Capitolo 1 LA NATURA DELLE SCRIMINANTI NEL SISTEMA PENALE 1. Introduzione Le scriminanti rappresentano una valvola di sfogo, una specie di
“raccordo” tra il sottosistema penale e l'ordinamento giuridico a cui
quest'ultimo appartiene.
Le scriminanti – dette anche cause di giustificazione o cause di liceità
– sono delle specifiche situazioni in presenza delle quali un
determinato fatto, che altrimenti sarebbe sussumibile in una
determinata fattispecie di reato, non acquista tali caratteristiche, sulla
base di una previsione normativa: in altri termini, cioè, vi è una
determinata norma di legge che consente o impone quel dato
comportamento.
Da quanto detto risulta subito evidente quel ruolo di raccordo a cui
sopra si accennava, cioè la funzione delle scriminanti è quella di
evitare un conflitto tra ciò che l'ordinamento in generale impone o
consente e ciò che una branca dello stesso vieta: per il generale
1
principio di non contraddizione 1
, infatti, non potrebbe concepirsi una
situazione tale per cui vi sia una contraddizione, desumibile nell'intero
ordinamento, tra comportamenti, contemporaneamente consentiti o
vietati. L'ordinamento, infatti, non è costituito da monadi, ma ha una
innegabile organicità: le varie branche del diritto sono delle
componenti da coordinare e che devono coesistere.
Né si potrebbe dedurre il contrario dalla attuale tendenza alla
specializzazione di vaste aree del diritto: assistiamo, addirittura, ad un
processo di autonomizzazione di particolari materie di una specifica
area del diritto, con spiccate caratteristiche peculiari, se non di
“autarchia”. Ciò però non toglie che gli operatori del diritto siano
tenuti ad un certosino lavoro di coordinazione, per evitare conflitti ed
antinomie.
2
Per quanto riguarda la collocazione sistematica delle scriminanti, le
cause di giustificazione codificate sono incluse, nel nostro codice,
nell'ambito delle circostanze di esclusione della pena, seguendo la
dizione dell'art. 59 c.1 del codice Rocco.
1 “ Uno stesso ordinamento non può, nella sua unitarietà, imporre o consentire e, ad un tempo,
vietare il medesimo fatto senza rinnegare se stesso e la sua pratica possibilità di attuazione. ”
MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale , Padova, 2001, p. 250.
2 Si pensi al sottosistema della responsabilità degli enti nel diritto penale, introdotto dal d. lgs.
231/2001; o ancora al diritto consumeristico, introdotto nel diritto civile su impulso
comunitario.
2
La dottrina, però, con un ragionamento ampiamente condiviso,
sottolinea come la dizione codicistica appaia decisamente riduttiva,
poiché sembra qualificare le scriminanti come una sorta di
circostanza, sottovalutando l'autonomia giuridica e l'ampiezza di tale
istituto; per un'autorevole dottrina 3
tale scelta in sede di redazione del
codice sarebbe dovuta alla volontà di non prendere posizione sulla
qualificazione dogmatica di tale istituto nella teoria del diritto penale.
Qualunque sia la motivazione della scelta, la categoria codicistica
delle circostanze di esclusione della pena è divenuto un contenitore
molto ampio che racchiude una serie di situazioni eterogenee, non
riconducibili ad un modello unitario, come si dirà in seguito.
È pacifico che le cause di giustificazione rappresentino una categoria
dotata di autonomia concettuale e funzionale 4
, che ricomprende tanto
le scriminanti comuni, contemplate dal codice nella parte generale agli
artt. 50 – 54 c.p., quanto le singole scriminanti speciali, previste nella
parte speciali o in leggi speciali, per specifiche figure di reato.
Riguardo all'efficacia delle scriminanti, poiché esse sono deducibili da
3 FIANDACA – MUSCO, Diritto penale – Parte generale , Bologna, 2009, p. 250.
4 Un indizio si rinviene nell'art. 275 c.p.p., ove si esclude l'applicazione di una misura cautelare
se il fatto sembri essere stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione e,
specularmente l'art. 530 c.p.p. che pone tra le ragioni per cui emettere la sentenza di
assoluzione la prova del fatto compiuto in presenza di una causa di giustificazione.
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qualsiasi branca del sistema giuridico penale, esse spiegano la loro
funzione anche negli altri rami dell'ordinamento 5
: in presenza di una
causa di giustificazione si escludono, di regola, anche le sanzioni di
carattere amministrativo e le sanzioni – lato sensu – civili 6
.
Per spiegare il fondamento sostanziale delle cause di giustificazione,
la dottrina propone principalmente due criteri: uno di carattere
monistico e l'altro di carattere pluralistico 7
.
Secondo il modello monistico tutte le scriminanti andrebbero
ricondotte ad un solo principio, individuato dalla dottrina, di volta in
volta, in concetti diversi: sulla scorta dell'elaborazione della dottrina
tedesca, v'è chi ha individuato il criterio del “mezzo adeguato per il
raggiungimento di uno scopo approvato dall'ordinamento giuridico”,
chi ha elaborato il criterio della “prevalenza del vantaggio sul danno”
o del “bilanciamento tra beni in conflitto” o l'analogo
“contemperamento tra interesse o controinteresse”, etc..
Il vizio del modello monistico è nel non riuscire a spiegare perché
ogni causa di giustificazione presenti elementi peculiari, che rendono,
5 FIANDACA – MUSCO, Diritto penale – Parte generale , cit., p. 249.
6 Si ritiene però che alcune situazioni, come lo stato di necessità, comportino che il fatto, per
quanto non illecito, comporti, come conseguenza, la necessità di indennizzare il danneggiato.
7 FIANDACA – MUSCO, Diritto penale – Parte generale , cit., p. 251; PADOVANI, Diritto
Penale , Milano, 1990, p. 182.
4
quindi, difficile ridurre ad una sola spiegazione il fondamento delle
cause di giustificazione.
È per questo che la dottrina maggioritaria, valorizzando le peculiarità
contenutistiche delle singole scriminanti, ha elaborato la teoria del
modello pluralistico: si riconduce un primo gruppo – le scriminanti
come l'esercizio del diritto e l'adempimento del dovere, la legittima
difesa, l'uso legittimo delle armi e lo stato di necessità – alla
valutazione comparativa degli interessi in conflitto, cioè l'interesse
tutelato dalla fattispecie di reato e quello a fondamento della causa di
liceità; un secondo tipo di scriminanti – cioè il consenso dell'avente
diritto e, per certa dottrina 8
anche lo stato di necessità – si riconduce
all'interesse mancante o equivalente.
Quando vi è una comparazione, quindi, vi sono interessi confliggenti e
l'ordinamento regola il caso concreto dando la prevalenza ad uno di
essi, lasciando che l'altro rimanga senza tutela; quando invece è il
titolare a rinunciare alla tutela del proprio interesse, nulla quaestio per
l'ordinamento, ma è da rimarcare che in questi casi i limiti in cui opera
la scriminante sono più ristretti.
Le questioni sul fondamento sostanziale della categoria non sono fini
8 FIANDACA – MUSCO, Diritto penale – Parte generale , cit., p. 252.
5
a se stesse, poiché se è vero, come alcuni rilevano, che ogni soluzione
potrebbe essere una “coperta troppo corta” – soprattutto nel caso della
teoria monistica –, è anche vero che un tentativo di sistematizzazione
vada affrontato, altrimenti si finirebbe per ancorare l'esistenza delle
cause di giustificazione al quadro dei valori sociali contingenti in un
determinato tempo per una determinata società 9
, quadro in continua
evoluzione, che il diritto penale non può certo cristallizzare e bloccare,
trovandosi nel ruolo di Achille che insegue la tartaruga, protagonisti
del famoso paradosso di Zenone.
È su questo piano che si gioca il maggior contrasto tra dottrina e
giurisprudenza: mentre la prima tende a riconoscere maggiori limiti
alle scriminanti atipiche, ancorandole a principi meno sfuggenti e
all'analogia con le figure codicistiche, invece la seconda è
maggiormente propensa, di fatto, a ragionare al di fuori delle categorie
codificate, individuando alcune figure del tutto autonome, come
spesso si legge in sentenze che riguardano l'accertamento di reati
connessi all'attività medica o a quella sportiva.
Non bisogna dimenticare – e in questo momento vi si fa solo un
accenno – che, poiché le scriminanti sono l'espressione di situazioni
9 Si pensi al problema dei reati “culturalmente orientati” e alla difficile ricerca di un limite per
questa peculiare causa di giustificazione.
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rinvenibili nell'intero ordinamento giuridico, esse non sono soggette ai
limiti dell'analogia nel diritto penale; ma tale particolarità verrà
affrontata più avanti.
2. Segue: le singole scriminanti di parte generale Per quanto riguarda le cause di giustificazione tipizzate nella parte
generale, se ne propone una rapida rassegna.
L'art. 50 c.p. descrive il consenso dell'avente diritto, che scrimina la
condotta di colui che viola o pone in pericolo un bene di un soggetto
che ha prestato il consenso e che può legittimamente disporre di tale
bene. Tale principio è l'espressione dell'antico brocardo “ nulla inuiria
in volentes” , presente nel Digesto , e, come già detto, non esprime un
permesso, quanto un semplice disinteressamento dell'ordinamento: in
altri termini si basa sulla carenza di un interesse da tutelare, poiché il
titolare ha rinunziato alla conservazione del bene protetto dalla
norma 10
.
È fondamentale, perché possa derivarne la liceità del comportamento,
che il bene, come già detto, sia disponibile: questo spiega l'irrilevanza,
ad esempio, del consenso dell'avente diritto nell'omicidio – rectius
10 ANTOLISEI, Manuale di diritto penale , Giuffrè, 2008.
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cambia la fattispecie incriminatrice rispetto all'omicidio doloso, ma il
fatto rimane penalmente illecito –, poiché il bene della vita non è un
bene disponibile. Vi sono beni, infatti, alla cui tutela l'ordinamento
non intende abdicare.
È importante sottolineare che il consenso di cui qui si discorre incide
sull'antigiuridicità del fatto, per chi segue la nozione tripartita, mentre
vi è una forma di consenso, c.d. improprio, che incide sulla tipicità
della fattispecie penale, divenendo elemento imprescindibile della
stessa: si pensi alla assenza del consenso nel reato di violazione di
domicilio, ad esempio.
11
Ciò che preme qui sottolineare è un'ulteriore differenza, tra il
consenso della scriminante dell'art. 50 c.p. e il consenso a cui fanno
riferimento alcune teorie sulla scriminante dell'attività medica e di
quella sportiva: l'argomento verrà approfondito nei prossimi capitoli,
qui si evidenzia soltanto come il consenso in tali scriminanti atipiche –
o presunte tali – sia solo un elemento di fattispecie, che opera su di un
piano diverso e con limiti diversi rispetto al primo.
Riguardo alla natura del consenso, in dottrina si sono affacciate
11 Ad ogni modo si discuterà nel prossimo paragrafo della collocazione delle scriminanti nella
fattispecie di reato, sia secondo la nozione tripartita che bipartita, con evidenti implicazioni
anche sul consenso improprio, a cui qui si è fatto riferimento.
8
principalmente due tesi: la tesi del mero atto giuridico e quella del
negozio.
La tesi del negozio giuridico, di diritto privato per alcuni 12
e di diritto
pubblico per altri 13
, configura il consenso come un negozio
autorizzativo, che rende idonea l'attività dell'autorizzato a modificare
la sfera dell'autorizzante. La tesi non ha convinto, però, poiché i
rapporti tra soggetti, in questo caso, esulano dalla dinamica della
realtà negoziale, sia sul piano della capacità soggettiva del
consenziente, che sul piano degli effetti.
Sulla scorta di tali critiche è prevalsa la tesi del consenso come mero
atto giuridico 14
, cioè un permesso con cui si conferisce al destinatario
il potere di agire, senza che si instauri una rete sinallagmatica di diritti
ed obblighi, tipica dello schema negoziale.
L'art. 51 c.p. codifica le scriminanti dell'esercizio del diritto e
dell'adempimento del dovere.
L'esercizio del diritto è forse la più limpida espressione del principio
di non contraddizione, poiché impedisce di punire chi abbia esercitato
una facoltà riconosciuta dall'ordinamento. La disposizione, però, non
12 GRISPIGNI, Il consenso dell'offeso , Roma, 1924, p. 101; GRISPIGNI, La natura giuridica del
consenso dell'avente diritto come causa di esclusione del reato , Napoli, 1931, pp. 145 e s.s..
13 CARNELUTTI, Il danno e il reato , p. 116.
14 MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale , cit., p. 262.
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