Introduzione La reputazione nel settore bancario è attualmente più importante che mai. La crisi finanziaria più
grave del dopoguerra, infatti ha riproposto con forza il tema della fiducia, concetto intrinseco al
tema della reputazione stessa. Riuscire oggi a garantire un eccellente livello reputazionale non solo
riduce il rischio di deludere le aspettative dei clienti, ma permette anche di fronteggiare più
agevolmente le difficoltà legate all'attuale situazione economica. La reputazione rivestirà un ruolo
sempre più importante nel futuro delle aziende al punto che come è evidenziato già negli USA, in
alcuni settori (auto in primis, arredamento), prima ancora del prezzo la “qualità” del prodotto intesa
come somma di fattori intangibili percepiti dagli stakeholder , il principale criterio di scelta dei
consumatori. Il rischio reputazionale assume maggior importanza per gli intermediari finanziari, un
settore di mercato che fonda il suo business sul rapporto fiduciario con la clientela, condizione
essenziale per l'esistenza stessa dell'intero sistema bancario. Tutto ciò porterebbe a maggiori
investimenti in questa direzione con l'adozione di comportamenti virtuosi e l'utilizzo di politiche di
responsabilità sociale, che si tradurrebbero in costi pluriennali al fine di mantenere e poi di
incrementare un vantaggio competitivo sui principali concorrenti. Per accontentare gli stakeholder
esterni (clienti), si rischia di deludere gli stakeholder interni (azionisti) che vedrebbero di
conseguenza ridotti gli utili e la loro remunerazione del capitale investito. I grandi investitori (fondi
speculativi e Fondazioni) sono orientati verso una redditività della gestione soprattutto a breve
termine ed inoltre, come scrive Donato Masciandro non si sono resi ancora conto dell'asimmetria tra
il pay-off del settore bancario rispetto a quello di un'azienda di un altro settore con uguali
caratteristiche di solidità e di generazione di flussi di cassa (es. utilities ). Il nodo della redditività
condiziona fortemente ogni politica o atteggiamento sociale. La crescita della pressione sui risultati
a breve termine porta inevitabilmente ad una politica “aggressiva” sulla clientela con l'adozione di
budget ambiziosi, che per essere centrati comportano l'allentamento dei controlli sulla compliance,
con possibili sanzioni reputazionali. Ecco perché in un mercato globalizzato è essenziale riuscire a
prendere consapevolezza esattamente del rischio reputazionale al fine di mitigarne le conseguenze
negative, implementare misure efficaci compatibili con i costi da sostenere e le direttive degli
azionisti. Questo compito non facile evidenzia la qualità e la capacità del management , che unito
alla lungimiranza dei soci rappresenta un ulteriore a sset che influenza sensibilmente la reputazione
aziendale. La crisi di credibilità che colpisce l'intero comparto è un'emergenza che spicca perché
colpisce in maniera trasversale la percezione collettiva, sia dei piccoli che dei grandi investitori. Il
problema della reputazione tocca soprattutto le grandi istituzioni, comprese le società di rating
ritenute fino a poco tempo fa una garanzia di serietà. Nell'attuale contesto è in atto la mutazione dei
5
componenti dei rischi bancari, con riduzione accentuata di quelli di credito a favore degli operativi,
legali e di reputazione, a causa della sempre più convinta partecipazione delle banche al profittevole
nuovo business di investment banking (creazione di strumenti finanziari complessi, organizzazione
di veicoli di investimento collettivo e servizi di consulenza e collocamento). Diventa pertanto
indifferibile affrontare questo fattore di rischio senza tentennamenti o ritardi di sorta, pena la messa
in discussione della possibilità di rimanere sul mercato. Una delle maggiori cause del rischio
reputazionale è da ricercarsi nell'asimmetria informativa dei mercati. A questo problema ci viene in
aiuto una serie di norme emanate dall'Autorità di Vigilanza, finalizzate ad incentivare negli
intermediari comportamenti virtuosi, in grado di eliminare o quantomeno ridurre le cause di rischio
e, di conseguenza, di contenzioso con la clientela. Ed è in questo ambito che focalizzerò la mia tesi,
con l'intento di offrire un piccolo contributo personale al vivace dibattito in corso da parte di illustri
economisti, in una letteratura limitata a motivo degli studi relativamente giovani della materia,
legati alla riscoperta di questo tema, consapevole di non riuscire a fornire una visione esaustiva ma
mettendo tutto l'impegno per renderla il più possibile completa. Prima di emettere qualsiasi giudizio
o opinione, è opportuno documentarsi conoscendo a fondo la materia. Ecco perché il mio primo
capitolo è stato interamente dedicato alla ricerca di una definizione il più possibile condivisa del
rischio reputazionale nelle sue varie declinazioni, l'inserimento nel contesto degli intermediari
finanziari, nel sistema dei rischi. Il concetto basilare appare “neutro” e agli occhi del management
non rappresenta solo un rischio ma anche un'opportunità, in quanto valorizzando le qualità positive
e distintive a disposizione si può anche migliorare la reputazione e di conseguenza la redditività.
Sintetizzando possiamo definire la reputazione come la sommatoria di svariati drivers qualitativi e
quantitativi con differente taratura ed immagine, a seconda di come li si vede: dall'interno sono
fattori “d'identità”, mentre, all'esterno vengono percepiti come agenti di “immagine”. In questo
percorso di analisi vado ad individuare i fattori di rischio originati con una sommaria definizione
dei suoi confini rispetto al rischio generico di impresa, al rischio strategico, al rischio operativo,
legale e di compliance. Il rischio reputazionale è difficile da quantificare, non solo a motivo della
complessa individuazione degli aggregati qualitativi ai quali fa riferimento, non solo per la
letteratura in materia insufficiente ma per un'ovvia difficoltà di misurare elementi immateriali con le
normali tecniche contabili che cercano di fornire il “costo” correlato ad un rischio. Questo sarà
l'argomento del secondo capitolo dove, dopo una puntuale mappatura, cercherò di evidenziare il
confine labile con i veri e propri rischi operativi che implicano un'adeguata patrimonializzazione
della banca, al fine di effettuare gli accantonamenti regolamentari. Mentre i rischi finanziari sono
oggetto da parte delle istituzioni bancarie di policy e azioni di risk management, il rischio
reputazionale è sensibile a fattori esterni, conseguenze negative ad una determinata azione diretta
6
imprenditoriale che fa emergere un downside risk , difficilmente quantificabile ed impone soluzioni
principalmente di carattere organizzativo idonee a contenere l'evento. Seguirà una breve descrizione
dei vari approcci di rilevazione, motivata dalla capacità di questi indici qualitativi di far emergere il
valore della reputazione nella reciprocità con gli stakeholder. Il tutto tenderà ad ottimizzare gli
accantonamenti consentendo un eventuale spostamento di risorse verso il core business , con
maggiori opportunità di affari e conseguenti utili. Ogni momento di contatto tra stakeholder e
organizzazione porta insito la potenziale possibilità di un rischio reputazionale, per cui è ovvio che
non si può eliminare totalmente pena l'interruzione di ogni attività imprenditoriale ma si può
contenere o limitare con tecniche appropriate che ho approfondito nel terzo capitolo, dedicato alla
gestione del rischio e alla determinazione delle strategie più idonee, focalizzandomi
sull'individuazione dei driver reputazionali. A proposito di strategie, merita un approfondimento
particolare il tema delle relazioni tra il rischio reputazionale e le azioni di corporate social
responsability con il loro contributo alla prevenzione e mitigazione del rischio trattato. Un
comportamento socialmente responsabile implica non solo il rispetto delle regole ma anche
un'attenzione particolare all'ambiente (ecologia) e alle preoccupazioni primarie degli individui. Il
fattore umano ritorna in primo piano con attenzione al welfare e alle dinamiche intergenerazionali
(ruolo dell'impresa attuale con un'ottica futura). La disamina sui recenti accordi di Basilea 2, sono
argomento del capitolo quattro, che conclude l'analisi del tema svolto con particolare riferimento
alle raccomandazioni sulla trasparenza dell'informativa bancaria. I regulator , tendono, attraverso i
principi ispiratori dell'accordo di Basilea 2, a compiere un'opera di unificazione e standardizzazione
delle norme al fine di migliorare la comparabilità tra competitors , rendendo il mercato sempre più
efficiente e indipendente, preso atto che la conoscenza rende liberi. Questo assunto rappresenta la
premessa per un'efficace educazione finanziaria, l'unica in grado di fornirci gli strumenti per
processi cognitivi, atti a prevenire i pericoli futuri, sulla scorta delle esperienze passate. La riprova
di quanto affermato è fornita dall'analisi di due casi realmente accaduti, con l'applicazione delle
formule teorizzate, che pur con cause scatenanti diverse, hanno avuto effetti finali simili e
devastanti che ci si augura non si ripetano più in futuro.
7
Capitolo I:
Reputazione e rischio di reputazione. Aspetti definitori 1.1 La reputazione nella teoria economica
La letteratura economica propone la distinzione fra il concetto di reputazione individuale
e quello di reputazione dell'impresa. Kreps 1
, ha dimostrato come essa sia un'attività
negoziabile caratterizzata da un suo pricing specifico, nell'ipotesi in cui il singolo agente
opera in un'economia monoperiodale e sarà caratterizzato da una buona reputazione solo
se in grado di acquisire la stima del suo predecessore e vendere la propria credibilità al
successore.
Tadelis 2
, recupera questo modello sviluppando l'idea di un'impresa il cui unico asset
risulta essere il brand : la trasformazione della proprietà viene garantita dall'esistenza di
un mercato delle attività immateriali. Fang 3
, generalizza queste considerazioni in
un'economia caratterizzata da comportamenti ripetuti e con moral hazard dimostrando
come, in presenza di contratti efficienti, l'assillo di vendere una buona reputazione sul
mercato possa superare la stessa condotta rischiosa 4
. La soluzione a questo rompicapo
prende spunto dalla teoria dei giochi 5
, eleganti in termini analitici ma incapaci però di
quantificare i pay-off per gli attori (banche e stakeholder 6
) coinvolti nel “gioco” sociale
della reputazione 7
. Il filone della signalling theory mostra come i manager siano
incentivati a mantenere/aumentare la reputazione delle imprese se questo permette di
generare benefici per la società 8
. La reputazione aziendale non è però condizionata solo
1 Kreps D. M. (1990), “Corporate culture and Economic Theory”, in J. Alt – K. Shepsle “ Perspectives on positive
Political Economy”, Cambridge University Press.
2 Tadelis S. (2001), “The Market for Reputations as an Incentive Mechanism”, Stanford University Working Paper 3 Fang H. (1998), “Name Trading and Efficiency”, University of Pensylvania 4 “Se la relazione si sviluppa in rapporti ripetuti, è possibile che un giocatore sia intenzionato a comportarsi
onestamente nei periodi iniziali al fine di costituirsi una reputazione di onestà da spendere nei periodi successivi”
(Rasmusen, 1993, pag. 94)
5 Millgrom P. - Roberts J. (1986), “Relying on the Information of Interested Parties”, in Rand Journal Economics,
pag. 18-32
6 Sono tutti quei soggetti che controllano le risorse critiche per la sopravvivenza del'impresa, oppure possiedono le
competenze necessarie a trattenere relazioni con altri sistemi tali da garantire l'afflusso costante delle risorse chiave
(Golinelli M.G. 2000) , in “L'approccio sistemico al governo dell'impresa”, Vol. 1, Cedam Padova 7 Deephouse D. (2000), “Media Reputation as a strategic Resource: An Integration of Mass Communication and
Resource Based Theoties” in Journal of Management, pag. 1091-1112
8 Marti J.- Balboa M. (2003), “Characterization of the Reputation of Private Equity Managers: Evidence in Spain” Padilla A. (2003), “Agency theory evolution and Austrian Economics” Posner E. (2000), “Law and Social Norms”, Harvard University Press 8
dai comportamenti dell'impresa ma anche da quelli dei concorrenti 9
; l'esistenza di fattori
esogeni rende più complessa anche la calibrazione dei costi legati agli accantonamenti .
In tal modo il tema della reputazione viene inquadrato in un problema tipico del dilemma
del prigioniero. Nella Tabella n° 1 è rappresentata la combinazione relativa alla
risoluzione del problema in forma asimmetrica 10
. Il venditore nei periodi iniziali tende a
comportarsi onestamente per crearsi una reputazione da utilizzare nei periodi successivi
ma se già all'inizio predilige solo il proprio guadagno, non solo non accumula
reputazione ma si incammina sulla strada del boicottaggio che concluderà anzitempo la
sua attività economica.
Tabella n°1: “Pay-off “del dilemma del prigioniero asimmetrico Fonte: Gabbi G., (2004),“Definizione,misurazione e gestione del rischio reputazionale
degli intermediari bancari”, pag. 55
Trovare una soluzione al dilemma del prigioniero in questa forma, può condurre ad un
problema nelle combinazioni rappresentate dalla tabella n° 1. In questo caso, rispetto alla
versione classica, almeno un giocatore deve scegliere una soluzione strategica (essere
onesto; acquistare). Nel breve periodo al venditore converrebbe frodare, ma la reazione
del consumatore condurrebbe al boicottaggio, senza considerare le scelte future del
venditore, indotto così al fallimento. Il boicottaggio avviene quando si scopre che il
venditore ha frodato, di conseguenza esso perde istantaneamente la propria reputazione
(positiva) accumulata in precedenza. Un esempio ci viene da un caso attuale come quello
9 Basdeo D.-Smith K.-Grimm C.-Rindova V.-Derfins P. (2006), “The Impact of the Market Actions on Firm
Reputation”, in Strategic Mangement Journal, pag. 1205-1219
10Nella forma asimmetrica si evidenzia una disparità di conoscenze e informazioni sul medesimo argomento da parte
dell'acquirente rispetto al venditore, che portano a scelte non pienamente consapevoli ma strategiche. La valutazione
a posteriori della bontà della scelta porta alla formazione della buona o cattiva reputazione su un'organizzazione.
9
della Grecia, uno stato dell'Unione Europea scoperto a “truccare” i conti pubblici. Un
Paese, insolvente di fatto, costretto a subire una pesantissima manovra economica per
portare in riequilibrio i conti e che pagherà questo comportamento negativo anche in
futuro, con un rating, frutto non solo di eventi prossimi ( forward looking ), ma anche di
quelli passati ( backward looking ).
Questa tematica presenta punti comuni con la problematica sulla qualità di un prodotto.
Un soggetto può scegliere di acquistare beni di ottima qualità o di qualità scadente,
scelta condizionata da asimmetria informativa; infatti solo dopo aver testato il prodotto
avrà elementi obiettivi di valutazione. Klein e Leffler 11
dimostrano come, in equilibrio, i
consumatori faranno esperienza e si rifiuteranno di comprare beni da un'impresa che
abbia, anche occasionalmente, prodotto beni di bassa qualità, modificando la reputazione
fin qui goduta. Se un'impresa deviasse dall'equilibrio di una produzione di elevata
qualità, sarebbe conveniente mantenere la qualità mediocre per le produzioni future ma
in assenza di asimmetrie informative il problema della fiducia non si pone.
Ovvio che questa conclusione non sempre può ritenersi soddisfacente; nel caso di alcuni
settori ciò significherebbe uscire da mercati che non possono accettare beni “scadenti”.
Diverso approccio è quello adottato da Mailath e Samuelson 12
, per i quali la reputazione
viene monitorata in modo imperfetto attraverso la qualità dei servizi offerti dall'impresa
alla clientela. Il loro modello presuppone anzitutto l'esistenza di due differenti tipologie
di imprese: quelle “mediocri” che possono offrire solo prodotti o servizi di bassa qualità
e quelle “eccellenti” che possono scegliere fra una strategia di bassa o di elevata qualità.
I consumatori pur soffrendo, in questo caso, di un'asimmetria informativa, ricevono
segnali che permettono di riconoscere la qualità dell'offerta.
Nel modello di Mailath e Samuelson la reputazione è un asset che, analogamente alle
attività reali o finanziarie, richiede investimenti: la sua creazione è graduale e solo al
termine del processo di investimento, produce risultati economici ( Reputation Start-Up
Effect ); si deteriora gradualmente per effetto della scelta di ridurre o sospendere gli
investimenti; può essere gestita, attraverso un ciclo di vita degli investimenti,
generalmente elevati all'inizio e più ridotti in seguito per il mantenimento della qualità
(Reputation Maintainance Effect ).
Un limite della letteratura economico-teorica allo studio della reputazione è la carenza di
una modellistica che supporti metriche in grado di misurare efficacemente il rischio
11 Klein B.- Leffler K. (1981), “The Role of Market Forces in Assuring Contractual Performance”, in Journal of
Political Economy, Vol. 89
12Mailath G.J.-Samuelson L. (2001), “Who Wants a Good Reputation”, in Review of Economic Studies, n° 68
10
reputazionale. Una definizione organica del concetto di reputazione è possibile solo
attraverso la mediazione tra punti di vista diversi.
Il modello teorico della management theory sostiene il postulato secondo Carter 13
, in cui
i diversi business aziendali orientano le attività nei confronti degli stakeholder al fine di
ottenere ritorni economici concreti. L'effetto economico più importante è la capacità di
creare valore da parte dell'impresa ( Market Value Premium 14
). Affinché avvenga questo
bisogna che il clima organizzativo sia coerente con l'obiettivo 15
. Gabbi nel 2009
16
studia
l'impatto reputazionale fra comportamenti etici e struttura della corporate governance 17
.
In sintesi la management theory evidenzia il valore della reputazione in relazione alla
capacità di creare fiducia e garantire un alto standard di prodotto.
Diverso è il contributo sulla strategy theory offerto da Barney 18
, il quale afferma come la
reputazione aziendale sia inimitabile e per tale motivo vada considerata come un fattore
strategico. Egli sostiene che la reputazione è prodotta dalla capacità aziendale di sfruttare
i propri vantaggi competitivi.
Un approccio multidisciplinare al tema è indispensabile per comprendere meglio le varie
considerazioni scientifiche e professionali motivate dalle differenti mansioni di coloro
che agiscono all'interno delle organizzazioni e nella diversa prospettiva con cui
affrontano il tema del reputation management e del reputation building . A seconda della
disciplina di riferimento cambia la definizione:
19
a) per gli psicologi la reputazione rappresenta l'insieme delle associazioni cognitive
attinenti ad un'organizzazione, sulla cui base i portatori di interesse orientano i propri
comportamenti. La reputazione di un'organizzazione costituisce un sistema di significati
che gli individui usano per organizzare le impressioni sull'organizzazione. E' un
semplificatore percettivo della realtà relazionale e di contesto.
b) per gli economisti la reputazione è l'insieme dei segnali che le organizzazioni usano
per costruire un vantaggio competitivo e comunicare la propria forza. E' un segnale
13Carter S. (2006), “The Interaction of Top Management Group, Stakeholder, and Situational Factors on Certain
Reputation Management Activities”, in Journal of Management Studies, pag. 1145-1176
14Wang K.-Smith M. (2009), “does Corporate Reputation Translate into Higher Market Value?” 15 Cohen D. (1995), “Moral Climate in Business Firms a Framework for Empirical Recearch”, in Academy of
Management Journal, pag. 386-390
16Gabbi G. (2009), “Reputation, Corporate Governance and Ethical Choices”, in Capece S., (a cura di),Ethical choices
in economics, society and the evironment, Roma, LUISS University Press.
17 Intesa come un'attività di stewardship nei confronti delle risorse, in quanto i processi di creazione e sviluppo delle
risorse critiche per l'impresa crescono di efficacia quando l'azione di governo è fondata sulla fiducia, proiettata nel
lungo periodo e poggi su basi di carattere cooperativo e sociale, Wheeler D., Davies R., (2004), “Gaining goodwill:
developing stkeholder approaches to corporate governance”, Journl of general management, vol.30, n°2
18Barney J. (1991), “Firm Resources and Sustained Competitive Advantage”, in Journal of Management, pag. 99-120
19Fombrum C., Van Riel C. (1996), “The Reputational Landscape” in Corporate Reputation Review, Vol. 1
11
informativo in grado di aumentare “l'appeal” dell'impresa.
c) per gli studiosi di strategia aziendale la reputazione costituisce una barriera alla
mobilità e una risorsa per le organizzazioni. E' un tratto distintivo che garantisce un
vantaggio competitivo in grado di proteggere l'organizzazione dall'ingresso di nuovi
concorrenti nel mercato.
d) per i sociologi la reputazione è un indicatore di legittimità che spiega l'operato di
un'organizzazione in relazione alle aspettative e alle norme della società. Le “classifiche
reputazionali” rappresentano l'indice delle relazioni che le organizzazioni intrattengono
con i loro portatori di interesse, in un ambiente sociale condiviso.
e) per gli esperti di organizzazione la reputazione rappresenta un'interpretazione
cognitiva dell'organizzazione usata dagli esterni per costruire significato e dagli interni
per dare significato. L'identità di un'organizzazione influisce sulle percezioni, sulle
motivazioni del management , dei lavoratori e sul modo di relazionarsi con l'esterno. In
questo caso la cultura e l'identità di un'organizzazione sono elementi fondamentali.
f) sotto il profilo contabile, la reputazione è una risorsa intangibile evidenziata come
differenza tra il suo valore di mercato e delle sue risorse tangibili (certificate in
bilancio). Gli “ Intangibles ”, rappresentano il patrimonio di conoscenza di
un'organizzazione. Questa ricchezza contiene non solo il know-how delle persone ma
anche dell'impresa, lega al suo sistema organizzativo, così come tutta una serie di
informazioni derivate dalle relazioni interne, che passano sotto il nome di “cultura
aziendale” e dalle relazioni esterne che esaltano la reputazione dell'azienda sul mercato.
Essi sono sempre più essenziali per l'esistenza dell'azienda stessa. La gestione best -
practice di queste risorse rappresenta fattore di adattabilità aziendale, nell'ottica di
crescita del vantaggio competitivo durevole, fondamentale per la creazione di valore nel
tempo. Da rimarcare che è tuttora aperto un vivace dibattito sulla possibilità di
contabilizzare questa risorsa alla luce della difficoltà di trovare un opportuno sistema di
valutazione 20
.
La reputazione va intesa dunque come capacità di stare sul mercato e come coerenza nel
rispondere alle aspettative di più soggetti rilevanti con l'obiettivo di collegare la
reputazione al processo di creazione di valore aziendale.
Tra le numerose definizioni enunciate solo una comprende, a mio parere, tutte le diverse
considerazioni emerse. Essa identifica la reputazione come la fusione di tutte le
aspettative, percezioni ed opinioni sviluppate nel tempo da clienti, impiegati, fornitori,
20Cafarotti R. e Sassi P. , pag. 40, “Il rischio di reputazione e di non conformità” 12
investitori e vasto pubblico in relazione alle qualità dell'organizzazione, alle
caratteristiche e ai comportamenti, che derivano dalla personale esperienza, il sentito
dire o l'osservazione delle passate azioni dell'organizzazione 21
.
1.2 Le regole della reputazione
Nella definizione riportata nel paragrafo precedente, sono già presenti le quattro
caratteristiche principali della reputazione che sono:
a) Non esiste una sola reputazione.
In un mercato complesso e globale la reputazione non può mai essere considerata come
una variabile solida ed univoca. E' piuttosto un concetto caratterizzato da tante
sfaccettature, dinamico, legato al contesto paese, al settore economico nei quali si opera
e alle relazioni organizzative. Ambiente competitivo e ambiente sociale rappresentano i
due principali contesti di riferimento per la reputazione organizzativa. Come strumento
cognitivo, la reputazione sintetizza ed organizza in modo coerente le informazioni a
disposizione degli stakeholder , sulle aziende con le quali si compete, è influenzata dalla
composizione dei mercati, dal grado di innovazione, dai modelli organizzativi prevalenti
e dalla regolamentazione vigente. Ciò è riferibile, in particolar modo, alla
liberalizzazione e alla globalizzazione dei mercati, avvenuta in pieno boom
dell' information tecnology che ha contrastato efficacemente ogni tentativo di reticenza
informativa finalizzata a consentire benefici economici ad una ristretta cerchia di
“eletti”. La reputazione sviluppa in campo sociale modelli interpretativi in relazione al
sistema valoriale di riferimento delle organizzazioni, al contesto legale/normativo del
settore e del paese nel quale si opera, all'importanza di alcune reti di relazione rispetto
ad altre (es. lobby ) che possono sensibilizzare su temi ambientali o di responsabilità
sociale. Il concetto multiforme di reputazione esalta le relazioni nelle dinamiche
reputazionali di un'organizzazione, infatti oggi non è più sufficiente occuparsi solo dei
propri azionisti e/o clienti ( shareholder ), ma diventa indispensabile tenere conto anche
dell'opinione pubblica, delle autorità di controllo, delle autorità politiche, delle proprie
risorse umane e dei media (tutti gli stakeholder ). E' necessario conciliare le differenti
aspettative e mantenere con rigore un'impressione pubblica coerente rispetto alle origini.
Sotto questo aspetto è attuale il tema della corruzione e del lavoro minorile.
21Bennett R, Kottasz R. (2000), “Practitioner Perceptions of Corporate Reputation: an Empirical Investigation”,
Corporate Communications: An International Journal, pag. 224-235
13