Già nel 1863, a solo due anni dalla
costituzione del nuovo Stato italiano, si costituisce presso lo Stato
Maggiore della Difesa un organo di intelligence, guidato dal generale
Edoardo Driquet. Il fascismo, per i caratteri totalitari e accentratori suoi
tipici, non poteva fare a meno di organi e dipartimenti piø o meno segreti
come la famigerata polizia segreta “OVRA”, che presentavano caratteri
piø di spionaggio nel senso tecnico del termine piuttosto che di
intelligence nel senso che noi modernamente intendiamo. Nello stesso
periodo, negli anni immediatamente precedenti alla seconda guerra
mondiale si verifica una notevole proliferazione di enti di intelligence,
come il SIM (servizio informazioni militare), il servizio informazioni di
aeronautica (SIA), della marina (SIS) e dell'esercito (SIE). Tutto questo
insieme di strutture creava spesso delle incomprensioni o delle
sovrapposizioni controproducenti, con agenti delle rispettive agenzie
impegnati magari nelle stesse operazioni senza esserne informati, cosi
“calpestandosi i piedi” a vicenda. Esisteva già una regolamentazione del
segreto militare nel nostro ordinamento, il R.D. n.1161/1941, ma era
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ancora una regolamentazione frammentaria che non teneva conto di
diverse dinamiche interne alle strutture stesse e che non poteva certo dare
una totale e razionale disciplina alla situazione corrente, caratterizzata
come prima accennato, da incomprensioni e sovrapposizioni. Nel periodo
successivo alla seconda guerra mondiale fino alla fine della guerra
“fredda”, le strutture italiane di intelligence hanno subito vari processi di
modificazione, determinati non solo dal mutato clima politico ma anche
dalla forte influenza degli Stati Uniti e quindi dell'appartenenza dell'Italia
alla alleanza atlantica. Negli anni '50 non era addirittura chiaro chi fosse a
capo dei servizi di informazione e quale fosse la tutela giuridica del
personale, con la stessa CIA che esercitava una grande influenza nel
sistema italiano dei servizi; ne è un esempio la costituzione della
organizzazione “Gladio” da parte della stessa NATO. Questa era stata
creata col solo scopo di contrastare il comunismo e eventuali attacchi da
parte dei paesi del patto di Varsavia sul territorio italiano e non solo. La
stessa Costituzione repubblicana, in vigore dal 1948, non riesce a dare una
impronta precisa e una organizzazione organica in un campo, quello della
sicurezza e dell'intelligence, cosi fondamentale. Sono certamente presenti
delle norme costituzionali riguardanti la “salus rei publice”, come gli
artt.51 e 54. Ad essere assente è invece una normativa di rango primario
che disciplini in maniera perlomeno adeguata un campo cosi importante
per la neonata Repubblica Italiana. Situazione, come prima accennavo,
determinata dal fatto che erano altri paesi con le proprie agenzie a fornire
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informazioni ed assistenza allo Stato italiano, forze esterne allo Stato che
si sostituirono alle precedenti inconsistenti strutture italiane. Una
situazione figlia del quadro politico-strategico dell'epoca, che vedeva
l'Italia tra le nazioni uscite sconfitte dalla seconda guerra mondiale e la
presenza dei “blocchi” contrapposti tra paesi “atlantici” e paesi del blocco
comunista capitanati dall'URSS. La stessa presenza imposta dagli Stati
Uniti, dell'organizzazione Gladio in funzione anticomunista è sintomatica
dell'effettivo peso politico dell'Italia, alleato del patto atlantico si, ma un
alleato quasi “vassallo”, come è stato definito da alcuni autori. La
situazione comincia a mutare con un nuovo clima politico-economico in
Italia, che porta il nostro paese a una nuova stagione di “risorgimento”
dalle ceneri della guerra; nuovi scenari si aprono negli anni '60 e '70,
conseguenti anche a una graduale distensione degli opposti schieramenti
della guerra fredda, anche se ufficialmente si fa risalire al 10 novembre
1989 la data ufficiale della fine dei “blocchi contrapposti”, con la caduta
del muro di Berlino e il disgregamento dell'URSS. Lo scenario è ormai
mutato e ci si accorge presto della necessità di avere un sistema di
intelligence adeguato e di una forte riorganizzazione e disciplina della
multiforme esperienza precedente, nonchØ di fornire adeguata protezione
giuridica non solo a chi operava in prima linea, ma a tutti gli operatori
coinvolti. Quello che mancava innanzitutto era una compiuta disciplina
del segreto di Stato, istituto giuridico necessario per assicurare in
determinati casi la sicurezza dello Stato e dei cittadini, considerando la
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inadeguatezza del precedente R.D. n.1161/1941, che non solo riguardava
solo il segreto prettamente militare ed non contemplava quindi l'ambito
“civile”, ma era stato in qualche suo aspetto addirittura “diluito” dallo
stesso Mussolini, timoroso di un eccessivo accentramento di poteri su
chiunque fosse stato a capo del servizio stesso. Una normativa dunque,
non solo inadeguata, ma per certi versi anche anacronistica; troppe cose
erano cambiate dal 1941 rispetto agli anni '70 e '80. La costituzione del '48
non era ancora riuscita compiutamente nella sostanza a dare una impronta
precisa alle necessarie strutture di intellingence, o meglio, la Costituzione
dava un imput preciso si, ma manchevole di una normativa primaria e
regolamentare che ne desse seguito. A questa situazione si aggiunsero
anche altre dinamiche sociali e politiche, che diedero una ulteriore spinta
decisa per una nuova normazione. Nel 1977 infatti ci fu uno scandalo che
coinvolse gli ambienti dei servizi di informazione, scandalo scaturito dal
fallito “golpe” denominato poi “golpe Borghese”, a cui seguì l'arresto
dell'allora capo del servizio informazioni Vito Miceli per “cospirazione
contro lo Stato”. Si decise quindi di porre mano a una nuova legge, per
rendere ancora di piø “costituzionalmente orientati” gli organismi di
intelligence nazionali e disciplinare organicamente struttura e mansioni dei
vari dipartimenti di sicurezza. Si arriva dunque alla legge 7 novembre
1977 n.801 "Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la
sicurezza e disciplina del segreto di Stato”. La legge non arriva a
disciplinare compiutamente la figura professionale dell'agente dei servizi
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di sicurezza, figura tutelata di fatto ma scarsamente tutelata da norme
specifiche e precise. Difatti l'addetto poteva essere ben tutelato o privo di
tutela a seconda delle situazioni specifiche caso per caso. Nonostante le
varie lacune, la legge compie una riorganizzazione dei servizi di sicurezza
per renderli piø allineati e in armonia con i principi costituzionali. Venne
smembrato in due il vecchio unico servizio informazione difesa (SID) in
due distinte branche: il SISDE (servizio per le informazioni e la sicurezza
democratica) con compiti precisi nell'ambito dello spionaggio “civile”, e il
SISMI (servizio per le informazioni e la sicurezza militare) con
competenza nel quadro militare degli interessi della Repubblica e tutela e
supporto alle forze armate italiane nel mondo. Il primo incardinato nel
Ministero dell'Interno e direttamente responsabile e soggetto a direttive del
Ministro dell'interni e il secondo facente parte del Ministero della Difesa e
rispondente al Ministro corrispondente. La legge 801/1977 previde anche
la creazione di un organo di raccordo e coordinamento delle due strutture:
il CESIS (comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza) con
il compito di coordinare appunto le due agenzie con la Presidenza del
Consiglio dei Ministri. A questi venne aggiunto un ulteriore organo: Il
COPACO (comitato parlamentare per il controllo sui servizi segreti) con la
precisa funzione di essere un organo di raccordo tra i servizi e il
parlamento, precipua emanazione del necessario controllo politico che il
parlamento deve operare nei confronti dei servizi di sicurezza e che
l'attività dei servizi si svolga per le finalità previste dalla legge. C'erano
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già stati diversi progetti di legge precedenti al 1977, ma possiamo
considerare la legge n.801 come la prima normativa organica al riguardo
emanata. Una legge che per certi versi si è dimostrata adeguata,
nonostante le diverse lacune, a contrastare, coadiuvata dalla normativa
sostanziale e procedurale, tutte quelle dinamiche criminali che hanno
interessato il nostro paese negli anni successivi al 1977 come gli “gli anni
di piombo” o il terrorismo “nero”. Ma a partire già dagli anni '90, le
dinamiche mondiali e internazionali mutano nuovamente con nuove e
diverse minacce provenienti non piø dall'interno dello Stato ma dal suo
esterno, con il comparire di diverse organizzazioni terroristiche sullo
scenario mondiale, che rendono la normativa nazionale ancora piø
obsoleta rispetto al passato. Si arriva così ad una tappa fondamentale
quanto disastrosa: l'11 settembre 2001. Gli attentati alle torri gemelle di
New York e al Pentagono americano rappresentano uno spartiacque per la
storia mondiale, non solo per la gravità degli eventi ma soprattutto per le
conseguenze che ne derivano: l'inizio di un periodo indeterminatamente
lungo di guerra globale in diversi paesi considerati le basi di supporto dei
terroristi, la comparsa di una nuova dottrina di “guerra preventiva” e
nuove dinamiche politico-diplomatiche tra “occidente” e mondo arabo. I
fatti dell'11 settembre mettono però sotto accusa i servizi segreti americani
e quelli degli alleati in genere per l'impreparazione dimostrata e la scarsa
reattività nel contrastare non solo la messa in atto, ma la preparazione tutta
degli attentati. Gli anni che seguono vedono una frenetica attività dei
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servizi di sicurezza, messi di fronte a nuovi nemici che fanno della
ideologia estremista la loro ragione di vita, scatenando quella che è stata
subito definita una “guerra di religione”. Le varie strutture operative dei
vari paesi coinvolti, tra i quali ovviamente l'Italia, si rendono conto che
gli strumenti di cui si era precedentemente in possesso non erano piø
sufficientemente adeguati alla situazione che si andava profilando, e
questo per una serie di motivi. Il “nemico” è innanzitutto mosso da una
forte ideologia religiosa, tesa nelle sue accezioni piø estreme alla
distruzione totale della presenza del mondo occidentale definito
“crociato”, utilizza tecniche non di guerra convenzionale ma di guerriglia,
a cui affianca un forte elemento psicologico di pressione e terrore. Per i
servizi diventa quindi basilare conoscere a fondo questa ideologia, per
poterla efficacemente combattere. Gli stessi servizi di sicurezza militare
devono, nei teatri di guerra in cui sono presenti truppe amiche, saper
interagire in maniera efficace con la popolazione e sapere sempre come
reperire le necessarie le informazioni. Un cambiamento importante quindi
di un modus operandi che non poteva rimanere quello degli anni di
piombo o degli anni '80. Il mondo susseguente al 2001 è un mondo
totalmente mutato, di questo i vari governi e nella specie i servizi di
sicurezza ne sono stati consapevoli. Si è sentito il bisogno di una modifica
non solo delle varie tecniche investigative, ma anche di reperire personale
sempre piø specializzato; a questo si aggiunge, per quanto riguarda il
nostro sistema, un repentino “invecchiamento” della già lacunosa e
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frastagliata normativa concernente la tutela del personale addetto ai servizi
di sicurezza e la manchevole definizione di quelle che sono le specifiche
mansioni dell'agente di sicurezza. Ci sono stati poi, oltre agli elementi
appena riportati, altri avvenimenti nella scena politica italiana che hanno
dato una spinta ulteriore ad adottare una nuova legge organica, che
disciplinasse la materia e chiarisse alcuni punti cruciali, che nel corso
degli anni avevano causato forti polemiche e contrasti di vedute, non solo
all'interno del Parlamento ma anche in dottrina e giurisprudenza. Due di
questi elementi “acceleratori” determinanti sono stati, l'utilizzo di nuove
terminologie utilizzate dagli ambienti giudiziari, come il termine
“secretazione” che sostituisce quello di “occultamento” riferito ad atti o
dossier “sensibili”, che ha dato il via a diverse interpretazioni a volte
confliggenti, causando discrasie e incomprensioni nell'applicazione della
stessa legge; e il secondo rappresentato dal “caso Abu Omar”.
Quest'ultimo, ex imam di Milano, sospettato di attività terroristiche, il 17
febbraio 2003 fu rapito nelle strade del capoluogo lombardo da agenti
della CIA coadiuvati da agenti italiani del SISMI. Successivamente fu
trasferito in Egitto e li detenuto per quattro anni e fatto oggetto di torture.
L'operazione del tipo “extraordinary rendition” condotta dalla CIA,
interruppe le indagini che nel frattempo erano in corso da parte dei
magistrati Milanesi sullo stesso Abu omar. Nel processo che ne scaturì
(arrivato attualmente in cassazione) a carico dei vari agenti della CIA e
degli appartenenti ai servizi italiani, in particolare del generale Pollari al
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vertice del SISMI (servizi segreti militari) e del suo vice Gustavo Pignero,
si verificò il “non luogo a procedere” nei confronti dello stesso Pollari e di
Marco Mancini, altro alto funzionario del servizio di sicurezza, implicato
nel rapimento dell'imam. Il non luogo a procedere è la diretta conseguenza
dell'opposizione in sede processuale del segreto di Stato. Successivamente,
venne avanzata richiesta di estradizione nei confronti dei cittadini
americani da parte degli inquirenti, nei confronti dell'allora Ministro della
Giustizia Castelli, il quale si rifiutò di trasmettere gli atti dando seguito a
vivaci polemiche politiche. Con la fine della legislatura e l'avvicendarsi al
governo di una maggioranza di centro-sinistra, da diverse parti della stessa
nuova maggioranza si fecero pressioni affinchØ la nuova coalizione
trasmettesse finalmente gli atti necessari alla estradizione, ma il nuovo
governo optò per un ricorso alla Corte costituzionale per un conflitto di
poteri dello Stato, lamentando una violazione del segreto di Stato nel corso
delle investigazioni. Altre virulente polemiche ci furono per la decisione
del Ministro della Giustizia Mastella, subentrato a Castelli con il cambio
di maggioranza al governo, di attendere la definizione della questione per
decidere se inoltrare o meno richiesta formale di estradizione al governo
americano. Vediamo dunque come il caso Abu Omar sia stato foriero di
accese polemiche nel panorama politico italiano, non in ultimo, anche per
l'uso all'interno della vicenda del segreto di Stato. Vicenda delicata, che
coinvolge non solo i servizi segreti italiani ma il governo e il sistema
politico nella sua interezza, nei legami diplomatici intercorrenti con un
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alleato fondamentale, quanto a volte scomodo, come gli U.S.A. Tutte le
varie considerazioni, polemiche o meno, hanno sortito l'effetto di
provocare un dibattito politico sulla necessità di riformare la materia dei
servizi di sicurezza, ponendo mano in particolare alla disciplina
dell'istituto giuridico del segreto di Stato. I tempi erano maturi, anzi,
urgeva una riforma organica, anche a seguito dei fatti del 2001 e poi
quindi delle varie vicende che hanno interessato l'Italia dall'interno. Si
arriva così, dopo un intenso dibattito parlamentare, sotto il governo Prodi
II nel 2006, alla redazione della legge n.124 del 3 agosto 2007 “Sistema di
informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del
segreto”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 13 agosto 2007 n.187, che
abroga la precedente disciplina rappresentata dalla legge n.801/1977.
L'impostazione della nuova normativa, ispirata anche dalle proposte
dell'ex Presidente della Repubblica On. Cossiga, prevede una revisione
della struttura del sistema italiano di intelligence e una piø puntuale
disciplina del segreto di Stato, opponibile ora per 15 anni dal Presidente
del Consiglio rinnovabile per altri 15. La legge n.124 accentra
maggiormente rispetto al passato, ampi poteri di direzione e
coordinamento per le politiche di intelligence nelle mani del Presidente
del Consiglio, il quale ha anche il potere di nominare i direttori delle
diverse agenzie. Infatti il Premier “Provvede al coordinamento delle
politiche dell'informazione per la sicurezza, impartisce le direttive e,
sentito il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica,
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emana ogni disposizione necessaria per l'organizzazione e il
funzionamento del Sistema di informazione per la sicurezza della
Repubblica” (l.124/2007 art. 1). In precedenza esistevano in Italia, tra le
diverse strutture di intellingence variamente denominate, due agenzie
principali: il SISDE e il SISMI, la prima agenzia con compiti di
spionaggio a livello “nazionale” con ambito di operatività “civile”, la
seconda competente nel quadro militare e quindi soprattutto operante
all'estero in difesa e supporto alle forze armate impegnate nelle varie
missioni all'estero. Ora i due servizi sono stati sostituiti da due nuove
agenzie: L'AISI (agenzia informazione e sicurezza interna) che sostituisce
il SISDE; e L'AISE (agenzia informazioni e sicurezza esterna) che
soppianta il vecchio SISMI. Le due agenzie sono ora poste alle dirette
dipendenze del Presidente del Consiglio, a differenza della legge
n.801/1977. I rispettivi Ministri non sono piø quindi titolari del potere di
coordinamento delle agenzie, demandando il loro controllo a un apposito
comitato parlamentare. La legge sostituisce inoltre altri organi, sempre
facenti parte del sistema di informazione e sicurezza, come il DIS
(dipartimento per le informazioni e la sicurezza) che prende il posto del
CESIS (comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza) e il
CISR (comitato interministeriale per la sicurezza della repubblica) che
sostituisce il precedente COPACO (comitato parlamentare di controllo sui
servizi segreti). L'aspetto piø rilevante, anche e soprattutto ai fini del
presente elaborato, è quella riguardante la disciplina del segreto di Stato,
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contenuta nel capo V della legge agli artt. 39 – 40 – 41 e 42. Viene poi
emanato un D.P.C.M. nell'aprile 2008 che enuclea e definisce i vari
interessi statali da difendere e tutelare tramite il segreto di Stato: l'integrità
della Repubblica, la difesa delle Istituzioni poste dalla Costituzione a suo
fondamento, anche in base a precedenti accordi internazionali, la difesa
militare dello Stato ecc. Gli aspetti trattati dalla legge n.124 sono diversi e
ampi, innovando finalmente su alcuni punti che erano rimasti perlomeno
“oscuri” nella vigenza della disciplina previgente. Per lo stesso segreto
viene posto esplicitamente un limite temporale di 15 anni, prorogabile in
anche in diverse decisioni per un massimo di altri 15, arrivando quindi a
30 anni totali, ponendo fine a problemi interpretativi e applicativi interni a
dottrina e non solo, relativi alla eccessiva “dilatazione” temporale del
segreto. Viene inoltre inserito, tra gli altri, un nuovo articolo nel codice di
procedurale penale: l'art. 270-bis “Comunicazioni di servizio di
appartenenti al dipartimento delle informazioni per la sicurezza e ai servizi
di informazione per la sicurezza”. In base alla norma, l'autorità giudiziaria
quando acquisisce tramite intercettazioni, comunicazioni degli
appartenenti alle strutture suindicate, deve immediatamente disporne la
“secretazione” in luoghi sicuri e continua descrivendo puntualmente i vari
adempimenti e le procedure amministrative che devono essere
necessariamente seguite. Una norma importante, di cui si è sentita la
necessità in seguito alle vicende, di cui si è precedentemente accennato,
del caso “Abu Omar”; caso che aveva coinvolto anche alti funzionari dei
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servizi italiani. L'ar. 270-bis si rinviene nel titolo III del c.p.p. Intitolato
“Mezzi di ricerca della prova” e assume quindi rilievo particolare per la
fase del processo penale denominata “indagini preliminari”, fase appunto
antecedente al dibattimento vero e proprio. In questa fase il segreto di
Stato assurge quindi, ovviamente se validamente opposto, a ostacolo e
sbarramento alle successive fasi del processo. Un ostacolo che si trova a
monte quindi e che può essere validamente opposto in sede processuale da
determinati soggetti e confermato dal vertice dell'esecutivo. Quali sono
quindi i versanti da cui guardare questo istituto giuridico di alta
importanza? Ostacolo all'accertamento penale conseguente al principio di
obbligatorietà dell'azione penale, prevista dall'articolo 112 Cost. recepito
dall'art.50 c.p.p., oppure strumento necessario e ineluttabile per tutelare i
diversi interessi, sempre costituzionalmente previsti, della sicurezza dei
cittadini e la “salus rei publice” in risposta ai diversi pericoli alla sicurezza
sia interni che esterni allo Stato? Sulle diverse interpretazioni si sono
susseguite innumerevoli teorie, spesso contrastanti fra loro, dando spesso
luogo a incertezze nella stessa materia. Incertezze che non incidono solo
su quello che può essere considerato campo dottrinario ma anche in campo
giudiziario, coinvolgendo diritto fondamentali, come sicurezza, salute, vita
ecc, tutti tutelati e riconosciuti dalla carta costituzionale. A questo stato di
cose ha cercato di porre rimedio la legge n.124/2007. Ma per quanto ci
siano stati buoni margini di miglioramento rispetto al passato, siamo ben
lungi dall'avere una disciplina sempre chiara e cristallina, nonostante gli
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sforzi del legislatore. Un campo di applicazione e disciplina quello del
segreto di Stato, veramente sconfinato per poterne trattare qui in maniera
esaustiva. Difatti l'oggetto del presente lavoro cercherà di trattare di un
aspetto in cui il segreto si pone e si interseca, un aspetto precedente e
fondamentale del processo penale: quello delle indagini preliminari.
Passando per la disamina, riguardante la materia processuale penale, della
ricerca della prova, il suo utilizzo in sede giudiziaria e i suoi limiti;
materia sulla quale, ovviamente, la Corte costituzionale è intervenuta nel
corso degli anni. Senza dimenticare la tutela del personale dei servizi per
quanto riguarda il patrimonio di cognizioni e informazioni di cui siano
venuti in possesso a causa del loro servizio. Tutela potremmo dire
“oggettiva” e non “soggettiva” del personale, aspetto che la l.124 ha
comunque previsto dal titolo III. Un elemento fondamentale riguardante
tutte le operazioni di intelligence è la “coordinazione” e “l'interscambio”
di informazione. Sappiamo che il mondo del controspionaggio è formato
da una “costellazione” di strutture, agenzie e personale numerose ed
eterogenee, facenti parte comunque sempre dello stesso Stato; solo per
fare un esempio, negli Stati Uniti esistono circa 16 agenzie di intelligence
diverse con compiti e ambiti di operazioni diversi, che a volte si
sovrappongono causando problemi di coordinamento, a scapito della
sicurezza nazionale. I servizi americani sono stati accusati, in occasione
degli attentati alle torri gemelle, della mancata previsione degli attacchi
terroristici, puntando il dito appunto sulla scarsa collaborazione e mancato