5
6
7
8
9
Primo capitolo
IL SETTECENTO
I.1 Brescia e Venezia
Collocata nella parte nord-orientale della penisola Italiana, Venezia si
distingue per una posizione geografica di tutto rispetto che le permette di
assurgere, nel corso della sua storia, a ruolo di conquistatore del Mare
Nostrum, rispettando una tradizione di navigazione e superiorità degna di
una Repubblica Marinara
1
.
Entrando a fare parte del dominio veneto nel marzo 1426
2
, in seguito alla
disfatta viscontea, Brescia acquisisce la possibilità di conservare intatti i
propri tradizionali privilegi mantenendo inalterate le strutture burocratiche
amministrative, grazie alla sua politica di penetrazione, la Dominante
1
Cfr. TADDEO DI BARTOLO-ZWORYKIN, Enciclopedia Europea, XI,
Milano, Garzanti,1981, pp. 799-803
2
Cfr.Brescia nel primo secolo della dominazione veneta, a cura di Ida
Gianfranceschi Vettori, Brescia, Grafo Ed., 1978, p. 28
10
concede analoghe autonomie alle altre città di Terraferma sottoposte al suo
controllo, purchè queste non mettano in discussione la sua sovranità
centrale
3
.
Tuttavia negli anni Cinquanta del Quattrocento
4
Venezia si pone il
problema del rinnovamento, dovendo sovvertire i propri interessi e
volgersi dal mare alla terra modificandosi, come gli altri Stati italiani del
suo tempo, in una Sovranità territoriale, ma per attuare un simile
programma le si pone l'esigenza di un superamento dello Stato cittadino,
di trasformazione della sua struttura costituzionale e del passaggio a un
sistema economico costruito in funzione di una espansione marittima che
non ha più possibilità di affermazione
5
. La città di Venezia, derivando
dall'ingrandimento territoriale di uno Stato cittadino, rimane uno “Stato di
famiglie”
6
la cui base aristocratica, esprimendosi nel Maggior Consiglio,
detiene il monopolio del potere politico, economico e finanziario dai tempi
della serrata.
La municipalità di Brescia, con la sua valenza economica forte della sua
posizione strategica, rappresentando la città più importante della
Terraferma, è sottoposta alla diretta influenza di Venezia tramite un
3
Cfr.A.ZORZI, La repubblica del Leone, Storia di Venezia, Milano, Rusconi,1979,
p.243
4
Cfr.R. NAVARRINI, Le varianti istituzionali dalla Repubblica veneta alla
Restaurazione, in AA.VV.
p.52
5
Cfr.F.VALSECCHI, L'Italia nel Settecento dal 1714 al 1788, Milano, Mondadori,
1971, p.704
6
Cfr. G.CALASSO, Le forme del potere, classi e gerarchie sociali, in Storia d'Italia, I,
I caratteri originali, Torino, Einaudi, 1972, p. 495
11
sistema che Gaetano Cozzi definisce politica del diritto, consistente in
pratica nella possibilità della Serenissima di ingerirsi sugli ordinamenti
delle varie province, prassi che le concede una riserva di intervento
legittimo sull'approvazione finale dei loro statuti, nonché di eventuali
modifiche di questi ultimi
7
.
Giustizia, finanza, e esercito rimangono sostanzialmente aree di intervento
diretto veneziano, per tramite dei rappresentanti di Terraferma, anche se in
realtà le principali difficoltà trovano riscontro nel momento in cui la
mentalità veneziana si confronta con le varie tradizioni locali delle
province di Terraferma. Agli uffici della tradizionale indipendenza
bresciana, Venezia sovrappone i Rettori, il Podestà e il Capitano, cioè
supremi magistrati della città, competenti sia per la giustizia civile che
penale, i quali affidandosi all'istituto dell'arbitrium sentenziano secondo le
proprie personali convinzioni etico-morali senza peraltro avvalersi di una
vera e propria argomentazione giuridica, scelti dal Doge e dal Senato tra le
famiglie del proprio patriziato, ai quali rimane, tra le altre cose, affidato
l'alto comando politico e militare della provincia, essendo il podestà
preposto agli affari civili, politici e giudiziari, e il capitano a quelli militari,
compresa la Camera ducale. Vi è poi la giurisdizione degli assessori, che
affiancano i Rettori in qualità di giudici del maleficio
8
, e quella rivolta
prevalentemente alla giustizia civile che fà capo al Collegio dei giudici. La
Repubblica di Venezia si caratterizza per una gestione politico-istituzionale
7
Cfr. G. COZZI , La politica del diritto, Sansoni, Firenze,1967, p.84
8
Cfr.C.POVOLO, Aspetti e problemi dell'amministrazione della giustizia penale nella
Repubblica di Venezia. Secoli XVII e XVII, in G.COZZI, Stato, Società e Giustizia nella
Repubblica Veneta., Roma, Jouvence, 1981, pp. 156-67
12
della Terraferma imperniata su una grande rete di rapporti diplomatici con
le realtà cittadine, ma non riesce a costruire uno Stato appoggiato su una
solida base amministrativo-burocratica che lega le autorità di governo
centrali ai vari rami del potere diffuso nelle piccole e grandi comunità del
dominio.
Rimane presente nelle realtà cittadine di terraferma la netta distinzione tra
la giurisprudenza operata dal giudice locale e il giudizio dei Rettori
veneziani, attraverso i quali si diffonde lo spirito della giustizia veneta
9
.
Occorre ricordare che l'autorità rettoriale locale subisce alcune forme di
ingerenza e intromissione veneziana, soprattutto da parte del potente
Consiglio dei Dieci, che intende volutamente ridimensionarne l'importanza
relativa, non concentrando troppo potere nelle mani di una sola persona.
Così la Repubblica di Venezia adotta un sistema di suddivisione delle
competenze che si traduce in un loro vicendevole controllo sebbene, nella
normalità e nelle loro funzioni, i Rettori costituiscono un'unità politico-
amministrativa in grado di esercitare un'efficace e continuativa gestione e
direzione nelle principali attività cittadine, essendo in grado di controllare
anche la riottosa nobiltà locale
10
.
La vita politico amministrativa interna dipende essenzialmente dal podestà
che, giurando all'insediamento il rispetto agli statuti locali, controlla i due
consigli del comune, detti di Mercanzia e delle Corporazioni, rimanendo
in carica sedici mesi affiancato da fiduciari, di evidente origine veneziana.
9
Cfr. L.TEDOLDI, Introduzione, in Del difendere, avvocati, procuratori e giudici a
Brescia e Verona tra la Repubblica di Venezia e l'età napoleinica,Milano, Franco
Angeli, 1999,p. 22
1 0
Cfr. R.NAVARRINI, Strutture amministrative nella provincia bresciana, in
Aspetti della società bresciana nel Settecento, Grafo Editore, Brescia, 1981, p.9
13
In campo giudiziario egli interviene di persona solo in caso di particolari
giudizi, dovendo conoscere delle cause che si svolgono davanti ai giudici
civili o criminali, emettendo sentenza solo per queste ultime.
Nei casi invece, di reati di lesa maestà, o contro lo Stato, è suo l'obbligo
rivolgersi alle alte magistrature veneziane, dove il potente Consiglio dei
Dieci dipanerà la questione. In politica presiede i consigli, perdendo di
valore le deliberazioni di questi organi in sua assenza, mentre per le
funzioni civili ha svariate competenze sul controllo delle scuole, delle arti,
nonchè del vettovagliamento e delle acque.
Il principale incarico del Capitano è il comando militare, avendo egli
l'onere di ispezionare i confini, delle fortezze del territorio, delle truppe,
che devono essere sempre addestrate e pronte all'impiego; sul piano interno
egli svolge importanti azioni di polizia, dovendo garantire l'ordine
pubblico e la sicurezza delle strade, sempre infestate da briganti
11
.
Oltre alla gestione della cosa pubblica, la funzione speciale dei Rettori
veneziani a Brescia consiste nel controllo attento dell'aristocrazia locale
volto a ridimensionarne le velleità, giungendo persino a proteggere i
cittadini dallo strapotere di questi privilegiati, che si pongono come
intermediari tra il potere centrale e il resto della popolazione, la quale
trova nei Rettori degli insperati protettori naturali
12
.
Per assolvere a tutte queste funzioni il Podestà si avvale della Corte
Pretoria, coadiuvato dagli Assessori titolari delle magistrature di giustizia
civile ordinaria, mentre per i casi di particolare importanza vengono
1 1
Ivi, p.12
1 2
Cfr.A.TAGLIAFERRI, Relazioni dei Rettori veneti in terraferma, IX, Podestaria e
Capitanato di Brescia, Milano, Giuffrè Editore, 1978, p. 72
14
coinvolte le supreme magistrature veneziane
13
. Il Capitano agendo in
concerto con la corte Prefettizia
14
, gestisce la legge senza l'intervento dei
nobili locali. Accanto a queste cariche troviamo il Consiglio di Savio,
privilegio assai frequente per la città di Brescia, al quale Vettor Sandi
attribuisce importanza dal momento che, Venezia coglie l'importanza di
far amministrare la giustizia da giuristi locali ben integrati nella loro
realtà territoriale .
Alla Corte Prefettizia spetta il controllo all'amministrazione delle finanze,
altro settore di fondamentale importanza per il funzionamento dello Stato,
soprattutto in un'epoca in cui le spese militari esercitano un continuo
drenaggio di denaro, portando in particolari momenti congiunturali a
un'enorme dilatazione del debito pubblico.
Ai governatori veneti i Rettori inviano periodicamente un resoconto sulla
situazione finanziaria della città, accuratamente trascritto su appositi
registri, aiutati in questo da una nuova magistratura, i “Provveditori sopra
camere“, responsabile del controllo dei movimenti in entrata d'uscita nelle
camere fiscali di ogni città
16
. Occorre aggiungere che Capitano e Podestà,
rappresentano esponenti di una società che non sempre appartiene a ranghi
influenti dell'aristocrazia, tanto è vero che spesse volte le loro nomine
1 3
Cfr.C.POVOLO, Aspetti e problemi dell'amministrazione della giustizia penale nella
Repubblica di Venezia. Secoli XVII e XVII, Roma, Jouvence, pp. 156-67
1 4
Cfr.AA.VV.Brescia nel Settecento, a cura di Ida Gianfranceschi Vettori,
Magalini Editore, Rezzato, 1985, pp.11-23
G.COZZI, La politica del diritto, Firenze, Sansoni, 1967, p19
1 6
Cfr. T.FATTOROSI, E.CONFORTI, Le Magistrature contabili e di controllo della
Repubblica di Venezia dalle origini al 1797, Istituto poligrafico dello Stato, Roma,
1953, pp.105-06
15
sono strappate a membri della nobiltà cosiddetta “povera” che, in contrasto
con quella ricca, crea una continua tensione che appesantisce il loro
operato: e nel caso di una manifesta inettitudine trae vantaggio un ceto
aristocratico locale che dispone della massima libertà di azione.
Figure rilevanti, da meglio contestualizzare nella realtà veneta, sono gli
operatori forensi che, a partire dalla seconda metà del Settecento,
obbligano a effettuare una riflessione sulla loro identità e sul loro ruolo di
intermediari sociali privati, gestori di un servizio pubblico assai ramificato
nel mondo cittadino d’antico regime. D’altro canto la specificità della
realtà veneta si esprime in una situazione tale per cui i i ceti professionali
bresciani, sono esclusi dalla partecipazione politica alle istituzioni
cittadine, impediti, nella stragrande maggioranza dei casi, nell'ascesa
sociale verso l'ottenimento dei titoli nobiliari a vantaggio di una oligarchia
egemone del potere istituzionale e sociale della vita comunitaria delle città
soggette
17
.
Il foro è un’istituzione viva nella città Brescia, e anche se non dà accesso a
cariche politiche, può interpretare l'esigenza di quanti aspirano a una
collocazione nei ranghi alti della società, con successiva immissione
nell'amministrazione dello Stato e conseguente elevazione sociale a nobiltà
di servizio
18
.
La ricaduta della Rivoluzione francese sulle componenti della società
dell'Italia settentrionale provoca un rapido cambiamento strutturale che
1 7
Cfr. L.TEDOLDI, Introduzione, in Del difendere, avvocati, procuratori e giudici a
Brescia e Verona tra la Repubblica di Venezia e l'età napoleonica, cit.
1 8
Cfr. C.DONATI, Mondi nobiliari e orientamenti politici nella Brescia del tardo
Settecento, in Pietro Tamburini e il giansenismo lombardo, a cura di P.Corsini e
D.Montanari, Brescia,Morcelliana, 1993, p.80
16
trasformerà, piuttosto che riformare, il ruolo stesso delle professioni legali
nelle aule giudiziarie
19
.
L’attenzione politica dei governanti veneziani, al di là dell'aspetto
giurisdizionale, riguarda un diverso atteggiamento nel controllo dei fori
penali e dei fori civili, essendo i primi saldamente detenuti dai patrizi
veneziani, a strumento di intervento contro la devianza sociale e la
costruzione continua della sovranità statuale, mentre i secondi , lasciati alla
gestione di autorità locali, vengono continuamente influenzati dalla
giurisdizione degli Auditori novi che spesso creano, con il loro intervento,
veri e propri conflitti di giurisdizione. In questo contesto la giustizia civile
si rivela l'unico spazio di intervento, come terreno di rivendicazione
politica delle oligarchie cittadine riguardo all'esercizio del potere locale
nelle successioni, nelle eredità, nel controllo dei legami sociali ed
economici che nel foro transitano e si possono controllare: sempre in
quest'ambito viene spiegata la contesa sull'attribuzione dell'appello alle
sentenze dei giudici cittadini che durerà a Brescia per tutto il periodo della
dominazione veneta. La struttura organizzativa del Collegio dei giudici di
Brescia si regge stabilmente su una legittimazione proveniente dagli
antichi statuti risalenti al Quattrocento
20
.
L'aspirante forense, che voglia entrare a far parte del prestigioso collegio
cittadino in questione, deve dimostrare di essere cittadino benemerito oltre
che documentare un settennato di studi svolto, sottoporsi a un esame,
1 9
Cfr.AA.VV.Brescia nel Settecento,(a cura di) Ida Gianfranceschi Vettori, Rezzato,
Magalini Editrice, pp.20-25
2 0
Cfr. G.M.VARANINI, Gli statuti delle città di Terraferma veneta nel Quattrocento,
in Statuti città territori in Italia e Germania tra medioevo ed età moderna, a cura di
G.Chittolini e D. Willoweit, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 272-87
17
anche se una vera e propria formazione uniformata non si definisce mai in
età moderna
21
, per contro, la cooptazione, all'interno di questa istituzione,
avviene col criterio primario del divieto di esercizio di Ars mechanica,
come presupposto di appartenenza sociale.
La scarsa perizia professionale, unitamente alla farraginosità del diritto
che obbliga a organizzare i processi senza una loro organicità, insieme alla
pluralità di giurisdizioni e tribunali, l'elevato numero di avvocati e
procuratori che invade le aule del contendere senza adeguarsi alla richiesta
di servizi legali, costituisce il substrato culturale del lavoro forense,
delineando una realtà in profonda consunzione che porta ad abusi e a
costosissime lungaggini per le parti in causa coinvolte nel procedimento
giuridico. A Brescia si arrivano a trasferire le cause ai magistrati veneziani
per poter sfuggire alla confusione dei tribunali locali troppo sclerotizzati
dalle procedure forensi
22
. Giovan Battista Albrizzi III riafferma con forza
nella sua relazione di fine mandato, nel 1790 davanti al Senato, i problemi
che sorgono per l'amministrazione della giustizia
23
.
I tentativi veneziani di riformare il collassato settore giudiziale sono
sporadici poiché non si arriva a una vera e propria riforma nei tribunali
2 1
Cfr. R.MISTURA, I giudici
pp.20-24
2 2
Cfr. G.COZZI, Fortuna o sfortuna del diritto veneto nel Settecento, in Repubblica di
Venezia e stati italiani: politica e giustizia dal secolo XVI al XVIII, edizioni “Storica”,
Torino, Einaudi, 1982, p.345
2 3
Cfr. L.TEDOLDI, Del difendere, avvocati, procuratori e giudici a Brescia e Verona
tra la Repubblica di Venezia e l'età napoleonica, cit.p. 42
18
della Terraferma fino alla terminazione del 17 marzo 1768 che origina
l'estensione di una serie di provvedimenti regolativi negli anni successivi
24
.
Le magistrature bresciane mantengono schemi organizzativi risalenti a
secoli lontani: il potere deliberativo viene esercitato dalle assemblee del
comune, ossia il il Gran Consiglio, o Maggiore, e il Consiglio minore, o
speciale. Carlo Pasero elenca una serie di magistrati e di ufficiali, ai quali,
sulla base delle norme statutarie, sono affidate le più diverse incombenze
degli uffici amministrativi, esecutivi e di controllo del comune
25
.
Brescia si regge nei suoi ordinamenti municipali, su una ristretta oligarchia
aristocratica affermatasi nella serrata del Maggior Consiglio del 1488
26
,
che continua nei secoli a difendere sempre più strenuamente le proprie
prerogative gelosa custode di quelli che essa crede suoi legittimi
privilegi
27
, qui, inoltre, tali concessioni permettono una maggiore
autonomia e un progressivo accentramento del potere nelle mani di poche
famiglie nobili
28
.
Dopo l'annessione di vaste province del territorio, formanti in questo
momento la Terraferma, Venezia favorisce l'affermazione di un ceto
nobiliare a lei fedele, al fine di controbilanciare le pur presenti fazioni
politiche a lei opposte, vicine all'area francese, le quali consapevoli della
2 4
Cfr. BELARBA,Le pratiche del diritto,cit.p. 816
2 5
Cfr AA.VV., Brescia nel Settecento, (a cura di) Ida Gianfranceschi Vettori, Rezzato,
Magalini Editrice, 1985, p.10-12
2 6
Cfr. A.ZANELLI, Delle condizioni interne di Brescia dal 1416 al 1644, Brescia,
Tipografia Editrice, 1898, pp. 30-31
2 7
Ivi, pp. 66-67
2 8
Cfr.AA.VV., Brescia nel Settecento, cit. pp.12-17
19
propria forza e del proprio potere ancora contribuiscono a dirigere l'assetto
politico, nella direzione di una sempre maggiore ricattabilità dei Rettori,
senza avere la minima possibilità di eliminare gli abusi più evidenti. Una
simile azione viene messa in campo dall'aristocrazia locale bresciana che,
agendo all'interno delle magistrature della città, da questa manipolate,
contribuisce a rendere meno incisiva l'opera di controllo rettoriale
29
.
Le attività economiche fanno capo al Consiglio generale dell'Università dei
mercanti che, composto dai circa cinquecento membri, elegge funzionari
municipali per il corretto funzionamento delle attività commerciali,
impegnati in realtà, quasi esclusivamente, a gestire un contenzioso sempre
in aumento.
La politica seguita da Venezia nella guida della Terraferma va nella
direzione di concedere una relativa autonomia ai sudditi fedeli sparsi sul
suo territorio, concedendo tutta una serie di privilegi, tra i quali ricordiamo
la consuetudine del distacco dal territorio, che originando delle vere e
proprie “terre separate,“ forniscono esempi di autonomie locali che vanno
a formare un Territorio, avente una propria rappresentanza volta alla tutela
degli interessi comuni
30
. La repubblica centrale e i Rettori di Brescia
emanano leggi, proclami e tutta una serie di normative, che il Podestà di
Brescia Pier Andrea Cappello raccoglie in un volume motivandone
ufficialmente l'uso per una futura estensione ai territori della Valcamonica.
Ne risulta invece una sorta di testo unico in materia di normativa
comunale che tutti gli amministratori locali devono tener presente nella
2 9
Cfr. G.COZZI , La politica del diritto, pp.103-105
3 0
Cfr.L.MAZZOLDI, L'estimo mercantile del territorio, 1750, F.lli
Geroldi.,Brescia, 1966, p.VII
20
conduzione dei pubblici affari, e sebbene meritevole, il principale difetto
dell'opera consiste nell'avere raccolto una regolamentazione spesso
sovrapposta e non coordinata, che origina interpretazioni non congruenti a
chi la deve applicare. Traspare inoltre la principale preoccupazione del
legislatore veneziano circa il puntuale pagamento, da effettuarsi con
assoluta precedenza, delle pubbliche gravezze, o imposte dirette, da parte
dei singoli comuni, aggiungendo che siano oculatamente curate le entrate,
raccomandando che il patrimonio comunale non subisca drastiche
diminuzioni e che soprattutto le uscite di cassa siano sempre proporzionate
alle entrate. Andrea Renier, Capitano di Brescia nel 1710, denuncia come
il patrimonio pubblico si disperda con facilità, e nel lusso sfrenato si
dissipino fondi, per il mantenimento di persone che servono agli interessi
personali dei ministri locali e non per il bene comune
31
.
Tali imposte, calcolate in base agli estimi che i Rettori usano per
determinare le capacità contributive dei singoli, vengono imposte anche
nella Terraferma e la cifra viene corrisposta mediante versamenti da
effettuarsi in due rate, a luglio e a ottobre
32
. Ulteriore iniziativa
33
in materia
di riscossione viene implementata da Venezia nel 1747, inserendo
un'imposta sulle proprietà fondiarie di terraferma, proporzionale alla
superficie e alla qualità delle stesse, trattandosi peraltro di un sistema di
prelievo di imposta legato a una misurazione che nulla ha a che fare con il
3 1
Cfr.A.TAGLIAFERRI, Relazioni dei Rettori veneti in terraferma, Podestaria e
capitanato di Brescia,IX, cit., p. 529
3 2
Cfr. R.NAVARRINI, Strutture amministrative nella provincia bresciana, cit., p. 9
3 3
Cfr. L. MAZZOLDI, L'estimo mercantile,cit., p. V
21
vero e proprio censimento catastale in atto nella vicina Lombardia
asburgica
34
.
Per la difficoltà di ottenere i pagamenti delle imposte, Venezia decreta
l'introduzione di una tassa sulle attività mercantili che, derivando
direttamente dalla capacità contributiva di ciascuno, rende possibile un
prelievo più equo e meno approssimativo: particolarmente tenace è
l'opposizione bresciana a questa forma di prelievo che, nonostante le
pubbliche denunce del nunzio del territorio di Venezia Tartagna
35
, non
permette di operare radicali cambiamenti, analoghi a quelli noti del catasto
teresiano in Lombardia, per la consuetudine legata alla corruzione e al
ripetersi dei vecchi sistemi.
La persistenza delle dichiarazioni tributarie dimostra che Venezia non è in
grado di superare, in questo campo, la sua impostazione feudale e
patrimoniale essendo priva della presenza di un ceto borghese che possa
opporsi all'autonomia del clero e della nobiltà favorendo, indirettamente, il
dilatarsi del fenomeno delle teste morte
36
, dotate di esenzioni fiscali tese
allo sfruttamento e alla rendita.
La mancata introduzione del catasto geometrico particellare a Brescia non
permette, tra l'altro, lo sviluppo degli investimenti fondiari introdotti
mediante l'utilizzo della catasticazione, in quanto la maggior rendita
3 4
Cfr. M.VAINI, Il catasto teresiano e i suoi risultati, in La città di Mantova nell' età
di Maria Teresa, Comitato mantovano per le celebrazioni di Maria Teresa, Mantova
1980, pp. 134 - 40.
3 5
Cfr. L. MAZZOLDI, L'estimo mercantile, cit. pp.X-XI
3 6
Cfr. R.ROMANO ,Una tipologia economica, in Storia d'Italia, I , I caratteri
originali,cit., p.273-77
22
dovuta alle migliorie non viene tassata sino al successivo periodo di
valutazione amministrativa di cinque anni, o lustrazione
37
.
Il rapporto intercorrente tra Brescia e Venezia, rimanendo su un piano
puramente conflittuale, tende a negare la proclamata autonomia, tutelando
sostanzialmente quei numerosi privilegi sui quali si fonda la gerarchia
sociale, tutti pretendono tutto: esenzioni per nobili, per il territorio, per le
corporazioni, per le singole comunità, cercando di mantenere le condizioni
di prerogativa acquisite, in particolare per l'esazione dei tributi sempre
ascrivibili ad altri.
Tra i territori di Terraferma quello bresciano gode di una posizione e
considerazione di tutto rispetto, anche in considerazione del cospicuo
gettito fiscale a vantaggio della città di Venezia, confermata dalle parole
del Capitano Alvise Vallaresso che, esprimendo la situazione mediante
una metafora, paragona il territorio bresciano a un asino d'oro che
possiede la sua Camera ducale così ricca da renderla simile alla borsa più
opulenta del principe veneziano
38
, provenendo da questa provincia il
venticinque per cento del fabbisogno fiscale della repubblica, oltre buona
parte delle risorse necessarie al mantenimento delle truppe. Roberto
Navarrini afferma che l senso di sfiducia nell'azione del potere centrale
e dei suoi rappresentanti si esprimeva addirittura attraverso forme di vera e
propria resistenza da parte della popolazione bresciana che mai aveva
rinunciato al suo spirito municipalistico e che quindi era pronta ad
3 7
Cfr. M VAINI, Il catasto teresiano, cit pp. 144-45
3 8
Cfr. A. TAGLIAFERRI, Relazioni dei Rettori veneti in Terraferma , XI ,Podestaria e
capitanato di Brescia , cit. p.305
23
abbracciare le idee che giungevano d'Oltralpe
« a nobiltà, delusa, nelle sue aspirazioni alle cariche e agli
onori, lo era la borghesia, che aveva sopportato il maggior peso delle
contribuzioni, lo era la plebe ridotta in condizioni di estrema miseria .
L'analisi delle relazioni dei rettori bresciani durante il XVIII secolo,
sostiene Navarrini, conferma a più riprese ’
.
Gratificati dal potere, i nobili veneziani non cercano minimamente di
incidere sulla realtà che si trovano a gestire, limitandosi a perpetuare i
principi di governo, rimasti immutati da più di trecento anni, e che si
rifanno ai temi cari al proprio patriziato di tranquillità, sussistenza e
ricchezza, anche se la rivoluzione in Francia è già iniziata e non se ne
conoscono ancora gli esiti finali. A Brescia il primo dei tre è complicato
da perseguire, dal momento che nei diciotto mesi di mandato, il Capitano
Giovanni Albrizzi III
42
, contando circa cento suicidi e sessanta omicidi
cruenti, deve ammettere che la violenza risulta essere ormai una
R.NAVARRINI, Le varianti istituzionali dalla repubblica veneta alla Restaurazione,
cit.p.54
L.MAZZOLDI, La provincia bresciana durante la decadenza della
Repubblica
veneta,in Storia di Brescia, III, a cura di Govanni Treccani degli Alfieri,
Morcelliana,1963, p.123
R.NAVARRINI, Le varianti istituzionali dalla repubblica veneta alla Restaurazione,
cit.p.56
4 2
Cfr.A.TAGLIAFERRI, Relazioni dei Rettori veneti in Terraferma ,
Podestaria e capitanato di Brescia, XI , cit. p.664
24
componente primaria all'interno della società bresciana; inoltre la viabilità
cittadina è rischiosa e il ciottolato insufficiente a difendere le case
dall'innalzamento del livello delle acque, che spesso penetra nei locali
bassi delle case, mentre il passaggio delle carrozze costituisce ancora un
costante pericolo per tutti, compresi gli occupanti.
Per quanto attiene la politica annonaria e il commercio vengono , il primo
gestito localmente, mentre il secondo riguardando la gestione centrale,
viene svolto in maniera da creare continue lamentele
43
. La disponibilità
cerealicola prevede il reclutamento forzoso sulla produzione del territorio,
in base ad un coefficiente previsto per singoli proprietari, quasi sempre
nobili di estrazione fondiaria, di una determinata quantità di grano
prelevata a prezzo calmierato, rendendo in questo modo materialmente
irrealizzabile il commercio libero fuori dallo Stato, evitando altre forme di
scambio, più vantaggiose, come il contrabbando. Il commercio è legato
alla circolazione monetaria e al conseguente stato della rete viaria che
risulta pericolosa per l’assenza di ordinaria manutenzione non eseguita, pur
non mancando le risorse abbondanti, nella città di Brescia paragonata
all’asino d'oro che non merita troppa biada.
Interessante anche la gestione dei fiumi, da parte della dirigenza veneziana,
per quanto riguarda i flussi delle acque lungo la provincia bresciana e nella
quale viene introdotto, per la prima volta dopo molti secoli, il concetto
demaniale di controllo delle acque. Brescia resiste alla politica centrale
richiamandosi agli antichi privilegi a essa riconosciuti dalla stessa
repubblica di Venezia nel lontano 1450, anche se già qualche decennio più
4 3
Ivi, p. 663
25
tardi, nel 1475, viene stabilito dai Rettori che nessuno può, per esempio,
estrarre rogge dal fiume Oglio senza aver ottenuto regolare licenza dallo
Stato
44
. Nel XVIII secolo ormai la normativa sulle acque rimane materia
stabilita definitivamente dai vigenti statuti, soprattutto per usi irrigui, che
vengono riformati negli anni Trenta del Settecento; la descrizione più
dettagliata delle acque bresciane risulta espressa dal Catastico di Lezze,
opera che illustra anche i vari utilizzi di questo elemento in campo agricolo
e preindustriale
45
.
I.2 Economia e Popolazione
Accanto ai problemi politici, anche quelli di carattere economico
necessitano di nuovi strumenti d'approccio dettati da una realtà storica
decisamente mutata rispetto al passato, essendo ormai il prestigio della
Dominante attestato, davanti all'emergere di nuove marinerie straniere, in
quei commerci un tempo monopoli appartenuti a Venezia. Fino alla sua
caduta, la repubblica del leone rimane ancorata al retaggio storico della
sua formazione territoriale, realizzata attraverso acquisizioni successive
4 4
Cfr. A.REGGIO, Le utenze irrigue dal Chiese ,dal Mella ,dall' Oglio nella storia
e nel diritto, in Commentari dell'Ateneo di scienze, lettere e arti in Brescia per l'an-
no 1924, Scuola Tipografica Istituto Figli di Maria Immacolata, Brescia,1925, p113
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Cfr. Il Catastico bresciano di Giovanni Lezze, (a cura di) Pasero Carlo, Brescia,
Apollonio, 1969, p.225-226