INTRODUZIONE
Questa tesi si propone di affrontare in maniera sistematica lo studio dell'ap
parato pensionistico ponendo particolare attenzione al trattamento di fine
rapporto quale strumento che crea una fonte di finanziamento autonoma in
grado di affiancare alla previdenza obbligatoria un'assicurazione integrativa
privata.
La trattazione, affronta lo studio del sistema previdenziale, suddividendolo
in quattro tematiche principali.
Il primo capitolo analizza le dinamiche di "disturbo", i percorsi "impervi" ri
scontrati nell'ultimo decennio, nel sistema previdenziale italiano.
Vie ne descritto il sistema di capitalizzazione che presto andrà a sostituire il
metodo a ripartizione, non più proponibile nella situazione congiunturale
poiché ri schierebbe di non garantire una copertura assistenziale alle nuove
generazioni.
Lo stesso capitolo è suddiviso in vari paragrafi, che dedicano uno studio ap
profondito ai diversi progetti di riforma attualmente in discussione al Parla
mento. In particolare si citano prowedimenti legislativi varati in materia di :
• fondi pensione, la legge nO 335 del 1995 nota anche come "Riforma Dini";
le misure proposte nella "Finanziaria 2000".
Un'analisi sull'attuale calo demografico, mette in luce gli innumerevoli squili
bri presenti nei pagamenti dell'Istituto Previdenziale Italiano. Con l'ausilio di
un grafico si pongono in risalto le classi di pensionamento e il calo di gettito
nazionale provocato dai prepensionamenti. Il secondo capitolo analizza il
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trattamento di fine rapporto meglio conosciuto con il termine generico di:
"liquidazione", o semplicemente con la sigla TFR.
Vengono descritte le sue caratteristiche, la sua natura, il suo ruolo, come
poterlo utilizzare per creare una polizza assicurativa privata, in alternativa al
pensionamento pubblico, speciflcandone la sua tipicità, perché istituto vi
gente solo in Italia, e non utilizzato in altri Paesi.
Seguono tematiche riguardanti: la "cartolarizzazione" del TFR, l'attuale di
scussione sul suo inserimento in busta paga, la tassazione, il suo funziona
mento nel settore privato e nel settore pubblico.
Il terzo capitolo discute sul sistema di previdenza integrativa SViluppato in
Europa, in riferimento a: Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Olanda e
al nostro Paese. Un paragrafo mette in luce analogie e differenze tra i si stemi pensionistici di alcuni Paesi europei e il nostro sistema ponendo parti
colare attenzione alle forme di "previdenza integrativa".
Una breve dissertazione analizza il sistema di pensioni private presenti negli
Stati Uniti d'America, e la «pensione di conguaglio» in vigore nel sistema
previdenziale giapponese.
Per completare la nostra analisi il quarto capitolo, propone tematiche che
vertono sulle scelte politiche e sullo sviluppo di nuove forme di previdenza
integrativa o complementare.
In riferimento a tale argomento, si discute sul «contractig-out» un modello
anglosassone che potrebbe essere adottato anche nel nostro Paese e sulla
possibile adozione di un «sistema misto» unico modello in grado di dare
soluzioni concrete alla crisi attuale del sistema previdenziale italiano.
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1.1 Introduzione
CAPITOLO PRIMO
I NODI DEL SISTEMA
PREVIDENZIALE ITALIANO
Da parecchi anni, si awerte l'esigenza di riformare il sistema previdenziale
italiano, non solo per innegabili ragioni di efficienza ma per stabilire una
maggiore libertà individuale.
In particolare, si è posta l'aspettativa, di un tasso medio di rendimento degli
impieghi finanziari più elevato del tasso medio di crescita del prodotto na
zionale, al quale è ancorata la "redditività" della ripartizione.
La previdenza sociale nata con lo scopo di indurre i giovani a risparmiare
per la loro vecchiaia, ha sempre costituito un problema di non poco conto
nella gestione delle risorse di una nazione per cercare il sistema di distribu
zione del reddito più equo possibile.
A questo principio generale si sono ispirati, i primi prowedimenti legislativi
in Italia: il disegno di Legge del Regno di Sardegna del 1859, l'estensione
dell'obbligo assicurativo a tutti i lavoratori dipendenti stabilita nel 1919. Suc
cessivamente, si è passati dal sistema a capitalizzazione ad un'applicazione
sempre più generalizzata del meccanismo a ripartizione.
Le cause che hanno spinto ad un tale profondo cambiamento sono state
principalmente due:
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.:. l'infiazione che al termine della seconda guerra mondiale, ha quasi az
zerato le riserve degli enti previdenziali;
.:. la possibilità, garantita dalla ripartizione, di distribuire risorse alle gene
razioni anziane senza "apparentemente" addossarne l'onere a quelle gio
van i.
Nei decenni passati, le innovazioni legislative, erano riuscite a elargire pen
sioni sempre più generose ai lavoratori dipendenti e a creare nuove discipli
ne per i lavoratori autonomi.
In Italia, le riforme degli anni Novanta, hanno iniziato, ma non terminato,
l'operazione di ridisegno della previdenza sociale. Pur così modificata la pre
videnza pubblica a ripartizione non potrà più rappresentare come ha rappre
sentato per mezzo secolo l'unico pilastro su cui costruire la ricchezza pen
sionistica delle famiglie italiane. Dopo la legislazione di inizio secolo, dove
aveva preso vita l'assetto del sistema di previde nza sociale, si pone la ne
cessità di ritornare ad sistema più efficiente come quello a: «capitalizzazio
ne»,
La soluzione più logica per il riordino del sistema previdenziale italiano, è
ormai constatato, sarà l'adozione come già altre legislazioni (Svizzera e
Francia) stanno sperimentando di un sistema «misto», che affianchi al si
stema di assistenza pubblica, un regime di previdenza integrativa privata,
in grado di appianare i divari creati dal sistema a ripartizione e gli sprechi
dell'assistenzialismo sociale. Da molti anni, a tal proposito numerosi econo
misti ritengono, che un buon sistema previdenziale debba comprendere ac
canto alla quota da destinare al sistema previdenziale una parte da desti
nare alla creazione di una polizza integrativa privata. Soltanto con una "co
pertura privata", che affianchi in modo sostanziale l'assistenza pubblica è
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possibile controbilanciare i rischi, coniugando la responsabilità individuale
con la solidarietà collettiva. Il passaggio dal sistema a ripartizione al sistema
a capitalizzazione, risulterà particolarmente difficile, constatato che la parte
pubblica è sommersa da disavanzi elevati e persistenti.
La storia, da qualche tempo, sembra aver invertito il suo corso e, secondo
una vasta corrente di pensiero, il contratto tra le generazioni, principio gui
da dei sistemi a ripartizione, risulta obsoleto e superato, frutto di un'epoca
di sprechi, e di elevati tassi di crescita, economica e demografica, che non
riuscirà ad adattarsi a dinamiche della popolazione e dei redditi tanto diver
se fra loro.
Il rallentamento dello sviluppo, e il progressivo invecchiamento della popo
lazione, aggravato dalla mancanza di meccanismi automatici di correzione
degli squilibri, sollecita soluzioni che, evitando di provocare lacerazioni trop
po forti nel tessuto sociale, siano in grado di porre rimedio a dinamiche in
sostenibili dei sistemi previdenziali. La strada scelta dal nostro Paese per af
fiancare un sostegno privato a quello pubblico non è certo tra le più facili,
visto lo scarso favore fiscale accordatole.
E' evidente, la predilezione del legislatore, verso una sorta di "terzo settore"
previdenziale, intermedio rispetto al settore pubblico e a quello delle pen
sioni private. In questa scelta sono presenti elementi positivi e negativi. Tra
i primi, spicca la preoccupazione di contenere i costi di amministrazione che
incidono negativamente sul livello delle prestazioni e che sono direttamente
proporzionali al grado di libertà e flessibilità concesso ai singoli individui. Tra
i secondi, vi è anzitutto da registrare come un simile orientamento contrasti
con le attuali tendenze degli altri Paesi avanzati, con una concezione che ri
tiene il risparmio personale meno meritevole rispetto a quello originario con
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l'intermediazione delle rappresentanze sindacali, alle quali i fondi chiusi as segnano un forte ruolo di promozione, indirizzo e controllo. Oltre a questi
aspetti, da parte del legislatore, ci potrebbe essere, l'aspirazione di asse gnare ai fondi chiusi un qualche "ruolo sociale" (come il finanziamento di
particolari attività, o aree) che sarebbe più difficile imporre a fondi aperti.
I dubbi gettano un'ombra sull'effettiva volontà del legislatore di costruire un
pilastro previdenziale "privato" accanto a quello pubblico. La ricomposizione
almeno a medio termine dello squilibrio tra disavanzo pubblico e la creazio
ne di un sistema pensionistico "misto" con una parte da elargire all1NPS ed
una parte destinata alla creazione di un fondo privato, risulta l'unica via per
giungere ad un nuovo e più equo sistema contributivo che appiani il divario
tra le generazioni presenti e quelle future.
Dopo la falsa partenza del 1992 e l'odierno awio stentato, vi sono numerosi
segnali di un generale ripensa mento di tutta la materia, inclusa una mag giore incentivazione fiscale.
Speriamo che i nuovi progetti di riforma e le nuove idee dimostrino soluzioni
più mirate ed efficaci, che permettano una distribuzione omogenea del get
tito contributivo e assicurino una sistema previdenziale più trasparente
omogeneo, stabile, strutturalmente organizzato e finanziariamente efficien
te. Questo deve essere non solo un augurio ma un intento motivato affin
ché, le fatiche del lavoro di oggi non siano state vane a garantire la sicurez za del nostro domani.
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1.2 La crisi del sistema previdenziale italiano
Il sistema pensionistico italiano è minato da una ridotta base contributiva e
da un esteso numero di pensionati. Questi due aspetti portano come conse
guenza un elevato prelievo contributivo e prestazioni pensionistiche media
mente basse.
Oggi in Italia abbiamo circa 18 milioni di lavoratori tra i quali:
• 12 milioni di lavoratori dipendenti
• 6 milioni di lavoratori autonomi
• 16 milioni di pensionati.
Ulteriori problemi che incidono sul deficit del sistema pensionistico italiano
sono:
1) una forte disparità negli importi delle pensioni;
2) la mancata separazione tra previdenza ed assistenza;
3) un elevato numero di soggetti gestori ed erogatori di prestazioni previ-
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4) un elevato numero di pensioni assistenziali e di invalidità.
Gli effetti raddoppiano se noi aggiungiamo una marcata evasione contributi
va, soprattutto nella aree depresse dove il basso valore aggiunto e le lavo
razioni ad alta intensità di lavoro manuale rendono intollerabile l'altissima
pressione contributiva.
Le pensioni di anzianità sono l'aspetto di maggiore ri lievo che ci caratterizza
rispetto agli altri Paesi.
Un sistema nuovo deve affrontare tutti questi aspetti problematici, trovando
una soluzione complessiva a tutti. L'allungamento della vita media ha ca
ratterizzato un numero elevato e crescente di pensionati.
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I oreoensionamenti, incidono in maniera fortemente sperequativa e sono la
causa principale dell'aumento dei pensionati, e della diminuzione della base
contributiva in rapporto al numero di lavoratori. Per ogni pensionato di an
zianità in più abbiamo un lavoratore in meno e questo porta contempora neamente ad un maggior costo pensionistico e ad un calo del gettito, consi
derato che i neo-pensionati non sono più fonte di reddito, perché smettono
di versare i contributi, e indebitano le casse dell'INPS.
L'aumento delle trattenute che ne deriva rende insopportabile la pressione
fiscale e contributiva, soprattutto nelle lavorazioni di tipo "Iabour intensive';
in cui vi è "alta intensità di mano d'opera".
Negli ultimi anni un certo numero di lavoratori si sposta sempre più dalla
fascia del lavoro regolare a quello del lavoro irregolare detto anche "lavoro
nero", perché non è tutelato, né tantomeno garantito. Nascono cosi disagi
collettivi, e aggravi contributivi, e si innesca una pericolosa spirale negativa.
Il nodo delle pensioni di anzianità è un tema che riaffiora periodicamente, e
fino ai giorni nostri non è mai stato risolto in maniera globale e definitiva.
La tabella 1.1 di pagina 16, mette in luce la considerevole quantità di pen
sioni erogate nel 1997 differenziate per sesso e per tipologia. La pensione di
anzianità media, presa in riferimento in questa tabella, è superiore ai
27milioni e ciò è un indicatore di uno stipendio elevato.
Analizzando i dati in essa riportati, il costo delle pensioni di anzianità nel
1997, definite come nella nota "(a): prepensionamenti" riportata sotto la ta
bella, è stato pari a 64'675 miliardi. Questo costo viene finanziato con un
"elevamento delle aliquote contributive', in gran parte a carico delle azien
de. Tuttavia il costo delle pensioni di anzianità è ben superiore. Il numero
complessivo di pensioni di anzianità è pari a 2 milioni e 330 mila. Costo-
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ro, prima di andare in pensione, lavoravano e se non fossero andati in pen
sione prematuramente avrebbero dovuto continuare a lavorare.
Questo è un aspetto particolare del mercato del lavoro italiano, in quanto
molti giovani invece di studiare entrano prematuramente nel mondo del la
voro, contribuendo a rimuovere anzitempo i lavoratori più anziani dai pro
cessi produttivi.
Un lavoratore soggetto al prepensionamento avrebbe dovuto invece, lavo
rare fino ai termini previsti per un pensionamento regolare. Seguendo que
sta considerazione abbiamo 2 milioni e 330 mila lavoratori in meno, con un
consistente calo di gettito contributivo.
In Italia, il rapporto numerico tra i lavoratori e la popolazione è decisamente
anomalo. Le cifre ufficiali ISTAT indicano che il rapporto tra occupati e po
polazione è pari al 39.5% di cui:
• 33.6% di occupati regolari
• 5.9% di occupati irregolari.
L'economia sommersa, vale a dire il numero di lavoratori irregolari nel 1998
ha raggiunto quasi il 28% del PIL.
Moltissimo lavoro invece di essere fatto alla luce del sole, viene condotto in
regime di evasione fiscale e contributiva. Da una parte la colpa è anche del
nostro governo che ha imposto agli imprenditori un costo del lavoro troppo
elevato con contributi troppo esosi da pagare. Consideriamo, come termine
di paragone, che nel paese con la minore stima di economia sommersa, la
Svizzera, il rapporto tra popolazione attiva e popolazione è prossimo al
50%. Ciò significa che praticamente tutti lavorano alla luce del sole, e pa
gano i contributi.
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