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Introduzione
Il Medio Oriente è teatro di scontri e battaglie da tempo immemore. Le vere e proprie guerre,
in cui queste lotte sono spesso sfociate, muovono da alcuni ideali di fondamentale valore,
come la patria: una terra, un luogo in cui un popolo ha il diritto di risiedere in modo
permanente e di sentirsi a proprio agio. In un certo senso è, per estensione, come una casa per
una famiglia. L’eterno conflitto tra arabi ed ebrei va quindi oltre la questione razziale o
religiosa: entrambe le comunità provano un tale senso di smarrimento per la perdita della
propria regione, che nel corso dei decenni ciascuna di esse si scopre disposta a qualunque
gesto per averla indietro.
La questione si prolunga immutata fino agli anni Settanta e la causa araba non riscontra
sufficiente considerazione da parte dell’Occidente. La situazione è per il popolo palestinese
inaccettabile, ma una svolta determinante avviene quando le organizzazioni terroristiche
palestinesi, fenomeno ultimo generato dalla disperazione del popolo arabo, non decidono di
incrinare con la violenza un’istituzione che da sempre simboleggia la pace e l’uguaglianza
fra i popoli: le Olimpiadi. Telecamere e giornalisti da tutto il mondo invadono dapprima il
villaggio olimpico, luogo della cattura degli ostaggi, quindi l’aeroporto dove è avvenuto il
massacro: è incredibilmente insolito quanto spiazzante, per le nazioni da ogni parte del
globo, osservare alla televisione lo svolgimento di un attentato terroristico per una giornata
intera, temendo per la sorte di undici atleti israeliani.
Alcune settimane dopo la tragedia, il governo israeliano decide di assumersi la
responsabilità di un nuovo tipo di risposta al terrorismo, una reazione decisa e mirata, che
attacchi alle radici del fenomeno e sradicandole nella maniera piø estrema esistente.
Con la seguente trattazione abbiamo scelto di approfondire questo argomento,
avvicinandoci alla questione grazie allo studio e all’analisi di due opere, una letteraria ed una
cinematografica, che narrano queste vicende tra realtà e finzione. Il problema che sorge
spontaneo dalla fruizione di entrambi i prodotti artistici è duplice: da un lato svilupperemo la
riflessione se il sentimento di vendetta, provato dapprima dal popolo palestinese e
successivamente da quello israeliano, giustifica l’uccisione delle persone colpevoli del torto;
dall’altro lato, grazie all’analisi del romanzo e del film, valuteremo quanto questo metodo di
risposta si riveli efficace per ottenere una forma di giustizia.
Obiettivo della nostra ricerca è quindi proporre una breve indagine sulle cause politiche e
morali che portano ad una tale volontà, per poi considerare il caso specifico dello Stato di
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Israele: l’attuazione di una controffensiva per la difesa della Nazione dal terrorismo.
Attraverso le vicende narrate nel romanzo e nel film, metteremo quindi in evidenza le
conseguenze della reazione del Mossad israeliano, indicando il diverso approccio alla
questione del protagonista della missione, attitudine che differisce nelle due opere.
Abbiamo concepito il primo capitolo come un’introduzione allo studio del romanzo
Vendetta e del suo adattamento Munich: qui ci avvicineremo alla questione israeliano-
palestinese, analizzando diversi momenti storici che ne hanno delineato la gravità: si è quindi
deciso di suddividere tale capitolo in quattro sezioni, ciascuna delle quali contiene uno
sguardo analitico verso alcuni aspetti del problema: partiamo dalla descrizione
dell’organizzazione terroristica responsabile dell’attentato a Monaco, illustrandone la storia
ed il rapporto con gli altri gruppi estremisti; successivamente prenderemo in considerazione
la strage degli atleti, evidenziando le manovre tattiche e politiche che hanno portato al
massacro; in seguito descriveremo la conseguente controffensiva, soffermandoci su un grave
errore compiuto dagli agenti; in ultimo offriremo alcuni spunti di riflessione sulle due azioni
grazie all’opinione della moglie di una vittima di Monaco, confrontando le priorità del
governo israeliano con quelle di una donna che ha subito un così grave lutto.
Nel secondo capitolo ci siamo prefissi l’obiettivo di studiare la duplice controversia sorta
rispettivamente con l’uscita del romanzo e quella del film. Nel primo caso, per agevolarne la
comprensione, forniamo dapprima alcuni cenni biografici dell’autore George Jonas ed una
breve sinossi dell’opera; quindi riporteremo, il piø ordinatamente possibile, il dibattito fra lo
scrittore e le contestazioni della stampa anglosassone: la disputa verterà principalmente
sull’inattendibilità della fonte da questi utilizzata per la stesura del romanzo. Nel caso di
Munich procederemo in modo essenzialmente analogo: citeremo le piø influenti critiche della
stampa al film, per poi dedicare alcune pagine al pensiero del regista Steven Spielberg alle
vicende narrate.
Il capitolo finale della trattazione consiste in uno studio dell’adattamento, stilando un
confronto diretto tra l’opera letteraria e filmica e facendone emergere le differenze a livello
di intreccio e di psicologie drammaturgiche. Dopo aver quindi tratto le principali
considerazioni sui cambiamenti apportati dal regista in fase di adattamento, porteremo a
termine la nostra analisi descrivendo la realizzazione della sceneggiatura definitiva. In questa
sede ci torneranno particolarmente utili alcuni interventi da parte degli sceneggiatori e di
alcuni produttori.
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Capitolo I
Monaco ’72: tra antefatto e questione
Premessa
Nel primo capitolo del nostro lavoro affronteremo, a livello teorico, la questione
dell’attentato, da parte di una fazione terroristica palestinese, alle Olimpiadi di Monaco del
1972, dove trovano la morte undici atleti israeliani. Per raggiungere questo scopo abbiamo
deciso di suddividere il capitolo in quattro sezioni, in ciascuna delle quali vengono presi in
considerazione episodi e vicende collegati al problema del conflitto israeliano-palestinese.
Dapprima compieremo un breve excursus storico, illustrando l’origine e la natura del
conflitto fra le due nazioni, fino a sfociare alle cause dell’attentato a Monaco;
successivamente ci focalizzeremo sull’attacco, analizzando le ragioni politiche e pragmatiche
che hanno portato al fallimento della negoziazione fra le autorità tedesche e i terroristi;
quindi prenderemo in esame la controffensiva del Mossad, presentando due episodi che
rappresentano rispettivamente un’azione riuscita ed una fallita; infine presenteremo alcuni
spunti di riflessione grazie all’opinione della moglie di una delle vittime dell’attacco
sull’intera vicenda.
Per la trattazione del capitolo ci baseremo principalmente sull’opera-inchiesta del
giornalista inglese Simon Reeve
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e su due documentari: Munich: la storia vera, realizzato per
la televisione e Un giorno in settembre, diretto da Kevin Macdonald.
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1.1 Primo momento: le cause della strage
In questo primo paragrafo focalizzeremo la nostra attenzione sull’organizzazione terroristica
ritenuta responsabile dell’omicidio degli undici atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco nel
1972, Settembre Nero. Partendo da una breve descrizione degli orientamenti politici e degli
1
Simon Reeve, One Day in September: The story of the 1972 Munich Olympics massacre, a government cover-
up and a covert revenge mission, Faber and Faber Limited, London 2000; trad. it. Un giorno, in settembre:
Monaco 1972, un massacro alle Olimpiadi, Bompiani Overlook, Milano 2002.
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Il primo è prodotto dalla BBC nel 2006 ed è stato trasmesso dal canale satellitare History Channel il 9 agosto
2006; il secondo è stato realizzato per il cinema nel 1999.
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obiettivi della fazione, cercheremo quindi di allargare il campo d’analisi, illustrando le linee
essenziali della sua storia e indicando i rapporti che esso stabilì con le altre organizzazioni
terroristiche palestinesi. Infine definiremo la causa palestinese generale, per poi chiarire la
motivazione particolare dell’attentato a Monaco.
Settembre Nero è il piø fanatico gruppo terroristico palestinese; ha origine come un ente
indipendente esplicitamente finalizzato alla realizzazione di raid e assassini contro lo Stato di
Israele. I fondatori, nel periodo della sua prima diffusione nel Medio Oriente, elevano la sua
indipendenza a qualcosa di astratto, come un simbolo. Abu Iyad, secondo Reeve il leader del
gruppo a tutti gli effetti, illustra in modo preciso questo concetto: “Non c’era
un’organizzazione. C’era una causa, Settembre Nero. Era uno stato d’animo palestinese”.
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Il
giornalista egiziano Mohammed Hassanein Heikal, capo redattore del quotidiano Al-Ahram e
profondo conoscitore del fenomeno terroristico, così descrive la forte determinazione
dell’organizzazione (riportiamo le sue stesse parole in lingua inglese, così come state riferite
al Time):
Unfortunately, when people are desperate, they behave desperately. Many fedayeen have
reached the point of desperation where they are determined not to permit the world one day's
peace. The fedayeen are curbed for the moment, but they have more manpower, are better
armed and better trained than ever before. The quality of their men is better, they are dedicated
and perfectly willing to die if necessary. Those boys in Munich were prepared to kill. But they
were also prepared to die.
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Per comprendere appieno ciò da cui ha avuto origine questo “stato d’animo”, è necessario
fare un passo indietro, per lasciare spazio all’illustrazione di alcuni episodi necessari al suo
inquadramento storico e politico.
Secondo Reeve, due sono stati i principali fattori che hanno inasprito la guerra contro la
Palestina e, in un certo senso, portato agli episodi di terrorismo attuali: l’Olocausto avvenuto
sotto il regime hitleriano e la conseguente fondazione dello Stato d’Israele nel 1948.
Quest’ultimo rivoluzionario evento ha però costretto migliaia di palestinesi a rifugiarsi in
campi profughi di governi arabi limitrofi, nella forzata conduzione di una vita di miseria e
disperazione. A posteriori, decine di anni dopo, Abu Iyad ha espresso in un libro il suo
risentimento nei confronti di quella costrizione: “Dovevano rimanere nelle loro terre, a
qualsiasi costo. I sionisti non avrebbero mai potuto sterminarli uno per uno”.
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3
Cfr. Simon Reeve, Un giorno in settembre, op. cit. p. 49.
4
L’articolo, il cui autore ci è purtroppo sconosciuto, è Black September's Ruthless Few, apparso sul Time del 18
settembre 1972. ¨ reperibile dall’archivio elettronico del Time, al sito www.time.com.
5
Da Simon Reeve, op. cit. p. 38. Cfr. anche Abu Iyad, Eric Rouleau, My Home, My Land, Times Books, New
York 1981, p. 12.
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La rabbia e l’odio degli arabi palestinesi per la perdita della loro terra vengono
concretizzati nel 1964 nella fondazione dell’Organizzazione per la Liberazione della
Palestina (OLP), a detta di Reeve un “governo palestinese in esilio”.
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Un anno dopo viene
inizializzata la lotta ufficiale allo Stato di Israele grazie ad Al Fatah, organizzazione segreta
alle sue dipendenze istituita dall’ingegnere Yasser Arafat, con lo specifico scopo di sferrare
attacchi alla nuova nazione. Essa viene di continuo alimentata grazie a giovani volontari
spronati dalla causa araba e provenienti anche da altri stati, quali Germania, Algeria e
Kuwait. Inoltre la causa palestinese trova presto numerosi consensi anche in Egitto,
Cisgiordania e Siria.
L’astio tra i due popoli mediorientali diviene tale da sfociare in vere e proprie guerre, in
nome della propria religione e del proprio ideale. Un chiaro esempio, descritto dal giornalista
inglese in ogni sua fase, è costituito dalla Guerra dei Sei Giorni nel 1967, in cui la vittoria
dell’esercito israeliano è schiacciante. Ciononostante, i raid del Fatah divengono piø
frequenti quanto disperati, provocando un secondo attacco di Israele contro la base principale
dell’organizzazione in Giordania l’anno successivo. Questa volta la vittoria araba segna un
nuovo ottimismo nell’animo del popolo palestinese, rinforzando le squadre delle fazioni
terroristiche.
In riferimento a questa rinascita ideologica, Simon Reeve riporta un’interessante
testimonianza di Jamal Al-Gashey, guerrigliero del Fatah e in seguito di Settembre Nero, che
prenderà parte alla strage di Monaco:
Le prime operazioni militari [del Fatah] infusero speranza, e incoraggiarono l’idea che
saremmo stati capaci di liberare la Palestina per tornare alle nostre case e farla finita con la
miseria e l’umiliazione. […] Decine di migliaia di giovani aderirono alla rivoluzione in
Giordania perchØ ci convincemmo che la Palestina avrebbe potuto essere liberata solo dai suoi
figli, non certo dai capi arabi.
7
A questo punto, l’obiettivo di Arafat è di coalizzare le diverse fazioni terroristiche per dare
vita ad una “legittima guerra militare contro lo Stato di Israele”:
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se da un lato viene favorito
grazie alla fusione tra il Fatah e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina sotto il
suo comando, dall’altro viene ostacolato dal rifiuto alla proposta proveniente dal Fronte
Popolare per la Liberazione della Palestina e dal suo leader marxista George Habash. Si tratta
della piø numerosa fra le organizzazioni terroristiche che, come spiega lo stesso George
Jonas in Vendetta, è stata la prima ad instaurare legami internazionali per scopi di
6
Simon reeve, Un giorno,… op. cit. p. 41.
7
Ibidem, p. 44. Cfr. anche un’intervista filmata???
8
Ibidem, p. 45.
8
terrorismo.
9
Il rifiuto all’approccio di Arafat deriva, secondo l’autore canadese, da una
divergenza ideologica e di priorità: scopo di entrambi rimane l’eliminazione di Israele, ma
mentre Habash punta principalmente a combattere l’imperialismo attuando scorrerie in tutto
il mondo, Arafat tiene in primo luogo alla liberazione dello stato palestinese operando entro i
confini della patria dell’ebraismo.
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A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta imperversano le azioni di entrambe le squadre,
il cui bersaglio favorito sembra essere la compagnia aerea israeliana El Al; nonostante il
mondo intero noti con sdegno la crescente violenza, George Habash rivendica imperterrito la
sua posizione morale:
La nostra lotta è appena cominciata, il peggio deve ancora arrivare. La prospettiva di avviare
una terza guerra mondiale non ci preoccupa. Il mondo ci ha usato e ci ha dimenticato. ¨ ora che
si accorgano che esistiamo.
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Sono i fatti di settembre del 1970 che ci permettono di riallacciarci al centro del nostro
discorso: il re di Giordania non si sente di portare sulle proprie spalle il fardello costituito
dalla presenza dei terroristi palestinesi nella sua terra. Decide quindi di sferrare un attacco
per espellerli dal Paese, col risultato di una feroce battaglia. La sconfitta dei guerriglieri arabi
verrà da essi stessi ricordata fino a giorni nostri col nome di “Settembre Nero”.
Solo ora nasce nell’animo dei fedayin (dall’arabo: “volontari della morte”) un forte
desiderio di mostrare al mondo la propria causa e la propria situazione sociale, che, come
spiega Abu Daoud, un tempo comandante del Fatah in Giordania, allo stesso tempo si
concretizzi in un gruppo distaccato e indipendente. Scegliamo di seguire l’opinione dello
stesso Daoud, riportata in un passo del libro di Reeve:
[Si decise] di formare un gruppo senza legami col Fatah, che avesse il ruolo di richiamare
l’attenzione sul significato della lotta e poi tornasse all’organizzazione madre, il Fatah, così
pensammo di costituire un’organizzazione chiamata “Settembre Nero”.
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Il pensiero di Daoud ci porta a chiarire gli effettivi rapporti politici ed economici vigenti tra
le due fazioni terroristiche, argomentando il concetto di stato d’animo indipendente che
abbiamo piø sopra introdotto:
Era un gruppo a se stante, in modo che nØ il Fatah nØ l’OLP dovessero subire il peso della
condanna per le nostre operazioni. Il gruppo, sia singolarmente che come comitato direttivo,
era responsabile dei suoi successi e fallimenti senza che ne fosse compromesso il legittimo
rappresentante del popolo palestinese. […] Non c’è qualcosa che sia Settembre Nero. Il Fatah
9
Cfr. George Jonas, Vengeance: The True Story of an Israeli Counter-Terrorist Team, Lester & Orpen
Dennys/Collins, Toronto 1984; trad. it. Vendetta: La vera storia della caccia ai terroristi delle Olimpiadi di
Monaco 1972, Rizzoli, Milano 2006. p. 84
10
Ibidem, p. 281.
11
Tratto da Simon Reeve, Un giorno, … op. cit. p. 46.
12
Ibidem, p. 49. Il riferimento è il medesimo per questo e il seguente passo.