INTRODUZIONE Il presente lavoro, che vuole essere un modesto contributo teorico e pratico all'analisi di
alcune delle principali problematiche che si pongono durante il processo di traduzione di
materiale audiovisivo, verte sulla traduzione in lingua italiana dei sottotitoli di due sitcom
britanniche: The Mighty Boosh e The IT Crowd.
The Mighty Boosh è una sitcom creata dall'omonimo gruppo comico inglese facente
capo a Julian Barratt e Noel Fielding. Prima di approdare in televisione nel 2004, il Boosh
aveva debuttato nel 1998 nell'ambito dell'Edinburgh Festival. Dopo alcune fortunate
apparizioni teatrali, la compagnia venne scritturata dalla BBC per un programma radiofonico
di sei episodi trasmesso nel 2001 dalle stazioni BBC Radio 4 e BBC Radio 7. Del 2004 è
invece il debutto sul piccolo schermo. Ad oggi, The Mighty Boosh è stata trasmessa per tre
stagioni televisive, per un totale di ventuno episodi, dalle reti BBC 3 e BBC 2 tra il 2004 e il
2007.
The IT Crowd , scritta da Graham Linehan e trasmessa dall'emittente televisiva Channel
4 a partire dal 2006, conta un totale di tre stagioni di sei episodi ciascuna, mentre una quarta
stagione è cominciata da poco (il primo episodio è stato trasmesso il 25 giugno 2010).
Se è vero che le due sitcom hanno tratti in comune, a cominciare dagli attori, tre dei
quali recitano in entrambe, è altresì innegabile che esse differiscono sotto svariati aspetti.
Infatti, l'intero universo del Boosh è marcatamente surreale, mentre The IT Crowd ruota
attorno a situazioni e personaggi più verosimili. Le due serie presentano di conseguenza
istanze diverse del celebre "British Sense of Humour” e dunque ben si prestano alla nostra
analisi delle problematiche traduttive, specialmente (ma non solo, come vedremo) per quanto
riguarda freddure e giochi di parole.
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1. READING PICTURES Chi usufruisce di materiale sottotitolato dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter
seguire agevolmente le immagini cui i sottotitoli sono associati. Per questa ragione, i
sottotitoli devono essere "chiari, corretti e credibili" (James, 2001, 152, traduzione mia).
Hazel R. Morgan afferma a tal proposito che i sottotitoli che funzionano meglio sono quelli
che distolgono l'attenzione dello spettatore dalla parola scritta. È proprio per questo motivo,
continua, che nella pratica del sottotitolaggio si prediligono caratteri dai colori neutri.
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In sostanza, la parola scritta non dovrebbe dare l'impressione di essere stata meramente
accostata all'azione, bensì di costituirne parte integrante e di emergere spontaneamente da
essa:
Ultimately, the aim is to fashion subtitles which are attuned so thoroughly to their audiovisual
environment that they appear to ‘melt’ into the total fabric of the program. By making the
linguistic sign as unobtrusive as possible, the very best subtitling seeks to foster the illusion of
unmediated comprehension on the part of the viewer. When an audience stops being aware of
reading the subtitles, the subtitler has achieved a major goal. In effect, the material substance
of the subtitles shrinks and vanishes before our very eyes, leaving only the message
(McCormick, 1997, 5, citato in Mueller, 2001, 147).
Esistono regole per la produzione fisica dei sottotitoli che sono ormai generalmente condivise.
Vertanen asserisce per esempio che il testo deve essere sufficientemente grande affinché lo
spettatore possa essere in grado di leggerlo.
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Luyken et al . suggeriscono inoltre che esso non
dovrebbe oscurare le immagini, e che i sottotitoli dovrebbero pertanto estendersi su due righe
(mentre una sola riga è preferibile per i bambini) occupanti due terzi della larghezza dello
schermo e costituite al massimo da 40 caratteri ciascuna.
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Credo sia interessante notare con Karamitroglou come gli odierni studi sul
sottotitolaggio non siano tanto orientati verso l'identificazione di linee guida, quanto verso
un'analisi di ciò che è stato fatto o si sta facendo nel concreto. Nel suo studio sulle diverse
1 Hazel R. Morgan, “Subtitling for Channel 4 Television”, in Gambier & Gottlieb (eds), (Multi)Media
Translation: Concepts, Practices and Research , Amsterdam/Philadelphia, John Benjamins Publishing
Company, 2001, p. 164.
2 Esko Vertanen, “ Ruututeksti tiedon ja tunteiden tulkkina ”, in Oittinen & Mäkinen (eds), Tampere University
Press/ Juvenes Print, 2002, pp. 133-134, citato in Nieminen, S., (2007). “ Sgt. Pompous and the Fancy Pants
Club Band - Comparing and Contrasting the Translations of Verbal Humor in Screen Translations of Shrek ”,
Jyväskylä University, p. 19, disponibile al sito jyx.jyu.fi/dspace/. Ultimo accesso: 06 luglio 2010 .
3 Georg-Michael Luyken (et al), Overcoming Language Barriers in Television: Dubbing and Subtitling for the
European Audience, Manchester, European Institute for the Media, 1991, pp. 42-44.
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convenzioni in voga nei vari paesi europei, Karamitroglou osserva come le strutture
sintattiche più brevi siano da preferirsi a quelle più complesse, a patto che vengano preservati
gli aspetti semantici, pragmatici e stilistici dell'originale.
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1.1 Sottotitoli come mediazione culturale Battarbee afferma che i sottotitoli ricordano in un certo senso le note a piè di pagina, sia a
causa della loro posizione all'interno del testo tradotto, sia perché essi sembrano costituire una
sorta di commento al testo cui si riferiscono.
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Questa definizione ci rimanda al concetto di
traduzione interlinguistica.
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Di conseguenza, dal momento che la traduzione di sottotitoli sembra essere innanzitutto
riformulazione scritta di un testo verbale, non possiamo esimerci dal fare riferimento alle
indicazioni di quella disciplina sviluppatasi durante gli anni ottanta del ventesimo secolo e
oggi conosciuta come translation studies. Secondo questa teoria, l'equivalenza tra il testo da
tradurre e il testo tradotto è un concetto relativo, poiché possono darsi diverse traduzioni sia a
livello formale che funzionale.
Starà al traduttore decidere quale grado di equivalenza dare ai
due testi a seconda del contesto storico e culturale all'interno del quale egli andrà ad operare.
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Tuttavia, è importante ricordare che la cosiddetta translation loss, la perdita di informazioni
avente luogo durante il processo di traduzione, sembra essere un fatto inevitabile. Inoltre,
l'inseguimento dell'equivalenza, lungi dall'essere ricerca della perfezione, finirebbe per
costituire un ulteriore allontanamento dal testo originale. A tal proposito, Halliday sottolinea
come la grammatica non sia strutturata tanto a livello formale, quanto funzionale.
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Egli scrive
che: "Language has evolved to satisfy human needs; and the way it is organised is functional
with respect to these needs […] Each element in a language is explained by reference to its
function in the total linguistic system" (Halliday, 1985, XII).
Di conseguenza, le scelte del traduttore non dovranno essere dettate esclusivamente da
4 Fotios Karamitroglou , “ A proposed set of subtitling standards in Europe ”, Translation Journal Volume 2 No.
2, April 1998, disponibile al sito accurapid.com /journal/04stndrd.htm. Ultimo accesso: 14 luglio 2010.
5 Keith Battarbee, “Subtitles and Soundtrack”, in Yves Gambier (ed.), Trans .: University of Turku: The
Department of Translation, 1986, pp. 144-165, citato in Nieminen, S., “Sgt. Pompous and the fancy pants
club band - Comparing and Contrasting the Translations of Verbal Humor in Screen Translations of Shrek”,
2007, p. 19.
6 Roman Jakobson, “Aspetti linguistici della traduzione”, in Saggi di linguistica generale , Milano, Feltrinelli,
1966, p. 57.
7 Michela Canepari, Introducing Translation Studies , Parma, Azzali Editori, 2004, p. 59.
8 Ibidem, p. 64.
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esigenze che potremmo definire formali. Al contrario, esse dovranno anche dipendere dal tipo
di testo che si sta affrontando e dalla funzione che la lingua riveste in esso.
Lo spostamento dell'attenzione dal testo in sé al sistema linguistico in cui esso si colloca, ci
porta inevitabilmente a considerare l'importanza rivestita dal contesto culturale entro cui il
suddetto sistema linguistico è impiegato.
Fu grazie all'apporto della teoria polisistemica, elaborata da Itamar Even-Zohar e adottata da
Gideon Toury nella sua analisi delle convenzioni traduttive,
che i teorici della traduzione
cessarono di ritenere che il traduttore, avvalendosi delle proprie capacità soggettive, potesse
creare un testo equivalente a quello originale influenzando così le convenzioni letterarie e
culturali di una data società. Al contrario, i sostenitori della teoria polisistemica ritennero che
fossero proprio le convenzioni della cultura d'arrivo a formare il senso estetico del traduttore,
nonché le sue decisioni.
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Nel concreto, Toury distingue tra norme iniziali (quelle cui il traduttore fa riferimento per
decidere se attenersi alle convenzioni del testo d'arrivo, a quelle di partenza o se abbracciarle
entrambe), norme preliminari (che regolano le strategie traduttive da adottarsi entro il
polisistema) e norme operative (che fanno riferimento alle decisioni prese durante il processo
di traduzione).
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La nozione di traduzione linguistica è stata così gradualmente soppiantata da quella di
traduzione culturale. Il traduttore è oggi considerato un mediatore culturale; un intermediario
tra il mittente e un destinatario altro da quello cui il messaggio era originariamente
indirizzato.
Tuttavia, come vedremo nel prossimo capitolo, il fruitore del sottotitolo presenta tratti
di divergenza rispetto al lettore di materiale letterario; egli può infatti confrontarsi
contemporaneamente sia con il testo di arrivo (presente in forma testuale) sia con il testo di
partenza (presente in forma visiva e sonora).
9 Gentzler Edwin, Contemporary Translation Theories, 2nd revised edition, Clevedon, Multilingual Matters,
2001, pp. 123-144.
1 0 M. Canepari, 2004 , p. 64.
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