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INTRODUZIONE
Il lavoro prende in esame i rapporti bilaterali che il nostro paese ha intrattenuto con la Libia
dall‟ascesa del colonnello Muammar Gheddafi alla ratifica del Trattato di Bengasi del 2008.
Particolare attenzione è dedicata all‟evoluzione intercorsa nell‟ultimo decennio, in quanto il
paese arabo è diventato per l‟Italia un partner essenziale, sia in campo economico che strategico.
L‟importanza che il mercato libico riveste per l‟Italia è dimostrata dalla presenza stabile in Libia
di numerose imprese, prevalentemente collegate al settore del petrolio e del gas (ENI, Snam
Progetti, Edison, Tecnimont, Saipem), delle costruzioni (Impregilo e Bonatti), dell‟ingegneria
(Techint e Technip), dei trasporti (Iveco e Calabrese) e delle telecomunicazioni (Sirti e Telecom
Italia). L'Italia risulta il terzo paese investitore nel paese arabo tra quelli europei ed il quinto a
livello mondiale (dopo Malta, Gran Bretagna, Egitto, Tunisia e Canada). Il maggiore investitore
è L‟ENI, presente in Libia sin dal 1959. L‟ENI estrae in Libia 800 mila barili di petrolio al
giorno, di cui 300 mila di suo esclusivo utilizzo.
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Il lavoro è articolato in tre capitoli. Il primo analizza l‟evoluzione dei rapporti tra i due paesi
dalla fine del colonialismo all‟avvento di Gheddafi. Accompagnato da un clima di fermento
popolare contro il regime di re Idris, il colonnello Gheddafi nel 1969 effettuò un colpo di stato
con cui si insediò al potere. Nei primi anni della sua gestione, il colonnello mostrò tutto il suo
risentimento verso l‟Italia ed il passato coloniale, attraverso alcuni decreti anti-italiani. Pur
continuando ad alimentare la sua retorica verso il passato italiano, Gheddafi ricucì nel corso
degli anni settanta i rapporti con il governo di Roma, raggiungendo un primo importante accordo
di cooperazione nel 1974.
Il secondo capitolo analizza due importanti argomenti: il Libro verde e il coinvolgimento
della Libia nel terrorismo internazionale. Con il primo si vuole evidenziare come il colonnello
abbia annullato la possibilità di dissenso. Il secondo invece rappresenta il motivo per cui la Libia
abbia subito pesanti restrizioni economiche nel corso degli anni ottanta e novanta.
Il terzo capitolo affronta le relazioni italo-libiche dalla fine dell‟embargo alla ratifica del
Trattato di Bengasi, evidenziando l‟impegno italiano nella reintegrazione della Libia nella
comunità internazionale. L‟Italia nonostante il grave episodio di Lampedusa, non ha mai
abbandonato le relazioni con Tripoli. Il Comunicato congiunto del 1998, sancisce l‟inizio di una
1
ICE, “Libia”, relazione dell‟Istituto nazionale per il commercio estero sulla Libia, marzo 2010, pp. 17-21, on-line
http://www.ice.gov.it/paesi/africa/libia/upload/106/NOTACONG%20Libia%20Mar%202010.pdf.
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nova fase di rapporti che ha come ultimo episodio il Trattato di Amicizia, Partenariato e
Cooperazione del 2008. Il Trattato, pur essendo stato dipinto come un documento capace di
ricucire lo strappo del passato, contiene numerose incongruenze che lo fanno sembrare più un
accordo economico-strategico siglato dai due paesi. Il controllo dei flussi migratori rappresenta
uno dei punti su cui verte il Trattato. Le concessioni alla Libia, come per esempio lo
stanziamento di 5 miliardi di dollari da versare nel corso di venti anni in opere infrastrutturali nel
territorio libico, sembrano costituire una moneta di scambio con cui l‟Italia, si assicura non solo
nuovi profitti economici, ma anche il controllo dei flussi migratori verso la penisola.
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1. L’ITALIA E L’ASCESA DI GHEDDAFI
1.1. Italia e Libia tra colonialismo e rivoluzione
I territori di Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, suscitarono l‟interesse italiano sin dalla fine
del XIX secolo, ma la colonizzazione della Libia si dimostrò più complicata del previsto.
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Fu
necessario più di un ventennio (1911-1932) per arrivare alla pacificazione dell‟intera regione,
perseguendo l‟obbiettivo attraverso direttive “tendenti a supplire con la violenza e le atrocità,
all‟incapacità politico-militare italiana”.
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A seguito della sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, l‟Italia perse il controllo coloniale
sull‟intera area. La scoperta di pozzi petroliferi,
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fece crescere l‟interesse verso la regione, che
ora rappresentava un‟importante pedina nello scacchiere economico delle potenze occidentali.
Nel 1949 l‟ONU approvò una risoluzione con cui manifestava la decisione di riunire le
province di Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, in un unico territorio autonomo entro il 1° gennaio
1952. Nell‟ottobre 1951 nasceva così la Monarchia Federale del Regno di Libia, il cui re divenne
Idris primo.
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Nonostante però la Libia avesse raggiunto l‟indipendenza, le potenze occidentali
mantennero indirettamente il controllo. USA ed Inghilterra sottoscrissero diversi accordi con la
monarchia, che permise loro di installare diverse basi militari sul territorio libico ed istituire
vantaggiosi rapporti economici. In cambio le due potenze accettarono di fornire assistenza
finanziaria e tecnica.
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Nel 1956 l‟Italia regolò i rapporti con l‟ex colonia tramite un accordo con
il quale si impegnava a trasferire in Libia tutti i beni demaniali e a corrispondere al governo di
Tripoli la somma di 5 milioni di sterline. Inoltre si assicurò la permanenza della comunità
italiana residente nel Paese garantendo i diritti previdenziali e di proprietà. In particolare l'art. 9
stabiliva che: “Il Governo Libico dichiara (..) che nessuna contestazione, anche da parte dei
singoli, potrà essere avanzata nei confronti delle proprietà di cittadini italiani in Libia, per fatti
del Governo e della cessata Amministrazione italiana della Libia, intervenuti anteriormente alla
2
Per approfondimento consultare DEL BOCA A., A un passo dalla forca, Baldini Castoldi Dalai Editore, Milano,
2008.
3
SALERNO E., Genocidio in Libia, Manifestolibri, Roma, 2005, p. 79.
4
Il petrolio fu scoperto dal 1932 dall‟esploratore italiano Ardito Desio, ma era impossibile il suo sfruttamento. Vedi
ROMANO S., “Ardito Desio e il petrolio nella Libia italiana”, Corriere della sera, 09-06-2007, on-line
http://archiviostorico.corriere.it/2007/giugno/09/Ardito_Desio_petrolio_nella_Libia_co_9_070609094.shtml.
5
VANDEWALLE D., Storia della Libia contemporanea, Salerno Editrice, Roma, 2007, pp. 51-52.
6
ZOUBIR Y . H., “Libya and Europe: Economic Realism at the Rescue of the Qaddafi Authoritarian Regime”,
Journal of Contemporary European Studies, V ol. 17, No. 3, 2009, p. 401.
7
costituzione dello Stato Libico”.
7
La Libia si ancorò all‟occidente tramite la firma di questi
trattati.
L‟Italia in questi anni viveva il suo miracolo economico, durante il quale il PIL italiano salì
con un tasso del 6.5% annuo dal 1958 al 1963.
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Il Financial Times incoronò la Lira come moneta
più stabile d‟Europa.
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Con un tasso di crescita inferiore in Europa solo alla Germania, l‟Italia nel
giro di un decennio ridusse il divario economico che la divideva dalle altre potenze europee. Con
un‟economia in forte espansione, la Libia rappresentava terreno fertile per nuovi affari.
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Nel
1964, il ministro degli Esteri in carica era l‟onorevole Aldo Moro. Le sue politiche miravano a
preservare i rapporti con il governo libico, mantenendo quindi la linea politica del dopoguerra.
Gli interessi economici verso l‟ex colonia, non riguardavano solo le forniture petrolifere, ma
anche il settore delle esportazioni: “Nel 1968, l‟Italia aveva esportato verso la Libia merci per
110 miliardi di lire, coprendo il 25% delle importazioni libiche. Si trattava di un ammontare di
tutto rispetto che costituiva quasi il 2% delle esportazioni totali dell‟Italia; ciò poneva la Libia al
secondo posto tra i partner commerciali extra-europei dell‟Italia”.
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Non meno importante era la
presenza di una cospicua comunità italiana, anche se il numero dei residenti era sceso dalle 45
mila unità degli anni ‟50 alle 20 mila unità di fine anni sessanta.
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All‟interno del paese arabo, la politica intrapresa dal re gettò il paese nel caos. Già da tempo
la popolazione mostrava malcontento verso la monarchia a causa della corruzione dilagante e
dello squilibrio sociale derivato dalla cattiva gestione delle entrate petrolifere. Inoltre, durante il
conflitto del 1967,
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re Idris optò per il non intervento. La decisone creò numerosi disordini che
resero necessario l‟intervento dell‟esercito per sedare la rivolta; il rapporto con la popolazione fu
irrimediabilmente compromesso.
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È in questo contesto che la notte tra il 31 agosto ed il 1 settembre 1969, il giovane
7
“Italia-Libia, accordo con la ex colonia. Chiuso dopo un secolo di contrasti”, La Repubblica, 10-11-2010, on-line
http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/esteri/italia-libia/italia-libia-scheda/italia-libia-scheda.html?ref=search.
8
SABBATUCCI G. e VIDOTTO V., Il mondo contemporaneo- Dal 1848 a oggi, Editori Laterza, Bari, 2006, p.
569.
9
FARINA M., “L‟altra Italia del miracolo economico”, Corriere della sera, 24-05-2009, on-line
http://archiviostorico.corriere.it/2009/maggio/24/altra_Italia_del_miracolo_economico_co_9_090524034.shtml.
10
Già nel 1959 l‟ENI di Mattei aveva ottenuto una concessione territoriale in Cirenaica per l‟estrazione del greggio.
Vedi PATUCCHI M., “Scaroni il Libico sulle orme di Mattei”, La Repubblica, 22-10-2007, on-line
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/10/22/scaroni-il-libico-sulle-orme-di-mattei.html.
11
VARVELLI A., L’Italia e l’ascesa di Gheddafi, Baldini Castoldi Dalai Editore, Milano, 2009, pp. 58.
12
VARVELLI A., Op. cit., p. 31.
13
Nel 1967 Israele rispose alla chiusura del golfo di Aqaba, con un attacco militare contro Egitto, Siria e Giordania.
La guerra durò appena sei giorni. L‟Egitto perse la penisola del Sinai, mentre la Giordania tutti i territori della riva
occidentale del Giordano (inclusa la parte orientale di Gerusalemme) e la Siria le alture del Golan. Vedi
SABBATUCCI G. e VIDOTTO V ., Op. Cit., p. 539.
14
VANDEWALLE D., Op. cit., p. 93.
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colonnello Gheddafi, guidò un colpo di Stato eseguito da un gruppo di giovani ufficiali
rivoluzionari.
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Dopo il golpe, Gheddafi si pose a capo del Consiglio del Comando della
Rivoluzione (CCR). La nuova Costituzione del dicembre 1969 indicava il CCR come la più alta
autorità politica del paese. A tale organo fu affidato il potere di dirigere le forze armate e di
nominare il consiglio dei ministri, i quali erano comunque diretti dai membri del Consiglio della
Rivoluzione ad eccezione del ministro del petrolio che godeva di più ampia autonomia. I nuovi
leader libici mostrarono una rottura con il passato: l‟ambiente socio culturale da cui provenivano
era in evidente contrasto con l‟elite politica precedente, quasi tutti infatti appartenevano
all‟ambiente rurale, al ceto medio o a famiglie meno prestigiose rispetto al governo senussita; il
grado militare non era molto elevato ed erano tutti neo diplomati all‟accademia militare, lo stesso
Gheddafi era solo colonnello.
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Nonostante non fossero ufficiali esperti, il colonnello e i suoi collaboratori attuarono una
strategia perfetta, con cui riuscirono a far riconoscere il nuovo governo sia dalle potenze del
blocco occidentale, che da quelle del blocco sovietico, senza incorrere in sanzioni e ripercussioni
internazionali. In poche ore gli insorti si assicurarono il controllo del paese senza spargimento di
sangue. L‟accaduto tuttavia gettò le potenze occidentali in uno stato di totale incertezza. Infatti,
nonostante le prime dichiarazioni contenessero parole di rassicurazione,
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si passava da un
governo filo-occidentale, ad uno del tutto imprevedibile. Inoltre, a rendere la situazione ancora
più incerta, contribuì l‟anonimato iniziale dietro cui si nascosero i rivoluzionari. Gheddafi riuscì
così a creare un clima di attesa, senza inimicarsi nessuna potenza. L‟Italia riconobbe la Libia il 6
settembre, dopo che Mosca, Washington e Londra avevano attivato canali diplomatici con
Tripoli.
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Il 16 ottobre seguente, il regime approvò un nuovo decreto. Questo era costituito da cinque
punti programmatici: l‟evacuazione totale delle basi militari inglese ed americane, la neutralità
della Libia nello scacchiere mondiale, l‟adesione all‟unità araba, la ricerca dell‟unità nazionale e
la soppressione dei partiti politici.
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Il governo italiano vedeva comunque il bicchiere mezzo pieno perché, se da una parte
l‟Italia fu privata dall‟assistenza militare americana e inglese, dall‟altra il disinteresse verso il
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Gheddafi al momento del golpe aveva 27 anni. Vedi SALERNO E., Op. cit., p.126.
16
VANDEWALLE D., Op. cit., pp. 95-98.
17
Nei primi comunicati si assicurava il rispetto degli impegni presi dal precedente governo. Vedi VARVELLI A.,
Op. cit., pp. 34-35.
18
VARVELLI A., Op. cit., pp. 37-40.
19
Quest‟ultimi sono da allora aboliti in Libia e non sono mai stati reintrodotti. Vedi VARVELLI A., Op. cit., pp.
64-65.